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Il
falso del falso in bilancio
di Nando dalla Chiesa
Bin Laden, New York, i talebani, la guerra. Saddam
Hussein e Bush. Sharon, Peres e Arafat. Come non dedicare
tutto lo spazio delle prime pagine dei quotidiani ai titoli
che riguardano le tragedie e le ansie del mondo? E come non
galoppare poi fino a pagina venti o venticinque per raccontare
con la doverosa, febbrile completezza di informazione ai propri
lettori quello che sta accadendo e che minaccia, proprio come
nei fumetti di Asterix, di "fargli cadere il cielo sulla testa"?
Tutto ovvio, tutto assolutamente inappuntabile nel mondo delle
news.
C'è però un piccolo Sos che vorrei lanciare all'"Unità"
e attraverso l'"Unità" alla stampa italiana: attenzione, perché
intanto continuano a scorrere, certo non nell'indifferenza
ma secondo proprie leggi e propri tempi, le vite delle persone
e delle istituzioni, dai consigli comunali al parlamento.
Mentre tutti giustamente si interrogano su "che cosa farà
l'America", nel nostro paese vengono prese decisioni che riguardano
cose ben più modeste ma che incidono pur sempre sulla qualità
della vita quotidiana e sul livello di credibilità della nostra
democrazia. Certo, il terrorismo oscura, appanna la realtà,
svilisce la democrazia. Lo sappiamo, lo imparammo a suo tempo;
quando, oltre a provare l'orrore per le violenze sanguinarie,
capimmo che esso faceva a fette la partecipazione, lo spirito
critico e la dialettica delle idee, e che mortificava la trasparenza
della vita pubblica. Lo vogliamo ricordare? L'esperienza degli
anni settanta ha insegnato una verità semplice, elementare:
che il terrorismo si gioca la scena da prim' attore, da astro
abbagliante; mentre altri sullo sfondo, nell'opacità, ridisegnano
le cose a loro piacimento, sottraendosi ai controlli dell'opinione
pubblica.
Pochi ricordano che quando nel
gennaio del 1980 venne ucciso Piersanti Mattarella, Giovanni
Spadolini, un galantuomo, non un complice delle cosche, esecrò
pubblicamente i "terroristi". Il terrorismo, insomma, era
riuscito a nascondere mondi e realtà enormi, perfino la mafia
che andava all'assalto delle istituzioni. Oggi, tanto più
davanti a un fenomeno di dimensioni mondiali, il meccanismo
si ripete. Nel silenzio generale, il parlamento sta discutendo
a tempi forzati, in seconda lettura, leggi che incidono e
quanto, e come!- sul costume del paese, sulla divisione dei
poteri, sul principio di uguaglianza dei cittadini davanti
alla legge, perfino sull'impunità futura di gruppi criminali
che ne verranno beneficiati gratis, per i varchi che si troveranno
generosamente aperti. Sono la legge sulle rogatorie svizzere
e la legge sul falso in bilancio. Quest' ultima è stata discussa
a tappe forzate anche il giorno dopo il terribile martedì
delle twin towers.
Proprio così: il parlamento di una democrazia occidentale
è stato costretto dalla maggioranza, nel momento più tragico
del pianeta, a impegnarsi su un provvedimento che riguarda
gli interessi personali del proprio capo del governo. più
precisamente: il parlamento (due commissioni riunite, Finanze
e Giustizia) ha lavorato per dare al capo del governo la delega
a riformare un reato per il quale egli è imputato. E questo,
così si è detto, "per onorare con il lavoro i morti di ieri".
Mentre i cittadini erano sbigottiti, avevano le lacrime agli
occhi e mentalmente allestivano scenari e controscenari angosciosi
circa il futuro proprio e dei propri figli. Ora la direttiva
è, ovviamente, di continuare; di fare sempre più in fretta,
di chiudere tutto in aula, proprio come se si trattasse di
provvedimenti che riguardano oggi, adesso- gli interessi
di popolazioni colpite da grandi calamità. I provvedimenti
ad (maximam) personam sono stati messi cioè davanti a tutto
il resto.
C'è chi osserva malignamente
che questa corsa frenetica debba avere qualcosa a che fare
con imperscrutabili ragioni processuali. Io penso semplicemente
che ci siano molti modi per approfittare di guerre e tragedie.
C' è il pescecanismo classico, descrittoci dagli storici delle
guerre mondiali; ma ci sono anche le più raffinate astuzie
politiche e istituzionali. E una di queste consiste appunto
nell' assumere decisioni molto,
ma molto discutibili e anche invereconde prima che la politica
interna torni sulle prime pagine dei giornali. Di assumerle,
cioè, circondati dal silenzio più impenetrabile. In Italia
la stampa è già in buona parte controllata dallo stesso capo
del governo. Ma a quella che non lo è, si può chiedere con
fiducia di non fare funzionare questo meccanismo, di agire
in autonomia su quelle che sono le "regole dell'informazione"
e di non regalare al terrorismo anche questi trionfi minori?
Di non elevarlo, di fatto, al rango di Grande Censore nell'Italia
a informazione dimezzata?
