La sera andavamo in Santo Stefano.
Quelli del Movimento studentesco della Statale di Milano
Non c'era mica solo Lotta continua. Ecco l'Ms, un pezzo di 68 sconosciuto che non ha saputo scrivere la sua storia. E che gode di cattiva stampa, malgrado tanti suoi militanti siano diventati giornalisti e direttori...
La sera andavamo in piazza Santo Stefano. Lo ha scritto nel suo blog, qualche mese fa, Nando dalla Chiesa , sociologo, professore universitario, ex senatore della Margherita ed ex sottosegretario del governo Prodi. Piazza Santo Stefano è il centro del Sessantotto milanese. È lo slargo a un soffio dall'università Statale dove aveva la sua sede il Movimento studentesco: l'Ms, come era chiamato, quello di Mario Capanna, di Salvatore Toscano, di Luca Cafiero, quello che organizzò migliaia di giovani studenti (e non solo) dal 1968 fino alla metà degli anni Settanta e poi si trasformò in Mls (il Movimento lavoratori per il socialismo; ma per i "compagni" degli altri gruppi extraparlamentari era il "mele-lesse"). Quarant'anni dopo, i ragazzi che andavano in piazza Santo Stefano sono naturalmente molto cambiati e ciascuno ha fatto le sue scelte di vita. Eppure hanno mantenuto qualche contatto. Lobby no, non l'hanno mai fatta, a differenza - chissà poi se è vero - di altri ragazzi che volevano fare la rivoluzione, quelli di Lotta continua. Qualche filo dev'essere però rimasto a unire persone che hanno imboccato strade tanto diverse se, quarant'anni dopo, è ripresa una rete di contatti fatta di messaggi e-mail, dibattiti, siti web, qualche libro. Il fatto è che quell'esperienza di Sessantotto è sì lontana, nel tempo e nelle idee, eppure - formidabili quegli anni? - è stata incredibilmente coinvolgente. Le interminabili assemblee del sabato pomeriggio all'università Statale, le manifestazioni, la militanza, la passione, la speranza di cambiare il mondo, il senso di appartenenza a una comunità fatta di uomini e di idee...
Così Sergio Vicario - ieri militante dell'Ms, oggi professionista della comunicazione che è riuscito a ricomprare la sua azienda, Metafora, dopo che era stata fagocitata dall'ex sondaggista di Berlusconi Luigi Crespi - sta da qualche tempo mandando in rete un fitto dibattito sul Sessantotto e sull'esperienza del Movimento studentesco della Statale. Così Patrizia Cavallotti tiene, sempre via e-mail, i collegamenti con un gruppo di "ex compagni" del Movimento, fin da quando ha contribuito, con Mario Martucci e Agnese Santucci, a raccogliere le firme sotto un ricordo di Salvatore Toscano pubblicato a pagamento su Repubblica , a 30 anni dalla sua morte per incidente stradale. Un altro gruppo di ex Ms, tra cui Roberto Tumminelli, è riunito attorno al sito web pernondimenticare.net.
Tumminelli di quella esperienza di Sessantotto salva quasi tutto e la racconta nel libro "Passate col rosso" (Baldini Castoldi Dalai). Al contrario, Giovanni Cominelli, che dell'Ms era il responsabile culturale e oggi è vicino a Comunione e liberazione, non salva quasi niente: «Il comunismo non era una buona idea realizzata male, bensì una pessima idea realizzata benissimo», dice e argomenta nel suo libro "La caduta del vento leggero" (Guerini). Ma no, ribatte Vicario: «Eravamo ragazze e ragazzi che, cercando di combinare libertà e solidarietà, hanno fatto un po' di pasticci, teorici e anche pratici, senza però perdere il contatto con la realtà e il senso della vita». L'Ms occupava infatti una posizione mediana nella arzigogolata geografia politica dell'epoca; a sinistra del Pci quanto necessario per raccogliere l'aria nuova del Sessantotto e la sua cultura antiautoritaria; ma comunque distante dalle altre organizzazioni extraparlamentari, chiamate sprezzantemente "i gruppetti". Mai estremista come Lotta continua, mai antagonista con il sindacato, mai connivente con il terrorismo. Lontanissimo dal rifiuto della scuola: praticò in università l'"uso parziale alternativo" (cioè corsi e lezioni autorganizzate dagli studenti con l'aiuto dei professori), tra i suoi slogan c'era "studiare e lottare per il socialismo". E poi i ragazzi dell'Ms per alcuni professori avevano una vera e propria venerazione: i filosofi Mario Dal Pra ed Enzo Paci , il sociologo Angelo Pagani, il filosofo della scienza Ludovico Geymonat; simpatia ricambiata, per alcuni docenti più giovani, come i sociologi Guido Martinotti e Alberto Martinelli. Alcuni dei ragazzi che sfilavano dietro gli striscioni del Movimento (il logo era stato disegnato nientemeno che dal designer Salvatore Gregorietti) sono diventati professori a loro volta: il sociologo Renato Mannheimer, il filosofo Giulio Giorello. Qualcuno professore lo era già, come l'economista fiorentino Franco Volpi.
