Campioni dItalia
Edgardo Sogno
Doppio Sogno o doppio Stato?
8. Revisionismo allitaliana
Si è compattata una pattuglia di revisionisti all'italiana, politici
potenti, giornalisti e intellettuali di una certa fama. Sono le loro parole
a spiegare, se sottoposte a un adeguato lavoro ermeneutico, perché
in Italia un personaggio come Sogno sia ancora preso sul serio,
a dieci anni dalla fine del confronto tra Est e Ovest
1. La democrazia secondo Sogno. Dunque Sogno si faceva pubblicamente
vanto delle sue azioni, anche illegali: «Avevamo assunto limpegno
di sparare contro i traditori...». Lo sanno bene anche coloro i
quali lo difendono oggi. Essi parlano ipocritamente di «persecuzione
giudiziaria», ma in realtà ritengono non che Sogno non abbia
commesso i fatti di cui è stato accusato, ma semmai che questi
non siano reato: sacrosanto intervenire per fermare il comunismo, anche
oltre e contro la Costituzione. Così essi fanno proprio il cardine
del pensiero (in verità non molto sofisticato) di Sogno: la democrazia
non è fine e valore non-negoziabile, ma mezzo e strumento da utilizzare
quando serve, da accantonare quando scattano «interessi superiori».
Curioso esito: questa concezione strumentale e ancillare della democrazia
è esattamente la stessa del loro nemico mortale, il comunismo marxista.
Sogno e i suoi difensori (compreso il vecchio compagno di loggia Silvio
Berlusconi) vi si adeguano con una perfetta e speculare simmetria:
altro che valori liberali.
2. I «comunisti», nemici immaginari. Il nemico contro
cui Sogno ha combattuto, pronto fino allultimo a menare le mani
e a «sparargli addosso», è una proiezione immaginaria,
una costruzione paranoica: il mostro comunista sovietico, il demonio che
toglie la proprietà, che estirpa la libertà, che uccide
i valori cattolici occidentali, che precipita gli oppositori nei gulag.
I suoi avversari reali, in verità, erano diversi: perché
il Pci aveva accettato fin dal 1945 lappartenenza dellItalia
al campo occidentale e difendeva la sua «via nazionale al socialismo»
contro il Cominform; ma ancor più perché i nemici concreti
di Sogno erano i milioni di italiani che, votando comunista oppure no,
avevano come loro obiettivo non il comunismo, ma migliori condizioni di
lavoro e maggiore democrazia. Anche i crociati dellanticomunismo,
sotto gli alti ideali di libertà, spesso nascondevano la difesa
di interessi molto concreti e la paura di semplici rivendicazioni socialdemocratiche
(la riforma del regime dei suoli, qualche cauta nazionalizzazione...)
realizzate in altri Paesi dEuropa senza alcun spargimento di sangue.
Lideologia, in quegli anni di dure contrapposizioni, finiva per
oscurare gli obiettivi reali di entrambi i fronti. Succede ancor oggi
ai nuovi crociati dellanticomunismo, che parlano di supreme libertà
universali, ma pensano a molto meno nobili arbìtri personali.
3. Lasimmetria dei fronti. Sostengono gli amici di Sogno
che in Italia il Comunismo era potente e terribile (il Giornale è
giunto fino a sparare in prima pagina, il 14 agosto 2000: «Il Pci
progettava il colpo di Stato», con esilarante, lunghissimo commento
di Paolo Guzzanti: «Il golpe rosso»). Dunque sono giustificate
le contromosse dellOccidente. In realtà in Italia, Paese
saldamente ancorato nel campo dellOccidente, la «low intensity
war», la «guerra non ortodossa», è stata combattuta
tra due fronti asimmetrici: da una parte gli apparati e gli uomini armati
di eserciti regolari e irregolari, dallaltra i cittadini disarmati
che si radunavano in una piazza per manifestare contro il fascismo o che
addirittura erano tranquillamente impegnati nei loro affari in una banca
o se ne stavano seduti nella carrozza di un treno o nella sala daspetto
di una stazione.
