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L'atterraggio di Vito Gamberale
Sea, l'inchiesta sulla quaotazione in Borsa

di Gianni Barbacetto

L’altra faccia della luna, quella non illuminata, è un’inchiesta sulla Sea e su Vito Gamberale ancora segreta. Ha già fatto clamore la prima indagine giudiziaria, quella che riguardava la gara per la vendita di poco meno del 30 per cento di Sea, la società che gestisce gli aeroporti di Linate e Malpensa: un pacchetto passato nel dicembre 2011 dal Comune di Milano al fondo F2i di Gamberale. Clamore spiegato anche dal fatto che quell’inchiesta è una delle partite dello scontro interno alla Procura di Milano tra il procuratore aggiunto Alfredo Robledo e il suo capo Edmondo Bruti Liberati.

La nuova indagine, invece, riguarda la (fallita) quotazione in Borsa di Sea. Ed è assegnata al pm Sergio Spadaro, che fa parte del pool reati finanziari, coordinato da Francesco Greco. Le due inchieste, insieme, permettono finalmente di ricostruire un’unica, grande storia: quella dell’assalto di Gamberale a Sea, dramma in quattro atti con protagonista l’uomo che voleva conquistare a tutti i costi gli aeroporti del Nord. La nuova indagine ipotizza per Gamberale (che ora punta al vertice Telecom) il reato di aggiotaggio e nasce da un esposto inviato il 4 dicembre 2012 dal presidente di Sea, Giuseppe Bonomi, alla Consob e alla Procura di Milano.

Nel documento, si formula l’accusa che numero uno di F2i abbia scientificamente fatto fallire la quotazione in Borsa, manipolando il mercato, per riuscire a mantenere il controllo sul proprio pacchetto di Sea e anzi accrescerlo. “Una campagna di stampa, abilmente orchestrata da F2i”, scrive Bonomi nell’esposto, “ha ottenuto l’effetto di determinare una situazione di grave allarme (...) con la precisa finalità di compromettere l’esito della quotazione”. Pochi giorni dopo il fallimento della quotazione, F2i compra, a un prezzo addirittura inferiore alla base d’asta, un ulteriore pacchetto di azioni Sea in mano alla Provincia di Milano e arriva a detenere il 44,3 per cento dell’azienda aeroportuale, senza bisogno di lanciare un’opa. Ma per capire la grande guerra della Sea bisogna raccontare la storia dall’inizio.  

Atto primo:
chi fa l’indiano


Il primo atto è quello più noto. Il Comune di Milano per fare cassa e chiudere l’anno con i conti in ordine deve vendere in fretta una quota di Sea. La Procura di Firenze intercetta una telefonata del 14 luglio 2011 in cui Gamberale e il suo braccio destro, Mauro Maia, sembrano convinti che il Comune confezionerà una gara su misura per loro. La telefonata viene mandata alla Procura di Milano, per competenza, il 27 ottobre 2011. Il fascicolo gira per gli uffici e arriva sulla scrivania del procuratore aggiunto Robledo soltanto il 16 marzo 2012, mentre la gara si era già conclusa il 16 dicembre 2011 con la vittoria di F2i (e questo è uno dei motivi per cui Robledo ha denunciato Bruti al Csm). Meno noto è che Sea era arrivata spompata alla gara, perché il sindaco Letizia Moratti, prima di perdere le elezioni del maggio 2011 e lasciare il posto a Giuliano Pisapia, aveva spremuto l’azienda pretendendo per il Comune un superdividendo straordinario di 147 milioni di euro, attinto dagli utili realizzati negli anni. Per tornare a riempire le casse di Sea, Moratti aveva pensato all’ipotesi di quotarla in Borsa. Ipotesi non gradita a Gamberale, che già dal 2010 puntava a Sea e aveva aperto canali di collegamento con il Comune di Milano.

La vittoria di Pisapia azzera comunque quei progetti e quei contatti. Il nuovo assessore al Bilancio, Bruno Tabacci, si prepara a vendere il 29,75 di Sea, sapendo che il probabile compratore sarebbe stato Gamberale, che nell’ottobre 2011 presenta la sua manifestazione d’interesse. Il direttore generale del Comune di Milano, Davide Corritore, riesce però a cambiare le condizioni della gara: le rende più favorevoli al Comune e aumenta il prezzo di ben 90 milioni, rispetto a quello indicato nella manifestazione d’interesse di F2i. Secondo la ricostruzione dei pm, Gamberale non riesce a farsi confezionare la gara su misura per l’opposizione della struttura tecnica del Comune di Milano. Ripiega allora sul piano B: evitare almeno di avere concorrenti alla gara. Inghiottito il boccone amaro di un prezzo più alto del previsto, vince infatti offrendo soltanto un euro più della base d’asta, 385 milioni, mentre le due società che si erano presentate come interessate alla gara (l’indiana Srei e il grande fondo australiano Macquarie) escono dalla partita. Solo Robledo arriva, nella primavera 2014, a rovinare la festa: chiedendo di rinviare a giudizio Gamberale e il rappresentante della Srei per turbativa d’asta.

Atto secondo:
lo swap sfuggito di mano


Gamberale non si ferma. Vuole la Sea. Non gli basta il pacchetto che ha appena conquistato. Punta alla quota nelle mani della Provincia di Milano (il 14,56 per cento detenuto dalla holding Asam). Nel giugno 2012, però, Comune e Provincia annunciano di aver trovato l’accordo su uno scambio vantaggioso per entrambi: Pisapia offre un pacchetto di azioni Serravalle (il 18,6 per cento) di cui vuole disfarsi, ma che è invece utile alla Provincia, che della società autostradale ha già il 53 per cento. In cambio, il Comune ottiene dalla Provincia il suo 14,56 di azioni Sea. Poiché le azioni Sea valgono di più, il Comune offre anche un conguaglio in denaro (45 milioni).