«Eravamo dentro un grande cambiamento sociale», racconta Mannheimer. «Imparagonabile con l'Onda di oggi: allora non c'erano solo rivendicazioni per scuola e università, ma era in corso una profonda rivoluzione culturale, stavano cambiando le relazioni sociali, i comportamenti sessuali, la vita... È stato un passaggio d'epoca che sono molto contento di avere vissuto».
Poi c'era l'altra faccia della medaglia dell'Ms: lo stalinismo esibito negli slogan e la durezza del suo servizio d'ordine - i Katanga - inflessibile non solo con i fascisti, che dopo la strage di piazza Fontana furono cacciati da piazza San Babila e da molte scuole milanesi, ma anche con i "concorrenti" dei "gruppetti". Sarà anche per questo che il Movimento studentesco della Statale non ha una buona fama. I suoi militanti, del resto, non hanno saputo scriverne la storia.
Non gode di buona stampa, l'Ms, benché siano tantissimi i giornalisti che vengono dalle sue file. Tra questi, Giovanni Cerruti della Stampa, Nino Bertoloni Meli del Messaggero, Giuliana Sgrena del Manifesto, Danilo Taino e Lorenzo Fuccaro del Corriere, Maria Teresa Cometto che ha lavorato al Mondo e al Corriere e ora vive a New York, Roberto Casalini, di Wired. E anche chi firma questo articolo. Alcuni sono diventati direttori, da Ferruccio de Bortoli (Il sole 24 ore) a Vera Montanari (Bolero, Dolly, Marie Claire, Grazia, Flair...), da Fiorenza Vallino (Io Donna) a Fabio Tamburini (Radiocor), da Massimo Bianchi (Tuttoturismo) a Dario Di Vico, oggi vicedirettore del Corriere.
L'Ms mandava i suoi militanti a fare i sindacalisti nella Uilm, il sindacato metalmeccanici della Uil. Di Vico fu mandato a Torino, alla Fiat, e compare, occhialoni e maglioncino che oggi si direbbero vintage, a fianco di Bruno Trentin nel film documentario In fabbrica di Francesca Comencini. Renzo Canciani era invece all'Alfa Romeo di Arese. Oggi, dirigente Rai, è responsabile del centro di produzione tv di Milano. In quegli anni, anche un giovane Sergio Cofferati, sindacalista dei chimici Cgil, partecipava alle riunioni della Commissione operaia dell'Ms diretta da Sandro Cerquetti. Molti ex militanti dell'Ms hanno scelto di restare a lavorare nel sindacato: tra questi, Susanna Camusso, oggi ai vertici nazionali della Cgil, e Anna Rea, segretaria della Uil Campania.