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A Genova è stato sospeso
lo Stato di diritto
di Nando dalla Chiesa
L'intervento in Senato nel dibattito sulle violenze durante
il G8.
Le torture ai cittadini fermati.
Le mani della politica sulle polizie, che devono servire
non i partiti, ma le istituzioni
PRESIDENTE.
Č iscritto a parlare il senatore dalla Chiesa. Ne ha facoltà
per 11 minuti.
DALLA CHIESA
(Mar-DL-U).
Signor Presidente, signor Ministro, oggi noi chiediamo le
sue dimissioni. Avremmo preferito poter contare sulla Commissione
d'inchiesta e solo dopo arrivare alla formulazione di eventuali
richieste come quella oggi presentata. Il senatore Nania ieri
ci ha spiegato le ragioni per le quali tale commissione d'inchiesta
non è stata concessa: ha evocato il pericolo di una influenza
indebita sull'operato della magistratura e credo che tale
evocazione abbia qualcosa di fondato. Ma certo bastava introdurre
delle regole che mettessero in condizione questa commissione
d'inchiesta di agire su versanti diversi da quelli sui quali
ha titolo per indagare la magistratura. Faccio degli esempi
che credo lo stesso senatore Nania coglierà nella loro fondatezza.
Č probabilmente irrilevante sul piano penale per la magistratura
sapere se è vero che il venerdì gli apparati tecnologici della
sala operativa della questura di Genova sono saltati più volte
appena introdotti, ma politicamente è importante sapere se
le Forze dell'ordine erano state preparate, in tutti i modi,
a fronteggiare quegli eventi. Č probabilmente irrilevante
sul piano penale sapere se mentre i black bloc venivano guidati
da personale di Genova nelle loro scorribande così ci ha
riferito il questore i poliziotti venivano invece guidati
dalla sala operativa da funzionari non genovesi che non conoscevano
neanche le vie della città: è però politicamente rilevante
saperlo! Non è rilevante sapere penalmente forse quali erano
le ragioni per cui è stato consentito l'accesso ad alcuni
parlamentari alla sala operativa dei Carabinieri, ma politicamente
questo fatto è rilevante. Forse non è rilevante penalmente
sapere se è vero che, al momento della partenza, contingenti
di poliziotti e di carabinieri hanno ritmato l'urlo: "Uno
di meno!": forse soltanto un orribile urlo di gioia penalmente
non rilevante, ma politicamente non è irrilevante sapere se
sia vero o no.
Queste informazioni si possono avere con gli stessi poteri
dell'autorità giudiziaria e per questo la commissione d'inchiesta
era importante e non per interferire con il lavoro della magistratura.
A questo punto chiediamo conto a lei non avendo potuto appurare,
fino in fondo, i fatti per le troppe cose che sono successe
per la prima volta: ci sono troppe prime volte in questa vicenda!
Certo, vi è stata una straordinaria violenza degli assalti
che sono stati condotti contro le forze dell'ordine e questo
è il punto di partenza che si tende, nelle polemiche, a dimenticare.
La violenza che è stata condotta però non giustifica le tante
prime volte che cerco di elencare; costringe casomai noi a
riflettere più in profondità sui rapporti tra ogni forma di
opposizione e la violenza. Ma l'irruzione nella scuola non
ha rapporti con quelle violenze ed è una prima volta nella
storia della Repubblica! Le torture di Bolzaneto sono una
prima volta, signor Ministro: non è mai accaduto neanche sotto
il terrorismo, con le uccisioni e i morti del terrorismo o
della mafia, che venissero torturati mafiosi o terroristi.
In questo caso, invece, sono stati torturati manifestanti
fermati spesso a caso in piazza. La quantità di persone innocentiŠ
VOCE DAL GRUPPO FORZA ITALIA. Tuo padre si rivolta nella tomba!
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). No, mio padre non si rivolta nella
tomba, caro mio, perché quando venne torturato il terrorista
Di Lenardo mio padre disse: "con me non è mai stato torturato
nessuno" perché sapeva che quando delle persone finiscono
nelle mani della polizia e dei Carabinieri, che li hanno presi
anche sostenendo scontri e sacrifici duri, poi non gli torcono
un capello.
(Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U e Verdi-U).
E' proprio sbagliato l'indirizzo! La quantità di persone pestate
in piazza, innocenti e non violente (perché non è di violenti
che si parla), la presenza di uomini di partito nelle sale
operative...
(Commenti del senatore Schifani)Š
Non di uomini delle istituzioni di Governo, ma di uomini di
partito che hanno rivendicato di esserci stati. L'intimazione
ad urlare: "Viva il Duce!": non era mai successo, neanche
negli anni più duri della contestazione! Č la prima volta
che accade questo, com'è la prima volta che accade che vengano
messi mani e piedi addosso ad avvocati i quali cercano di
esercitare i diritti della difesa; è la prima volta che viene
messo il manganello sulle spalle di parlamentari. Ma io penso
che chiunque di voi dovrebbe essere interessato a questo perché
chiunque può trovarsi ad intervenire in una situazione non
obiettivamente ingiusta, ma che lui reputa ingiusta. Il rifiuto
di accesso ai rappresentanti diplomatici: anche questa è la
prima volta! Quando vi sono tante prime volte e quando si
è incominciato ne sono testimone con un clima di dialogo,
non può che essere intervenuto qualcosa che ha modificato
il clima originario. In quei due giorni è cambiato il clima;
si è instaurato un clima politico che ha prodotto effetti
disastrosi, un clima della prima volta, un clima di mancanza
di sensibilità. Vorrei invitarvi a riflettere su questo punto.
