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Parlamento pulito.
Il catalogo è questo.
Gli eletti condannati, riciclati, candeggiati, arrestati.
Piccole e grandi storie ignobili da Repubblica delle banane.
Il catalogo è in ordine alfabetico
ed è aggiornato periodicamente.
Suggerisci il tuo candidato candeggiato all'indirizzo
sloweb@societacivile.it
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Personaggi
che sono stati coinvolti in vicende di corruzione
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Personaggi
i cui nomi erano negli elenchi della loggia segreta P2 |
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Personaggi
che sono stati indagati e messi sotto processo |
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Personaggi
che sono stati coinvolti in vicende di mafia |
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Personaggi
che hanno già subito una condanna definitiva |
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Personaggi
che sono stati arrestati e sono stati in carcere |
Senatore a vita, nominato dal presidente della Repubblica
Francesco Cossiga. Politico democristiano,
sette volte presidente del Consiglio. Ventisette volte messo
in stato d'accusa dal Parlamento, sempre salvato (anche grazie
al Partito comunista).
Processato a Palermo con
l'accusa di essere stato il massimo referente politico dell'organizzazione
mafiosa siciliana Cosa nostra. In primo grado è stato assolto
con formula dubitativa (che corrisponde all'insufficienza
di prove del vecchio codice). La sentenza, pur assolvendolo,
sottolinea che Andreotti ha più volte mentito al Tribunale
e aveva stretti rapporti politici con i referenti siciliani
di Cosa nostra, Salvo Lima e
i cugini Salvo. La sentenza
d'appello riforma in parte quella di primo grado, sostenendo
che sono provati i suoi rapporti con gli uomini di Cosa nostra,
almeno fino al 1980, anche se per pochi mesi scatta la prescrizione
del reato. La Cassazione conferma: dunque sono provati i rapporti
di Andreotti con Cosa nostra, almeno fino alla primavera del
1980.
Processato a Perugia con
l'accusa di essere il mandante dell'omicidio del giornalista
Mino Pecorelli, che era a conoscenza
di imbarazzanti segreti di Andreotti: i soldi ottenuti nella
vicenda Italcasse, il memoriale di Aldo Moro... Nel novembre
2002 è condannato, in appello, a 24 anni di carcere.
La Cassazione annulla perÚ la condanna.
testo rimosso su intimazione dei legali di G.Arnoldi
Senatore della Repubblica. Da avvocato ha difeso, tra gli
altri, Leoluca Bagarella, capo militare dei Corleonesi. In
politica, è un esponente di An di Temini Imerese (territorio
di Caccamo, paese del pentito Nino Giuffrè).
Proprio Giuffrè lo cita tra i politici in contatto
con Cosa nostra. «Giuffrè? Aveva una tabaccheria
di fronte al mio studio davvocato, a Termini»,
ha risposto Battaglia. Dopo la lettera di avvertimento inviata
nellestate 2002 dai boss agli avvocati-parlamentari
colpevoli di non mantenere le promesse alla mafia,
e dopo una nota del Sisde sul tema, a Battaglia è stata
assegnata dalla polizia una tutela.
Deputato della Repubblica. Eletto a Milano. Fondatore di
Forza Italia. Presidente del Consiglio dei ministri nel 1994
e nel 2001. Il suo nome di compare nelle liste della loggia
massonica segreta P2: fascicolo 625, numero di tessera 1816,
data di iniziazione 26 gennaio 1978. In un'audizione alla
commissione parlamentare sulla P2, Berlusconi ammette di essersi
iscritto alla P2 all'inizio del 1978 su invito di Gelli. Conferma
la sua iscrizione alla loggia al processo P2, nel novembre
1993.
Nel settembre 1988, invece,
in un processo per diffamazione da lui intentato contro alcuni
giornalisti, Berlusconi dichiara al giudice:"Non ricordo la
data esatta della mia iscrizione alla P2, ricordo che è
di poco anteriore allo scandalo". Per questa dichiarazione
Berlusconi viene denunciato per falsa testimonianza. Il processo
per falsa testimonianza si conclude nel 1990: Berlusconi viene
dichiarato colpevole, ma il reato è estinto per intervenuta
amnistia.
Berlusconi fu indagato
già dal 1983, nell'ambito di un'inchiesta su droga
e riciclaggio: la Guardia di finanza aveva posto sotto controllo
i suoi telefoni e scritto nel suo rapporto: «è
stato segnalato che il noto Silvio Berlusconi finanzierebbe
un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in
Francia che in altre regioni italiane. Il predetto sarebbe
al centro di grosse speculazioni edilizie e opererebbe sulla
Costa Smeralda avvalendosi di società di comodo...».
L'indagine non accertò nulla di penalmente rilevante
e nel 1991 fu archiviata.
Berlusconi è stato
accusato di aver pagato tangenti a ufficiali della Guardia
di finanza, per ammorbidire i controlli fiscali su quattro
delle sue società. In primo grado è stato condannato
a 2 anni e 9 mesi per tutte e quattro le tangenti contestate,
senza attenuanti generiche. In appello, la Corte concede le
attenuanti generiche: così scatta la prescrizione per
tre tangenti. Per la quarta (Telepiù), l'assoluzione
è concessa con formula dubitativa, secondo il comma
2 art. 530 cpp. La Cassazione, nell'ottobre 2001, conferma
le condanne per i coimputati di Berlusconi Berruti, Sciascia,
Nanocchio e Capone (dunque le tangenti sono state pagate),
ma assolve Berlusconi per non
aver commesso il fatto, seppur richiamando l'insufficienza
di prove.
Per 21 miliardi di finanziamenti
illeciti a Bettino Craxi, passati attraverso la società
estera All Iberian, in primo grado è condannato a 2
anni e 4 mesi. In appello, a causa dei tempi lunghi del processo
scatta la prescrizione del reato.
La Cassazione conferma.
Berlusconi è rinviato
a giudizio per aver falsificato i bilanci Fininvest (processo
All Iberian 2). Il dibattimento, dopo molte lungaggini e schermaglie
procedurali, è iniziato presso il Tribunale di Milano.
Ma Berlusconi ha cambiato la legge
sul falso in bilancio: il processo è stato sospeso.
Intanto è scattata anche la prescrizione.
Berlusconi è stato
indagato (anche sulla base di una voluminosa consulenza fornita
dalla Kpmg) per la rete di 64 società e conti off shore
del gruppo Fininvest (Fininvest Group B) che, secondo l'accusa,
ha finanziato operazioni "riservate" (ha scalato
societý quotate in Borsa, come Standa e Rinascente, senza
informare la Consob; ha aggirato le leggi antimonopolio tv
in Italia e in Spagna, acquisendo il controllo di Telepiù
e Telecinco; ha pagato tangenti a partiti politici, come la
stecca record di 21 miliardi di lire data a Craxi attraverso
la societý All Iberian). La rete occulta della Finivest-ombra
ha spostato, tra il 1989 e il 1996, fondi neri per almeno
2 mila miliardi di lire. Per questo Berlusconi è stato
chiamato a rispondere di falso in bilancio. Ma nel 2002 ha
cambiato la legge sul falso in bilancio, trasformando
i suoi reati in semplici illeciti sanabili con una contravvenzione
e soprattutto riducendo i tempi di prescrizione
del reato (erano 7 anni, aumentabili fino a 15; sono diventati
4). CosÏ il giudice per le indagini preliminari nel febbraio
2003 ha chiuso l'inchiesta: negando l'assoluzione, poichè
Berlusconi e i suoi coimputati (il fratello Paolo, il cugino
Giancarlo Foscale, Adriano Galliani, Fedele Confalonieri)
non possono dirsi innocenti;
ma decidendo di prosciogliere
tutti i 25 imputati, poichè il tempo per il processo, secondo
la nuova legge, è scaduto. La procura ricorre in Cassazione,
che all'inizio di luglio 2003 applica per la prima volta il
"lodo Maccanico", decidendo la sospensione
del processo per Berlusconi.
Berlusconi è stato
rinviato a giudizio per aver deciso il versamento in nero
di una decina di miliardi dalle casse del Milan a quelle del
Torino calcio, per lacquisto del calciatore Gianfranco
Lentini. Il dibattimento di primo grado si è concluso
con la dichiarazione che il reato è prescritto,
grazie alla nuova legge di Berlusconi
sul falso in bilancio.
Berlusconi è accusato
di comportamenti illeciti nelle operazioni d'acquisto della
società Medusa cinematografica, per non aver messo
a bilancio 10 miliardi. In primo grado è stato condannato
a 1 anno e 4 mesi per falso in bilancio. In appello, assoluzione
con formula dubitativa, confermata
in Cassazione.
Berlusconi è accusato
di appropriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio
per lacquisto dei terreni intorno alla sua villa di
Macherio. In primo grado è assolto
dall'appropriazione indebita e dalla frode fiscale. Per i
due falsi in bilancio contestati scatta la prescrizione.
In appello è confermata l'assoluzione per i due primi
reati; è assolto per uno dei due falsi in bilancio,
per il secondo si applica l'amnistia.
Berlusconi è accusato
di aver pagato i giudici di Roma per ottenere una decisione
a suo favore nel Lodo Mondadori, che doveva decidere la proprietà
della casa editrice. Il giudice dell'udienza preliminare Rosario
Lupo ha deciso l'archiviazione del caso, con formula dubitativa.
La Procura ha fatto ricorso alla Corte dappello, che
nel giugno 2001 ha deciso: per Berlusconi è ipotizzabile
il reato di corruzione semplice, e non quello di concorso
in corruzione in atti giudiziari; concesse le attenuanti generiche,
il reato dunque è prescritto,
poiché risale al 1991 e la prescrizione, con le attenuanti
genriche, scatta dopo 5 anni. Il giudice ha disposto che restino
sotto processo i suoi coimputati Cesare Previti, Giovanni
Acampora, Attilio Pacifico e Vittorio Metta.
Berlusconi è accusato
di aver corrotto i giudici durante le operazioni per l'acquisto
della Sme. Rinviato a giudizio insieme a Cesare Previti, Renato
Squillante e altri. Il processo di primo grado si è celebrato
presso il Tribunale di Milano, dopo che la Cassazione ha respinto
la richiesta di spostare il processo a Brescia o a Perugia,
per legittimo sospetto reintrodotto
per legge nell'ottobre 2002. Un'altra legge, il "lodo Maccanico",
votata con urgenza nel giugno 2003, impone la sospensione
di tutti i processi a cinque alte cariche dello Stato, tra
cui il presidente del Consiglio. Ma è stata giudicata incostituzionale
dalla Corte costituzionale. Il processo è cosÏ ripreso fino
alla sentenza: concesse le attenuenti generiche, il reato
è prescritto.
Berlusconi era accusato
di aver indotto la Rai, da presidente del Consiglio, a concordare
con la Fininvest i tetti pubblicitari, per ammorbidire la
concorrenza. La Procura di Roma, non avendo raccolto prove
a sufficienza per il reato di concussione, ha chiesto l'archiviazione,
accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.
Berlusconi era accusato
di aver pagato tangenti a dirigenti e funzionari del ministero
delle Finanze per ridurre lIva dal 19 al 4 per cento
sulle pay tv e per ottenere rimborsi di favore. La Procura
di Roma ha chiesto l'archiviazione,
accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.
Le procure di Caltanissetta e Firenze indagano
da molti anni sui «mandanti a volto coperto» delle
stragi del 1992 (Falcone e Borsellino) e del 1993 (a Firenze,
Roma e Milano). Le indagini preliminari sull'eventuale ruolo
che Berlusconi e Marcello Dell'Utri possono avere avuto in
quelle vicende sono state formalmente chiuse con archiviazioni
nel 1998 (Firenze) e nel 2002 (Caltanissetta). Continuano
però indagini per concorso in strage contro ignoti
e i decreti d'archiviazione hanno parole pesanti nei confronti
degli ambienti Fininvest.
La procura di Palermo
ha indagato su Berlusconi per mafia: concorso esterno in associazione
mafiosa e riciclaggio di denaro sporco. Nel 1998 l'indagine
è stata archiviata per
scadenza dei termini massimi concessi per indagare. Indizi
sui rapporti di Berlusconi e Dell'Utri con uomini di Cosa
nostra continuano a essere segnalati in molte sentenze.
Berlusconi, DellUtri
e altri manager Fininvest, responsabili in Spagna dell'emittente
Telecinco, sono accusati di frode fiscale per 100 miliardi
e violazione della legge antitrust spagnola. Sono ora in attesa
di giudizio su richiesta del giudice istruttore anticorruzione
di Madrid, Baltasar Garzon Real. Il giudice Garzon ha chiesto
di processare Berlusconi in Italia o di poterlo processare
in Spagna. Di fatto, il processo è sospeso.
Berlusconi e altri manager
Fininvest sono indagati a Milano per aver prodotto fondi neri
e distratto soldi da Mediaset attraverso meccanismi di compravendita
di diritti televisivi. L'indagine è
in corso, con le accuse, per Berlusconi, di appropriazione
indebita aggravata, frode fiscale e falso in biloancio.
Deputato della Repubblica. Eletto nel proporzionale, nelle liste
di Forza Italia. Da ufficiale della Guardia di finanza, nel
1979 ebbe la sorte di interrogare un giovane imprenditore emergente
di nome Silvio Berlusconi, a proposito
della confusa situazione proprietaria e finanziaria della sua
società Edilnord. Berlusconi rispose che della Edilnord
era soltanto un "semplice consulente". Berruti, nel
suo rapporto conclusivo, prese per buona la versione di Berlusconi,
permettendo così l'archiviazione dell'accertamento valutario
che ipotizzava la dipendenza della Edilnord da società
estere. Poi si dimise dalla Guardia di finanza e andò
a lavorare per Berlusconi. Prima delle dimissioni, però,
fece in tempo a essere arrestato con l'accusa di corruzione
nell'ambito dell'inchiesta per lo scandalo Icomec, una storia
di tangenti che scoppiò prima di Mani pulite (al processo
fu assolto).
