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Se
li conosci li eviti.
2008, gli impresentabili
Indagati, condannati, arrestati, riciclati, candeggiati...
Li ricandideranno? Ecco i nomi degli impresentabili, già entrati nel 2006 nel peggior Parlamento della storia
repubblicana. Il
catalogo è questo: in ordine alfabetico e aggiornato
periodicamente. Suggerisci il tuo candidato da rottamare all'indirizzo:
sloweb@societacivile.it
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Personaggi
che sono stati coinvolti in vicende di corruzione
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Personaggi
i cui nomi erano negli elenchi della loggia segreta P2 |
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Personaggi
che sono stati indagati e messi sotto processo |
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Personaggi
che sono stati coinvolti in vicende di mafia |
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Personaggi
che hanno già subito una condanna definitiva |
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Personaggi
che sono stati arrestati e sono stati in carcere |
Alemanno, Gianni/Alleanza
nazionale |
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Ministro dell'Agricoltura del governo Berlusconi, indagato
dal Tribunale dei ministri per finanziamenti illeciti (47
mila euro) erogati da Calisto Tanzi (Parmalat) alla sua rivista
"Area". Tanzi aveva interesse a "ringraziare" il
ministro, perché il latte Parmalat "Fresco Blu" aveva avuto
il permesso ministeriale di essere venduto come latte fresco.
Alemanno passò inoltre con moglie e figlio il capodanno 2003
a Zanzibar, in un villaggio Parmatour, di proprietà di Tanzi.
Pagò il conto solo molto tempo dopo, quando la vicenda fu
raccontata dai giornali.
Andò, Salvo/Rosa
nel pugno |
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Ministro socialista ai tempi della Prima Repubblica. Fu processato
a Catania, con l'accusa di voto di scambio con il clan mafioso
Santapaola. È stato assolto. Per le vicende di corruzione,
invece (tangenti sul centro fieristico catanese), È
stato salvato dalla prescrizione. Oggi ritorna alla politica
nello schieramento di centrosinistra.
Benvenuto, Romolo/Margherita
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Ex verde approdato alla Margherita. Nel 1999 è stato
condannato in primo grado per atti di violenza contro la sua
compagna. Vicenda poi estinta con un risarcimento. Oggi punta al Parlamento nazionale, conscio che le donne non si toccano neanche con un fiore: a meno che non sia una margherita.
Berlusconi, Silvio/Forza
Italia |
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Candidato premier. Fondatore di
Forza Italia. Presidente del Consiglio dei ministri nel 1994
e nel 2001. Il suo nome di compare nelle liste della loggia
massonica segreta P2: fascicolo 625, numero di tessera 1816,
data di iniziazione 26 gennaio 1978. In un'audizione alla
commissione parlamentare sulla P2, Berlusconi ammette di essersi
iscritto alla P2 all'inizio del 1978 su invito di Gelli. Conferma
la sua iscrizione alla loggia al processo P2, nel novembre
1993.
Nel settembre 1988, invece,
in un processo per diffamazione da lui intentato contro alcuni
giornalisti, Berlusconi dichiara al giudice:"Non ricordo la
data esatta della mia iscrizione alla P2, ricordo che è
di poco anteriore allo scandalo". Per questa dichiarazione
Berlusconi viene denunciato per falsa testimonianza. Il processo
per falsa testimonianza si conclude nel 1990: Berlusconi viene
dichiarato colpevole, ma il reato è estinto per intervenuta
amnistia.
Berlusconi fu indagato
già dal 1983, nell'ambito di un'inchiesta su droga
e riciclaggio: la Guardia di finanza aveva posto sotto controllo
i suoi telefoni e scritto nel suo rapporto: «è
stato segnalato che il noto Silvio Berlusconi finanzierebbe
un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in
Francia che in altre regioni italiane. Il predetto sarebbe
al centro di grosse speculazioni edilizie e opererebbe sulla
Costa Smeralda avvalendosi di società di comodo...».
L'indagine non accertò nulla di penalmente rilevante
e nel 1991 fu archiviata.
Berlusconi è stato
accusato di aver pagato tangenti a ufficiali della Guardia
di finanza, per ammorbidire i controlli fiscali su quattro
delle sue società. In primo grado è stato condannato
a 2 anni e 9 mesi per tutte e quattro le tangenti contestate,
senza attenuanti generiche. In appello, la Corte concede le
attenuanti generiche: così scatta la prescrizione per
tre tangenti. Per la quarta (Telepiù), l'assoluzione
è concessa con formula dubitativa, secondo il comma
2 art. 530 cpp. La Cassazione, nell'ottobre 2001, conferma
le condanne per i coimputati di Berlusconi Berruti, Sciascia,
Nanocchio e Capone (dunque le tangenti sono state pagate),
ma assolve Berlusconi per non
aver commesso il fatto, seppur richiamando l'insufficienza
di prove.
Per 21 miliardi di finanziamenti
illeciti a Bettino Craxi, passati attraverso la società
estera All Iberian, in primo grado è condannato a 2
anni e 4 mesi. In appello, a causa dei tempi lunghi del processo
scatta la prescrizione del reato.
La Cassazione conferma.
Berlusconi è rinviato
a giudizio per aver falsificato i bilanci Fininvest (processo
All Iberian 2). Il dibattimento, dopo molte lungaggini e schermaglie
procedurali, è iniziato presso il Tribunale di Milano.
Ma Berlusconi ha cambiato la legge
sul falso in bilancio: il processo è stato sospeso.
Intanto è scattata anche la prescrizione.
Berlusconi è stato
indagato (anche sulla base di una voluminosa consulenza fornita
dalla Kpmg) per la rete di 64 società e conti off shore
del gruppo Fininvest (Fininvest Group B) che, secondo l'accusa,
ha finanziato operazioni "riservate" (ha scalato
societý quotate in Borsa, come Standa e Rinascente, senza
informare la Consob; ha aggirato le leggi antimonopolio tv
in Italia e in Spagna, acquisendo il controllo di Telepiù
e Telecinco; ha pagato tangenti a partiti politici, come la
stecca record di 21 miliardi di lire data a Craxi attraverso
la societý All Iberian). La rete occulta della Finivest-ombra
ha spostato, tra il 1989 e il 1996, fondi neri per almeno
2 mila miliardi di lire. Per questo Berlusconi è stato
chiamato a rispondere di falso in bilancio. Ma nel 2002 ha
cambiato la legge sul falso in bilancio, trasformando
i suoi reati in semplici illeciti sanabili con una contravvenzione
e soprattutto riducendo i tempi di prescrizione
del reato (erano 7 anni, aumentabili fino a 15; sono diventati
4). CosÏ il giudice per le indagini preliminari nel febbraio
2003 ha chiuso l'inchiesta: negando l'assoluzione, poichè
Berlusconi e i suoi coimputati (il fratello Paolo, il cugino
Giancarlo Foscale, Adriano Galliani, Fedele Confalonieri)
non possono dirsi innocenti;
ma decidendo di prosciogliere
tutti i 25 imputati, poichè il tempo per il processo, secondo
la nuova legge, è scaduto. La procura ricorre in Cassazione,
che all'inizio di luglio 2003 applica per la prima volta il
"lodo Maccanico", decidendo la sospensione
del processo per Berlusconi.