E' possibile, signor Ministro, che né lei, né il prefetto,
e neanche il questore abbiate sentito il dovere come ha
fatto il presidente della Camera Casini di indirizzare una
parola di ringraziamento al padre di Carlo Giuliani che in
quel momento, pure infiammato e addolarato, ha speso parole
di pace e di buon senso per tranquillizzare gli animi e per
evitare guasti ancora peggiori? Nessuno lo ha ringraziato.
Credo vi sia una colpa grave in quanto è accaduto.
La polizia, i carabinieri, le Forze dell'ordine in generale,
si sono conquistati, nel corso di questi anni, un alto prestigio
e un'alta credibilità; li hanno conquistati non gratuitamente,
ma a colpi di sacrifici. Hanno perduto i loro uomini nella
lotta contro la mafia, contro la camorra, contro il terrorismo.
Anche le persone che avevano culturalmente maggiori pregiudizi
nei confronti delle Forze dell'ordine sono state costrette
con il tempo a ricredersi e hanno stabilito un rapporto di
fiducia. E' una forza dello Stato democratico il fatto che
tutti i cittadini, e non soltanto una parte, abbia un pieno
rapporto di fiducia con le Forze dell'ordine. Questo rapporto
si è oggi incrinato e dobbiamo agire in tutti i modi affinché
sia pienamente recuperato. Non possiamo certo fare prediche
ad un sovversivo o a un camorrista su come deve considerare
le Forze dell'ordine; un sovversivo o un camorrista vedranno
sempre il carabiniere o il poliziotto come uno "sbirro", come
un avversario. Ma il giovane non violento di 20 anni, che
vuole cambiare il mondo, ha il diritto di vedere il poliziotto
o il carabiniere come colui che difende l'esercizio dei suoi
diritti. Dobbiamo mantenere tale conquista fondamentale degli
ultimi decenni all'interno del patrimonio dello Stato. Qualcuno
può accarezzare il sogno di una polizia o di Forze dell'ordine
di parte, o addirittura di partito; sarebbe un disastro al
quale dovremo opporci in tutti i modi, anche superando difficoltà
psicologiche che possiamo trovare in giovani che guardano
più generalmente al centro-sinistra.
Dobbiamo superare questo rischio, dobbiamo garantire a questo
Paese che le divise siano di tutti. E' un calcolo miope quello
che è stato fatto, quel via libera dato non già alle culture
migliori, bensì agli istinti di minoranze che hanno evidentemente
ritenuto, in quel clima, di poter dare libero sfogo, in certi
momenti, a quegli istinti. Avete ragione voi: gli uomini erano
gli stessi. Ma come mai sono accadute tante "prime volte",
a parità di uomini, se non perché è cambiato il clima politico?
Il clima non è cambiato subito perché, all'inizio, vi è stato
un tentativo di dialogo da parte del ministro Scajola e da
parte del ministro Ruggiero. Cos'è cambiato in quei due giorni?
Certo, vi sono stati assalti, ma la nostra polizia ha la professionalità
per saper resistere a quegli assalti - ciò era stato garantito
giustamente negli incontri preparatori - senza cedere a tutte
queste prime volte. Ricostruiremo un rapporto di fiducia,
signor Ministro, se ci sarà verità; non speculazioni, ma verità.
Abbiamo il diritto ad avere la verità; ce lo ha chiesto il
Presidente della Repubblica, ce lo chiede il Paese, ce lo
chiede l'opinione pubblica internazionale. Non riduciamo questo
problema ad una questione di rapporti fra Polo e Ulivo. Non
capiremmo alcunché, se pensassimo che quanto accaduto a Genova
sia riconducibile a tali rapporti o ai rapporti tra il singolo
e le Forze dell'ordine o i sindacati di polizia. Vi è una
frattura rispetto alla quale dobbiamo intervenire con il massimo
di coscienza, di consapevolezza e di amore per il nostro Paese.
(Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U, Verdi-U, Aut, Misto-Com,
Misto-SDI).
Guai a chi pensasse di ricondurre tutto a quelle dinamiche;
solo chi non ha a cuore le divise e il loro rapporto con lo
Stato può ricondurre tutto alle piccole polemiche interne
al Senato o alla Camera. Questa è la ragione per cui mi rivolgo
a lei, signor Ministro. Non avrei voluto personalmente fare
la parte di chi chiede le sue dimissioni. Per le ragioni che
ho illustrato prima, credo che la Commissione di inchiesta
sarebbe stato lo strumento più appropriato. Non si è capito
che avrebbe potuto essere istituita una Commissione di inchiesta
autolimitata in alcune modalità di intervento, ma fortemente
autorizzata ad intervenire nell'acquisizione di informazioni
e capace di fornirci il giudizio politico più coerente e sereno.