Da consulente Fininvest, invece, è stato
di nuovo arrestato, nel 1994, per favoreggiamento a Berlusconi
nell'inchiesta sulle tangenti alla Guardia di finanza. Condannato
in primo grado (10 mesi) e in appello (8 mesi). Sentenza definitiva,
con condanna confermata dalla Cassazione.
Come avvocato del gruppo
Fininvest, ha trattato, fra laltro, lacquisto del
calciatore Gigi Lentini (poi oggetto
di un processo in cui è imputato). Nel gennaio 1994 Berlusconi
gli ha affidato lorganizzazione della campagna elettorale
di Forza Italia a Sciacca e nella provincia dAgrigento.
Con buoni risultati, tra i quali il coinvolgimento di
Salvatore Bono (cognato del boss dellAgrigentino
Salvatore Di Gangi) e di Salvatore
Monteleone, arrestato nel 1993 per concorso in associazione
a delinquere di stampo mafioso e diventato, appena uscito dal
carcere, referente di Forza Italia a Montevago. Per i suoi servizi,
Berruti e stato premiato con un posto in Parlamento già
dal 1996. Con il Berruti avvocato e poi politico, convive il
Berruti uomo daffari: in Sicilia possedeva una societa,
la Xacplast, che un rapporto dei carabinieri indicava come partecipata
da uomini donore delle famiglie mafiose di Sciacca. Il
collaboratore di giustizia Angelo Siino
ha parlato anche di un incontro tra Berruti e il boss
Nino Gioè, proprio nel periodo di progettazione
delle stragi del 1992-93.
Deputato della Repubblica. Eletto in Lombardia, per Forza
Italia. Avvocato, ex deputato liberale, ex ministro della
Giustizia nel primo governo Berlusconi (quando tentò,
invano, di far passare il famoso "decreto salvaladri").
Nel 1998 ha patteggiato la pena di 2 mesi di arresto e 6 milioni
di multa per frode fiscale: aveva evaso le tasse su parcelle
professionali per quasi 1 miliardo.
Deputato della Lega nord, eletto a Milano. Ministro per le riforme.
Ha precedenti penali per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale,
ai quali somma il vilipendio alla bandiera. Ha detto in pubblici
comizi che lui con il tricolore «si pulisce il c...».
Dalla procura di Verona è stato indagato per attentato
all'integritý dello Stato, per presunte attivitý eversive delle
´camicie verdiª. Per uscire da questa situazione, il ministro
della Giustizia Castelli e altri esponenti della maggioranza
hanno presentato proposte di leggi su misura per depenalizzare
i reati commessi da Bossi e amici. Ma il leader indiscusso del
Carroccio è stato condannato, con sentenza
definitiva confermata dalla Cassazione, anche per tangenti:
8 mesi al processo per la maxitangente Enimont, per un contributo
di 200 milioni regalati da Carlo Sama e incassati dal cassiere
Patelli.
Deputato della Repubblica. Eletto in Veneto. è stato
il regista del nuovo accordo tra Silvio Berlusconi e Umberto
Bossi, che ha portato la Casa delle libertà alla vittoria
elettorale del 2001. Era prete paolino e manager pubblicitario
di Famiglia cristiana. Don Aldo, giovane e brillante,
era il braccio destro del mitico don Emilio
Mammana, che aprì il primo ufficio pubblicità
di Famiglia cristiana a Milano, facendo uscire il settimanale
dall'ambiente provinciale di Alba e dalle sacrestie. Grazie
a don Mammana, Famiglia cristiana divenne uno dei settimanali
italiani più venduti e più ricchi di pubblicità.
Accanto a don Mammana c'era sempre lui, don Aldo, pretino giovane
e spregiudicato, guardato con un po' d'apprensione dalle segretarie,
per via dei suoi modi, non proprio da prete fedele al voto di
castità. I soldi che faceva girare erano tanti e il ragazzo
era svelto. Forse troppo. Tanto che don Zega, allora direttore
di Famiglia cristiana, arrivò ai ferri corti con
don Aldo. Sarà per questo, o per una donna che era entrata
stabilmente nella sua vita, ma comunque Brancher lasciò
i paolini, cambiò vita, abbandonò il sacerdozio.
Ma non la pubblicità: divenne collaboratore di Fedele
Confalonieri e manager di Publitalia, la concessionaria di pubblicità
della Fininvest. "Don Aldo sta facendo carriera",
dicevano di lui i suoi vecchi colleghi di Famiglia cristiana.
La carriera sembrò interrompersi nel 1993, quando fu
arrestato da Antonio Di Pietro
per tangenti (300 milioni al ministro della Sanità Francesco
De Lorenzo, per la pubblicità
contro l'Aids assegnata dal ministero alle reti Fininvest).
è subito ribattezzato "il Greganti della Fininvest"
perché in cella non aprì bocca, non raccontò
i segreti delle tangenti Fininvest. Condannato (in appello)
a 2 anni e 8 mesi per falso in bilancio e violazione della legge
sul finanaziamento ai partiti. Per la sua fedeltà aziendale
fu premiato: divenne responsabile di Forza Italia nel Nord e
poi, nel 2001, candidato alla Camera in Veneto, eletto senza
problemi e subito nominato da Berlusconi sottosegretario alle
Riforme e alla devoluzione. Lavora accanto al neo-ministro
Umberto Bossi, che ha convinto ad abbandonare i toni
anti-Berlusconi per allearsi nel 2001 con Forza Italia.
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, nella quota proporzionale,
sotto il simbolo di An. è indagato per il business della
formazione professionale: gli inquirenti sospettano che durante
il suo incarico di assessore regionale al Lavoro abbia favorito
enti di formazione della sua provincia.
Deputato della Repubblica. Esponente del Ccd, salernitano,
eletto in Campania. Fu arrestato nel 1993, quando era sindaco
socialista di Vibonati (Salerno), per irregolaritý nel finanziamento
di progetti per l'occupazione. Prosciolto per questa vicenda,
viene rinviato a giudizio per abuso d'ufficio, a scopo patrimoniale,
nella gestione degli appalti per il prolungamento di una tangenziale.
Calderoli, Roberto
Deputato della Repubblica. Esponente della Lega nord, di cui
è segretario. Come Bossi, è stato condannato nel 1998, in
primo grado, a 8 mesi per resistenza e oltraggio a pubblico
ufficiale, per aver partecipato ai disordini davanti alla
sede della Lega in via Bellerio; è indagato per scontri
con la polizia a Brescia; e per attentato all'integritý dello
Stato nell'inchiesta di Verona sulle ´camicie verdiª.
Senatore della Repubblica. Eletto per la Casa delle libertà
(Forza Italia) in Lombardia. Banchiere, socialista, fu presidente
della Bnl. è stato inquisito e arrestato per corruzione,
bancarotta fraudolenta e altri reati. Se l'è cavata con
alcuni patteggiamenti (ha patteggiato pene per circa 2 anni
e risarcito 800 milioni di lire).
Deputato della Repubblica. Eletto nel proporzionale, nella lista
della Margherita in Campania. Dopo essere stato portavoce della
Dc durante la segreteria di Arnaldo Forlani, oggi è coordinatore
della Margherita. Pregiudicato: condannato a 1 anno e 4 mesi
per false dichiarazioni al pubblico ministero: mentÏ per cercare di impedire la scoperta della maxitangente Enimont. Per quel reato fu arrestato durante
Mani pulite e la sua fotografia in manette divenne un'immagine-simbolo
di Tangentopoli.
Deputato della Repubblica. Eletto per Forza Italia nel collegio
di Corsico (Milano). Il suo nome compare nelle liste della loggia
massonica P2: fascicolo 945, numero di tessera 2232, data di
iniziazione 12 dicembre 1980. All'epoca della scoperta degli
elenchi Cicchitto era deputato e membro della direzione del
Psi. è uno dei pochi ad aver ammesso di aver sottoscritto
la domanda di adesione.
Deputato della Repubblica. Eletto a Milano. è stato condannato
a un anno di reclusione per voto di scambio nel dicembre 1994.
Poi è arrivata la condanna in appello, il rinvio in Cassazione
e lassoluzione nel nuovo appello. Ora lex deputato
socialista Francesco Colucci, riconvertito a Forza Italia, è
tornato in pista con la Casa delle libertà, che lo ha
fatto eleggere in un collegio sicuro: quello milanese di Baggio,
dove, ironia della sorte, si è scontrato con un apripista
di Mani pulite: Pierluigi Mantini, candidato dellUlivo,
lavvocato che per primo denunciò un certo Mario
Chiesa, non ancora mariuolo. Nel marzo 1992 a Colucci fu sequestrato
un archivio informatico con migliaia di nomi accanto ai quali
erano segnati i favori concessi: dalle assunzioni nel settore
pubblico ai ricoveri in ospedale. Al processo, lavvocato
Domenico Contestabile (oggi senatore di Forza Italia) lo difese
affermando che la raccomandazione non è reato. Alla fine
Colucci fu assolto. Il giudice non ritenne sufficientemente
provato il collegamento tra i favori concessi e i voti ottenuti.
Ora si ricomincia.
Senatore della Repubblica. Eletto nel collegio di Lodi per la
Casa delle libertà. Compagno di scuola e poi manager
e prestanome di Berlusconi, era in contatto con Gaspare
Gambino, imprenditore siciliano vicino a
Pippo Calò, il cosiddetto cassiere romano di Cosa
nostra. Attraverso Comincioli, la Fininvest realizzò
affari con il faccendiere sardo Flavio
Carboni. Cambiali con girata di Comincioli passarono
a uomini della Banda della Magliana per poi finire nelle mani
di Pippo Calò. Per i suoi rapporti con Cosa nostra e
banda della Magliana è stato imputato a Roma (e poi assolto).
Accusato per bancarotta fraudolenta, è stato latitante
per alcune settimane. Poi imputato nel processo per le false
fatture di Publitalia.
Craxi, Vittorio (detto Bobo) |
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Deputato della Repubblica. La sua prima campagna elettorale,
quando entrÚ per la prima volta nel Consiglio comunale di
Milano, fu pagata da Mario Chiesa, imputato numero uno di
Mani pulite, che usÚ le tangenti raccolte e poi confessate.
Suoi materiali elettorali furono trovati durante un sequesto
a un imputato nel processo Duomo connection. Nelle sentenze
di condanna a suo padre, Bettino Craxi, si accenna a denaro
delle tangenri usato per comprare "un appartamento a
New Yorkî, o per pagare al figlio Bobo líaffitto di una "casa
in Costa Azzurraî.
Deputato della Repubblica, Udeur. Fu arrestato nel 1999, quando
era sottosegretario al Tesoro (governo di centrosinistra). è
sotto inchiesta per le tangenti all'ospedale Garibaldi di Catania.
Malgrado l'arresto e l'indagine in corso, è stato ugualmente
candidato dall'Udeur e poi eletto deputato. Ora è in attesa di processo.
Deputato della Repubblica. Ex presidente del Consiglio, ex segretario
e oggi presidente dei Ds. Fu indagato a Bari per un finanziamento
illecito ricevuto da Francesco Cavallari, il re delle
cliniche pugliesi, legato alla malavita barese, che gli versò
almeno una ventina di milioni. D'Alema si salvò grazie
alla prescrizione. In un altro processo, un uomo di partito di nome Cesare De Piccoli fu accusato (e poi prescritto) di aver ricevuto dalla Fiat 200 milioni su un conto in Svizzera: una tangente ´finalizzata alla campagna elettorale della corrente politica veneta facente capo all'onorevole Massimo D'Alemaª.
Senatore della Repubblica. Eletto a Trapani. Di Forza Italia.
Sottosegretario all'Interno nel secondo governo Berlusconi.
Già vicepresidente della commissione Finanze, per un
breve periodo è stato il responsabile economico di Forza
Italia. La famiglia DAlì Stati è una delle
più potenti, facoltose e riverite del Trapanese. Le immense
tenute agricole, le saline tra Trapani e Marsala, le molte proprietà
e (fino al 1991) la quota di controllo della Banca Sicula costituivano
limpero governato con autorità da Antonio
DAlì senior, classe 1919, che fu direttamente
amministratore delegato della banca di famiglia fino al 1983,
anno in cui fu coinvolto nello scandalo P2 (il suo nome era
nelle liste di Gelli) e preferì
passare la mano al nipote Antonio junior, che poi nel 1994 aderì
a Forza Italia e fu premiato con un bel seggio al Senato. La
Banca Sicula era uno dei più importanti istituti di credito
siciliani per numero di sportelli e per mezzi amministrati.
Allinizio degli anni Novanta la banca trapanese, già
corteggiata anche dallAmbroveneto di Giovanni Bazoli,
fu acquistata e incorporata dalla Banca Commerciale Italiana,
alla ricerca di un partner per superare la sua storica debolezza
in Sicilia. In seguito alloperazione, Giacomo
DAlì, professore associato di Fisica, figlio
di Antonio senior e cugino di Antonio junior il senatore, è
entrato a far parte del consiglio damministrazione della
Banca Commerciale. La Banca Sicula, prima di rigenerarsi dietro
le rispettabilissime insegne della Commerciale, era stata oggetto
di un allarmato rapporto di un commissario di polizia, Calogero
Germanà, che poi, trasferito a Mazara, aveva subito
un attentato da parte di Leoluca Bagarella
in persona e oggi è dirigente della Dia (la superpolizia
antimafia) a Roma. Il rapporto ipotizzava che listituto
di credito fosse uno strumento di riciclaggio di Cosa nostra.
