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Edgardo
Sogno
Doppio Sogno o doppio Stato?
1. Funerali di Stato
2. Sogno antifascista?
3. Sogno eversore?
4. Sogno golpista «bianco»
5. Il biennio nero
6. Destabilizzare per
stabilizzare
7. I volonterosi funzionari
del doppio Stato
8. Revisionismo allitaliana
9. Bibliografia
1. Funerali di Stato
Una bara coperta dal tricolore su un affusto di cannone: così,
con i funerali di Stato, si è conclusa nellagosto
2000 la lunga e avventurosa vita di Edgardo Sogno Rata
del Vallino, per alcuni eroe partigiano, per altri golpista
«bianco», per tutti infaticabile e irrefrenabile
combattente anticomunista. Quei funerali, ad onta di chi nega
lesistenza del «doppio Stato», ne sono stati
lepifania: la dimostrazione plastica della sua esistenza,
la sua improvvisa visualizzazione tridimensionale. Lo Stato,
in quel giorno estremo, ha simbolicamente riconosciuto come
propria la storia politica e militare di Sogno, ha rivendicato
infine le sue azioni compiute in vita, ha assunto su di sé
la sua carica eversiva. Cè uno Stato che indaga
(invano) sulleversore dellordine costituzionale;
e uno Stato che gli tributa gli onori concessi ai servitori
più fedeli: eccolo qui, visibile come mai prima, il
doppio Stato. A poco vale tentare di distinguere tra
un Sogno comandante partigiano, eroe della Resistenza, e un
Sogno difensore dellordine atlantico anche oltre e contro
la Costituzione; a poco serve sostenere che solo al primo
quegli onori sono stati tributati. Non cè un
doppio Sogno: uno è il personaggio, una la sua storia,
una lispirazione di ogni sua battaglia - dalla giovanile
partecipazione alla guerra di Spagna a fianco dei fascisti,
fino agli ultimi ansiosi appelli prima della morte. Così
i funerali di Stato sono stati inevitabilmente, perfino al
di là delle intenzioni di chi li ha concessi, la solenne
certificazione che la storia di Sogno è tutta dentro
questo Stato, che la guerra sotterranea combattuta nei decenni
scorsi, anche oltre e contro la Costituzione, è «guerra
di Stato». Vi era un precedente: i funerali di Stato
concessi a Randolfo Pacciardi, il cui massimo merito
istituzionale era quello di essere stato sotterraneamente
scelto per diventare il presidente «forte» della
«nuova Repubblica» progettata da Sogno. Ma almeno
Pacciardi era stato ministro, e a concedergli quegli onori
era stato il presidente Francesco Cossiga, in un contesto
internazionale ancora di scontro tra i blocchi. Oggi a tributare
il supremo omaggio a Sogno è invece il capo di un governo
di centrosinistra, e a oltre dieci anni dalla caduta del Muro
di Berlino. Così quei funerali hanno detto perfino
di più: il contesto violentemente polemico in cui sono
stati celebrati, le innumerevoli voci, anche sguaiate, provenienti
dalla politica, la massiccia e corriva copertura dei media
hanno dimostrato che la storia di Sogno non è storia
passata, che la sua guerra non è finita, che i fantasmi
della sua ossessione sono ancora tra noi. In un Paese normale,
la morte di un personaggio come Sogno allingresso del
terzo millennio sarebbe stata rapidamente archiviata, anche
dagli osservatori più benevoli, come la scomparsa dalla
scena di un uomo del passato, che aveva coltivato vecchie
ossessioni e le aveva mantenute vive ormai fuori dal loro
contesto: un soldato giapponese a cui nessuno aveva
detto che la guerra era finita. E invece: quanti elogi della
sua «attualità». Quanti sedicenti «liberali»
a intesserne le lodi. Il problema, allora, non è Sogno.
Nel suo nome si è evidentemente giocata una partita
ancora aperta. Ripercorrere e comprendere vita, opere, miracoli,
trasfigurazione e morte di Edgardo Sogno Rata del Vallino
può servire dunque a capire qualcosa di questa partita,
dentro cui ancora siamo.
(continua)
(gianni barbacetto, da «micromega» 4/2000)
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