Non è un processo, signor Ministro. Ho riscontrato delle prime
volte, accadute tutte insieme. Le chiediamo conto di quel
clima e forse non dobbiamo chiederlo soltanto a lei, forse
non dobbiamo chiederlo principalmente a lei. In ciò siamo
agevolati perché lei, in quei due giorni non è mancanza
di rispetto, ma una valutazione obiettiva di ciò che è accaduto
e delle informazioni diffuse pubblicamente e a volte privatamente
si è dimesso da solo e ha abdicato al suo ruolo di Ministro
dell'interno. Il Ministro dell'interno, in quei due giorni,
lo ha fatto l'onorevole Gianfranco Fini; ne ha formalmente
i titoli, ma il Paese ha il diritto di sapere chi fa il Ministro
degli interni nei due giorni cruciali in cui tutto il mondo
ci guarda e per i quali ci siamo preparati per circa otto
mesi.
(Vivi applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U, Verdi-U, Aut, Misto-Com,
Misto-SDI.
Molte congratulazioni).
13 maggio 2001, la sconfitta
di Salvatore Bragantini
La sconfitta, si sa, è sempre
orfana; non questa, che è figlia di errori di metodo,
di tattica e di strategia commessi a sinistra. Sono tantissimi,
ma proverà a dire i miei motivi preferiti.
Metodo. Come dimostra il plebiscito per un sindaco
non particolarmente eclatante come Albertini a Milano, gli
elettori sanno apprezzare anche chi mantiene una linea ferma
e non la cambia tutti i momenti, anche resistendo, udite udite,
al grande Berlusconi che voleva imporre De Carolis. Una sinistra
seria deve prenderne nota. Certo, si può anche vincere
dopo aver cambiato opinione una volta al giorno, ma bisogna
chiamarsi Berlusconi, e non tutti se lo possono permettere.
Tattica. Se Bertinotti ragionasse, che è come
dire se mia nonna avesse le ruote, a questÒora staremmo
festeggiando la vittoria del centrosinistra. Invece, come
ha scritto Mauro su Repubblica, Berlusconi ha vinto, ma abbiamo
la grande soddisfazione di sapere che Bertinotti ha portato
a casa due senatori due, e Di Pietro uno. Evviva la follia.
Strategia. Chi dopo aver co-inventato l'Ulivo, subito
dopo la vittoria del 1996 lo ridicolizzava, può ora
contemplare soddisfatto le macerie fumanti che restano dopo
il suo passaggio. Lunga vita, allora, a chi ha concepito l'operazione
che ha privato gli italiani del governo Prodi impedendo a
ottobre 1998 le elezioni anticipate che avrebbero consentito
all'Ulivo di dare la spallata decisiva. Ingenui e sempliciotti,
gente che non conosce le astuzie della politica. Largo ai
professionisti. Questa debacle comporta un solo vantaggio:
non assisteremo a nuovi inciuci, o consimili tentativi. A
questo punto è probabile che vada a casa quella alta
direzione politica dei Ds, che dei Ds non si è data
alcuna pena, perseguendo le proprie mete personali. È
lecito farlo, solo che poi bisogna essere conseguenti.
(16 maggio 2001)
E adesso?
Note in progress di societacivile.it
1.
Il vincitore. Silvio Berlusconi, come
previsto, ha vinto le elezioni. La sua gioiosa macchina da
guerra (mediatica, economica, politica) ha ottenuto la maggioranza
dei seggi alla Camera e al Senato. Anni di telecrazia hanno
posto le premesse per la nascita di un inedito regime populista-mediatico.
2.
Lo sconfitto. È
stato sconfitto un centrosinistra diviso, litigioso, timido
nella denuncia dell'anomalia Berlusconi, figura di imprenditore-politico
unica in Europa e nel mondo occidentale, con il suo strapotere
mediatico, il suo conflitto d'interessi, i suoi gravi problemi
con la giustizia. Tutto ciò che ne fa un uomo inadatto,
indegno («unfit»: la parola è del settimanale
conservatore The Economist) a guidare l'Italia. Ma
dopo anni di bicamerali e appeacement, questo è il
risultato.
3.
La berlusconizzazione mancata.
Eppure Silvio Berlusconi non ha stravinto. Ha conquistato
una salda maggioranza in Parlamento, per effetto del sistema
maggioritario, delle alleanze che ha stretto e delle divisioni
nel fronte avverso. Ma non ha ottenuto il plebiscito che sperava.
Anzi, le forze antiberlusconiane (Ulivo, Di Pietro, Rifondazione
comunista) hanno raccolto più voti di quelli del fronte
berlusconiano, che ha diminuito i consensi rispetto alle elezioni
politiche del 1996 e alle regionali del 2000. Al Nord, la
Casa delle libertà non ha fatto, come aveva promesso,
il pieno: le sono sfuggiti molti collegi in Liguria, in Piemonte,
in Lombardia, in Veneto...
Non c'è stata, insomma, una berlusconizzazione del
Paese.
4.
I pagliacci da circo.