E sottolineava il fatto che come presidente del collegio dei
sindaci della banca fosse stato chiamato Giuseppe
Provenzano (il futuro deputato di Forza Italia e presidente
della Regione Sicilia), già commercialista della famiglia
Provenzano (laltra, quella dellattuale numero uno
di Cosa nostra). Il rapporto non ebbe però alcun seguito.
Prima dellincorporazione, la Banca Sicula aveva realizzato
un aumento di capitale di 30 miliardi.
Niki Vendola, allora vicepresidente della Commissione
parlamentare antimafia, nel 1998, in un rapporto inviato alla
Vigilanza della Banca d'Italia, chiese: da dove erano arrivati
quei soldi? Chi aveva finanziato la ricapitalizzazione?
La risposta della famiglia D'Alì: tutto regolare; laumento
di capitale della Banca Sicula è stato finanziato da Efibanca,
contro pegno di un rilevante pacchetto azionarioè, senza ingresso
di nuovi soci; il finanziamento è stato poi integralmente estinto
con il ricavato della successiva vendita delle azioni alla Comit,
che provvide a versare direttamente allEfibanca le somme di
competenzaè.
La famiglia DAlì ha avuto come campieri alcuni membri
delle famiglie mafiose dei Messina Denaro.
Francesco Messina Denaro, il vecchio capomafia di Trapani,
fu per una vita fattore dei DAlì, prima di passare la mano
come boss e come fattoreè al figlio
Matteo Messina Denaro, classe 1962, che dopo essere stato
uno degli alleati più fedeli di Totò Riina
ai tempi dellattacco stragista allo Stato è oggi considerato
il boss emergente di Cosa nostra, forse il nuovo capo della
mafia siciliana, allombra del vecchio Bernardo
Provenzano. A riprova dei rapporti tra la famiglia DAlì
e il boss, l'allora vicepresidente della Commissione parlamentare
antimafia Nichi Vendola nel 1998 esibì i documenti che provano
il pagamento a Matteo Messina Denaro, ufficialmente agricoltore,
di 4 milioni ricevuti nel 1991 dallInps come indennità di disoccupazione.
A pagargli i contributi era Pietro DAlì, fratello di
Antonio il senatore e di un Giacomo DAlì che, negli anni Settanta,
era stato attivista di un gruppo neofascista siciliano.
Anche il fratello di Matteo Messina Denaro, Salvatore,
ha lavorato per i DAlì: è stato funzionario della Banca Sicula
e poi, nel 1991, è passato alla Commerciale. Peccato che nel
1998 sia stato arrestato per mafia.
Cè unaltra vicenda in cui le strade dei DAlì si incrociano
con quelle dei boss di Cosa nostra. Francesco
Geraci, notissimo gioielliere di Castelvetrano, gran
fornitore di preziosi alla famiglia di Totò Riina, dopo essere
stato arrestato con laccusa di essere uno dei prestanome di
Riina, ha raccontato: Nel 1992 Matteo Messina Denaro mi ha
chiesto di acquistare dai DAlì un terreno per 300 milioni da
regalare a Riinaè. Si tratta della tenuta di Contrada Zangara,
a Castelvetrano. I firmatari del contratto sono Francesco Geraci
il gioielliere e Antonio DAlì il futuro senatore. Io sono
intervenuto solo al momento della firmaè, racconta Geraci. Dopo
la stipula andai spesso alla Banca Sicula e mi feci restituire
i 300 milioniè. Quel terreno, poi, nel 1997 è stato confiscato
in quanto considerato parte dei beni di Riina.
I DAlì hanno sempre ribattuto su tutto. Francesco Messina Denaro,
dicono, fu assunto dal nonno di Antonio junior, lingegner Giacomo
DAlì, classe 1888, quando si era ben lontani dallevidenziarsi
di fenomeni che rivelassero la instaurazione di uneconomia
criminaleè. Matteo Messina Denaro era alle dipendenze come
salariato agricoloè, fino a quando non si scoprì chi fosseè.
Il passaggio della tenuta di Zangara dai DAlì a Riina è una
vicenda svoltasi allinsaputa del venditoreè.
Gli impegni di senatore a Roma non lo distolgono dallattività
a Trapani: con Francesco Canino (Cdu)
e Massimo Grillo (Ccd) costituisce
il triumvirato informale che decide la politica della città.
Anzi, ne è luomo emergente, mentre gli altri due hanno dovuto
negli ultimi anni accusare dei colpi. è questo triumvirato che
nel maggio 1998 raggiunge laccordo per candidare a sindaco
di Trapani Nino Laudicina. Pochi
giorni dopo lelezione, Canino (uno dei politici più bersagliati
dalle critiche di Mauro Rostagno)
viene arrestato per concorso nellassociazione mafiosa che avrebbe
monopolizzato gli affari e spartito gli appalti del Comune di
Trapani. Poi, nellottobre 2000, tocca allassessore Vito
Conticello, arrestato mentre intasca una tangente. Era
entrato in giunta solo otto mesi prima, spinto da DAlì, che
subito dopo larresto lo difende: Conosco la capacità lavorativa
dellassessore Conticello e la sua correttezza; mi auguro, pertanto,
che il risultato dellazione investigativa al più presto riveli
una diversa valutazione dei fattiè. Salvatore
Cusenza, della segreteria regionale dei Democratici di
sinistra, insieme ai politici dellopposizione denuncia il partito
degli affari e chiede chiarezza. DAlì ribatte: Colgono ogni
occasione per criminalizzare gli avversari, con tentativi di
sciacallaggio politico di stampo bolscevicoè. Il 24 aprile di
questanno è il turno del sindaco Laudicina, arrestato per corruzione
con altre sette persone. Perfino il vescovo di Trapani grida:
è arrivata lora di reagire. No allo strapotere, è ora di svegliarci!è.
DAlì dichiara: Nessuno può arrogarsi il diritto di giudizi
sommari, né di strumentalizzazioniè.
Da oggi comunque Antonio D'Alì, un tempo oggetto di indagini
di polizia, alla polizia darà ordini.
Senatore della Repubblica, Casa delle libertà. è
il patron di imprese come Baricentro e Barialto, oltre che il
capofila della società che gestisce l'interporto di Bari.
è stato condannato a 1 anno e 4 mesi per voto di scambio: secondo
i giudici avrebbe pagato per ottenere una contropartita di circa
2 mila voti di preferenza. Il partner dello scambio, però,
sarebbe stato il pericoloso clan mafioso locale dei Capriati. Nel 2002, nuova indagine: il suo gruppo avrebbe ottenuto illecitamente prestiti dalla Banca Meridiana, nonostante 115 miliardi di esposizione debitoria.
Senatore della Repubblica. Eletto nel 2001 nel collegio più
chic di Milano. La legislatura precedente era deputato. Tra
i collaboratori pi~ vicini a Berlusconi fin dagli anni Settanta,
è considerato l'´inventoreª, nel 1993, di Forza Italia.
Accusato di
bancarotta fraudolenta per il crac Bresciano (un'azienda
del discusso finanziere siciliano Filippo Alberto Rapisarda).
Arrestato nel 1995 dai magistrati
di Torino per le false fatture di Publitalia
(la societý che raccoglie pubblicitý per le tv di Berlusconi).
Indagato per i fondi neri di Publitalia
anche a Milano (nel 1994 aveva evitato l'arresto solo grazie
alla soffiata del Tg5 di Enrico Mentana, che dando la notizia
aveva fatto cadere le esigenze di custodia cautelare). è stato
condannato definitivamente a 2 anni per
frode fiscale e false fatturazioni a Torino (false fatture Publitalia);
ha patteggiato 6 mesi a Milano
per altre vicende di false fatture Publitalia.
A Milano è stato condannato
per estorsione aggravata (per aver
mandato il boss di Cosa nostra Vincenzo Virga a fare il "recupero
crediti" nei confronti di Vincenzo Garraffa, titolare di una
squadra di pallacanestro sponsorizzata da Publitalia).
A Palermo è stato condannato
a 9 anni in primo grado per concorso
esterno nell'associazione mafiosa Cosa nostra e processato
per calunnia aggravata nei confronti
di alcuni collaboratori di giustizia (Dell'Utri aveva assoldato
due falsi pentiti perchè raccontassero di essere stati convinti
in carcere ad accusare Dell'Utri di mafia).
A Madrid, in Spagna, è accusato
di gravi irregolarità nella gestione
di Telecinco.
Complessa la sua vicenda processuale, costellata di leggi su
misura. A Torino, nel 1998, è condannato in appello a 3 anni
e 2 mesi per false fatture e frode fiscale continuata della
società Publitalia. Ma prima che la sentenza diventasse
definitiva, il Parlamento (a maggioranza Ulivo) approvÚ in tutta
fretta una legge che permetteva il patteggiamento anche in Cassazione:
Dell'Utri la usÚ, rimediando uno sconto che ridusse la pena
a 2 anni e 6 mesi, sotto la soglia dei 3 anni oltre i quali
si deve entrare in carcere. Restava aperto il problema delle
pene accessorie: 5 anni d'interdizione dai pubblici uffici.
Perso, in forza di quella pena, il seggio in Parlamento, Dell'Utri
sarebbe finito in cella, perchè nel frattempo i giudici di Palermo
avevano chiesto il suo arresto per la vicenda dei falsi pentiti.
Dell'Utri chiede allora che gli sia applicato l'indulto del
1989 (anche se gran parte dei reati contestati sono successivi).
La Corte d'appello di Torino respinge la richiesta, ma poi la
Cassazione l'accoglie: cosÏ niente pene accessorie, niente arresto.
La pena definitiva scende ancora, in sede d'esecuzione, a 1
anno e 8 mesi (sotto la soglia dei 2 anni, quindi senza neppure
l'obbligo dell'affidamento ai servizi sociali), perchè il governo
Amato (centrosinistra) depenalizza alcuni reati fiscali e finanziari.
Da Milano, intanto, arrivano altre piccole pene per false fatture
e falso in bilancio, considerate ´in continuazioneª con la condanna
di Torino. La pena complessiva, dunque, risale oltre i 2 anni.
Ci pensa la nuova legge sul falso in bilancio (2001, governo
Berlusconi), che risolve il problema. A Palermo i due processi
d'argomento mafioso (quello per concorso esterno squaderna una imponente mole di prove della vicinanza tra Dell'Utri e Cosa nostra) arrivano alle
fase finali, quando una apposita legge (quella cosiddetta ´d'attuazioneª
dell'articolo 68 della Costituzione, che con il contributo del
verde Marco Boato dilata a dismisura i privilegi e le immunitý
dei parlamentari) si rendono inutilizzabili, nei confronti di
deputati e senatori, i tabulati telefonici. Proprio i tabulati
erano la prova dei contatti tra Dell'Utri e i falsi pentiti
assoldati per azzerare le accuse di mafia. L'accusa si oppone
a gettare alle ortiche quelle prove, perchè raccolte comunque
prima del provvidenziale arrivo della legge. Il processo è continuato.
Tutto questo non ha impedito a Silvio Berlusconi di candidarlo
al Senato, nel collegio più centrale di Milano. Marcello
lo aveva confessato in tv: "Mi candido per legittima difesa". Tra un processo e l'altro, si atteggia a uomo di cultura: il 20 giugno 2003, per esempio, ha inaugurato la Biblioteca del palazzo del Senato, alla presenza del presidente del Senato Marcello Pera e del capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi. Ed è responsabile della scelta dei candidati di Forza Italia per le elezioni politiche del 2006.
Senatore della Repubblica. Eletto nel collegio di Milano-Niguarda-Sesto
per la Casa delle libertà. è tra i repubblicani
che con Giorgio La Malfa sono passati con Berlusconi. In passato
è stato vicesegretario nazionale del Pri e più
volte parlamentare. Una testimone racconta che a fine anni Settanta
Del Pennino era tra i frequentatori delle bische clandestine
gestite a Milano da Angelo Epaminonda. Lì era chiamato
"Del Pennazzo". Il 13 maggio 1992, agli albori di
Mani pulite, quando era deputato del Pri e capogruppo repubblicano
alla Camera, è stato raggiunto da un'informazione di
garanzia. L' ipotesi di reato: ricettazione, per aver ricevuto
denaro provento di tangenti. Nel 1993 la Camera ha respinto
la richiesta di autorizzazione a procedere per violazione delle
norme sul finanziamento pubblico dei partiti: i magistrati di
Milano l'avevano richiesta per contributi in denaro che Del
Pennino avrebbe ricevuto da fondi neri costituiti presso l'
Associazione industriale lombarda (Assolombarda). A luglio 1994
Ha patteggiato una pena di 2 mesi e 20
giorni (convertita nella sanzione di 4 milioni) nel processo
per le tangenti Enimont. A ottobre 1994 altro patteggiamento:
di una pena di 1 anno, 8 mesi e 20 giorni
per tangenti relative alla Metropolitana milanese. Il 25 gennaio
2000 la settima sezione penale del tribunale di Milano lo ha
prosciolto nel processo per le tangenti Atm, per le forniture
di autobus all azienda dei trasporti milanese (in precedenza,
lo stesso tribunale aveva respinto una sua richiesta di patteggiamento,
perché la pena concordata con il pubblico ministero non
era stata ritenuta congrua rispetto alla gravità dei
fatti contestati). Alla fine del 2000 Antonio Del Pennino è
rientrato nel Pri, giusto in tempo per partecipare al "ribaltino"
che ha portato il glorioso partito ad allearsi con Berlusconi.