Berlusconi è stato
rinviato a giudizio per aver deciso il versamento in nero
di una decina di miliardi dalle casse del Milan a quelle del
Torino calcio, per l'acquisto del calciatore Gianfranco
Lentini. Il dibattimento di primo grado si è concluso
con la dichiarazione che il reato è prescritto,
grazie alla nuova legge di Berlusconi
sul falso in bilancio.
Berlusconi è accusato
di comportamenti illeciti nelle operazioni d'acquisto della
società Medusa cinematografica, per non aver messo
a bilancio 10 miliardi. In primo grado è stato condannato
a 1 anno e 4 mesi per falso in bilancio. In appello, assoluzione
con formula dubitativa, confermata
in Cassazione.
Berlusconi è accusato
di appropriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio
per l'acquisto dei terreni intorno alla sua villa di
Macherio. In primo grado è assolto
dall'appropriazione indebita e dalla frode fiscale. Per i
due falsi in bilancio contestati scatta la prescrizione.
In appello è confermata l'assoluzione per i due primi
reati; è assolto per uno dei due falsi in bilancio,
per il secondo si applica l'amnistia.
Berlusconi è accusato
di aver pagato i giudici di Roma per ottenere una decisione
a suo favore nel Lodo Mondadori, che doveva decidere la proprietà
della casa editrice. Il giudice dell'udienza preliminare Rosario
Lupo ha deciso l'archiviazione del caso, con formula dubitativa.
La Procura ha fatto ricorso alla Corte d'appello, che
nel giugno 2001 ha deciso: per Berlusconi è ipotizzabile
il reato di corruzione semplice, e non quello di concorso
in corruzione in atti giudiziari; concesse le attenuanti generiche,
il reato dunque è prescritto,
poiché risale al 1991 e la prescrizione, con le attenuanti
genriche, scatta dopo 5 anni. Il giudice ha disposto che restino
sotto processo i suoi coimputati Cesare Previti, Giovanni
Acampora, Attilio Pacifico e Vittorio Metta.
Berlusconi è accusato
di aver corrotto i giudici durante le operazioni per l'acquisto
della Sme. Rinviato a giudizio insieme a Cesare Previti, Renato
Squillante e altri. Il processo di primo grado si è
celebrato presso il Tribunale di Milano, dopo che la Cassazione
ha respinto la richiesta di spostare il processo a Brescia
o a Perugia, per legittimo sospetto
reintrodotto per legge nell'ottobre 2002. Un'altra legge,
il "lodo Maccanico", votata con urgenza nel giugno
2003, impone la sospensione di tutti i processi a cinque alte
cariche dello Stato, tra cui il presidente del Consiglio.
Ma è stata giudicata incostituzionale dalla Corte costituzionale.
Il processo è così ripreso fino alla sentenza:
concesse le attenuenti generiche, il reato è prescritto.
In appello, assoluzione: la corruzione c'è stata, ma
Berlusconi non ha corrotto, ha solo pagato Previti...
Berlusconi era accusato
di aver indotto la Rai, da presidente del Consiglio, a concordare
con la Fininvest i tetti pubblicitari, per ammorbidire la
concorrenza. La Procura di Roma, non avendo raccolto prove
a sufficienza per il reato di concussione, ha chiesto l'archiviazione,
accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.
Berlusconi era accusato
di aver pagato tangenti a dirigenti e funzionari del ministero
delle Finanze per ridurre l'Iva dal 19 al 4 per cento
sulle pay tv e per ottenere rimborsi di favore. La Procura
di Roma ha chiesto l'archiviazione,
accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.
Le procure di Caltanissetta e Firenze indagano
da molti anni sui «mandanti a volto coperto» delle
stragi del 1992 (Falcone e Borsellino) e del 1993 (a Firenze,
Roma e Milano). Le indagini preliminari sull'eventuale ruolo
che Berlusconi e Marcello Dell'Utri possono avere avuto in
quelle vicende sono state formalmente chiuse con archiviazioni
nel 1998 (Firenze) e nel 2002 (Caltanissetta). Continuano
però indagini per concorso in strage contro ignoti
e i decreti d'archiviazione hanno parole pesanti nei confronti
degli ambienti Fininvest.
La procura di Palermo
ha indagato su Berlusconi per mafia: concorso esterno in associazione
mafiosa e riciclaggio di denaro sporco. Nel 1998 l'indagine
è stata archiviata per
scadenza dei termini massimi concessi per indagare. Indizi
sui rapporti di Berlusconi e Dell'Utri con uomini di Cosa
nostra continuano a essere segnalati in molte sentenze.
Berlusconi, Dell'Utri
e altri manager Fininvest, responsabili in Spagna dell'emittente
Telecinco, sono accusati di frode fiscale per 100 miliardi
e violazione della legge antitrust spagnola. Sono ora in attesa
di giudizio su richiesta del giudice istruttore anticorruzione
di Madrid, Baltasar Garzon Real. Il giudice Garzon ha chiesto
di processare Berlusconi in Italia o di poterlo processare
in Spagna. Di fatto, il processo è sospeso.
Berlusconi e altri manager
Fininvest sono indagati a Milano per aver prodotto fondi neri
e distratto soldi da Mediaset attraverso meccanismi di compravendita
di diritti televisivi. L'indagine è
in corso, con le accuse, per Berlusconi, di appropriazione
indebita aggravata, frode fiscale e falso in bilancio. E'
indagato nuovamente anche per corruzione giudiziaria, per
aver versato almeno 600 mila dollari a un testimone, il suo
avvocato David Mills, perchè addomesticasse le sue
dichiarazioni in un paio di processi milanesi a carico dello
stesso Berlusconi.
Berruti, Massimo Maria/Forza
Italia |
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Deputato della Repubblica. Eletto nel proporzionale, nelle liste
di Forza Italia. Da ufficiale della Guardia di finanza, nel
1979 ebbe la sorte di interrogare un giovane imprenditore emergente
di nome Silvio Berlusconi, a proposito
della confusa situazione proprietaria e finanziaria della sua
società Edilnord. Berlusconi rispose che della Edilnord
era soltanto un "semplice consulente". Berruti, nel
suo rapporto conclusivo, prese per buona la versione di Berlusconi,
permettendo così l'archiviazione dell'accertamento valutario
che ipotizzava la dipendenza della Edilnord da società
estere. Poi si dimise dalla Guardia di finanza e andò
a lavorare per Berlusconi. Prima delle dimissioni, però,
fece in tempo a essere arrestato con l'accusa di corruzione
nell'ambito dell'inchiesta per lo scandalo Icomec, una storia
di tangenti che scoppiò prima di Mani pulite (al processo
fu assolto).
Da consulente Fininvest, invece, è stato
di nuovo arrestato, nel 1994, per favoreggiamento a Berlusconi
nell'inchiesta sulle tangenti alla Guardia di finanza. Condannato
in primo grado (10 mesi) e in appello (8 mesi). Sentenza definitiva,
con condanna confermata dalla Cassazione.
Come avvocato del gruppo
Fininvest, ha trattato, fra l'altro, l'acquisto del
calciatore Gigi Lentini (poi oggetto
di un processo in cui è imputato). Nel gennaio 1994 Berlusconi
gli ha affidato l'organizzazione della campagna elettorale
di Forza Italia a Sciacca e nella provincia d'Agrigento.