Giuliano Ferrara ora dà la linea alla sinistra, dicendo:
adesso che avete perso, fate un bel partito socialdemocratico
e fate stare zitti i «pagliacci da circo», i «giustizialisti»
che insistono con il conflitto d'interessi e l'indegnità
di Berlusconi per le origini poco chiare delle sue fortune,
per i suoi problemi giudiziari, per le sue vicinanze con la
mafia. Ebbene: i «pagliacci da circo», da soli,
hanno fatto argine a Berlusconi. Hanno impedito che stravincesse.
Hanno convinto almeno metà del Paese che Berlusconi
è «unfit» a guidare l'Italia. Non perché
sia di destra o di sinistra, ma per ragioni pre-politiche,
civili, morali,
Se Norberto Bobbio, Sylos Labini, Andrea Camilleri, Enzo Biagi,
Indro Montanelli, Enrico Deaglio, Marco Travaglio, Paolo Flores
d'Arcais, Daniele Luttazzi sono «pagliacci da circo»,
ebbene, lo siamo anche noi.
5.
Da qui dobbiamo ripartire.
Ci sarà da lavorare, per ricostruire un'opposizione
civile che i partiti hanno dimenticato. Sarà dura ma,
da «pagliacci» quali siamo, ci divertiremo.
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Il forum di societacivile.it
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D'Alema e gli scambi sottobanco
Scrive Antonio Cicchella:
«Il fatto che si tenti di preservare i responsabili
della disfatta, D'Alema in testa, e il clima amichevole che
si sta instaurando in questi giorni, mi conferma nei miei
dubbi: si è voluto perdere di proposito in nome di
una presunta alternanza o non so bene di quale scambio sottobanco,
buggerando gli elettori (Comuni a noi, Parlamento a voi).
Nell'epoca dei partiti-prodotto, come si fa a vincere (o perdere)?
a) ci si mette d'accordo prima;
b) si fa male la campagna elettorale di proposito (si sceglie
un candidato sicuramente perdente-Rutelli su scala nazionale-la
Bartolini a Bologna) e poi basta lasciar fare all'elettorato,
che crede così di avere scelto.
Per le amministrative di Roma, vale l'inverso: il Polo sceglie
Tajani, un illustre sconosciuto, l'Ulivo, Veltroni che è
stato in tv per cinque anni tutti i giorni. Chi doveva vincere?
Nasce il sospetto di accordi sottobanco, e torna attuale la
frase del compianto Enrico Mattei, scomparso in circostanze
ancora misteriose (a proposito, L'Ulivo non doveva far luce
sulle stragi?): "I comunisti? un migliaio di posti di lavoro".
Il minimo che possa fare D'Alema, un personaggio veramente
megalomane, al pari del Berlusca, è di dimettersi e
di dedicare la sua Fondazione a scopi nobili, per riscattarsi».
Antonio Cicchella, Bologna (maggio 2001)
La sinistra e i voti a Dell'Utri
Scrive Giuseppe Ferraro:
«Cari amici di Società Civile, non so quanto
possa valere ritornare ancora sullesito elettorale e
sulle preoccupazione che ne derivano. Forse sarà solo
per sfogo, potrebbe, in verità, anche bastare, raccogliere
gli stati danimo adesso perché divengano giudizi
e progetti dopo. Ho letto «Die Zeit» settimanale.
Dice che siamo mafia e senza né legge né stato,
gesetzlos. Fa unanalisi di Berlusconi che parte della
Sicilia e arriva alla mafia. Come negare lunanimità
dei voti siciliani? E come negare laffermazione che
lItalia ha conosciuto lo Stato solo nellespressione
del fascismo, cioè solo nella sua degenerazione autoritaria.
Mi sento offeso e sento che le offese sono giuste. Lo Stato,
la legalità: scusate io vorrei parlare di questo e
chiedermi come sia possibile che DellUtri ottenga tanti
voti proprio a Milano. Vorrei capire cosa può impedirlo
o cosa può curvare altrimenti lopinione della
gente che pure ha vissuto battaglie civili formidabili. Qui
comincia il mio sfogo e va tutto quanto contro la sinistra
e il suo centro. In questi anni si è pensati ad unamministrazione
da condominio di palazzo, non da Stato che andava riguardato
e fatto avanzare dopo laggancio allEuropa perché
ne riflettesse gli avanzamenti e gli ammodernamenti necessarie.