Senatore della Repubblica. Eletto in Abruzzo, con il recupero
proporzionale, nella lista del Girasole. Del Turco fa parte
del partito socialista di Enrico Boselli,
alleato con il centrosinistra. è stato dirigente sindacale,
vicesegretario generale della Cgil. Poi, dopo il crollo di
Bettino Craxi accusato di tangenti, nel 1993 è
stato eletto segretario del Psi. è stato ministro nel
secondo governo Amato. Il costruttore Vincenzo
Lodigiani, arrestato per tangenti nel 1993, ha dichiarato
di aver dato soldi anche a Del Turco, quando era dirigente sindacale.
Senatore della Repubblica, Casa delle libertà (Forza Italia). Importante
imprenditore bellunese del settore degli occhiali, è
stato processato per avere nei primi anni Novanta utilizzato
in maniera illecita finanziamenti dell'Unione Europea. Se l'è
cavata con una condanna patteggiata: 1
anno e 4 mesi per truffa ai danni del ministero del Lavoro
e della Cee per 474 milioni di lire in cambio di falsi corsi
di qualificazione professionale per la sua azienda..
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, a Modica. Notabile
ed ex vicepresidente nazionale del Ccd, 45 anni, ex presidente
della Regione siciliana (tra il 1998 e il 1999), nel 2003 è
stato condannato a 3 anni e 3 mesi a Palermo per peculato e
abuso d'ufficio: aveva prelevato 230 milioni di lire dalle casse
regionali. La Corte dei conti gli ha poi imposto di restituire
le somme, come ha fatto con il suo predecessore, Giuseppe Provenzano,
di Forza Italia, anchegli inquisito per gli stessi motivi.
Deputato della Repubblica. Eletto in un collegio di Roma. Il
suo nome compare negli elenchi della loggia massonica segreta
P2: fascicolo 646, numero di tessera 1878, data di iniziazione
10 ottobre 1978. Fiori, all'epoca deputato democristiano, ha
smentito di essere iscritto. Oggi è membro di An.
Senatore della Repubblica, Forza Italia. Ex democristiano, andreottiano,
è stato accusato di tangenti per l'appalto dell'ospedale
Garibaldi di Catania. Nel 1999 la procura chiese anche di poterlo
arrestare, ma il Senato negò l'autorizzazione a procedere.
Erano circolate trascrizioni di intercettazioni telefoniche
che lo accusavano pesantemente, ma ora non ve n'è più
traccia: sparite. In una videocassetta, invece, è ancora
possibile vedere e sentire il mafioso Enrico Incognito urlare:
"Firrarello, anche tu mi hai abbandonato". Nel 2001, passato dall'Udeur a Forza Italia, è stato rieletto. Per lui è stato chiesto il rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa, turbativa d'asta e corruzione.
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, nel collegio di
Giarre. è nato a Desio, in Lombardia, ma fa l'imprenditore
in Sicilia, nel settore della telefonia, ben introdotto nei
subappalti della telefonia di Stato (quando c'era). Nel 1994
"scese in campo" sotto le bandiere di Forza Italia,
fu eletto alla Camera nel collegio di Giarre e divenne sottosegretario
al Bilancio nel governo Berlusconi. Gli investigatori della
Dia (la Direzione investigativa antimafia) lo misero sotto osservazione
perché Gioacchino La Barbera, uno dei mafiosi responsabili
della strage di Giovanni Falcone, nei giorni precedenti e seguenti
la strage aveva comunicato anche con cellulari intestati a unazienda
di Floresta. Questioni di lavoro, spiegò La Barbera.
Uscito pulito da questa storia palermitana, Floresta entrò
in una vicenda catanese: un collaboratore di giustizia, Giuseppe
Scavo, raccontò di aver visto Floresta negli uffici dellautoparco
di Sebastiano Sciuto, uomo donore calabrese del clan Ercolano,
poi arrestato in seguito alloperazione Orsa Maggiore.
Le affermazioni di Scavo sono rimaste però senza conferme
e riscontri, così la procura ha chiesto larchiviazione
del caso
Senatore della Repubblica, Ccd. Ex democristiano ed ex sindaco
di Formia. Nel 1992 è stato accusato di aver creato una società
sportiva per ottenere finanziamenti che, secondo i magistrati,
in realtà sarebbero stati la contropartita di licenze edilizie
concesse illecitamente. Per questo è stato anche arrestato.
Un imprenditore lo ha poi accusato di aver chiesto 300 milioni,
riparazioni gratuite in casa sua e l'assunzione di alcune persone
nell'azienda. Per questa vicenda Forte è ancora in attesa di
giudizio.
Senatore della Repubblica. Eletto in Veneto, nel collegio di
Verona città. Ex parlamentare democristiano, oggi fa
parte di Forza Italia. Il suo nome compare negli elenchi della
loggia massonica P2: fascicolo 533, numero di tessera 1705,
data di iniziazione 1 gennaio 1977. Frau ha ammesso di aver
conosciuto Licio Gelli, ma ha smentito la sua iscrizione alla
P2.
Deputato della Repubblica. Forza Italia. Eletto in Puglia. Un
nome, una garanzia. Già, ma qual è il nome? Nel
collegio dove Silvio Berlusconi
lha candidato, in Puglia, è Carlo Frigerio, com'era
scritto sui manifesti. A Milano, dove da decenni fa politica,
è Gianstefano. Eppure è sempre lui: come segretario
regionale della Dc in Lombardia (e cassiere occulto del partito)
ha incassato decine di tangenti, è stato arrestato tre
volte tra il 1992 e il 1993, è stato coinvolto in molti
processi. è accusato di aver accettato mazzette per le
discariche lombarde, per il depuratore di Monza, per gli appalti
alle Ferrovie Nord. Alcune tangenti le ha ammesse, pur minimizzando
il proprio ruolo. Ha confessato, per esempio, di aver ricevuto
150 milioni da Paolo Berlusconi,
in cambio dei permessi alla Fininvest per gestire la discarica
di Cerro Maggiore.
Ha accumulato tre condanne definitive: 1 anno e 4 mesi per finanziamento
illecito ai partiti, 1 anno e 7 mesi per finanziamenti illeciti
e ricettazione, 3 anni e 9 mesi per corruzione e concussione.
Ciò nonostante, dopo aver lasciato la Dc si è
inventato una nuova vita come consigliere personale di Silvio
Berlusconi e influente membro di Forza Italia, di cui dirige
il centro studi. Mentre i giudici dellesecuzione stavano
esaminando le sentenze definitive che pesano su di lui per decidere
il cumulo della pena da scontare, Gianstefano scompare e ricompare,
in Puglia, Carlo: lì si è conquistato un bel seggio
in Parlamento. Il 31 maggio, primo giorno di riunione della
nuova Camera dei deputati, Frigerio è stato arrestato.
Dovrà scontare in definitiva una pena di 6 anni e 5 mesi.
Affidato poi ai servizi sociali, ha avuto il permesso dal giudice
di sorveglianza di frequentare il Parlamento per qualche giorno
al mese: come pratica di riabilitazione (ma il giudice forse
non conosceva il tasso di devianza di quell'ambiente...). Così
Frigerio, che fuori dal Parlamento non puÚ votare perchè colpito
da una pena accessoria che gli inibisce temporaneamente i diritti
di voto, dentro il Parlamento vota e decide le leggi per tutti
gli italiani.
Deputato di Forza Italia. Ex sindaco socialista di Asti, nel
1996 ha patteggiato 6 mesi e 26 giorni
di carcere per inquinamento delle falde acquifere, abuso e omissione
di atti ufficio, falso ideologico, delitti colposi contro la
salute pubblica (per linquinamento delle falde acquifere)
e omessa denuncia dei responsabili della Tangentopoli astigiana
nello scandalo della discarica di Vallemanina e Valleandona
(smaltimento fuorilegge di rifiuti tossici e nocivi in cambio
di tangenti).
Senatore della Repubblica, Forza Italia. Secondo l'ex segretario
del Psi Giacomo Mancini, Gentile, durante la campagna elettorale
del 1992 era scortato da "un nutrito stuolo di personaggi molto
noti alla giustizia". Secondo alcuni collaboratori di giustizia
gli era stato garantito dalla 'ndrangheta l'appoggio elettorale.
Lo hanno votato ed è così entrato a palazzo Madama.
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, nel collegio di
Augusta. Giuseppe, detto Pippo, è esponente del Cdu.
Ha 53 anni, è medico di Solarino ed ex sindaco di Priolo.
Deputato regionale dal 1991 al 1996 per la Dc, è poi
transitato nellUdeur di Clemente Mastella ed è
stato anche componente della commissione Sanità. Nel
1998 è stato arrestato e poi condannato a tre anni (tribunale
di Siracusa, primo grado) per una mazzetta di 25 milioni per
lappalto di lavori nella pineta cittadina. Il leader del
Cdu Rocco Buttiglione lo aveva definito «un prezioso capitale
per la sua città, per la regione e per lintero
partito». Dopo la condanna lo ha nominato coordinatore
regionale del Cdu siciliano.
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia. Forzista doc.
Nel 1998, quando era vicecoordinatore per la Sicilia di Forza
Italia, la procura di Palermo chiese il suo arresto per complicità
con la mafia. Silvio Berlusconi commentò: "Essendo
Giudice vicecoordinatore di Forza Italia in Sicilia e avendo
avuto quindi rapporti con lonorevole Gianfranco
Micciché, non si può neppure immaginare
alcun alone di dubbio intorno a lui, perché altrimenti
non avrebbe potuto avere quellincarico". Secondo
laccusa, Giudice era al diretto servizio della cosca mafiosa
di Caccamo, i cui uomini si vantavano di averlo fatto eleggere
e gli telefonavano fin dentro il palazzo di Montecitorio per
ricordargli la sua dipendenza e per ordinargli che cosa doveva
fare: "Gasparino, guarda che siamo stati noialtri a metterti
lì", gli ripetevano. Gli elementi raccolti dallaccusa
erano tali da far escludere alla giunta parlamentare per le
autorizzazioni a procedere che ci fosse fumus persecutionis
nei confronti del parlamentare. Perfino il "supergarantista"
Filippo Mancuso, in giunta, non aveva avuto nulla da
eccepire contro la richiesta dei magistrati. Eppure la Camera
dei deputati il 16 luglio 1998 bocciò (303 voti a 210,
con 13 astenuti) la richiesta darresto. Non solo, i deputati
sottrassero al giudice elementi di prova: impedirono (287 voti
a 239, con 3 astenuti) lutilizzo processuale dei tabulati
Telecom, quelli da cui erano documentati i rapporti e la dipendenza
di Giudice dagli uomini delle cosche.
Senatore della Repubblica. Eletto in Liguria, nel collegio di
Chiavari. Ex democristiano, nel 1994 sedeva in Parlamento tra
i banchi del centrosinistra, ma saltò (nomen omen)
nel centrodestra, permettendo a Silvio Berlusconi di avere la
maggioranza per formare il suo primo governo (e avendo in premio
una poltrona di sottosegretario alla presidenza del Consiglio).
Nel 2001 è stato rieletto per Forza Italia. Appena messo
piede in Senato, il primo giorno d'attività di Palazzo
Madama, ha ricevuto un invito a comparire spedito dalla procura
di Milano: per una vicenda che risale a quando Grillo era sottosegretario
di un governo di centrosinistra e permise l'affidamento di una
consulenza miliardaria per uno studio sull'Alta velocità
ferroviaria in Liguria. L'ipotesi di reato su cui la procura
di Milano indaga è truffa aggravata. Nel 2003 si distingue in Senato proponendo un emendamento alla legge Gasparri sulle tv che toglie le telepromozioni dal mazzo dell'affollamento orario degli spot pubblicitari, regalando cosÏ a Mediaset parecchi miliardi. è il pi~ grande sostenitore del governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio, anche durante le scorribande fatte nell'estate 2005 dai "furbetti del quartierino".
Senatore della Repubblica. Forza Italia. Giornalista, dopo essersi
occupato negli anni Sessanta e Settanta di golpe e servizi segreti,
è passato a occuparsi soprattutto di magistrati. Si è
fatto notare insultando, quando era in vita, Giovanni
Falcone, che poi ha glorificato da morto, per contrapporlo
ai magistrati vivi di Milano e Palermo, sempre da criticare.
Nel 1991 infatti, mentre era in discussione la nomina di Falcone
a capo della Procura nazionale antimafia e di Gianni
De Gennaro a capo della Dia, Jannuzzi scrive sul Giornale
di Napoli un articolo intitolato "Cosa nostra uno e
due" in cui di Falcone e De Gennaro dice: «è
una coppia la cui strategia, passati i primi momenti di ubriacatura
per il pentitismo ed i maxi-processi, è approdata al
più completo fallimento: sono Falcone e De Gennaro i
maggiori responsabili della dèbacle dello Stato di fronte
alla mafia... L'affare comincia a diventare pericoloso per noi
tutti... dovremo guardarci da due Cosa nostra, quella che ha
la Cupola a Palermo e quella che sta per insediarsi a Roma...