4. Il doppio Stato. Ernesto Galli della Loggia, che si
è autoproclamato caposcuola e portavoce del revisionismo allitaliana,
non perde occasione di scrivere contro la teoria del doppio Stato. Negli
episodi eversivi s ono coinvolti non organi e strutture dello Stato, scrive
Della Loggia, ma solo «singoli individui inseriti nella pubblica
amministrazione». Lo dimostrerebbe anche il fatto che «le
sentenze hanno sempre e solo riguardato un certo numero di funzionari».
Geniale: si sono mai viste sentenze contro organismi collettivi, in uno
Stato di diritto, in cui le responsabilità penali sono sempre e
solo personali? Della Loggia, in nome dei suoi pregiudizi ideologici,
si improvvisa commentatore in una materia che evidentemente non conosce:
basta leggerle, le sentenze e le carte processuali e le testimonianze
dei protagonisti e le ricerche degli studiosi, per rilevare la corposa
presenza di strategie e la pesante ingerenza di apparati, stranieri e
italiani, nella storia delleversione (gli consigliamo per esempio
i saggi di Vincenzo Vinciguerra, allergastolo per la bomba
di Peteano, nazista non pentito). Corpi «deviati», si diceva
un tempo: in realtà le «deviazioni» dallordine
costituzionale erano compiti distituto, obbedienza alla logica sotterranea
del doppio Stato.
5. La «tensione senza strategia». Galli della Loggia,
in sintonia con gli altri della compagnia di giro del revisionismo allitaliana
(Angelo Panebianco e Giovanni Sabbatucci, per esempio), sostiene
che leversione italiana, comunemente denominata «strategia
della tensione», è stata invece una serie di episodi slegati
tra loro, una «tensione senza strategia». Si tratta di una
lettura riduttiva, di un «revisionismo debole». Debole perché
si condanna, atomizzando ogni singolo evento, a non capire linsieme,
a non spiegare nulla. E debole perché supportata più da
pregiudizi ideologici che dalla conoscenza dei fatti. Per esempio Della
Loggia, per dimostrare la frammentazione della storia eversiva, mette
insieme troppo materiale, da piazza Fontana alla strage di Bologna, da
Argo 16 al terrorismo rosso: fenomeni evidentemente diversi, con diverse
logiche interne (anche se andrebbe individuato quel «filo nero»
che li ha innescati tutti, quel «microclima» che ha propiziato
in Italia, e solo in Italia, la crescita rigogliosa di ogni tipo deversione).
Ma per cominciare, senza porsi compiti troppo superiori alle sue conoscenze,
si applichi alla stagione 1970-74: questo è larco temporale
della cosiddetta «strategia della tensione», che sarebbe
più corretto chiamare «guerra non ortodossa» o «low
intensity war». è una stagione incredibilmente ricca di fatti
eversivi, ma compatta, con gli stessi nomi, gli stessi protagonisti che
si muovono sulla scena: i gruppi di civili, neonazisti o «liberali»;
gli apparati militari e i servizi segreti; i politici, alcuni dei quali
devono reggere il gioco, anche quando passa sopra le loro teste; gli uomini
degli apparati atlantici, che vegliano sulla corretta esecuzione - anche
con «cover actions» (azioni coperte) e apparati paralleli
- dei dettami del National Security Council (anche questa una lettura
istruttiva, che consigliamo a Galli della Loggia).
6. La pista internazionale. Dopo aver deciso, per atto di fede
(atlantica), che lo Stato non è doppio, un della Loggia alla spasmodica
ricerca di spiegare come mai comunque in Italia le bombe sono scoppiate
e gli aerei sono caduti, escogita alfine la teoria dello «sfondo
storico». E dunque: stragi e atti eversivi sono accaduti in Italia
non perché vi era al lavoro un apparato, un potente partito trasversale
delloltranzismo atlantico, che doveva dare lo stop al comunismo
a ogni costo e con ogni mezzo (anche illegale, anche inappropriato, anche
controproducente: solo a posteriori si può valutare che cosa funziona);
ma perché lItalia, Paese debolissimo, non ha rinunciato negli
anni Settanta ad avere una propria politica estera, e per di più
ardita: così è diventata il terreno di scontro tra i servizi
segreti di mezzo mondo. Questa tesi non ha nemmeno il pregio di essere
originale: è la riproposizione accademica della vecchia «pista
internazionale» che politici e agenti segreti italiani puntualmente
estraevano dal cilindro dopo ogni bomba. Allora si trattava di depistaggi.