La magistratura è stata lasciata sola, come se la giustizia
fosse affare suo, affare di una parte dello Stato non difesa
dallo Stato ovvero in presenza di uno Stato inadeguato a farsi
servizio di giustizia sociale e giudiziaria. Ora si piange
sul conflitto dinteresse, dopo cinque anni durante i
quali se ne avuta la possibilità. QUESTA SINISTRA E
IL SUO CENTRO HANNO VINTO LA PROPRIA SCONFITTA E come se lavessero
programmata, voluta, annunciata. Sono cinque anni che sappiamo
che Berlusconi vince le elezioni. Credo che si sia fatta esplicita
dichiarazione che la sinistra e il suo centro non hanno una
cultura di Stato che non sia al margine di esso, una cultura
coscienzialista e non istituzionale, nel senso del responsabile
adeguamento istituzionale alle condizioni e ai problemi di
questo paese europeo. Il coscienzialismo si sa incontra subito
il moralismo e vi resta ipnotizzata, cominciando così
a delegare ad altri, ai magistrati, alle responsabilità
di non so chi, ma sempre lasciando soli, e scoperti, quelli
prendono limpegno della responsabilità. Scusate
io ho trovato infantile, allarmante e perfettamente conseguente
a questa logica minore, tutta quanta lintervista rilasciata
da Nanni Moretti. Non riesco a ritrovarmici e non perché
sono un rifondazionista. Confesso che mi ha illuminato su
come e perché questa sinistra abbia vinto la sua sconfitta.Avevo
ancora nelle orecchie Dalema che dichiara che cè
tempo, ancora cinque anni, per attrezzarsi adeguatamente alle
prossime elezioni. Ma Nanni Moretti è stato radioso
nella sua espressione di saccente decadente. Prendersela con
Rifondazione a quel modo è muovere quel dito coscienzialista
e moralista, infantile, per dire ecco, è colpa loro.
Ma Bertinotti non ha rubato la marmellata che avevano fatto,
è ancora là. Una marmellata, nemmeno la sua
nutella. Non bisogna essere di Rinfondazione Comunista o bertinottiani
per capire che se le ragioni vanno cercate da quella parte,
nella direzione di quel dito, davvero non ci siamo. Il dito
va messo verso i voti di DellUtri, se lo si fa quel
dito torna sul proprio petto e sulle responsabilità
di una totale mancanza di cultura di Stato. Il giornalista
di Die Zeit ha ragione. Siamo allinizio degli anni 50,
Martusciello-Lauro a Napoli continua la sua campagna elettorale,
DellUtri gli risponde da Milano che lItalia è
unita. Nella illegalità, sintenda.Intanto la
sinistra pensa alle colpe degli altri, immaginerà confederazioni
e dibattiti, cercando di stare a Destra e a Sinistra, di essere
cioè DS in altri modi.Quel progetto è finito
perché non cè più spazio per gli
alambicchi politici. Visco su Repubblica a rilasciato unintervista
che fa riflettere. E non poteva che venire da quella parte,
magari Visco non sarà un oratore accattivante, ma le
idee chiare ce lha, forse perché ha lavorato
più dentro alle questioni dello Stato dal lato finanziario.
Moretti a leggere quellintervista dovrebbe chiudersi
nella propria stanza dove è sempre stato in tutti questi
anni. Che piaccia ai francesi, va bene, fa tendence, decandence
e tutto quanto si può declinare a questo modo. Lo Stato,
no».
Giuseppe Ferraro (Dipartimento Filosofia Università
di Napoli) (maggio 2001)
Una parte dei nostri concittadini è pronta...
Scrive Barbara:
«Cari amici,
sono una collega di Famiglia Cristiana e ho seguito spesso,
con molto interesse, il vostro lavoro. In una giornata di
sconfitta bruciante come quella di oggi (e non solo perché
ha vinto la destra, ma perché siamo costretti a renderci
conto che buona parte dei nostri concittadini è pronta
a votare la mafia e la corruzione senza un minimo di capacità
di giudizio critico), sento il dovere morale di testimoniarvi
la mia solidarietà. Continuerò a leggervi con
interesse e a cercare spunti nelle vostre pagine anche per
il mio lavoro. Complimenti».
Barbara
(15 maggio 2001)
Per una nuova cittadinanza
Scrive Giuseppe Ferraro:
«Lo stato emotivo non si è ancora dissolto: per
quanto siano passati alcuni giorni dal fervore elettorale,
non ho ancora metabolizzato i risultati, certamente indigesti.
Le considerazioni sono tante e talvolta contraddittorie. È
giusto che sia così, credo, perché si è
aperta da quella data del 13 maggio una svolta che ancora
non lascia intravvedere la dirittura della sua via. Parto
dalla prima considerazione, quella più immediata e
spontanea: ha vinto Berlusconi, non la destra, ha perso la
sinistra non i comunisti e nemmeno Rutelli. Poi però
mi è venuta subito l'altra considerazione: nella tradizione
italiana la destra è stata rappresentata dal personalismo,
non dallo Stato; per intenderci il riferimento non è
stato Hobbes, ma Mussolini. Ha vinto allora la persona. Siamo
tutti daccordo su questo. Non siamo daccordo che abbia vinto
così come è avvenuto, perciò non possiamo
essere nemmeno convinti e soddisfatti delle forme con cui
abbiamo cercato di contrastare un tale risultato. è
comunque evidente il cannibalismo di Forza Italia, il partito
padrone. è evidente cioé che tutti gli altri
hanno fatto la figura dei clientes, invitati alla tavola del
patrizio, meritando la mercede del servilismo. Siano Fini
e Casini, sia il meno accetto Bossi. Quest'ultimo è,
certo, il più preoccupato. Berlusca dovrà stare
ai patti firmati con la Lega, non si sa questa volta se in
presenza del notaio o dei figli. è davvero una storia
tutta romana, manca Livio a raccontarla. Tuttavia Berlusca,
risultati alla mano, può anche fare a meno di quei
voti, la maggioranza parlamentare gli rimarrebbe anche senza
quell'appoggio. E questo certo rende Bossi inquieto. L'Europa
non si sa se accetterà o meno, e come, la devolutione:
ancora non l'ha definita per gli Stati nazionali memebri della
comunità, non potrà perciò accettarla
all'interno di uno di essi. Di più Berlusca può
non accettare la devolutione leghista, o restringerne la richiesta,
guadagnandosi un più sicuro buono di passaggio oltralpe
del suo governo, ingraziandosi cioé la legittimazione
e il consenso dei capi di governo europei. La presidenza di
una delle Camere alla Lega potrebbe essere l'espressione del
suo "si e no" agli alleati minori e adesso inutili. Fini ha
perso. Casini, a livello personale ha vinto, ma come partito
ha perso. Butti(glione) ha perso e basta. Questo dice che
la politica si è ancora di più personaggizzata,
ma dice anche che ove sciaguratamente, e non glielo auguro
davvero, Berlusca dovesse "passare a miglior vita", quel partito
rimarrebbe come la ruota bucata di un auto, del tutto sgonfio.