Sarà prudente tenere a portata di mano il passaporto»
( 29 ottobre 1991). Dal boss di Cosa nostra Pippo
Calò ha ricevuto 5 milioni per pubblicare un libro
che poi non ha mai scritto. è pluriquerelato per una
serie infinita di diffamazioni nei confronti di magistrati e
uomini per bene. Ora cominciano ad arrivare le condanne definitive:
2 anni e 4 mesi per diffamazioni varie. Però niente carcere,
per il giornalista viveur, che prima scappa a Parigi,
poi ottiene una inedita (e inesistente) immunità parlamentare assoluta,
garantita dal presidente del Senato Marcello
Pera: «Il senatore Jannuzzi gode dei privilegi
e delle immunità discendenti dagli incarichi ricoperti
nelle istituzioni europee. Ne deriva che in tutti gli Stati
membri del Consiglio d'Europa e dell'Unione europea il senatore
Jannuzzi gode di un'immunità assoluta dalla giurisdizione».
Infine è stato graziato dal capo dello Stato.
Deputato della Repubblica. Ex segretario del Pri ai tempi della
"prima repubblica", ha portato il suo partito ad aderire
alla Casa delle libertà. è stato condannato con
sentenza definitiva a 6 mesi per
aver percepito finanziamenti illeciti, provenienti dalla maxitangente
Enimont.
Deputato della Repubblica. Eletto a Palermo (quota proporzionale).
Oggi è un esponente di An e parlamentare della Casa delle
libertà. Tanti anni fa, il 24 ottobre 1969, quando aveva
32 anni, fu fermato vicino a Palermo dai carabinieri insieme
a quattro camerati (tra cui Pierluigi Concutelli, capo militare
dellorganizzazione neofascista Ordine nuovo). Nella sua
automobile fu trovata una quantità considerevole di armi
da guerra avvolte in carta da giornale. Concutelli fu condannato
a 2 anni, Lo Porto a 16 mesi. Lo Porto è stato poi indagato
(senza conseguenze penali) per rapporti con ambienti mafiosi.
Deputato della Repubblica, Ds. Ex presidente della Regione Basilicata, è indagato a Potenza per lo scandalo delle mazzette Inail, con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Nel 2002 la Camera ha respinto la richiesta d'arresto.
Deputato della Repubblica. Eletto in Lombardia, nel collegio
di Merate. Esponente di Comunione e liberazione, vicino alla
Compagnia delle opere. E' stato candidato dopo essere stato
coinvolto nell'inchiesta giudiziaria sulla cascina San Bernardo
di Milano. Da assessore al Comune di Milano, insieme al collega
Antonio Verro, aveva fatto approvare una concessione per far
diventare la cascina un centro polivalente con finalità
sociali. Poi, con un repentino cambio di marcia, la cascina
era stata trasformata in una struttura sanitaria privata da
20 posti, naturalmente affidata agli amici della
Compagnia delle opere. E' uscito dall'indagine con
un proscioglimento.
Maccanico, Antonio
Parlamentare della Repubblica. Eletto nelle file dell'Ulivo,
ha perÚ dato il suo nome al provvedimento che ha cercato di
salvare Berlusconi dai processi, il ´lodo Maccanicoª, appunto.
Cioè la legge (poi bocciata come incostituzionale) che voleva
garantire l'impunitý alle cinque pi~ alte cariche dello Stato,
tra cui il presidente del Consiglio (che era l'unico ad averne
impellente bisogno).
Prima del lodo salva-Berlusconi, aveva dato il suo nome
anche alla legge salva-Retequattro: varata con l'Ulivo al
governo, rimendava alle calende greche l'esecuzione di una
sentenza della Corte costituzionale che imponeva alla rete
berlusconiana di andare sul satellite o chiudere.
Nel 2003 Maccanico, non contento delle due prodezze precedenti,
recidivo, avanza una nuova proposta (bipartisan, ovvero cerchiobottista,
ovvero un nuovo regalo a Berlusconi) in materia televisiva:
una sorta di disarmo bilanciato Rai-Mediaset.
Il nome di Maccanico, oltre che accanto alle leggi salva-Silvio,
compare anche nelle intercettazioni telefoniche realizzate
dal Servizio centrale operativo della polizia nel 1995-96
durante le indagini di Ilda Boccassini e Gherardo Colombo
sulle ´toghe sporcheª. Maccanico, infatti, era in contatto
telefonico con il giudice Renato Squillante, poi arrestato,
processato e condannato per corruzione giudiziaria. In quel
periodo (i primi mesi del 1996), Maccanico era impegnato a
varare un ´governissimoª che mettesse insieme (è un suo pensiero
fisso) destra e sinistra, con Lorenzo Necci superministro.
L'operazione non andÚ in porto, si andÚ alle elezioni e vinse
l'Ulivo di Romano Prodi. Necci, qualche mese dopo, invece
di andare al governo finÏ in galera, per un giro di tangenti
(si scoprÏ, tra l'altro, che riceveva 20 milioni al mese dal
faccendiere Pierfrancesco Pacini Battaglia). Interrogato dai
magistrati di La Spezia, Necci ci tenne a far sapere che,
dopo il suo arresto, non era stato abbandonato, ma aveva anzi
goduto di ´una maggiore attenzione dal mondo politicoª. Mentre
si trovava agli arresti domiciliari, aveva ricevuto lettere
e telefonate, spiega, ´sintomo di un certo timore rispetto
a quello che io potrei rivelare all'autoritý giudiziariaª...
Chi sono i politici che si fanno vivi con l'arrestato che
potrebbe parlare (ma non parlerý)? Necci li elenca: Gianni
Letta che lo invita a cena con Berlusconi, la signora Donatella
Dini, Massimo D'Alema e, appunto, Antonio Maccanico. ´Mi ha
inviato una lettera di stimaª, detta a verbale Lorenzo Necci.
Maceratini, Giulio
Parlamentare della Repubblica. Come militante delle organizzazioni
neofasciste italiane, negli anni Sessanta e Settanta ha avuto
un ruolo importante nella strategia della tensione. Dirigente
dapprima, a partire dal 1960, di un gruppo neonazista e antisemita
chiamato Gioventù mediterranea, in stretta relazione
con il gruppo Avanguardia nazionale di Stefano Delle Chiaie, Maceratini
è poi diventato dirigente di Ordine nuovo, l'organizzazione
di Pino Rauti. Quando le due organizzazioni eversive di Delle
Chiaie e Rauti si riuniscono nel Fronte nazionale, in vista
del golpe di Junio Valerio Borghese del 1970, Giulio Maceratini
è nominato da Borghese dirigente giovanile del Fronte.
Due anni prima, nel 1968, era tra i giovani che parteciparono
a un famoso viaggio "di studio" nella Grecia dei
colonnelli. Maceratini fu poi, secondo una testimonianza al
processo di piazza Fontana, uno dei responsabili dei campi
paramilitari neofascisti in Italia. Intervistato da Paolo
Biondani sul Corriere della sera nel dicembre 2002, il neofascista
Martino Siciliano ha dichiarato: «Ho sentito con le
mie orecchie Rauti e Maceratini spiegare che dovevamo passare
alleliminazione fisica degli avversari politici».
Deputato della Repubblica. Eletto nel collegio di Varese. Leghista,
ex ministro dell'Interno nel primo governo Berlusconi. E' coinvolto
in tre inchieste giudiziarie. Per gli scontri con la polizia,
inviata a perquisire la sede della Lega a Milano, è stato
condannato definitivamente a 4
mesi e 20 giorni per resistenza a pubblico ufficiale. Come capo
delle "camicie verdi", è stato indagato dalla procura
di Verona per reati come attentato contro l'integrità
dello Stato. Infine, la procura di Roma lo ha indagato
per favoreggiamento di una presunta compravendita di voti. Candidato
al ministero della Giustizia nel governo Berlusconi, ha dovuto
farsi da parte, tra le polemiche. Ma è comunque diventato
ministro al Welfare.
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, al proporzionale,
nelle liste di Forza Italia. Il suo nome compare nelle liste
della loggia massonica P2, scoperte nel 1981: aveva presentato
la domanda d'iscrizione, poi non perfezionata. Martino ha sempre
negato, ma nei documenti P2 c'è una domanda d'iscrizione
da lui stesso firmata, con data 6 luglio 1980, e la testimonianza
del "fratello" presentatore, il collaboratore di Licio
Gelli Giuseppe Donato. E' ministro alla Difesa.
Deputato della Repubblica, Forza Italia Secondo le indagini
dell'ufficiale dei carabinieri Giuseppe De Donno, che per mesi
ha lavorato sotto copertura tra le imprese candidate ad aggiudicarsi
gli appalti dei treni ad alta velocità in Campania, era
uno dei collettori delle tangenti da destinare ai politici.
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, a Ragusa. Esponente
di Forza Italia. Quando era presidente della Provincia di Ragusa,
nellagosto 1998, fu arrestato con alcuni suoi collaboratori
con laccusa di corruzione: avrebbe ricevuto denaro da
sei professionisti che volevano ottenere incarichi per lo studio
e lo sviluppo di progetti ambientali (come la bonifica delle
discariche e il piano territoriale provinciale) finanziati dallUnione
europea. Al momento dellarresto, il coordinatore regionale
di Forza Italia Gianfranco Miccichè denunciò linizio
di "una campagna dagosto" contro il suo partito e lo definì"uno
dei più stimati amministratori siciliani". Il capo dimputazione
era pesante: "associazione per delinquere finalizzata ad
atti di corruzione". In attesa che si concludesse il processo
a suo carico, è entrato in Parlamento. Subito dopo, nel
giugno 2001, è stato condannato in primo grado a 1 anno
e 2 mesi.
Viceministro dell'Economia, uomo forte di Forza Italia in Sicilia. Pi~ volte è stato sfiorato da sospetti di rapporti con uomini di Cosa nostra. Il boss Mario Fecarotta, arrestato perchè prestanome di Riina, lo ha chiamato al telefono 38 volte in due mesi, chiamandolo Gianfrancuccio e chiedendogli aiuto per un appalto. Miccichè è stato anche coinvolto in una brutta storia che ha a che fare con la cocaina: uno spacciatore siciliano, poi arrestato, lo andava a trovare fin dentro il ministero.
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, per Forza Italia,
dopo che per volere di Silvio Berlusconi era stato candidato
nel collegio di Cefalù. Avvocato, per molti anni è
stato presidente della Camera penale (l'organismo che riunisce
gli avvocati) di Palermo, dopo aver retto la Camera penale
di Termini Imerese. Tra i suoi assistiti vi sono boss di rango
di Cosa nostra, come i membri della famiglia Madonia e Nino
Giuffré; e anche il collega avvocato Francesco Musotto,
processato (e poi assolto) con l'accusa di aver ospitato nella
sua villa il capomafia Leoluca Bagarella. Anche Mormino, insieme
ad altri due penalisti, è finito sotto inchiesta per
contatti con gli ambienti mafiosi, sulla scorta delle dichiarazioni
di cinque collaboratori di giustizia. Ma nel maggio 1996 la
procura di Palermo ha chiuso l'indagine contro di lui, non
avendo trovato elementi sufficienti a dimostrare che i contatti
non fossero di natura esclusivamente professionale. Dopo la
lettera di avvertimento inviata nellestate 2002 dai
boss agli avvocati-parlamentari colpevoli di non
mantenere le promesse alla mafia, e dopo una nota del Sisde
sul tema, a Mormino è stata assegnata dalla polizia
una tutela, che ha però rifiutato. Il suo ex assistito
Giuffrè, dopo il suo "pentimento", lo cita
tra i politici in contatto con Cosa nostra. Per questo la
procura palermitana nel 2003 ha riaperto le indagini: per concorso in associazione mafiosa. Secondo Giuffrè la sua candidatura sarebbe stata appoggiata da Bernardo Provenzano in cambio di un alleggerimento della pressione giudiziaria sugli uomini di Cosa nostra.
Deputato della Repubblica, Alleanza nazionale. Ex presidente
del consiglio comunale di Afragola, eletto parlamentare in Campania.
è stato rinviato a giudizio per le pressioni che, insieme
ad altri, avrebbe esercitato nei confronti di una società
che gestisce un centro commerciale: la loro richiesta sarebbe
stata quella di circa 250 assunzioni, in cambio dei permessi
necessari alla società per le sue attività. Esemplare
la sua difesa: "Normale
attività politica, tesa a creare posti di lavoro".
Nel 1999 fu comunque costretto a dimettersi da presidente del
consiglio comunale di Afragola. In tempo per essere portato
dal suo schieramento a Roma, in Parlamento.
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, a Termini Imerese,
per la Casa delle libertà. Ha 59 anni e una lunga esperienza
allAssemblea regionale siciliana. Ex democristiano, lascia
alle spalle una contrastata esperienza di assessore regionale
alle Finanze, nella quale tentò di coprire parte del
buco di bilancio con una tassa sul metano Snam che attraversa
il territorio siciliano. Fu coinvolto nel processo per le assunzioni
pilotate alla Forestale di Palermo, assieme ad altri 35 imputati.
Fu anche inquisito e arrestato per voto di scambio. Assolto
dal tribunale di termini Imerese, gli è stato riconosciuto
un risarcimento di 250 milioni per ingiusta detenzione.
Deputato della Repubblica. Avvocato siciliano, esponente di
Forza Italia. Nino Giuffrè, lultimo dei pentiti,
lo cita tra i politici in contatto con Cosa nostra. Dopo unintervista
di Giuseppe Lumia critica nei confronti del deputato forzista
Nino Mormino, Nitto Palma dichiara: «Allinabissamento
della mafia sarebbe utile succedesse anche linabissamento
di una certa parte dellantimafia». Sua è
la proposta di tornare allimmunità parlamentare,
abrogata nel 1993
Deputato della Repubblica. Eletto nel proporzionale, nelle liste
di Forza Italia. Ex democristiano, è stato per anni deputato
dc e sottosegretario al Tesoro e alla Difesa nei governi del
pentapartito. Nel secondo governo Berlusconi è finalmente
ministro: di un nuovo dicastero che si chiama "Attuazione
del programma di governo": una sorta di musiliana "Azione
Parallela".