Oggi affermare che in Italia (come altrove) erano attivi i servizi di
Usa, Urss, Israele, Francia, Germania eccetera è una verità
banale, che però non spiega nulla: chi fece che cosa? quali le
alleanze e le strategie? quali i conflitti (anche tra gli americani: Cia-Sid
contro Fbi-Affari riservati...)?
7. Antistragismo e legittimazione. La tesi finale di Della Loggia
è che la teoria del doppio Stato sia «in realtà uno
strumento della lotta politica attuale, un modo per cercare di condizionare
il presente grazie alluso del passato». Servirebbe a «delegittimare
i due cardini ideologico-politici - latlantismo e lanticomunismo,
appunto - di quella che è stata la ricostruzione democratica in
Italia» e della «cultura politica moderata». Aprendo
così la strada alla sinistra, che esibirebbe l«antistragismo»
come «lasciapassare» per essere ammessa «a godere di
una piena legittimazione politica». Che dire? Non si può
fare la storia partendo dalla fine, elidere i fatti perché rischiano
di delegittimare la parte politica che si è scelto di servire.
Atlantismo e anticomunismo, culture politiche in sé legittime,
sono state declinate nella concreta storia italiana come pratiche che
hanno mortificato la sovranità nazionale e dispiegato lillegalità
antidemocratica: lo dicono i fatti, e i gusti ideologici di Della Loggia
non bastano a cancellarlo. Intanto, la cultura politica a cui egli si
riferisce, «moderata» non lo è stata affatto: non ha
esitato a servirsi di mafiosi e criminali, stragisti ed eversori per mantenere
salda nelle mani la barra del potere. Speculare, anche in questo, alla
cultura comunista, a cui dice di opporsi. Quanto alla sinistra, non mi
pare che in democrazia debba avere alcun bisogno di legittimazioni politiche,
né di esami da superare, magari davanti alla cattedra del professor
Della Loggia. In ogni caso, non la vedo affatto assumere l«antistragismo»
(e, più in generale, la legalità) come propria bandiera:
peccato, perché proporsi di far emergere tutta la verità
sulla guerra sotterranea combattuta in Italia sarebbe già un bellinizio
di programma. Ma cè un punto su cui Della Loggia ha ragione:
il doppio Stato è diventato strumento della presente lotta politica.
Il centrodestra si mostra sensibile alle vecchie storie delleversione
italiana, non perde occasione per difenderne i vecchi arnesi. Strano:
una destra nuova, moderna e pulita, davvero liberale, che cosa avrebbe
mai da spartire con la vecchia armata dellanticomunismo da guerra
fredda, che ha svenduto la sovranità nazionale e pezzi importanti
della legittimità democratica, ha coperto e condiviso illegalità
e stragi come male minore in una guerra che si poteva e si doveva combattere
senza spargere sangue innocente (non si è fatto così in
Francia, in Germania e nel resto dEuropa?). Segno che è stato
stretto un patto non scritto tra il vecchio e il nuovo, anzi che il «nuovo»
non è che la nuova forma del vecchio: sulla scena sono rimasti
gli stessi personaggi, gli ex missini del «polo occulto»,
i gentiluomini del club P2, i politici degli omissis. Limpunità
per il passato deve essere garantita: quel passato è presente.
Ma cè di più. Nuove crociate anticomuniste vengono
oggi proclamate da qualche estimatore di Sogno: in nome, questa volta,
della difesa del proprio monopolio televisivo e del diritto eterno alla
commistione dinteressi tra politica e potere mediatico. Anche lanticomunismo
non è più quello di una volta: dopo essersi presentato sotto
forma di grande tragedia storica, si ripresenta ora sotto forma di poco
nobile farsa. (gb)
Bibliografia
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