Certo si prospetta naturale l'ingresso nelle sue fila di Casini
e Butti, ma questo dice che il sogno della DC che pensavano
di rappresentare si è dissolto ovvero che si è
materializzato e ammodernizato in quello di FI. Dall'altro
capo dello schieramento, non c'è dubbio: ha vinto la
Margherita. Il centro democristiano degasperiano, i "cattolici
affacciati a sinistra". E poi hanno vinto i comunisti, quelli
di Bertinotti, ma non solo, anche quelli del DS. Non si è
realizzato anche qui il sogno, o la manifestazione della schizzofrenia,
dei DS di rappresentare e svelare il segreto della propria
sigla DestraSinistra. Non sono riusciti a diventare la Democrazia
cristiana di sinistra, come ancora quella sigla sta a significare
per Freud. Impressiona che, facendo la somma dei voti DS e
RC, si ritrovino i numeri del vecchio PCI. In questo senso
si capisce il risentimento dei primi che dichiarano gli altri
responsabili della sconfitta. Ma, appunto, è solo risentimento.
C'è del vecchio in modo nuovo in questo esito elettorale.
Inutile discutere sulle priorità dell'agenda di governo
che Berlusca ha dichiarato di rispettare: assicurare il passaggio
di eredità ai figli senza oneri sociali e liberarlizzare
alla mafia gli appalti di Stato. La deliquenza organizzata,
non c'è dubbio, calerà fino a sparire per far
posto alla delinquenza di Stato. Ma perché ha vinto?
Perché si è perso a sinistra? Che significa
sinistra? Quale componenti la rappresentano e che significa
questa rappresentanza? Credo che Berlusconi abbia vinto come
sempre si vince in politica, con il personaggismo dispiegato,
con l'esibizione della passione di sé e del cambiamento,
del nuovo. Ma ha vinto anche per non avere fatto una campagna
sul programma, ma sull'orientamento, per cui poteva avanzare
su un fronte di alleanze estremamente vasto per quanto anche
vago, espressione di una tendenza e non empiricizzato su conte
numeriche e contenuti. La sinistra ha perso, perché
si è accanita sulla persona, facendo come chi rincorre
il cucciolo per fermarne la corsa, senza sapere che occorre
fermarsi perché ti venga dietro. Prodi vinse per l'orientamento
politico e civile ricolto all'Europa. La sinistra, da quell'esperienza
in poi, ha viaggiato come un vagone letto dietro il locomotore
di Bruxelles, senza più ardore e ardire. Né
c'è stata una campagna sulla Giustizia. A lettera maiuscola.
Insomma lasciare fuori RF e, si, Di Pietro, ha significato
lasciare fuori il sociale e il morale, seppure questi due
schieramenti si declinino in "ismo", rappresentando moralismo
e comunismo. E adesso pover'uomo, recitava quel titolo famoso.
Adesso non si tratta di recuperare un'identita della sinistra
e del centro insieme. Si tratta di avanzare su quegli orientamenti
che non sono stati acquisiti né sono stati esplicitati
ed esplicati, per quanto ce fosse stato tempo e debito: la
legge elettorale, il conflitto d'interessi etc., non c'è
più tempo e occasione. Resta aperta la questione della
Cittadinanza e i suoi effetti sulle questioni giuridiche e
sociali, che valgono anche sul piano sicurezza sociale. Resta
aperta l'urgenza della vigilanza morale e informativa. E questa
dell'informazione è stata la questione più trascurata,
credo, perché di fatto, a ragione del nostro tempo,
la riforma dello Stato passa per la ridefinizione di uno Stato
informativo, usando quest'espressione nella molteplicità
dei suoi riferimenti semantici: informatizzazione sul piano
tecnologico, formazione sul piano del lavoro e della scuola,
informazione diretta per cui lo Stato sia più direttamente
a contato dei cittadini e perciò sia Stato di servizio
e di relazioni. Tutti questi problemi portano ancora al cuore
della questione della Nuova Cittadinanza politica sociale
civile. Sono questi tre piani politico sociale civile quelli
su cui si può discutere a partire da CIttadinanza e
Informazione, non certo sui raggruppamenti e federezioni di
centro e sinistra e di centrosinistra. ma per questo ci vogliono
passioni e persone, non certo calcoli di partito».