Nell'estate 1981, Pisanu, sardo e amico di Armando
Corona (che poi diventerà Gran Maestro della massoneria)
conosce in Sardegna il banchiere Roberto
Calvi (tessera P2 numero 1624). L'uomo che fa incontrare
Calvi e Pisanu è Flavio Carboni,
faccendiere sardo che era in contatto con un imprenditore milanese
che voleva fare affari in Sardegna: Silvio
Berlusconi (tessera P2 numero 1816). Pisanu è
il padrino politico di Carboni, che presenta come un «interlocutore
valido per le forze politiche richiamantesi alla stessa aspirazione,
cioè quella cattolica». Dichiara Pisanu al magistrato
titolare dell'indagine su Calvi e il suo Banco Ambrosiano: «Il
Carboni si diceva congiuntamente interessato alle televisioni
private in Sardegna: ciò in un'ottica di inserimento
nella regione del circuito televisivo Canale 5, facente capo
al signor Silvio Berlusconi di Milano. Il Carboni mi spiegò
che il Berlusconi aveva interesse a espandere Canale 5 alla
Sardegna, talché lo stesso Carboni si stava interessando
per rilevare a tal fine la più importante rete televisiva
sarda, Videolina. Sempre riferendosi all'oggetto delle sue attività,
il Carboni mi disse di essere in affari con il signor Berlusconi
non solo con riferimento all'attività televisiva, ma
anche con riguardo a un grosso progetto edilizio di tipo turistico
denominato "Olbia 2". Fin dall'inizio ritenni di seguire
gli sviluppi delle varie attività di Carboni, trattandosi
di un sardo che intendeva operare in Sardegna e che peraltro
mostrava di avere vari interessi e vari contatti con persone
qualificate» (Testimonianza Pisanu al pm Dell'Osso).
Poi Carboni ebbe vari guai giudiziari. Girò assegni del
Banco Ambrosiano agli usurai della Banda della Magliana. Subì
arresti e condanne. Ma almeno fino alla primavera 1982 restò
in stretto contatto con Giuseppe Pisanu che, mentre era sottosegretario
al Tesoro, si interessò attivamente della vicenda Calvi-Ambrosiano.
Nei mesi frenetici che precedono la scoperta della bancarotta
dell'Ambrosiano e la fuga all'estero di Calvi, Pisanu incontra
Calvi per quattro volte, sempre accompagnato da Carboni. L'ultimo
appuntamento avviene il 22 maggio 1982, quando Pisanu vola a
Milano sull'aereo di Carboni. Poi, il 6 giugno, il sottosegretario
risponde in Parlamento ad alcune interrogazioni sulla situazione
della banca di Calvi, dopo che erano ormai filtrate voci sulla
drammatica crisi finanziaria che stava attraversando. Pisanu
risponde tranquillizzando: la situazione è normale; il
sottosegretario non accenna minimamente alla gravissima situazione
debitoria in cui versa il Banco Andino, controllato dall'Ambrosiano.
Alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulla P2, dichiarerà
Angelo Rizzoli: «A proposito
dell'Andino, Calvi disse a me e a Tassan
Din che il discorso dell'onorevole Pisanu in Parlamento
l'aveva fatto fare lui. Qualcuno mi ha detto che per quel discorso
Pisanu aveva preso 800 milioni
da Flavio Carboni». Dopo lo scandalo P2 e il crac Ambrosiano,
nel gennaio 1983 Pisanu è indotto a dimettersi da sottosegretario
al Tesoro. «A causa di fatti incontrovertibili»,
secondo una dichiarazione del deputato radicale Massimo Teodori
al Corriere della sera: «I rapporti strettissimi
e continuativi fra Pisanu e Carboni; i rapporti di Pisanu con
Calvi tramite Carboni; i rapporti di Pisanu con Calvi e Carboni
per la sistemazione del Corriere della sera; i rapporti
di Pisanu con Calvi e Carboni quando, sottosegretario al Tesoro,
il ministro prendeva importanti decisioni sull'Ambrosiano»
(Corriere della sera, 22 gennaio 1983).
Il 18 luglio 1982 Calvi fu trovato impiccato sotto un ponte
di Londra. Pisanu, dopo le sue dimissioni, scomparve per molto
tempo dalla scena. Ricompare nel 1994, quando torna in Parlamento
e diventa vicecapogruppo dei deputati di Forza Italia: lasciata
la Dc, si è schierato con il partito di Berlusconi, ex
socio d'affari del suo protetto Carboni. E Berlusconi, nel 2001,
pur di dargli una poltrona da ministro, inventa il curioso dicastero
dell'"Attuazione del programma". Accanto, alle riunioni
di governo, avrà il più feroce dei suoi accusatori,
ai tempi della vicenda Calvi: Mirko Tremaglia.
Deputato della Repubblica. Eletto a Roma. Avvocato personale
di Silvio Berlusconi, ha ereditato lincarico professionale
dal padre, che aiutò il giovane Silvio a fondare la
Fininvest, in un turbine di strane società svizzere
e di anonime fiduciarie. è dunque uno dei consulenti
che conoscono i segreti delle origini di Berlusconi. Nato
a Reggio Calabria, crebbe professionalmente nello studio del
padre, a Roma. Pur non avendo mai rinnegato le sue origini
politiche neofasciste, nel 1994 Berlusconi gli chiese di "scendere
in campo" con Forza Italia e lui accettò un posto
al Senato prima e un ministero poi. Nel 2003 è stato condannato, in primo grado,
a 11 anni nel processo "toghe sporche" Imi-Sir-lodo
Mondadori, per aver corrotto i giudici di Roma perché
emettessero sentenze favorevoli a Silvio Berlusconi e alla
Fininvest. E a 5 anni nel secondo
processo "toghe sporche", quello sulla compravendita della
Sme. Cesare Previti ha rischiato (come Amedeo Matacena e Gianni
De Michelis) di non trovare posto nelle liste di Forza Italia.
Per lui però Berlusconi alla fine ha fatto uneccezione,
piazzandolo nel posto sicuro di capolista di Forza Italia
nel proporzionale in Calabria, oltre che nel collegio uninominale
di Roma Tomba di Nerone.
Senatore della Repubblica (Union Valdùtaine-Ds). Proviene
dalla Valle dAosta e dal suo partito più forte,
lUnion Valdùtaine. E' stato presidente della giunta
regionale della Valle dAosta:
condannato in via definitiva dalla Cassazione nel 1994
a 16 mesi di reclusione, 2 milioni di multa e risarcimento
dei danni alla Regione per abuso díufficio perchè favorì una
ditta ìamicaî nellíappalto per la costruzione del compattatore
di rifiuti di Brissogne. Dichiarato decaduto dalla Corte díappello
di Torino, in quanto ìineleggibileî: avendo ricevuto una condanna
definitiva, per legge non può più candidarsi
negli enti locali (Comuni, Province, Regioni). Ma niente paura:
nel 2001 si Ë candidato, con successo, al senato sotto le bandiere di Union Valdotaine,
Ds e Democratici.
Senatore della Repubblica. Eletto per la Casa delle libertà
in Abruzzo, nel collegio di Teramo. Presidente democristiano
della giunta regionale abruzzese nei primi anni Novanta, fu
arrestato (con l'intera giunta) nell'ambito di un'indagine
giudiziaria sui finanziamenti europei alla Regione. L'accusa:
aver falsificato la graduatoria per l'assegnazione dei fondi.
Patteggiò una condanna a 1 anno e 4 mesi. Poi, nel
1999, fu rieletto consigliere regionale, nelle liste di Forza
Italia (fu il candidato che ottenne il maggior numero di voti
nella regione Abruzzo, oltre 12 mila). Divenne vicepresidente
della giunta e assessore alla Sanità. Ma Salini, in
quanto condannato, era ineleggibile al Consiglio regionale
e su questo sta infatti decidendo il tribunale amministrativo
regionale dell'Aquila, che potrebbe anche decretare lo scioglimento
dell'assemblea, rendendo quindi necessarie nuove elezioni.
Ineleggibile alla Regione, Salini si è presentato al
Senato, nel 2001, ed è stato eletto.
Deputato della Repubblica, Forza Italia. Indagato a Potenza
per lo scandalo delle mazzette Inail, con l'accusa di associazione
a delinquere finalizzata alla corruzione. Nel 2002 la Camera
ha respinto la richiesta d'arresto.
Deputato della Repubblica. Eletto in Liguria. Classe 1948, di
Imperia, democristiano nato in una famiglia democristiana. Il
padre Ferdinando, dirigente Inps, fu segretario della Dc locale
e sindaco dImperia fin dal 1952. Due anni dopo dovette
dimettersi, perché travolto da uno scandalo: il cognato
aveva ottenuto il posto di primario chirurgico nellospedale
locale e si malignava che fosse stato aiutato dal potente sindaco
democristiano. Erano altri tempi, bastava niente per costringere
alle dimissioni. Ma la politica restò una malattia di
famiglia. Il testimone passò dapprima al figlio maggiore,
Alessandro, che divenne anchegli sindaco dImperia
nel 1972, poi ancora nel 1977, e nel 1979 fu eletto in Parlamento.
Claudio era il più piccolo dei tre figli del notabile
dc. Ma venne anche il suo momento. Aveva respirato aria democristiana
fin dalla culla: sua madrina di battesimo era stata Maria
Romana De Gasperi, figlia del grande capo della Dc. Già
negli anni del liceo e poi delluniversità si era
impegnato nel movimento giovanile democristiano. Non è
un teorico, ma un amministratore, un organizzatore: diventa
presidente dellospedale Novaro, poi dellUnità
sanitaria locale; è anche segretario provinciale della
Dc. Nel 1982, a 34 anni, diventa sindaco dImperia, come
il padre Ferdinando, come il fratello Alessandro. è una
festa, in famiglia. Peccato che un anno dopo esploda lo scandalo
dei casinò.
E' il primo grande intreccio tra politica e affari in cui compare,
nel nord del Paese, lo zampino della mafia. La storia è
complessa e ancora oggi non svelata in tutte le sue pieghe,
ma è semplice nella sua essenza: si era saldato un triangolo,
tra imprenditori che puntavano a gestire le case da gioco, politici
che concedevano gli appalti per la gestione, ma volevano qualcosa
in cambio, e mafiosi che attorno ai casinò ronzano da
sempre e che hanno ottimi argomenti, finanziari e non solo,
per arrivare al controllo del business. Nella notte di giovedì11
novembre 1983 polizia, carabinieri e guardia di finanza circondano
e perquisiscono a tappeto i casinò di Sanremo, Campione
dItalia, Saint Vincent e Venezia. Gli arrestati sono una
quarantina. Il «blitz di San Martino», come verrà
chiamato, convolge imprenditori, politici e boss mafiosi, e
azzera due gruppi dirigenti locali, gli amministratori pubblici
del Comune di Sanremo e della Valle dAosta. Che cosa era
successo, nei mesi precedenti? In Liguria si erano affrontati
due gruppi, che puntavano a conquistare la gestione del casinò
di Sanremo. Da una parte Michele Merlo,
titolare della società Sit, che aveva stretto accordi
con i democristiani Osvaldo Vento,
sindaco di Sanremo, e Manfredo Manfredi,
parlamentare dImperia. Dallaltra il conte
Giorgio Borletti, ultimo rampollo della famiglia che
a Milano aveva fondato la Rinascente, che era tornato dal Kenya,
aveva fondato la società Flowers paradise e per
battere Merlo e conquistare il casinò si era rivolto
ai socialisti milanesi Antonio Natali
e Cesare Bensi.
Per vincere, sia Merlo, sia Borletti avevano messo mano al portafoglio.
Erano state pagate o programmate tangenti per 4 miliardi («parte
a Roma»: ma di questo non si è mai appurato niente).
Dietro ciascuna delle due cordate, poi, si muovevano, nellombra,
altri personaggi: il finanziatore di Merlo, per esempio, era
Ilario Legnaro, uomo legato ai clan catanesi di Nitto
Santapaola e a Gaetano Corallo,
che aveva già messo le mani sul casinò di Campione;
quanto a Borletti, si era affidato a Lello
Liguori, il re dei night, il padrone del Covo di Nord-Est
di Santa Margherita, che gli aveva presentato alcuni amiciè
come Angiolino Epaminonda detto
il Tebano, Salvatore Enea detto
Robertino e Giuseppe Bono. Il primo
era il principe della «mala» a Milano, gli ultimi
due erano i boss delle «famiglie» palermitane al
Nord. Bella gara: da una parte la Sit, con democristiani e catanesi,
dallaltra la Flowers paradise, con socialisti e
palermitani. Con queste formazioni, naturali i ricatti, le minacce,
il doppio gioco, i tradimenti... Il sindaco Vento, interrogato
dai magistrati dopo larresto, spiega: nel partito, il
metodo delle tangenti è stato accettato non soltanto
«per motivi economici, ma anche politici», perché
«chi non accettava il piano di corruzione di fatto si
isolava», «il dissenso avrebbe significato una vera
e propria emarginazione». In questo clima teso e confuso,
si arriva alla gara, il 25 marzo 1983. I commissari nominati
dai partiti aprono le due buste con le offerte di canone al
Comune per la gestione del casinò di Sanremo. La Sit
di Merlo offre 21 miliardi, la Flowers paradise di Borletti
18 miliardi e 900 milioni.