«Il Movimento studentesco è l'unica delle formazioni della nuova sinistra sessantottina a non avere prodotto né salti della quaglia verso Berlusconi, né cadute nel cerchio infernale del terrorismo», ricorda Dalla Chiesa, all'epoca studente all'università Bocconi. Ha fornito invece molto personale politico alla sinistra. Nella scorsa legislatura, aveva ben quattro ex al governo: due ministri, Barbara Pollastrini (Ds) e Paolo Gentiloni (Margherita), e due sottosegretari, Alfonso Gianni (Rifondazione comunista) e lo stesso Dalla Chiesa (Margherita). In Parlamento c'erano poi Luciano Pettinari, Giovanna Capelli ed Erminio Quartiani dei Ds e Ramon Mantovani, dirigente di Rifondazione al centro di furibonde polemiche, prima per aver portato in Italia il capo dei comunisti curdi Abdullah Ocalan ricercato dalla Turchia, poi per i suoi rapporti con le Farc colombiane.
In verità, qualche eccezione c'è, alla regola secondo cui nessun Ms è passato a Berlusconi. Gaetano Pecorella, che nel 1968 era già professore, formalmente non era del Movimento studentesco, ma ne era uno degli avvocati. «Sì, avevamo un gruppo legale molto agguerrito», ricorda Alfonso Gianni, diventato poi braccio destro di Fausto Bertinotti. «C'erano Giuliano Spazzali, Marco Janni, Francesco Fenghi, Gigi Mariani, Michele Pepe... Ma Pecorella era il più autorevole. E il più coinvolto. Il suo apporto non era soltanto tecnico, Gaetano era un vero militante politico». «È l'unico di tutti noi che non ha cambiato idea», dice ironico un "ex compagno", «era contro i magistrati e la legalità allora, continua a esserlo oggi». Di fatto, ricorda Luciano Pettinari, «Pecorella faceva parte del gruppo dirigente informale del Movimento studentesco, quindici-venti persone tra cui Mario Capanna, Salvatore Toscano, Alfonso Gianni... All'inizio non avevamo una sede, di giorno ci trovavamo in università, la sera ci riunivamo a casa di qualcuno di noi. Poi arrivò la sede di piazza Santo Stefano».
Quante discussioni sulla Cina, su Mao, sulla Banda dei Quattro, per Gabriele Nissim, in quelle stanzette al primo piano sopra l'osteria di Peppino Strippoli. Oggi Nissim («proprio per fare i conti con una mia responsabilità morale sulla Cina») ha scritto alcuni bei libri sugli ebrei nell'est europeo ed è l'anima del Comitato promotore della Foresta dei Giusti. In fondo al corridoio della sede di piazza Santo Stefano c'era il mitico ciclostile per i volantini, presidiato da Federico Ceratti, appena scomparso, che poi fondò Acea, l'associazione per i consumi etici. Di fronte, lo stanzone del giornale dell'Ms, Fronte popolare , diretto per un periodo da Gino Strada, che poi tornò alla medicina e fondò Emergency.
Sono stati militanti dell'Ms anche i fratelli Boeri, che studiavano al liceo Manzoni di Milano. Oggi Stefano Boeri è architetto e direttore di Abitare, Tito Boeri è un autorevole economista, animatore del sito web lavoce.info. Era un dirigente dell'Ms anche Bruno Contigiani: quarant'anni fa, la sera andava in piazza Santo Stefano, voleva andare veloce e cambiare il mondo. Oggi ha scritto "Vivere con lentezza", il libro-manifesto che ha lanciato la Giornata mondiale della Lentezza.
Al centro, con il montgomery, Roberto Franceschi.
