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Unipol-Fonsai/4
Quel posto mancante
nella Consob di re Vegas

di Gianni Barbacetto

Tra i problemi (non pochi) che il governo Letta deve affrontare nelle prossime settimane c’è anche quello della Consob. Un commissario, Michele Pezzinga, termina il suo mandato ed Enrico Letta, di concerto con il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, dovrà nominare chi prenderà il suo posto. Non si tratterà di un normale avvicendamento: la commissione che vigila sulla Borsa e i mercati finanziari è oggi un arbitro che fa molta fatica a condurre con equilibrio e indipendenza le complesse partite in corso. Deve recuperare in efficienza e (soprattutto) in autorevolezza. La scelta del nuovo commissario determinerà dunque o la svolta dopo una stagione non troppo brillante, oppure la conferma di una gestione molto “politica” e poco capace di dimostrare autonomia.

Oggi la Consob è Giuseppe Vegas, il suo presidente. Uomo di Giulio Tremonti (di cui è stato viceministro) ed ex senatore di Forza Italia e del Pdl, non può certo esibire una storia al di sopra delle parti. Oltretutto la Commissione, fino a qualche anno fa, era composta da cinque membri: ridotta a tre, la dialettica interna si è assottigliata e un presidente forte e interventista come Vegas difficilmente si fa mettere in minoranza. Ecco perché è ancor più importante che il commissario che sostituirà Pezzinga sia autorevole e indipendente.

In questi anni, Vegas ha gestito la Commissione in modo monarchico, agendo in due direzioni. Da un parte ha accentrato le decisioni, interpretando in maniera forte la legge istitutiva che affida al presidente il compito di “sovrintendere l’attività istruttoria”: così Vegas agisce di sua iniziativa su molte delle partite in corso, senza neppure portarle in Commissione per la discussione e il voto, senza dunque coinvolgere i due commissari (Paolo Troiano e l’uscente Pezzinga). Dall’altra ha modificato l’organizzazione della Consob, togliendo alla struttura tecnica parte di quell’autonomia di cui andava fiera, mortificando alcune professionalità (come quella di Marcello Minenna, che guida l’ufficio Analisi quantitative) e costituendo un ufficio di presidenza che risponde direttamente a lui. I fedelissimi sono capitanati dal direttore generale Gaetano Caputi, pescato dall’ufficio legislativo del ministero dell’Economia (quando ministro era Giulio Tremonti, naturalmente) e dal segretario generale Guido Stazi. Responsabile dell’ufficio di presidenza è Francesca Amaturo, la potentissima zarina che controlla gli equilibri (in Consob lavorano 650 persone), anche grazie a un rapporto privilegiato con il sindacato interno della Cisl.

Fuori, intanto, sono successe molte cose su cui la vigilanza della Consob è apparsa quanto meno allentata. La famiglia Ligresti, per esempio, ha spolpato società quotate. Il Montepaschi è precipitato in una crisi di cui si fatica ancora a vedere la fine. Nessun intervento. Eppure proprio sulle vicende del Montepaschi, alla Consob era arrivato un esposto anonimo già nell’agosto 2011. Vegas non ne ha dato alcuna comunicazione ai commissari. Poi, nell’autunno dell’anno successivo, nel suo ufficio romano si sono presentati non due anonimi, bensì il presidente di Mps Alessandro Profumo e il suo amministratore delegato Fabrizio Viola, che gli hanno comunicato di aver scoperto il buco provocato dai derivati della gestione Mussari. Ancora una volta, Vegas si tiene tutto per sé, guardandosi bene dal coinvolgere i commissari e informare il mercato (bisognerà aspettare un articolo del Fatto quotidiano, nel gennaio 2013, perché lo scandalo Montepaschi venga alla luce).

Altra partita: quando Mediobanca decide le nozze tra Fonsai e Unipol, il presidente esperto in diritto ecclesiastico partecipa all’incontro del gennaio 2012 in piazzetta Cuccia dove si è combinato il matrimonio e deciso di evitare l’opa: strano, per un arbitro, fare da “consulente privato” per l’operazione che farà nascere la seconda compagnia assicurativa italiana. Quel ruolo di “consulente” di Unipol sta proseguendo, con la compagnia invitata (come? con quali determinazioni? con quale trasparenza?) a rettificare via via i bilanci, appesantiti da derivati di dubbio valore. Il tutto, senza che Vegas abbia finora coinvolto la Commissione, con Troiano e Pezzinga tenuti fuori dalla partita.

Questa la situazione che troverà il nuovo commissario, quando Enrico Letta lo nominerà. Per ora non circolano nomi, se non quello di Marina Brogi, docente e vicepreside di Economia alla Sapienza, molto bipartisan, non sgradita a Vegas e per di più candidatura “rosa”, dunque politicamente corretta.

(Il Fatto quotidiano, 30 ottobre 2013)

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