Destinata a vincere, a suon di tangenti, era la Sit, ma evidentemente
qualcuno allultimo momento aveva fatto il furbo ed era
passato dallaltra parte: la commissione aveva stabilito
che lofferta non poteva superare i 20 miliardi e 980 milioni,
così la Sit è sconfitta perché, in questo
gioco miliardario, sfora il tetto per 20 miseri milioni... Scoppia
il finimondo. Tra i politici è tutto un accusarsi a vicenda.
Tra le due imprese invece comincia la guerra delle carte bollate,
con ricorsi in Giunta, al Tar, al Coreco, al Tribunale... è
in questa baraonda che fa la sua comparsa sulla scena Claudio
Scajola, sindaco di Imperia ed esponente autorevole della Dc
provinciale. Il 20 maggio 1983 si reca, con il collega di Sanremo
Osvaldo Vento, a un incontro segreto con Borletti, a Bourg Saint
Pierre, in Svizzera. è Vento, che stava trattando con
entrambi i contendenti, a chiedere a Borletti di poterlo incontrare,
«in modo riservato», insieme a un altro politico,
«in un clima di sospetto e di timore che potesse essere
violata la segretezza», scrive il magistrato. Borletti
accetta. Lincontro avviene in un ristorante. Dopo il blitz
di San Martino, il conte racconterà che «i due
politici sostanzialmente gli comunicarono che subito dopo le
elezioni avrebbe ottenuto la casa da gioco», ma «ad
alcune condizioni»: la prima, che «la gestione fosse
improntata a criteri di imparzialità nei confronti delle
forze politiche e quindi senza etichette socialiste»;
la seconda, che «venisse compiuto un gestoche
potesse controbilanciare lofferta fatta dal Merlo a favore
degli sfrattati» (Merlo aveva offerto al Comune di Sanremo
centinaia di milioni per dare unabitazione ad alcune famiglie
restate senza casa); terzo, che venisse pagata una tangente
di 50 milioni. Borletti riferisce subito tutto al suo avvocato
Pier Giusto Jaeger e ad altre due persone (Lorenzo
Acquarone e Sergio Carpinelli).
Quando i magistrati di Milano cominciano a indagare sui casinò,
Borletti racconta dellincontro e i tre confermano. Ecco
allora che anche Scajola viene arrestato. Nella loro requisitoria,
i pubblici ministeri Corrado Carnevali
e Marco Maiga scrivono:
«Sono stati raccolti elementi sufficienti per giustificare
e imporre il rinvio a giudizio dei due prevenuti (cioè
Vento e Scajola, ndr). A loro carico vi sono le dichiarazioni
precise e dettagliate della parte offesa (Borletti, ndr), inequivoche
nella loro portata accusatoria; le stesse dichiarazioni hanno
trovato conferma in numerose testimonianze (Lorenzo Acquarone,
Sergio Carpinelli, Pier Giusto Jaeger)». E ancora: «Benché
limputato Scajola abbia recisamente respinto laddebito,
sostenendo che la richiesta oggetto di contestazione non venne
mai avanzata nel corso della conversazione, (...) le sostanziali
ammissioni sul punto del Vento (...) devono debbono ritenersi
determinanti in ordine alleffettiva sussistenza del reato,
di cui sono presenti gli elementi costitutivi tutti. La presenza
dello Scajola nel particolare contesto, (...) lavere il
Borletti, nelle confidenze effettuate ai testi di cui sopra
si è detto, riferito lindebita richiesta a lui
avanzata ad entrambi i pubblici amministratori presenti nelloccorso,
devono essere ritenute circostanze sufficienti perché
lo stesso Scajola sia chiamato a rispondere del reato a titolo
di concorso morale nel medesimo».
Il giudice istruttore Paolo Arbasino,
ricevute le richieste del pubblico ministero, non ritiene invece
che gli elementi a carico di Scajola siano sufficienti per un
rinvio a giudizio e il 31 gennaio 1989 lo proscioglie. Scajola
aveva spiegato di essere andato allincontro con Borletti,
ma soltanto per capire la situazione, che era alquanto confusa.
Aveva confermato di aver posto il problema della «gestione
imparziale»(cioè non filo-socialista) del casinò,
ma aveva ribadito di non aver chiesto, né sentito chiedere,
alcuna tangente.
Per la cronaca: la guerra per il casinò di Sanremo finisce
con un accordo tra le due cordate che prevede il ritiro di Borletti,
in cambio di 1 miliardo e 900 milioni subito, più 4 miliardi
in seguito, a grosse rate mensili. Il processo per lo scandalo
dei casinò termina invece con molte condanne definitive,
che confermano nella sostanza limpianto accusatorio.
E Claudio Scajola? Ritorna subito a fare politica. Torna a sedere
sulla poltrona di sindaco nel 1990, sempre sotto le bandiere
della sua Dc. Nel 1995 ci riprova, ma intanto la Dc si è
dissolta in cento rivoli. Mette in piedi una lista fai-da-te,
«Amministrare Imperia», che si scontra con una lista
dellUlivo e una del Polo. Nella foga della campagna elettorale,
degli avversari di Forza Italia e An dice: «Sono soltanto
dei fascisti». Vince il centrosinistra. Ma lanno
dopo, nellaprile 1996, mostra di essersi ricreduto: si
candida alla Camera per Forza Italia e viene eletto. Amministratore
tenace, organizzatore efficiente, democristiano a 24 carati,
si fa subito notare da Silvio Berlusconi,
che gli affida un compito impegnativo: costruire il partito.
Nominato coordinatore nazionale di Forza Italia, lavora sodo.
Trasforma il partito di plastica in un partito vero.
Come premio, Berlusconi gli affida il più delicato dei
ministeri, quello dellInterno: con Scajola, al Viminale
torna un democristiano doc, uno della tempra dei Taviani, Scelba,
Restivo... Scajola, per i suoi trascorsi è, effettivamente,
un esperto del ramo. A Genova, però, non lo dimostra:
responsabile dell'ordine pubblico al G8, sbaglia tutto. Poi
lascia senza protezione il consulente ministeriale Marco Biagi.
Quando questi viene ucciso dalle Br, Scajola prima scarica le
responsabilità sui prefetti, a cui aveva dato ordini
di ridurre le scorte; poi dichiara che Biagi, colpevole di chiedere
insistentemente di essere protetto, era un "rompicoglioni".
Troppo perfino per il panorama politico italiano, anche perché
le dichiarazioni di Scajola vengono riportate da due grandi
quotidiani, Corriere della sera e Sole 24 ore.
Scajola è così costretto alle dimissioni da ministro.
Sostituito da uno che a sua volta dieci anni prima era stato
costretto a dare le dimissioni da sottosegretario (Pisanu,
vedi...). Dopo un periodo di quarantena, Berlusconi ha comunque ripescato Scajola e gli ha ridato una poltrona di governo.
Deputato della Repubblica. Eletto nel collegio di Treviso. Ex
democristiano, oggi è esponente di An. Il suo nome compare
negli elenchi della loggia massonica P2: fascicolo 623, numero
di tessera 1814, data di iniziazione 26 gennaio 1978. All'epoca,
Selva era direttore del Gr2 Rai. Ha smentito di essere iscritto
alla loggia. Sospeso dalla Rai dal Consiglio d'amministrazione,
ha presentato ricorso al pretore del lavoro, che però
lo ha respinto.
Deputato della Repubblica, Forza Italia. Grande difensore di
Craxi nel Parlamento del 1992 (allora vi era entrato come deputato
liberale), è un pregiudicato: docente assenteista, ha
preso lo stipendio senza andare a insegnare. Per questo Ë stato
condannato in via definitiva a
6 mesi per truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato,
cioè del ministero dei Beni culturali. Questo non ha
impedito che Berlusconi lo nominasse nel suo governo sottosegratario
ai Beni culturali. In passato, candidato alle elezioni in Calabria, fu indagato
(ma prosciolto) per aver avuto rapporti con uomini della 'ndrangheta.
E' un collezionista di querele per diffamazione: suo pezzo forte
è dare dell'assassino ai magistrati di Mani pulite, ma
sa variare sul tema in modo molto creativo. Per dissidi con il ministro Urbani, Ë stato cacciato dal governo
Berlusconi nel 2002, quando gli Ë stata tolta la poltrona di sottosegretario si Beni culturali.
Ha poi tentato di avvicinarsi
alla sinistra.
Senatore della Repubblica. Eletto ad Agrigento. Membro del Ccd
(ora Udc), è stato sindaco di Agrigento. Ha subito una
condanna definitiva a 1 anno e 6 mesi per abuso dufficio
finalizzato a favorire i costruttori abusivi in cambio di favori
elettorali. Con Sodano sono stati condannati a un anno di reclusione
anche alcuni suoi ex assessori. Gli imputati, secondo laccusa,
non avrebbero posto in essere né provvedimenti né
iniziative per bloccare labusivismo edilizio tra il 1991
e il 1998, non solo nella Valle dei Templi, ma in tutta la città.
Imputato in un altro processo per irregolaritý urbanistiche
in contrada Favara e nella realizzazione di un depuratore, ha
cercato, invano, di bloccare il dibattimento appellandosi alla
legge Cirami.
Deputato della Repubblica, Ppi. Ex sindaco di Marcianise, in
Campania, politicamente molto vicino a Ciriaco De Mita. E' stato
arrestato per irregolarità edilizie avenute nel 1986
e processato per altri abusi, sempre nel settore delle costruzioni.
Assolto, è stato candidato dall'Ulivo in Campania.
Deputato di Forza Italia. Dirigente del Partito liberale,
Ë stato condannato a 6 mesi in via definitiva per la tangente Enimont.
Senatore della Repubblica, Ccd. Catanese, ex andreottiano,
nel 1995, in qualità di presidente di una Usl, è stato condannato
per un concorso truccato. Ha patteggiato una pena di un anno
e mezzo e ha evitato il carcere, approdando poi in Parlamento.
Senatore della Repubblica, Forza Italia. E' stato condannato
per falso, con sentenza definitiva, nel 2000, perché
quando era medico a Busto Arsizio aveva contraffatto e poi
distrutto la cartella clinica di una bambina nata con problemi
cerebrali. Forza Italia lo ha subito nominato responsabile
della Sanità per Forza Italia e presidente della commissione
Sanità del Senato.
Urbani, Giuliano
Deputato della Repubblica. Eletto in Lombardia, nel collegio
di Vimercate. è un professore, Giuliano
Urbani, docente di Scienza politica all'università
Bocconi. Nel 1985 è tra i fondatori del circolo
Società civile di Milano. Nel 1994 la sua critica
della vecchia politica si acquieta nel nuovo partito di
Silvio Berlusconi: partecipa addirittura alla formazione
di Forza Italia, in cui confluisce la sua Associazione per
il Buon Governo. Berlusconi lo premia con una candidatura
in Parlamento, in cui entra nel 1994. Subito dopo lo chiama
a reggere il ministero della Funzione pubblica. Oggi, nel
secondo governo Berlusconi, è ministro dei Beni culturali,
un po' infastidito dal protagonismo del suo sottosegretario
Vittorio Sgarbi, che dopo molti
conflitti riesce a far cacciare.
Parallelamente alla politica, Urbani ha mantenuto una attività
professionale: è stato a lungo, per esempio, presidente
di Domina, una delle società del finanziere Ernesto
Preatoni. Soprannominato "il raider di Garbagnate",
Preatoni era stato per anni oggetto di indagini da parte della
magistratura italiana e della Consob, l'autorità di
controllo della Borsa. Gli innumerevoli procedimenti giudiziari
aperti sulle sue attività finanziarie non erano mai
riusciti ad approdare a una condanna, ma Preatoni aveva comunque
pensato di cambiare aria, trasferendo i suoi affari prima
in Islanda e poi in Estonia, diventata, come tutto l'Est europeo
dopo la caduta del comunismo, un paradiso per le scorribande
finanziarie. La sua holding finanziaria e immobiliare era
diventata la Pro Kapital, con sede a Tallin, in Estonia. La
società italiana Domina aveva però continuato
a controllare le attività turistiche del gruppo, tra
cui un noto villaggio a Sharm el-Sheik. Centro dell'impero
di Preatoni resta la Peak Mount Corporation, con sede nella
inespugnabile (ai giudici) Vaduz. Urbani, stretto collaboratori
di Berlusconi, è rimasto presidente della Domina almeno
fino a poco tempo fa.
«Conosco Urbani da tempo», ha dichiarato
Preatoni al Corriere della sera il 9 agosto 2001, «ma
di recente ha dato le dimissioni dal suo incarico in Domina».
Quanto di recente, onorevole deputato e signor ministro? Ai
primi d'agosto era circolata la notizia che la Borsa estone
aveva deciso di sospendere dal listino la Pro Kapital: gli
affari di Preatoni sono troppo poco trasparenti anche per
l'Estonia, ma evidentemente non lo erano per il poco avveduto
Urbani.
Deputato della Repubblica. Eletto nel proporzionale, a Firenze,
nelle liste di Forza Italia. A Firenze lo chiamano il Berlusconi
della Toscana. Presidente della banca Credito cooperativo fiorentino,
dopo un'ispezione della Banca d'Italia nel suo istituto, è
stato indagato per falso in bilancio. è editore del
Giornale della Toscana e possiede quote del Foglio
di Giuliano Ferrara. Il pubblico ministero di Firenze ha chiesto
per Verdini anche un rinvio a giudizio per violenza sessuale:
sarebbe saltato addosso, nel suo ufficio, a una signora che
andava a chiedergli di ottenere un prestito dalla sua banca.