Ma lo swap non si concluderà mai: nell’agosto 2012 F2i fa un ricorso al Tar che blocca l’operazione. È a questo punto che Corritore, il city manager di Pisapia, tira di nuovo fuori dal cassetto il progetto che gli sembra risolvere ogni problema: quotare Sea in Borsa.

Atto terzo:
in Borsa, in Borsa!


Nel 2012 i mercati cominciano ad andare meglio. Buone prospettive per i titoli infrastrutturali, che garantiscono dividendi sicuri. Corritore prepara la quotazione. Opv (offerta pubblica di vendita) per la Provincia, che conferisce in Borsa il suo 14,56 e rinpingua le sue casse. Ops (offerta pubblica di scambio) per il Comune, che conferisce il suo 54 per cento mantenendone il controllo. Mediobanca global coordinator dell’operazione. Effetti della quotazione: Sea realizza un aumento di capitale e mette in cassa soldi freschi che arrivano dal mercato; il Comune avrà garantito il controllo sull’azienda; F2i vedrà invece ridimensionata e diluita la sua quota.

La quotazione non va giù a Gamberale per almeno altri tre motivi. Uno: “Sarebbe avvenuta a un prezzo assai inferiore”, scrive Bonomi alla Consob, “a quello pagato da F2i” pochi mesi prima, dunque “avrebbe costretto la stessa F2i a svalutare in modo molto significativo la sua partecipazione in Sea pochi mesi dopo la sua acquisizione” (l’equity value di Sea sarebbe infatti sceso da 1,3 a 1 miliardo al massimo). Due: “La quotazione avrebbe reso impossibile l’attuazione del dichiarato piano di F2i di acquisire” la quota della Provincia, che invece “sarebbe stata venduta al mercato”. Tre: “Avrebbe resto assai più difficile l’acquisizione di una partecipazione superiore al 30 per cento di Sea”, perché “avrebbe comportato per F2i il lancio di un’offerta pubblica sul 100 per cento della società”, con un impegno che sarebbe stato superiore al miliardo di euro.

A questo punto, Gamberale fa partire l’operazione che blocca tutto. Due cose il mercato teme sopra ogni cosa: l’incertezza sui conti e la litigiosità dei soci. F2i fa trapelare sulla stampa un suo esposto alla Consob in cui contesta i numeri di Sea (con fughe di notizie il 20, il 21, il 22, il 23 novembre 2012); poi rende a tutti palese che c’è un duro contrasto con l’azionista di maggioranza, il Comune di Milano. Le due mosse non restano senza risultati: il mercato si allarma. In pochi giorni, vengono ritirate 140 mila domande di azioni. La quotazione salta. Corritore è sconfitto (e poco dopo lascia anche il suo posto di city manager). Gamberale ha vinto.

Atto quarto:
l’ultimo blitz in Provincia


Dopo il trionfo, Gamberale si presenta a un incontro nella sala della giunta di Palazzo Marino, dove tiene un discorsetto velenoso contro la fallita quotazione. Intanto, a rinsaldare i rapporti con il sindaco Pisapia arriva in Comune il presidente di F2i, Ettore Gotti Tedeschi. Parte però l’esposto di Sea e l’indagine della procura, che perquisisce la sede di F2i e, in contatto con la Consob, acquisisce i documenti per ricostruire la vicenda, interroga gli uomini del fondo e di Mediobanca. L’esposto di Bonomi segnala anche un conflitto d’interessi del braccio destro di Gamberale, Mauro Maia, manager di F2i ma al contempo consigliere d’amministrazione di Sea, “portatore di un chiaro interesse in conflitto con quello della quotazione”: tanto che mentre Sea si preparava ad andare in Borsa, la società Gesac (la controllata di F2i che gestisce l’aeroporto di Napoli) nel settembre 2012 presentava un ricorso al Tar contro il contratto tra Sea e Enac sulle tariffe (assai migliorative) spuntate per l’aeroporto di Milano.

Ma per Gamberale quella partita è finita. Si prepara a vincere quella successiva: portare a casa il pacchetto Sea della Provincia. Una gara lampo: aperta il 7 e chiusa il 27 dicembre 2012, con Natale in mezzo. La Provincia ha fretta,  deve far quadrare il bilancio entro il 31 dicembre. F2i compra il 14,56 di Sea (e arriva al 44,3) mettendo sul piatto solo 147 milioni, 13 in meno della base d’asta di 160 milioni (4,4 euro ad azione). Ma Carmen Zizza, direttore generale di Asam e responsabile del bando, si dichiara soddisfatta: “La procedura ha rispettato le normative”.

Resta aperta l’indagine del pm Spadaro, che deve appurare anche se è vero che il Comune di Milano ha subìto un danno dai comportamenti di F2i, come sostiene l’esposto Sea firmato dagli avvocati Nerio Diodà e Davide Sangiorgio. F2i non solo ha violato il patto parasociale con il Comune, che la obbligava a “non compiere alcun atto che possa in qualche modo ostacolare e/o impedire l’offerta pubblica e/o la quotazione”; ma dal giorno della fallita quotazione a oggi, la Borsa e i titoli infrastrutturali in particolare sono cresciuti del 40 per cento: se l’operazione fosse riuscita, oggi il Comune di Milano avrebbe un asset che varrebbe il 40 per cento in più (per quasi 500 milioni).

Invece “Game over!”: così diceva un sms mandato ai dirigenti Sea da un manager F2i felice per il fallimento della quotazione. Game over? O il pm riaprirà i giochi?.

(Il Fatto quotidiano, 2 aprile 2014)

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