Con buoni risultati, tra i quali il coinvolgimento di
Salvatore Bono (cognato del boss dell'Agrigentino
Salvatore Di Gangi) e di Salvatore
Monteleone, arrestato nel 1993 per concorso in associazione
a delinquere di stampo mafioso e diventato, appena uscito dal
carcere, referente di Forza Italia a Montevago. Per i suoi servizi,
Berruti e stato premiato con un posto in Parlamento già
dal 1996. Con il Berruti avvocato e poi politico, convive il
Berruti uomo d'affari: in Sicilia possedeva una societa,
la Xacplast, che un rapporto dei carabinieri indicava come partecipata
da uomini d'onore delle famiglie mafiose di Sciacca. Il
collaboratore di giustizia Angelo Siino
ha parlato anche di un incontro tra Berruti e il boss
Nino Gioè, proprio nel periodo di progettazione
delle stragi del 1992-93.
Biondi, Alfredo/Forza
Italia |
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Avvocato, ex deputato liberale, ex ministro della Giustizia
nel primo governo Berlusconi (quando tentò, invano, di
far passare il famoso "decreto salvaladri"). Nel 1998
ha patteggiato la pena di 2 mesi di arresto e 6 milioni di multa
per frode fiscale (reato poi depenalizzato): aveva evaso le
tasse su parcelle professionali per quasi 1 miliardo.
Fondatore e leader della Lega. Ministro per le riforme nel secondo
governo Berlusconi. Ha precedenti penali per resistenza e oltraggio
a pubblico ufficiale, ai quali somma il vilipendio alla bandiera.
Ha detto in pubblici comizi che lui con il tricolore «si
pulisce il culo» (e poi criticano quelli che nei cortei
bruciano le bandiere americane...). Dalla procura di Verona
è stato indagato per attentato all'integritý dello Stato,
per presunte attivitý eversive delle ´camicie verdiª. Per uscire
da questa situazione, il ministro della Giustizia Castelli e
altri esponenti della maggioranza hanno presentato proposte
di leggi su misura per depenalizzare i reati commessi da Bossi
e amici. Ma il leader indiscusso del Carroccio è stato
condannato, con sentenza definitiva
confermata dalla Cassazione, anche per tangenti: 8 mesi al processo
per la maxitangente Enimont, per un contributo di 200 milioni
regalati da Carlo Sama e incassati dal cassiere Patelli.
Brancher, Aldo/Forza
Italia |
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Deputato eletto in Veneto, è stato il regista del
nuovo accordo tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, che ha
portato la Casa delle libertà alla vittoria elettorale
del 2001. Era prete paolino e manager pubblicitario di
Famiglia cristiana. Don Aldo, giovane e brillante, era
il braccio destro del mitico don Emilio
Mammana, che aprì il primo ufficio pubblicità
di Famiglia cristiana a Milano, facendo uscire il settimanale
dall'ambiente provinciale di Alba e dalle sacrestie. Grazie
a don Mammana, Famiglia cristiana divenne uno dei settimanali
italiani più venduti e più ricchi di pubblicità.
Accanto a don Mammana c'era sempre lui, don Aldo, pretino
giovane e spregiudicato, guardato con un po' d'apprensione
dalle segretarie, per via dei suoi modi, non proprio da prete
fedele al voto di castità.
I soldi che faceva girare erano tanti e il ragazzo era svelto.
Forse troppo. Tanto che don Zega, allora direttore di Famiglia
cristiana, arrivò ai ferri corti con don Aldo.
Sarà per questo, o per una donna che era entrata stabilmente
nella sua vita, ma comunque Brancher lasciò i paolini,
cambiò vita, abbandonò il sacerdozio. Ma non
la pubblicità: divenne collaboratore di Fedele Confalonieri
e manager di Publitalia, la concessionaria di pubblicità
della Fininvest. "Don Aldo sta facendo carriera",
dicevano di lui i suoi vecchi colleghi di Famiglia cristiana.
La carriera sembrò interrompersi nel 1993, quando
fu arrestato da Antonio Di Pietro
per tangenti (300 milioni al ministro della Sanità
Francesco De
Lorenzo, per la pubblicità contro l'Aids assegnata
dal ministero alle reti Fininvest). è subito ribattezzato
"il Greganti della Fininvest" perché in cella
non aprì bocca, non raccontò i segreti delle
tangenti Fininvest.
Condannato (in appello) a 2 anni e 8 mesi per falso in bilancio
e violazione della legge sul finanaziamento ai partiti. In Cassazione il falso in bilancio Ë caduto, depenalizzato dal governo di cui faceva parte; il finanziamento Ë caduto in prescrizione. Per
la sua fedeltà aziendale fu comunque premiato: divenne responsabile
di Forza Italia nel Nord e poi, nel 2001, candidato alla Camera
in Veneto, eletto senza problemi e subito nominato da Berlusconi
sottosegretario alle Riforme e alla devoluzione. Lavora accanto
al neo-ministro Umberto Bossi,
che ha convinto ad abbandonare i toni anti-Berlusconi per
allearsi nel 2001 con Forza Italia.
Nell'estate 2005 diventa uno dei protagonisti della saga dei
Furbetti del quartierino: secondo l'accusa Ë l'ufficiale di
collegamento tra il banchiere di Lodi Gianpiero Fiorani e
i politici di Roma. » lui a indicare i nomi degli uomini di
partito da pagare. Egli stesso (e la sua compagna) riceve
generosi fidi dalla Banca popolare di Lodi.
Brigandì, Matteo/Lega
nord |
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Era assessore regionale in Piemonte quando fu arrestato (e
ora è sotto processo) per una presunta truffa sugli
indennizzi alle aziende vittime di un'alluvione.
Buonfiglio, Antonio/Alleanza
nazionale |
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Vicecapogabinetto di Gianni Alemanno, è indagato per
corruzione nell'inchiesta sui crediti della Federconsorzi.
Calderoli, Roberto/Lega
nord |
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Segretario della Lega nord, ha sostituito Umberto Bossi al
ministero delle Riforme. Come Bossi, è stato condannato
nel 1998, in primo grado, a 8 mesi per resistenza e oltraggio
a pubblico ufficiale, per aver partecipato ai disordini davanti
alla sede della Lega in via Bellerio; è indagato per
scontri con la polizia a Brescia; e per attentato all'integritý
dello Stato nell'inchiesta di Verona sulle ´camicie verdiª.
Con l'esibizione televisiva di una maglietta su cui era riprodotta
una vignetta irridente all'Islam, Calderoli ha alimentato
le tensioni antioccidentali dei Paesi musulmani.
Cantoni, Giampiero/Forza
Italia |
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Banchiere, socialista, fu presidente della Bnl. È
stato inquisito e arrestato per corruzione, bancarotta fraudolenta
e altri reati. Se l'è cavata con alcuni patteggiamenti
(ha patteggiato pene per circa 2 anni e risarcito 800 milioni
di lire). È stato poi eletto, nel 2001, senatore della
Repubblica nelle liste di Forza Italia in Lombardia. Rieletto nel 2006.