Chi c'era sotto gli striscioni
Dall'Ms proviene anche il banchiere Pietro Modiano, diventato poi direttore generale di Intesa Sanpaolo e oggi presidente di Tassara. Vittorio Meloni, capo della Comunicazione e delle relazioni esterne di Intesa Sanpaolo. Pietro Cirenei, direttore generale della società di gestione dei fondi di Banca Popolare di Milano. Claudio Casaletti, direttore del Marketing della Popolare di Milano. L'economista Alessandro Laipold, capomissione del Fondo monetario internazionale. Il finanziere Sergio Cusani, che passò dalla raccolta fondi per il Movimento ai grandi affari di Tangentopoli, per arrivare oggi a occuparsi di volontariato e carcerati. Gli editori Alessandro Dalai, che ha rilanciato la Baldini e Castoldi, e Giuseppe Liverani, il fondatore di Charta. Nel mondo del volontariato lavorano Maurizio Carrara, cd di Vita e fondatore del Cesvi, e Giangi Milesi, oggi presidente del Cesvi. C'erano il musicista jazz Gaetano Liguori, il bluesman Fabio Treves, e poi gli Stormy Six di Franco Fabbri e Umberto Fiori, quelli di "Stalingrado". Il regista e attore Elio De Capitani (Berlusconi nel "Caimano" di Nanni Moretti), il critico teatrale Ugo Volli, il critico della fotografia Roberto Mutti, il fotografo Leo Torri, il poeta Giulio Stocchi, i giornalisti Piero Somaini e Roberto Peretta, diventato uno dei massimi esperti di guide e turismo. Giulia Arborio Mella, che oggi lavora all'Adelphi e ha firmato la bellissima traduzione italiana di "Lolita" di Nabokov. I designer Franco Origoni e Anna Steiner. Il grafico Massimo Borghesi. E il filmaker Ranuccio Sodi, che iniziò girando i cinegiornali delle manifestazioni del Movimento studentesco e oggi è l'anima della casa di produzione Show Biz.
Franco Fabbri (a destra) e il gruppo che registrò la canzone "Compagno Franceschi"
C'era Michele Cucuzza, che iniziò a fare il giornalista a Radio Popolare e approdò poi alla Rai. Sergio Serafini a Radio Popolare è rimasto, come amministratore dell'emittente milanese. Mauro Crippa, invece, militante nell'Ms quando era liceale e subito dopo giornalista a Radio Città (l'emittente dell'Ms), ha poi fatto una carriera sfolgorante dentro la Fininvest, fino a diventare direttore generale Informazione di Mediaset e membro del suo consiglio d'amministrazione. A Radio Città hanno lavorato anche Claudio Lindner, oggi vicedirettore dell'Espresso, e Paolo Colonnello della Stampa. Vengono dall'Ms anche Rossella Citterio, direttore Comunicazione e Relazioni esterne della Mondadori, e Gino e Michele, i geniali autori che hanno inventato "Passati col rosso", le "Formiche" e Zelig.
Nell'Ms c'erano tanti medici arrivati oggi ai vertici di importanti strutture sanitarie. Tra questi Fabio Guzzini, che oggi dirige un'importante struttura sanitaria nell'hinterland milanese; Ugo Pastorino, primario di Chirurgia toracica all'Istituto Nazionale dei Tumori e chirurgo di rilevanza internazionale; Mauro Buscaglia, primario di Ostetricia e Ginecologia e coordinatore delle chirurgie all'ospedale San Carlo di Milano (uno dei pochi che si espone sui temi sensibili, come la pillola RU); Claudia Balotta, una delle ricercatrici di punta sull'Hiv all'ospedale Sacco e all'Università di Milano; e Massimo Galli, che ha preso il posto di Mauro Moroni alla guida dell'Istituto malattie infettive e tropicali dell'Università di Milano presso l'ospedale Sacco.
Nell'Ms c'era anche il trio sardo Mulas, Scalas e Piras: Tonino Mulas è diventato presidente della diaspora dei sardi nel mondo, Alberto Scalas è un affermato pittore, Giovanni Piras è direttore di banca. Monica Levy, esperta di Est europeo, nel 1980 ha tradotto in Italia le tesi di Solidarnosc e poi è stata per un paio di decenni la principale traduttrice dall'inglese e dal francese per il Corriere della sera. Antonio Malerba è diventato un importante libraio piemontese ed è stato anche sindaco di Novara. Umberto Pedroni dirige una società per lo sviluppo tecnologico della Cciaa di Napoli. Gianni Vallardi, che nei Settanta operava alla dirette dipendenze di Mario Martucci nelle squadre di propaganda, oggi è direttore dei periodici Mondadori.
Manifesto progettato da Albe Steiner
Ha collaborato Sergio Vicario
(Versione arricchita di un articolo uscito su Il venerdì di Repubblica, 12 dicembre 2008) |
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