Deputato della Repubblica, Forza Italia. Eletto in Lombardia,
nel collegio di Cremona. Esponente di Comunione e liberazione,
vicino alla Compagnia delle opere. E' stato candidato dopo essere
stato coinvolto nell'inchiesta giudiziaria sulla cascina San
Bernardo di Milano. Da assessore al Comune di Milano, insieme
al collega Maurizio Lupi, aveva fatto approvare una concessione
per far diventare la cascina un centro polivalente con finalità
sociali. Poi, con un repentino cambio di marcia, la cascina
era stata trasformata in una struttura sanitaria privata da
20 posti, naturalmente affidata agli amici della
Compagnia delle opere. Subito dopo l'elezione alla Camera
era arrivata la richiesta di rinvio a giudizio per truffa e
falso. Poi prosciolto.
Deputato della Repubblica, Ds. Condannato definitivamente dalla
Cassazione nel 2001 per abusivismo edilizio, per via di alcuni
ampliamenti illeciti nella sua casa a Pantelleria: 10 giorni
di arresto e 20 milioni di ammenda. Pi(TM) lí"ordine di riduzione
in pristino dei luoghiî. CioË la demolizione delle opere abusive.
Deputato della Repubblica, Forza Italia. Eletto in Campania. Noto ai bei tempi
della Prima Repubblica come "Mister centomila preferenze"
della Democrazia cristiana, ora è parlamentare della
Casa delle libertà. Ex impiegato dellEnel, si buttò
in politica, nella Dc, con grande impegno. Si dice che nel suo
ufficio elettorale riuscisse a ricevere più di 200 persone
al giorno. Il soprannome se lo guadagnò con i risultati
elettorali conseguiti nel 1985, 1987 e 1992: fu eletto prima
al Consiglio regionale della Campania (con 120 mila voti), poi
alla Camera dei deputati (con 160 mila voti) e infine di nuovo
al Parlamento (con 104 mila preferenze). Poi arrivò Mani
pulite: fu indagato, arrestato e processato per tangenti. Condanna
definitiva e 2 anni patteggiati e oltre 4 miliardi di
lire restituiti per 22 episodi di corruzione a Napoli. La Direzione
distrettuale antimafia di Napoli chiese al Parlamento lautorizzazione
a procedere contro di lui anche per concorso esterno in associazione
a delinquere di tipo mafioso, sospettando suoi rapporti con
la Camorra (fu poi prosciolto).
Dopo le accuse, Alfredo Vito indossò il saio del pentimento:
"Torno alla mia famiglia; con la politica ho chiuso".
Scrisse: "Lascio il mio vecchio partito, la Dc, e invito
tutti i parlamentari inquisiti a seguire il mio esempio: fatevi
da parte, perché solo così si potrà procedere
al rinnovamento dei partiti e della classe politica". Patteggiò
la condanna e restituì parte del malloppo. Quei quasi 5 miliardi sono stati impiegati per costruire un parco pubblico alla periferia
di Napoli, ribattezzato dalla fantasia popolare "Parco
Mazzetta". Ma non ha mantenuto la promessa di stare lontano
dalla politica: ha riallacciato i contatti di un tempo, ha riaperto
un ufficio a Roma ed è tornato alla carica con la Nuova
democrazia cristiana (fondata nel 2000 insieme con Flaminio
Piccoli). Nel 2001 è stato accolto a braccia aperte nella
Casa delle libertà, che lo ha portato in Parlamento.
Senatore della Repubblica. Eletto in Sicilia. Palermitano, ex
segretario del Psdi, cinque volte deputato (la prima a soli
28 anni), tre volte ministro, è stato responsabile tra
laltro del dicastero delle Poste e di quello della Marina.
Nel 1993 è rimasto coinvolto nello scandalo Enimont con
laccusa di aver ricevuto un finanziamento illecito di
300 milioni. Condannato in primo grado, in appello strappa una
prescrizione. Fu assolto dal Tribunale dei ministri anche dallaccusa
di aver ricevuto mazzette mentre era al ministero delle Poste.
Giovanni Brusca ha incluso il suo nome nella lista di politici
che la mafia voleva far fuori dopo le stragi di Capaci e via
DAmelio. Nel giugno del 1999 Vizzini, amico di Silvio
Berlusconi e di Marcello DellUtri, è entrato nel
Consiglio di presidenza di Forza Italia. Nel 2001 ha vinto il
confronto elettorale nel collegio senatoriale di Palermo centro.
Eurodeputati
Eurodeputato Udc. E' stato condannato in via definitiva a 2
anni per tentata corruzione appalto ospedale Asti. Fu indagato
a Torino (ma prosciolto) anche per rapporti con la mafia.
Eurodeputato e segretario della Lega Nord. Condannato in via
definitiva a 8 mesi per tangente Enimont. (vedi sopra, tra i
deputati).
Eurodeputato Udeur. Condannato in via definitiva a 1 anno e
8 mesi definitivi per finanziamento illecito tangente Enimont,
a 2 mesi patteggiati per corruzione per fondi neri Eni. Processato per una serie infinita di tangenti e indagato (ma prosciolto) per mafia.
Membro del Consiglio dEuropa. Condannato in via definitiva
a 2 anni per frode fiscale e false fatturazioni a Torino (false
fatture Publitalia). Ha patteggiato 6 mesi a Milano per altre
vicende di false fatture Publitalia. E' stato condannato a 9 anni a Palermo, in primo grado, per mafia. (vedi sopra, tra i parlamentari italiani).
Amministratori pubblici,
consiglieri comunali, provinciali, regionali
Assessore regionale in Lombardia. Politico pavese, passato
dalla Dc a Forza Italia, e manager della sanità lombarda.
Ancor prima di Mani pulite, quando era democristiano, Abelli
fu arrestato e processato. Assolto, tornò alla politica.
E fu chiamato dal presidente della Regione, Roberto Formigoni,
come consigliere per la sanità. Abelli era contemporaneamente
amico e consulente anche del professor Giuseppe Poggi Longostrevi,
organizzatore di una colossale truffa (almeno 60 miliardi
sottratti alla Regione Lombardia), che ha coinvolto centinaia
di medici i quali stilavano ricette false o per prestazioni
gonfiate o inutili. Formigoni ha tenuto al suo fianco Abelli
anche dopo il suo coinvolgimento nello scandalo delle ricette
d'oro di Poggi Longostrevi. Anzi, nel maggio 2000 da consulente
lo ha fatto diventare assessore (alle Politiche sociali: la
Sanità era già saldamente nelle mani di Carlo
Borsani, An, un altro politico che da anni sta in quel posto,
periodicamente battuto dagli scandali, ma non si accorge di
niente).
Abelli viene rinviato a giudizio il 24 maggio 2000, proprio
il giorno in cui insieme a tutti gli altri assessori della
nuova giunta formigoniana presta il suo "giuramento alla Lombardia
e al suo popolo" (una concessione alla Lega passata a sostenere
l'ex nemico Formigoni). Viene processato per aver fatto false
fatture per oltre 70 milioni di lire ricevuti tra il 1996
e il 1997 da Poggi Longostrevi, che, prima di togliersi la
vita, li aveva spiegati così: "Dovevo tenermi buono
un personaggio politico che nel settore contava molto". E
poi aveva aggiunto: "Alcuni sono stati costretti alle dimissioni
solo per un sospetto, altri sono stati premiati con la nomina
ad assessore".
La sentenza arriva nel 2003: Abelli è assolto dall'accusa
di frode fiscale, perché la nuova legge fiscale stabilisce
che le fatture false siano punite solo nel caso vi sia «il
dolo specifico di far evadere le tasse»: e Abelli alle
tasse non pensava neppure, quando intascava i soldi di Poggi
Longostrevi. Le motivazioni della sentenza affermano però
che Abelli ha intascato ´72.800.000 lire per una consulenza
non effettivaª. Ha insomma preso quei soldi per chiudere gli
occhi sulla corruzione: ´La consulenza mascherava un versamento
in denaro al politico per guadagnarne i favori», stabilisce
la sentenza. Che cita Longostrevi: «Per me pagare Abelli
era come stipulare un'assicurazioneª. Dopo la sentenza, Abelli
resta tranquillamente al suo posto.
Presidente della Regione Lombardia. E' stato coinvolto in
alcune complesse vicende politico-giudiziarie, senza peraltro
avere mai condanne.
Scandalo "ricette
d'oro". Non ha visto né sentito nulla dell'estesissimo
sistema di corruzione architettato dal professor Giuseppe
Poggi Longostrevi, che negli anni Novanta ha truffato almeno
90 miliardi alla Regione, facendo fare a centinaia di medici
ricette false o per prestazioni gonfiate o inutili. Nella
motivazione della sentenza che condanna per corruzione 175
medici che avevano accettato il "sistema Longostrevi",
si afferma che la Regione ha favorito la truffa. I giudici
hanno così dimezzato i risarcimenti alla Regione, per
´concorso di colpaª: per ´l'inidoneitý, per non dire assenza,
dei controlliª. Nessuna responsabilità penale accertata
per Formigoni, ma certamente la responsabilità politica
di non aver saputo vigilare su un settore da sempre a rischio
di corruzione. E responsabilità politica di aver voluto
ai vertici della sanità regionale prima come
suo consulente, poi come assessore alle Politiche sociali
Giancarlo Abelli,
amico di Longostrevi e sua sponda politica in Regione.
Discarica di Cerro.
Roberto Formigoni ha ricevuto un avviso di garanzia il 14
luglio 2000, per la gestione della discarica di Cerro Maggiore,
per la quale era già stato condannato Gianstefano
Frigerio, che aveva ricevuto una tangente da 150 milioni
da Paolo Berlusconi. Nel 1995, quando scoppiò in Lombardia
la cosiddetta "emergenza rifiuti", Formigoni indirizzò
a Cerro (che avrebbe invece dovuto chiudere) tutta la spazzatura
regionale e si impegnò a pagare al proprietario, Paolo
Berlusconi, 300 milioni al giorno per altri due anni. Nel
1999 ci fu un accordo per bonificare la discarica. Il compito
spettava ai proprietari, Berlusconi e soci, che in cinque
anni dattività avevano realizzato, secondo un
rapporto della Guardia di finanza, "ricavi effettivi per almeno
240 miliardi". Invece Formigoni fece pagare la bonifica a
un'altra azienda, in cambio del permesso per aprire un supermercato
sull'area della discarica. Nel corso delle indagini è
emerso anche un appunto scritto a mano, il verbale di una
riunione tenutasi a Milano 2 alla presenza di Paolo Berlusconi
e degli altri soci della discarica. Il foglietto parla della
costituzione, attraverso false fatture, di fondi neri allestero
per oltre 10 miliardi, preparati per pagare in nero nuove
discariche e tangenti ai politici. Sul foglietto sono indicate
anche alcune cifre ("500 milioni", "200 milioni"...) con accanto
nomi o abbreviazioni ("Form", "Pozzi"...). Chi è"Form"?
Lombardia Risorse.
Formigoni è stato indagato per la gestione della società
regionale Lombardia Risorse (un fallimento da 22 mila miliardi).
Fondazione Bussolera-Branca.
Formigoni è stato indagato e poi rinviato a giudizio,
su richiesta dei magistrati Alberto Robledo e Fabio De Pasquale,
per abuso patrimoniale dufficio nella gestione della
Fondazione Bussolera-Branca,
che gestiva un patrimonio di 170 miliardi, poi dirottati dai
suoi amministratori verso impieghi diversi da quelli voluti
dal fondatore (la valorizzazione del patrimonio rurale dellamato
Oltrepò pavese). Da questa vicenda giudiziaria è
uscito penalmente pulito. Restano i fatti: la fondazione è
stata strappata ai suoi gestori (il professor Lancellotti),
spolpata e svuotata, con l'assenso della Regione. Formigoni
partecipa nellaprile 1999 a una cruciale riunione con
lassessore regionale allAgricoltura Francesco
Fiori, il funzionario Maurizio Sala, oltre naturalmente al
suo braccio destro, Nicola Maria Sanese, potentissimo direttore
generale lombardo. Dopo la riunione, la Regione emette quattro
delibere: alla fondazione Bussolera-Branca è imposto
di rinunciare a tutte le cause che aveva avviato per difendersi
dagli attacchi; poi di modificare lo statuto per far entrare
nel consiglio damministrazione due nuovi consiglieri,
Giulio Boscagli, cognato di Formigoni, e Niccolò Querci,
allepoca segretario particolare di Silvio Berlusconi
e ora deputato di Forza Italia.
Oil for food.
Formigoni Ë citato nei rapporto americani come il destinatario
di contratti petroliferi
per 24,5 milioni di barili di greggio, assegnati a prezzi
di favore dal regime iracheno di Saddam Hussein.
Presidente della Provincia di Imperia. Coinvolto nella vicenda
del casinò di Sanremo. Vedi Scajola,
Claudio.
Presidente della Provincia di Palermo. Avvocato, ex socialista,
passa a Forza Italia. Arrestato per mafia, perché nella
sua casa di campagna viene ospitato un boss mafioso latitante.
Assolto. Dopo la morte di Falcone, l'assessore
al Turismo della sua giunta, su sua sollecitazione e col suo
consenso, dichiara: «Stiamo valutando, attraverso
lo studio di statistiche, la possibilità di dimostrare
che a causa della strage di Capaci il flusso turistico in provincia
di Palermo ha subito un calo e quindi un danno economico».
Fa pubblicare sui giornali siciliani comunicati in occasione
delle commemorazioni della strage di Capaci in cui non compare
mai la parola mafia.
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