Cardinale, Salvatore/Margherita
Ex ministro delle Telecomunicazioni del centrosinistra, poi
segretario regionale siciliano della Margherita. Al processo
contro Totò Cuffaro, il collaboratore di giustizia Angelo
Siino, "ministro dei lavori pubblici" di Cosa nostra,
ha raccontato una riunione elettorale nel 1991 con i due Totò,
Cuffaro e Cardinale (che allora era deputato Dc). L'incontro
si svolse nell'ufficio del capomafia di Villagrazia Angelo
Teresi, per preparare le regionali del '91. «C'ero io, Teresi,
Santino Pullarà, Cardinale e Cuffaro», racconta l'ex boss,
«era appena passato il decreto Andreotti che riportava in
carcere i boss del maxiprocesso e io dissi a Cardinale: "Vedi,
questi vi dovrebbero sputare in faccia e invece vi abbiamo
organizzato tutto questo". Lui rispose vagamente: "Vedremo,
vedremo..."».
Caruso, Francesco/Rifondazione
comunista |
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Leader del movimento dei disobbedienti, è stato indagato a Cosenza per associazione sovversiva e per diversi reati che sarebbero stati commessi durante manifestazioni di piazza.
Dopo essere stato portavoce della Dc durante la segreteria di
Arnaldo Forlani, oggi è coordinatore della Margherita.
Pregiudicato: condannato a 1 anno e 4 mesi per false dichiarazioni
al pubblico ministero: mentÏ per cercare di impedire la scoperta
della maxitangente Enimont. Per quel reato fu arrestato durante
Mani pulite e la sua fotografia
in manette divenne un'immagine-simbolo di Tangentopoli. Questo
non gli ha impedito di essere candidato già nel 2001
e di diventare deputato della Margherita in Campania.
Catone, Giampiero/Dc-Forza
Italia |
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Giampiero Catone, napoletano, 50 anni, è l'uomo che
ha nelle sue mani un pezzo della storia della Repubblica:
dopo varie peripezie legali, ha ottenuto la proprietà del
glorioso scudo crociato, simbolo della Democrazia cristiana.
Dopo la morte della Dc si mette all'ombra di Rocco Buttiglione.
Lo segue nell'Udc e diventa il suo uomo forte in Abruzzo.
Quando poi Buttiglione diventa ministro, Catone è suo
capo di gabinetto. È anche direttore del vecchio settimanale
della Dc, "La Discussione", portato in eredità all'Udc
insieme ai 3 milioni di euro di finanziamenti pubblici all'editoria
che il giornale riceve ogni anno. Alle europee del 2004 è
riuscito a raccogliere oltre 48 mila voti, quasi 3 mila in
più del suo capolista e leader Rocco Buttiglione (anche se
non sufficienti a fargli conquistare il seggio).
Quando Buttiglione fu proposto dal governo Berlusconi come
commissario europeo alla Giustizia, il curriculum giudiziario
del suo braccio destro, il professor Catone (diffuso a Strasburgo
da una giornalista italiana, Paola Severini) fu una delle
cause della bocciatura del ministro italiano amico dei teo-con.
Da un annetto circa, forte del suo simbolo, Catone è passato
alla Dc di Gian Franco Rotondi, alleato con il Nuovo Psi di
Gianni De Michelis, anche se, per avere la certezza dell'elezione,
è inserito nelle liste di Forza Italia in Lombardia. Un seggio,
a Roma o a Strasburgo, alla fine lo avrà. Lo vuole per naturale
aspirazione politica, ma anche perché gli garantisce l'immunità
parlamentare. Utile, specie per chi, come Catone, ha qualche
guaio con la giustizia.
Il 9 maggio 2001, a pochi giorni dalle elezioni politiche,
Catone (allora candidato con il Ccd) finisce in carcere insieme
al fratello e ad altre dodici persone. L'ipotesi di reato
della Procura di Roma è associazione a delinquere finalizzata
alla truffa aggravata, falso, false comunicazioni sociali
e bancarotta fraudolenta pluriaggravata: due bancarotte da
25 miliardi di lire l'una e 12 miliardi di finanziamenti a
fondo perduto dal ministero dell'Industria ottenuti secondo
l'accusa con carte e perizie false, che consentivano alle
società amministrate da Catone d'incassare più volte lo stesso
contributo per un "polo tessile aquilano" mai esistito.
Uno degli episodi contestati riguarda il tentativo messo in
atto dal gruppo Catone di acquisire una società (la Iris Moda)
nonostante il rifiuto del titolare. Presto fatto: secondo
i giudici, il gruppo avrebbe creato un falso amministratore
nella documentazione presentata per ottenere il finanziamento.
Il ministero dell'Industria, alla fine, scuce 2 miliardi in
contanti all'insaputa della società (quella vera).
Catone è anche coinvolto nel fallimento dell'Abatec,
azienda di Chieti di cui Catone era amministratore. Avrebbe
dovuto produrre macchinari ad alta tecnologia per la lavorazione
dei pannolini, ma viene dichiarata fallita dopo un aumento
di capitale deliberato prima ancora che fossero sottoscritte
le quote sociali. Per non parlare del contorno di spericolate
operazioni finanziarie grazie alle scatole cinesi di una manciata
di società off shore. Per queste vicende Giampiero Catone
ha già collezionato un paio di rinvii a giudizio. In quello
per Abatec, il giudice definisce il gruppo all'opera «associazione
a delinquere Catone».
Eppure le disavventure non sembrano avergli precluso la carriera.
Anzi, Rocco Bottiglione lo promuove prima responsabile della
segreteria politica, quindi capo segreteria del ministero
delle Politiche Comunitarie; poi, nel novembre 2002, viene
eletto (in Abruzzo) primo segretario regionale della neonata
Udc. Sempre nel 2002, un decreto del governo Berlusconi a
firma Gianni Letta istituisce una "struttura di missione"
tutta per lui, con l'incarico di studiare il contenzioso tra
governo italiano e Unione europea. Durante il semestre di
presidenza italiana Ue, Catone coordina l'azione dell'esecutivo.
Ma l'incarico che sembra calzargli a pennello, vista l'esperienza
maturata in patria, è quello di presidente del Progetto
comunitario "Pon/Atas" «per il corretto utilizzo
dei fondi strutturali destinati alle Regioni», struttura decisiva
per ottenere finanziamenti dall'Unione europea.
Come mai la giornalista romana Paola Severini (ex moglie del
ministro del primo governo Berlusconi Antonio Guidi) aveva
inviato a tutti gli eurodeputati un dossier pubblico sulle
imprese di Catone? Perché lo aveva conosciuto molto da vicino.
Severini aveva infatti fondato nel 1996 "Angeli",
rivista di cultura sociale, che era poi cresciuta come cooperativa
sociale in cui lavoravano soprattutto disabili e che progettava
di diventare quotidiano: "Quotidiano sociale", un
prodotto di servizio per le famiglie con figli disabili. Nel
2001 era entrato nella cooperativa Ugo Rossolillo, segnalato
dall'ufficio editoria della presidenza del Consiglio. Suo
compito avrebbe dovuto essere quello di curare le pratiche
di finanziamento pubblico. Peccato che Rossolillo non fosse
affatto un commercialista, non fosse neppure laureato, né
un consulente del lavoro: in compenso era un dipendente di
Giampiero Catone.
