Ligresti-Cancellieri/1
“Conta su di me”.
La ministra GuardaLigresti
di Gianni Barbacetto e e Gaia Scacciavillani
Non è stata la famiglia Ligresti a chiedere aiuto all’amica ministro, ma è stata Anna Maria Cancellieri, Guardasigilli della Repubblica, a chiamare i Ligresti, per esprimere solidarietà subito dopo gli arresti di Salvatore, Jonella e Giulia, e mettersi a disposizione. Era il 17 luglio e l’immobiliarista siciliano era appena stato messo in detenzione domiciliare nella sua villa di via Ippodromo a Milano, mentre le sue due figlie erano state rinchiuse in cella. Per loro e i loro manager, l’accusa era falso in bilancio aggravato e aggiotaggio per la gestione della Fonsai.
Alle 16.42 di quel 17 luglio, Cancellieri chiama da un numero fisso del ministero della Giustizia il cellulare (intercettato) di Gabriella Fragni, la compagna di don Salvatore. “Lella, sono Anna Maria. Io sono mesi che ti voglio telefonare per dirti che ti voglio bene... Guarda, tu non lo puoi immaginare... ti voglio bene da morire”. Gabriella si commuove, piange: “È stata la fine del mondo... E poi tutto sommato lui non se lo merita... Non è che non ammetto che abbia fatto errori, Anna Maria, ma per l’amor di Dio...”. Cancellieri: “Senti, non è giusto, non è giusto, lo so... povero figlio, lo so, me l’hanno detto, me l’hanno detto... Comunque guarda: qualsiasi cosa io possa fare, conta su di me, non lo so cosa possa fare, però guarda son veramente dispiaciuta”. Gabriella continua a piangere. Cancellieri tenta di consolarla: “Io non so se e quando mai rientrerò a Milano, ma appena riesco... ti vengo subito a trovare. Però qualsiasi cosa, veramente, con tutto l’affetto di sempre, guarda...”. Gabriella, rincuorata: “Va bene, va bene. Quando vieni t’aspetto”. “Ma se tu vieni a Roma”, conclude il ministro, “proprio qualsiasi cosa adesso serva, non fate complimenti, guarda. Non è giusto, guarda, non è giusto”.
Il giorno dopo, 18 luglio, alle 8.22, Gabriella Fragni chiama sua figlia. E dice cose pesanti. “Ieri ho avuto una telefonata che poi ti dirò. Gli ho detto: ma non ti vergogni di farti vedere adesso? Ma che tu sei lì perché ti ci ha messo questa persona. Ecco capito? Ah, son dispiaciuta... No, non si è dispiaciuti! Sono stati capaci di mangiare tutti...”. A chi si riferisce? È il pm che l’interroga, Marco Gianoglio, a farle notare che l’espressione “Son dispiaciuta” era stata usata proprio il giorno prima da Anna Maria Cancellieri. Gabriella replica: “La mia è stata un’espressione generica e non so a chi potesse essere riferita”. Il pm incalza: visto che lei ha detto che Ligresti “ha aiutato tante persone, un aiuto potrebbe essere stato dato anche ad Anna Maria Cancellieri”. Risposta: “Non so proprio”. Il pm insiste. Che cosa vogliono dire le sue affermazioni: “Sai cos’erano. Capaci di chiedere tutti... che potrei fare i nomi... hanno mangiato tutti”. Gabriella cerca di spiegare: “Era solo uno sfogo con mia figlia, non mi riferivo a persone in particolare”.
Un mese dopo, il 17 agosto, Gabriella Fragni parla al telefono con il fratello di don Salvatore, Antonino Ligresti. I due fanno riferimento allo stato di salute di Giulia, ancora agli arresti, e al fatto che il giudice le ha negato la scarcerazione, malgrado il parere favorevole del pm. “È una cosa disastrosa, guarda. Senti Nino”, dice Gabriella, “vorrei che tu raggiungessi, perché non ci sono riuscita, quella nostra amica”. Nino: “Sì”. Gabriella: “Penso che potrebbe fare qualcosa”. E prosegue: “Perché han fatto una cosa fuori regola...insomma, cioè voglio dire, tutti hanno le loro colpe, accanirsi diventa veramente una cosa schifosa”. Ma chi è “la persona che potrebbe fare qualcosa per Giulia”? La convivente di don Salvatore lo spiega ai pm: “Posso dire... che è il ministro Cancellieri”.
Due giorni dopo, il 19 agosto, Nino Ligresti rassicura Gabriella. “Ho stabilito il contatto e aspetto risposta”. “Ah, bene”, risponde Gabriella, “Sapevo, guarda, non mi posso sbagliare. Ho detto: se c’è una persona, è lui, non c’è niente da fare. Insomma, vuol dire che sangue qualcosa fa, eh? Dai!”.
Cancellieri è da più di trent’anni amica dei Ligresti. Suo marito, il farmacista Sebastiano “Nuccio” Peluso, è molto vicino ad Antonino. E loro figlio, Piergiorgio Peluso, è stato per qualche tempo manager di Fonsai. I tabulati telefonici provano che Nino cerca due volte al telefono il ministro il 18 agosto e le parla per sei minuti il 19, poco prima di chiamare e rassicurare Gabriella.
Dopo che l’agenzia Adn-Kronos, ieri, ha messo in rete le intercettazioni del ministro della Giustizia, sulla vicenda è intervenuta la procura di Torino, con una nota firmata dal procuratore Gian Carlo Caselli e dai due pm titolari delle indagini sui Ligresti, Vittorio Nessi e Marco Gianoglio, che spiegano come la concessione degli arresti domiciliari a Giulia sia stata del tutto indipendente da “circostanze esterne di qualunque natura”. Cioè dall’interessamento del ministro Cancellieri.
Questo però c’è stato, come ammette lo stesso Guardasigilli il 22 agosto, in una deposizione davanti al procuratore aggiunto Nessi: “Effettivamente ho ricevuto una telefonata da Antonino Ligresti che conosco da molti anni. Mi ha rappresentato la preoccupazione per lo stato di salute della nipote Giulia (...) che soffre di anoressia e rifiuta il cibo. Ho sensibilizzato i due vicecapi del Dap (il Dipartimento amministrazione penitenziaria), Francesco Cascini e Luigi Pagano, perché facessero quanto di loro stretta competenza per la tutela della salute dei carcerati. Si è trattato di un trattamento umanitario assolutamente doveroso, in considerazione del rischio connesso con la detenzione. (...) Dopo di allora non li ho più sentiti e non so se siano intervenuti e, eventualmente, in che termini”.
Giulia esce di cella il 28 agosto, quando passa agli arresti domiciliari per decisione del gip. Poi a settembre patteggia una pena di 2 anni e 8 mesi. Nella sua deposizione, il ministro Cancellieri ammette anche di aver preso per prima l’iniziativa di chiamare i Ligresti. Alla domanda dei pm se fosse stata contattata direttamente o indirettamente, risponde: “Ho ritenuto, in concomitanza con l’arresto dell’ingegnere e delle due figlie, di fare una telefonata di solidarietà sotto l’aspetto umano”.
(Il Fatto quotidiano, 1 novembre 2013)
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