Giuseppe Ferraro, Dipartimento di Filosofia della "Federico
II"
(16 maggio 2001)
Siamo troppo complicati?
Scrive Giovanni Introzzi:
«A mio giudizio in una campagna elettorale così
assurdamente semplificatrice una sola cosa andava fatta e
su quest'iniziativa andava organizzata il massimo dell'informazione
possibile: - un manifesto con 5 punti che la coalizione di
centro-sinistra avrebbe realizzato in caso di un'auspicata
vittoria e 5 punti che illustrassero che cosa non avrebbe
fatto (per chiarire agli italiani gli effetti delle promesse
elettorali del centro-destra). Ogni altra forma di comunicazione
è stata assolutamente non percepibile dall'elettorato
che, purtroppo, si assume dosi gravemente nocive per la salute
di televisione. Certo per fare tutto ciò serve una
coesione politica che, probabilmente, manca alla coalizione
elettorale dell'ulivo».
Giovanni Introzzi
gioglo@tin.it
(16 maggio 2001)
Le colpe della sinistra
Scrive Pietro Campoli:
«È accaduto ciò per cui è stato
fatto cadere Prodi e ciò per cui D'Alema ha lavorato
intensamente. Nel sito www.berluscastop.it\pcampoli è
elencato tutto il lavoro che ho fatto individualmente dal
1994 al 2001 per provare la complicità del PCI-PDS-DS
alla vittoria della associazione a delinquere P2-FI-Fininvest.
Nelle parte Conclusioni riassumo ciò che è accaduto
e che ha permesso il successo di un delinquente come Berlusconi
(le sentenze parlano chiaro al di là dei sofismi.)
L'esclusione di una voce come Di Pietro permetterà
ai Dalemoni di fare piazza pulita sui tanti misteri d'Italia
a partire dalla morte di Giuliano, passando ai veri mandanti
dell'assassinio di Pio La Torre (i compagni che volevano fare
affari in Sicilia sono totalmente fuori da questo omicidio?),
sino ad arrivare alle stragi di Stato e di Mafia e alla strage
di verità, giustizia e legalità attuali. Ora
i delinquenti che sono ancora nella classe dirigente del PCI-PDS-DS
e che si sono venduti alla P2 saranno veramente contenti:
hanno fatto fuori la DC e il PSI "sfruttando" Mani Pulite,
e poi, delegittimando la Magistratura agli occhi della opinione
pubbblica qunado le inchieste cominciavano ad arrivare ai
santuari Rossi, hanno permesso la legittimazione di delinquenti
come Berlusconi, Previti, Dell'Utri , Berruti,... e termino
perchè l'e-mail sarebbe troppo lunga. Ora il loro compare
Berlusconi si incaricherà di cancellare tutte le prove
potendo disporre di 5 anni del Viminale. Grazie a persone
forse oneste ma pavide come Veltroni (vedi la menzogna che
mi ha raccontato il 15-07-2000 sull'aereo per Roma) a gli
eredi di Togliatti possono festeggiare (di nascosto chiaramente)
con delinquenti come Berlusconi. Auguro a personaggi come
D'Alema buona navigazione in compagnia dei suoi compari: hanno
tutti la barca, si possono ritrovare e brindare al largo alla
faccia dei tanti poveracci che ci sono in Italia e che lavorano
per loro; spero solo che prima o poi una tempesta li sorprenda
solo così potremo liberarci di questi criminali. Per
cortesia, se pubblicate la e-mail, pubblicatela nella sua
interezza: in uno Stato di diritto mi so difendere bene, solo
in una Repubblica delle banane può accadere ciò
che sta accadendo in Italia e che abbia la ragione un ceto
politico-criminale come quello italiano. Modestamente ho la
certezza di avere dalla mia la ragione e dati certi ed inconfutabili
che mi permettono di fare le accuse gravi che faccio».
Pietro Campoli
(15 maggio 2001)
Il marketing
Scrive Antonio Cicchella:
«La realtà bella e buona è che il PDS
non sa fare marketing. E siccome il marketing parte da un
buon prodotto, il PDS non ha un buon prodotto:non ha una buona
idea "da vendere", perché è assolutamente impossibile
al momento capire quale sia la sua identità, la sua
forma, la sua essenza. Bertinotti, che ha le sue colpe, ma
non mi sembra il caso di demonizzarlo, a meno che non ci si
sia messi d'accordo sotto banco con il Cavaliere per l'alternanza,
( e quindi si sia fatta una finta campagna elettorale scegliendo
appositamente un candidato debole ed essendo arroganti apposta
- a Bologna circola questa voce a proposito dell'elezione
di Guazzaloca contro Silvia Bartolini) l'idea forte ce l'ha,
e la vende bene. Da quando si è trasformata la politica
in prodotto questa è l'unica legge che conta. Questo
messaggio serve, a me, anche per "testarvi", voglio vedere
se fate parte anche voi del "finto" marketing, non pubblicandola.
Spero di no».
Antonio Cicchella
(18 maggio 2001)
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