Alla ricerca di finanziamenti per lanciare il "Quotidiano
sociale", Paola Severini riceve la telefonata di un amico,
Rocco Buttiglione: «So che stai cercando finanziamenti. Ho
un amico che produce pannolini e a cui farebbero comodo spazi
pubblicitari su una pubblicazione come la tua e sarebbe interessato
a investire». Chi è l'amico di Buttiglione? Giampiero
Catone, of course. E la ditta di pannolini? L'Abatec, una
di quelle bancarotte per cui il capogabinetto del ministro
era finito in galera un paio d'anni prima. Ma questo Buttiglione
non lo dice. Dice invece che Catone «è un buon cattolico»
e che può portare contributi pubblici, a patto che
la fondatrice di "Angeli" si accontenti della direzione editoriale
e della minoranza nella cooperativa. Severini accetta e in
un paio di mesi, nel 2004, è cacciata dalla sua cooperativa.
Grazie agli uffici del finto commercialista Rossolillo spuntano
falsi libri sociali e verbali contraffatti.
Da allora il "Quotidiano sociale" è nelle
mani di Giampiero Catone, che, licenziata la fondatrice, non
assume nemmeno i disabili ma riempie la redazione di amici,
facendo un travaso di dipendenti dalla "Discussione"
(Franco Insardà, Emilio Gioventù, Ivan Mazzoletti). Il "Quotidiano
sociale" non ha mai visto la luce, ma un risultato Catone
lo ha comunque portato a casa: ha ugualmente incassato i contributi
pubblici. La sua specialità.
Arrestato nel 1993 dopo un periodo di latitanza, viene condannato
nel 2001 con l'ex ministro Gianni Prandini a 3 anni e 3 mesi
per corruzione: ha ammesso tangenti da centinaia di milioni
per appalti Anas. Ma nel 2003 la Corte d'appello di Roma annulla
la condanna per un vizio tecnico: il pm aveva svolto funzione
di gup. Così scatta la prescrizione. Questo non impedisce
all'Udc di nominarlo segretario del partito, al posto di Marco
Follini, troppo indipendente da Berlusconi e incensurato.
Il nome di Cesa compare nel 2006 anche nella vicenda delle spie
e delle intercettazioni illegali. è infatti indagato
a Catanzaro per associazione a delinquere e truffa: un'azienda
di cui era socio, la Spb optical disk, godette di finanziamenti
europei per circa 5 miliardi di lire senza avere svolto alcuna
attività. L'azienda fu poi venduta, nel 2004, a Salvatore Di
Ganci, in passato in affari con la banda della Magliana. Durante
una perquisizione a casa di Giovanbattista Papello, socio di
Cesa nella Spb optical disk, sono stati trovati un grembiulino
massonico e intercettazioni abusive ai danni di Piero Fassino,
Piero Folena e Vincenzo Pozzi, presidente Anas.
Cicchitto, Fabrizio/Forza
Italia |
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Il suo nome compare nelle liste della loggia massonica P2: fascicolo
945, numero di tessera 2232, data di iniziazione 12 dicembre
1980. All'epoca della scoperta degli elenchi Cicchitto era deputato
e membro della direzione del Psi. è uno dei pochi ad
aver ammesso di aver sottoscritto la domanda di adesione.
Cirino Pomicino, Paolo/Dc
(Rotondi) |
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Eurodeputato Udeur. Ex ministro del Bilancio della Prima Repubblica.
Condannato in via definitiva a 1 anno e 8 mesi per finanziamento
illecito tangente Enimont e a 2 mesi (patteggiati) per corruzione,
per i fondi neri Eni. » stato processato inoltre per una serie
infinita di tangenti e indagato (ma prosciolto) per mafia.
Colli, Ombretta/Forza
Italia |
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Quando era presidente della Provincia di Milano, Ë stata indagata per aver ricevuto dal costruttore Marcellino Gavio contributi alla campagna elettorale per la sua rielezione. Gavio era azionista privato dell'autostrada Milano Serravalle, controllata dalla Provincia, ed era stato grandemente favorito dal presidente Ombretta Colli. L'inchiesta per Colli si Ë conclusa con un niente di fatto, perchè i magistrati non hanno trovato proporzione tra gli immensi favori concessi da Colli e il sostegno, in fondo modesto, ricevuto da Gavio. Ombretta Colli ha minacciato di candidarsi a sindaco di Milano (avrebbe tolto voti preziosi al candidato ufficiale del centrodestra): cosÏ ha ottenuto un posto nelle liste di Forza Italia per il prossimo Parlamento.
Comincioli, Romano/Forza
Italia |
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Senatore della Repubblica. Eletto nel collegio di Lodi per la
Casa delle libertà. Compagno di scuola e poi manager
e prestanome di Berlusconi, era in contatto con Gaspare
Gambino, imprenditore siciliano vicino a
Pippo Calò, il cosiddetto cassiere romano di Cosa
nostra. Attraverso Comincioli, la Fininvest realizzò
affari con il faccendiere sardo Flavio
Carboni. Cambiali con girata di Comincioli passarono
a uomini della Banda della Magliana per poi finire nelle mani
di Pippo Calò. Per i suoi rapporti con Cosa nostra e
banda della Magliana è stato imputato a Roma (e poi assolto).
Accusato per bancarotta fraudolenta, è stato latitante
per alcune settimane. Poi imputato nel processo per le false
fatture di Publitalia. » anche accusato di aver fatto da mediatore tra il banchiere Gianpiero Fiorani e Berlusconi, durante la tentata scalata ad Antonveneta. E di aver ricevuto fidi dalla Popolare di Lodi impegnata nella scalata.
Craxi, Vittorio (detto Bobo)/I
socialisti Craxi
La sua prima campagna elettorale, quando entrÚ per la
prima volta nel Consiglio comunale di Milano, fu finanziata
da Mario Chiesa, imputato numero uno di Mani pulite, che usÚ
le tangenti raccolte e poi confessate. Suoi materiali elettorali
furono trovati durante un sequesto a un imputato nel processo
Duomo connection. Nelle sentenze di condanna a suo padre, Bettino
Craxi, si accenna a denaro delle tangenti usato per comprare
"un appartamento a New York", o per pagare al figlio
Bobo líaffitto di una "casa in Costa Azzurra". Ora
si è schierato con il centrosinistra.
Ex sindaco di Enna e uomo forte dei Ds siciliani, è
sotto inchiesta insieme a Totò Cuffaro per violazione
di segreto d'ufficio nell'inchiesta su Messina Ambiente.
Una telecamera nascosta in un hotel di Pergusa, inoltre, il
19 novembre 2001 registrò un suo incontro con un boss
mafioso, Raffaele Bevilacqua, giý latitante, arrestato e condannato
in primo grado per mafia. Il politico diessino, a margine
di un congresso, discuteva tranquillamente con il boss di
politica locale, affari e appalti. Per questo Vladimiro Crisafulli,
detto Mirello, Ë stato indagato dalla procura di Caltanissetta
per concorso esterno in associazione mafiosa.
Indagine archiviata nel febbraio 2004, perchè quel colloquio
non portÚ alcun beneficio concreto a Cosa nostra. Resta perÚ
"dimostrata da parte di Crisafulli la disponibilitý a mantenere
rapporti con il Bevilacqua, accettando il dialogo sulle proposte
politiche dello stesso, ascoltando la sua istanza e rispondendo
alle domande sulle possibili iniziative politico-amministrative,
in particolare in materia di finanziamenti e appalti". "Crisafulli
appare disponibile a esplorare con Bevilacqua l'area delle
ipotesi strettamente politiche nel territorio e, in parte,
ad addentrarsi nell'area grigia dell'affarismo politico-elettorale".
Quell'incontro e altri che seguirono costituiscono, secondo
la procura, "un complesso di contatti e disponibilitý al dialogo
di inquietante valenza". "La pubblicitý dell'incontro...
enfatizza in tutti i presenti al congresso l'idea di stabili
contatti mafia-politica, con ovvio vantaggio per la prima".
I pm aggiungono che il collaboratore di giustizia Angelo Leonardo
ha indicato Crisafulli come "persona conosciuta dal padre
Gaetano Leonardo, capofamiglia di Enna" e che "la candidatura
del Crisafulli alle elezioni regionali del 2001 avrebbe dovuto
essere sostenuta dalla famiglia mafiosa in previsione della
possibilità di ottenere, per il tramite dello stesso Crisafulli,
contatti nel mondo imprenditoriale. Tuttavia l'arresto nel
maggio 2001 di Leonardo Gaetano e del figlio, unitamente ai
componenti della famiglia mafiosa di Enna, impediva la concretizzazione
del progetto".
Ce n'è abbastanza per chiedere l'archiviazione sul piano
penale. Ma ce ne sarebbe a sufficienza almeno per bloccare
la sua carriera politica, tantopiù nel partito che fu di Pio
La Torre. Invece è stato candidato dai Ds in un posto sicuro
per la Camera in Sicilia-2. E quando Antonio Di Pietro ha
criticato l'incredibile decisione della Quercia, Luciano Violante
gli ha replicato che "non esiste alcun motivo di incompatibilità:
Crisafulli è nelle stesse condizioni in cui si è trovato in
passato Di Pietro, prima incriminato e poi assolto". Con la
differenza che Di Pietro non è oggi indagato, mentre Crisafulli
sì. Di Pietro fu accusato su notizie false e non ha mai mostrato
"disponibilità" verso mafiosi, anzi Cosa nostra nel 1993 aveva
progettatodi assassinarlo (Violante è oggi nella stessa
lista che ospita Mirello: numero 1 Rutelli, 2 Violante, 3
Piscitello, 4 Crisafulli. Il quale entrerà certamente a Montecitorio.
E chissà, magari anche nella Commissione antimafia).
Crivelli, Raffaele/Rifondazione
comunista |
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Dirigente di Rifondazione comunista ed ex sindaco di Altamura, candidato
alla Camera in uno dei posti al vertice della lista del Prc
per la Puglia. Crivelli è anche dirigente della Tradeco e in questa veste è accusato di associazione
per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti.
Imputato di favoreggiamento alla mafia e rivelazione di segreto
d'ufficio, è accusato di aver informato uomini ritenuti
vicini a Cosa nostra che erano intercettati. Tra questi, il
boss Giuseppe Guttadauro, legatissimo a Bernardo Provenzano,
e l'imprenditore Michele Aiello, padrone della sanità in Sicilia,
re delle cliniche private, sospettato di essere un riciclatore
dei soldi di Provenzano. Totò Cuffaro si è incontrato segretamente con Aiello
nel retrobottega di una boutique di Bagheria: "Per parlare di
tariffe sanitarie", ha spiegato Totò ai magistrati. In una telefonata intercettata il 10 gennaio 2004, Cuffaro parla con Silvio Berlusconi, che gli dice: "Ho saputo qui... la ragione perché ti telefono... il ministro dell'Interno... Mi ha parlato e mi ha detto che tutta la... è sotto controllo, sotto controllo". Berlusconi parla dunque con Cuffaro di indagini, dicendo di aver avuto informazioni dal ministro Beppe Pisanu (che però ha negato ai magistrati di Palermo di aver mai parlato con Berlusconi di indagini siciliane).
Arrestato nel 1999 a Catania con l'accusa di concorso esterno
in associazione mafiosa e turbativa d'asta. Oggi resta sotto
processo, con la sola accusa di turbativa d'asta, per gli appalti
del nuovo ospedale Garibaldi di Catania. È senatore della
Repubblica.
Ex presidente del Consiglio, ex segretario e oggi presidente
dei Ds. Fu indagato a Bari per un finanziamento
illecito ricevuto da Francesco Cavallari, il re delle
cliniche pugliesi (fu in seguito condannato per concorso esterno
in associazione mafiosa), che gli versò una ventina
di milioni. D'Alema si salvò grazie alla prescrizione.
Direttore di "Area", la rivista di Gianni Alemanno.
Un passato nell'organizzazione fascista Terza posizione: è
stato condannato per associazione sovversiva e banda armata,
è stato latitante e poi in carcere per tre anni, dal
1989 al 1992.
De Gregorio, Sergio/Italia dei valori
Giornalista, realizza scoop come quello di fotografare in
carcere (senza permesso) la modella Terry Broome. O d'intervistare
Tommaso Buscetta in crociera nel Mediterraneo. Con il risultato
di far partire una campagna contro i pentiti che se la spassano
a spese dello Stato. Poi diventa editore, rilevando la testata
socialista dell'Avanti, dopo il naufragio del craxismo. Infine
si dà alla politica, diventando il proprietario della sigla
"Italiani nel mondo". Intanto è candidato di Forza Italia,
ma quando il partito rifiuta di metterlo in lista passa alla
Dc di Rotondi. I suoi Italiani nel mondo sostengono il ministro
di An Mirko Tremaglia.
Ma alla vigilia delle elezioni del 2006 De Gregorio firma
un accordo con Antonio Di Pietro e mette la sua organizzazione
a disposizione dell'Italia dei valori, che lo candida alle
elezioni e lo fa eleggere senatore. De Gregorio vuole il ministero
degli italiani all'estero. Prodi non glielo concede. Lui si
rifà facendosi eleggere, con i voti del centrodestra, presidente
della commissione Difesa del Senato. Tra il novembre 2005
e il marzo 2006 (dunque in piena campagna elettorale), ha
spacciato assegni scoperti e poi protestati per oltre 87 mila
euro.
D'Elia, Sergio/Rosa nel
pugno |
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Ex dirigente di Prima linea, è stato condannato a 30 anni
di carcere, poi ridotti a 12, per l'uccisione del poliziotto
Fausto Dionisi. Dissociato, ha fondato l'associazione Nessuno
tocchi Caino. Eletto deputato, viene scelto come segretario
di presidenza della Camera.
Sottosegretario del governo Berlusconi, ha ricevuto un avviso
di garanzia nell'inchiesta sui fondi dell'Enoteca
d'Italia.
Dell'Utri, Marcello/Forza
Italia |
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Senatore della Repubblica. Eletto nel 2001 nel collegio più
chic di Milano. La legislatura precedente era deputato. Tra
i collaboratori pi~ vicini a Berlusconi fin dagli anni Settanta,
è considerato l'´inventoreª, nel 1993, di Forza Italia.
Accusato di
bancarotta fraudolenta per il crac Bresciano (un'azienda
del discusso finanziere siciliano Filippo Alberto Rapisarda).
Arrestato nel 1995 dai
magistrati di Torino per le false fatture
di Publitalia (la societý che raccoglie pubblicitý
per le tv di Berlusconi). Indagato per i
fondi neri di Publitalia anche a Milano (nel 1994 aveva
evitato l'arresto solo grazie alla soffiata del Tg5 di Enrico
Mentana, che dando la notizia aveva fatto cadere le esigenze
di custodia cautelare). è stato condannato definitivamente
a 2 anni per frode fiscale e
false fatturazioni a Torino (false fatture Publitalia); ha
patteggiato 6 mesi a Milano per
altre vicende di false fatture Publitalia.
A Milano è stato
condannato a 2 anni in appello
per estorsione aggravata (per
aver mandato il boss di Cosa nostra Vincenzo Virga a fare
il "recupero crediti" nei confronti di Vincenzo
Garraffa, titolare di una squadra di pallacanestro sponsorizzata
da Publitalia).
A Palermo è stato
condannato a 9 anni in primo
grado per concorso esterno nell'associazione
mafiosa Cosa nostra e processato per calunnia
aggravata nei confronti di alcuni collaboratori di
giustizia (Dell'Utri aveva assoldato due falsi pentiti perchè
raccontassero di essere stati convinti in carcere ad accusare Berlusconi e
Dell'Utri di mafia).
A Madrid, in Spagna, è
accusato di gravi irregolarità nella gestione
di Telecinco.
Complessa la sua vicenda processuale, costellata di leggi
su misura. A Torino, nel 1998, è condannato in appello
a 3 anni e 2 mesi per false fatture e frode fiscale continuata
della società Publitalia. Ma prima che la sentenza
diventasse definitiva, il Parlamento (a maggioranza Ulivo)
approvÚ in tutta fretta una legge che permetteva il patteggiamento
anche in Cassazione: Dell'Utri la usÚ, rimediando uno sconto
che ridusse la pena a 2 anni e 6 mesi, sotto la soglia dei
3 anni oltre i quali si deve entrare in carcere. Restava aperto
il problema delle pene accessorie: 5 anni d'interdizione dai
pubblici uffici. Perso, in forza di quella pena, il seggio
in Parlamento, Dell'Utri sarebbe finito in cella, perchè
nel frattempo i giudici di Palermo avevano chiesto il suo
arresto per la vicenda dei falsi pentiti. Dell'Utri chiede
allora che gli sia applicato l'indulto del 1989 (anche se
gran parte dei reati contestati sono successivi). La Corte
d'appello di Torino respinge la richiesta, ma poi la Cassazione
l'accoglie: cosÏ niente pene accessorie, niente arresto.
La pena definitiva scende ancora, in sede d'esecuzione,
a 1 anno e 8 mesi (sotto la soglia dei 2 anni, quindi senza
neppure l'obbligo dell'affidamento ai servizi sociali), perchè
il governo Amato (centrosinistra) depenalizza alcuni reati
fiscali e finanziari. Da Milano, intanto, arrivano altre piccole
pene per false fatture e falso in bilancio, considerate ´in
continuazioneª con la condanna di Torino. La pena complessiva,
dunque, risale oltre i 2 anni. Ci pensa la nuova legge sul
falso in bilancio (2001, governo Berlusconi), che risolve
il problema. A Palermo i due processi d'argomento mafioso
(quello per concorso esterno squaderna una imponente mole
di prove della vicinanza tra Dell'Utri e Cosa nostra) arrivano
alle fase finali, quando una apposita legge (quella cosiddetta
´d'attuazioneª dell'articolo 68 della Costituzione, che con
il contributo del verde Marco Boato dilata a dismisura i privilegi
e le immunitý dei parlamentari) si rendono inutilizzabili,
nei confronti di deputati e senatori, i tabulati telefonici.
Proprio i tabulati erano la prova dei contatti tra Dell'Utri
e i falsi pentiti assoldati per azzerare le accuse di mafia.
L'accusa si oppone a gettare alle ortiche quelle prove, perchè
raccolte comunque prima del provvidenziale arrivo della legge.
Il processo è continuato.
Tutto questo non ha impedito a Silvio Berlusconi di candidarlo
al Senato, nel collegio più centrale di Milano. Marcello
lo aveva confessato in tv: "Mi candido per legittima
difesa". Tra un processo e l'altro, si atteggia a uomo
di cultura: il 20 giugno 2003, per esempio, ha inaugurato
la Biblioteca del palazzo del Senato, alla presenza del presidente
del Senato Marcello Pera e del capo dello Stato Carlo Azeglio
Ciampi. Ed è responsabile della scelta dei candidati
di Forza Italia per le elezioni politiche del 2006.
Del Pennino, Antonio/Forza
Italia |
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è tra i repubblicani che con Giorgio La Malfa si sono
schierati con Berlusconi. In passato è stato vicesegretario
nazionale del Pri e più volte parlamentare. Una testimone
racconta che a fine anni Settanta Del Pennino era tra i frequentatori
delle bische clandestine gestite a Milano da Angelo Epaminonda.
Lì era chiamato "Del Pennazzo". Il 13 maggio
1992, agli albori di Mani pulite, quando era deputato del
Pri e capogruppo repubblicano alla Camera, è stato
raggiunto da un'informazione di garanzia. L' ipotesi di reato:
ricettazione, per aver ricevuto denaro provento di tangenti.
Nel 1993 la Camera ha respinto la richiesta di autorizzazione
a procedere per violazione delle norme sul finanziamento pubblico
dei partiti: i magistrati di Milano l'avevano richiesta per
contributi in denaro che Del Pennino avrebbe ricevuto da fondi
neri costituiti presso l' Associazione industriale lombarda
(Assolombarda).
A luglio 1994 Ha patteggiato una pena di
2 mesi e 20 giorni (convertita nella sanzione di 4
milioni) nel processo per le tangenti Enimont. A ottobre 1994
altro patteggiamento: di una pena di 1
anno, 8 mesi e 20 giorni per tangenti relative alla
Metropolitana milanese. Il 25 gennaio 2000 la settima sezione
penale del tribunale di Milano lo ha prosciolto nel processo
per le tangenti Atm, per le forniture di autobus all azienda
dei trasporti milanese (in precedenza, lo stesso tribunale
aveva respinto una sua richiesta di patteggiamento, perché
la pena concordata con il pubblico ministero non era stata
ritenuta congrua rispetto alla gravità dei fatti contestati).
Alla fine del 2000 Antonio Del Pennino è rientrato
nel Pri, giusto in tempo per partecipare al "ribaltino"
che ha portato il glorioso partito ad allearsi con Berlusconi.
Deputato Ds fedelissimo di Massimo D'Alema, è
indagato a Salerno per il piano regolatore e gli appalti della
centrale termoelettrica.
De Michelis, Gianni/Nuovo
Psi |
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Ha patteggiato a Venezia 1 anno e 6 mesi per corruzione (mazzette
autostradali del Veneto) e a Milano 6 mesi per finanziamento
illecito (tangente Enimont). Nella Prima Repubblica Ë stato ministro. Era chiamato il "Doge di Venezia". Una sentenza rimarca che
con le tangenti non solo
finanziava la sua corrente, ma «alimentava il suo principesco
stile di vita sia pubblica sia privata».
Nei primi anni Novanta fu accusato (e poi prescritto) di
aver ricevuto dalla Fiat alcune centinaia di milioni su tre
conti in Svizzera: Accademia, Linus, Carassi. Erano tangenti
«finalizzate alla campagna elettorale della corrente
politica veneta facente capo all'onorevole Massimo D'Alema».
Daniele Farina/Rifondazione
comunista
Leader del centro sociale Leoncavallo di Milano. Condannato
a 1 anno e 8 mesi per resistenza a pubblico ufficiale e possesso
di una molotov. A 10 mesi per scontri in piazza Duomo tra
Leoncavallo e servizio d'ordine del sindacato. Condannato
a 4 mesi e 20 giorni per l'occupazione del centro sociale.
Fitto, Raffaele/Forza
Italia |
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Ex presidente della Regione Puglia, il 20 giugno 2006 ha
ricevuto una richiesta d'arresto per corruzione, falso e illecito
finanziamento ai partiti. Ha evitato il carcere soltanto perch?
parlamentare. È accusato di aver intascato una mazzetta
da 500 mila euro dal re della sanit^ Giampaolo Angelucci,
in cambio di un appalto per la gestione di undici case per
anziani. L'ex governatore avrebbe anche fatto confluire spot
pagati dalla Regione su una tv locale, Telerama, in cambio
di appoggio elettorale contro il suo sfidante, Nichi Vendola.
Firrarello, Giuseppe/Forza
Italia |
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Ex democristiano siciliano, andreottiano, è stato accusato
di tangenti per l'appalto dell'ospedale Garibaldi di Catania.
Nel 1999 la procura chiese anche di poterlo arrestare, ma il
Senato negò l'autorizzazione a procedere. Erano circolate
trascrizioni di intercettazioni telefoniche che lo accusavano
pesantemente, ma ora non ve n'è più traccia: sparite.
In una videocassetta, invece, è ancora possibile vedere
e sentire il mafioso Enrico Incognito urlare: "Firrarello,
anche tu mi hai abbandonato". Nel 2001, passato dall'Udeur
a Forza Italia, è stato rieletto. Per lui è stato
chiesto il rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione
mafiosa, turbativa d'asta e corruzione.
Formigoni, Roberto/Forza
Italia |
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Presidente della Regione Lombardia. Ha voluto ad ogni costo
(anche contro il parere di Berlusconi) candidarsi al Senato,
per assistere da Roma all'eventuale crollo di Silvio e poter
gestire l'eventuale disfacimento di Forza Italia. è stato
coinvolto in alcune complesse vicende politico-giudiziarie,
senza peraltro mai subire condanne.
Scandalo "ricette
d'oro". Non ha visto né sentito nulla dell'estesissimo
sistema di corruzione architettato dal professor Giuseppe
Poggi Longostrevi, che negli anni Novanta ha truffato almeno
90 miliardi alla Regione, facendo fare a centinaia di medici
ricette false o per prestazioni gonfiate o inutili. Nella
motivazione della sentenza che condanna per corruzione 175
medici che avevano accettato il "sistema Longostrevi",
si afferma che la Regione ha favorito la truffa. I giudici
hanno così dimezzato i risarcimenti alla Regione, per
´concorso di colpaª: per ´l'inidoneitý, per non dire assenza,
dei controlliª. Nessuna responsabilità penale accertata
per Formigoni, ma certamente la responsabilità politica
di non aver saputo vigilare su un settore da sempre a rischio
di corruzione. E responsabilità politica di aver voluto
ai vertici della sanità regionale prima come
suo consulente, poi come assessore alle Politiche sociali
Giancarlo Abelli,
amico di Longostrevi e sua sponda politica in Regione.
Discarica di Cerro.
Roberto Formigoni ha ricevuto un avviso di garanzia il 14
luglio 2000, per la gestione della discarica di Cerro Maggiore,
per la quale era già stato condannato Gianstefano
Frigerio, che aveva ricevuto una tangente da 150 milioni
da Paolo Berlusconi. Nel 1995, quando scoppiò in Lombardia
la cosiddetta "emergenza rifiuti", Formigoni indirizzò
a Cerro (che avrebbe invece dovuto chiudere) tutta la spazzatura
regionale e si impegnò a pagare al proprietario, Paolo
Berlusconi, 300 milioni al giorno per altri due anni. Nel
1999 ci fu un accordo per bonificare la discarica. Il compito
spettava ai proprietari, Berlusconi e soci, che in cinque
anni d'attività avevano realizzato, secondo un
rapporto della Guardia di finanza, "ricavi effettivi per almeno
240 miliardi". Invece Formigoni fece pagare la bonifica a
un'altra azienda, in cambio del permesso per aprire un supermercato
sull'area della discarica. Nel corso delle indagini è
emerso anche un appunto scritto a mano, il verbale di una
riunione tenutasi a Milano 2 alla presenza di Paolo Berlusconi
e degli altri soci della discarica. Il foglietto parla della
costituzione, attraverso false fatture, di fondi neri all'estero
per oltre 10 miliardi, preparati per pagare in nero nuove
discariche e tangenti ai politici. Sul foglietto sono indicate
anche alcune cifre ("500 milioni", "200 milioni"...) con accanto
nomi o abbreviazioni ("Form", "Pozzi"...). Chi è"Form"?
Lombardia Risorse.
Formigoni è stato indagato per la gestione della società
regionale Lombardia Risorse (un fallimento da 22 mila miliardi).
Fondazione Bussolera-Branca.
Formigoni è stato indagato e poi rinviato a giudizio,
su richiesta dei magistrati Alberto Robledo e Fabio De Pasquale,
per abuso patrimoniale d'ufficio nella gestione della
Fondazione Bussolera-Branca,
che gestiva un patrimonio di 170 miliardi, poi dirottati dai
suoi amministratori verso impieghi diversi da quelli voluti
dal fondatore (la valorizzazione del patrimonio rurale dell'amato
Oltrepò pavese). Da questa vicenda giudiziaria è
uscito penalmente pulito. Restano i fatti: la fondazione è
stata strappata ai suoi gestori (il professor Lancellotti),
spolpata e svuotata, con l'assenso della Regione. Formigoni
partecipa nell'aprile 1999 a una cruciale riunione con
l'assessore regionale all'Agricoltura Francesco
Fiori, il funzionario Maurizio Sala, oltre naturalmente al
suo braccio destro, Nicola Maria Sanese, potentissimo direttore
generale lombardo. Dopo la riunione, la Regione emette quattro
delibere: alla fondazione Bussolera-Branca è imposto
di rinunciare a tutte le cause che aveva avviato per difendersi
dagli attacchi; poi di modificare lo statuto per far entrare
nel consiglio d'amministrazione due nuovi consiglieri,
Giulio Boscagli, cognato di Formigoni, e Niccolò Querci,
all'epoca segretario particolare di Silvio Berlusconi
e ora deputato di Forza Italia.
Oil for food.
Formigoni Ë citato nei rapporto americani come il destinatario
di contratti petroliferi
per 24,5 milioni di barili di greggio, assegnati a prezzi
di favore dal regime iracheno di Saddam Hussein. Per questa
vicenda sono indagati a Milano il collaboratore e consulente
di Formigoni, Marco De Petro, e il segretario particolare
e braccio destro Fabrizio Rota.
Franzoso, Pietro/Forza
Italia |
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Imputato di voto di scambio in Puglia.
Frigerio,
Gianstefano/Forza Italia |
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Ex leader della Dc, diventato uno degli strateghi di Forza Italia. Un nome, una garanzia. Già, ma qual è il nome?
Nel collegio dove Silvio Berlusconi
l'aveva candidato nel 2001, in Puglia, è Carlo Frigerio,
com'era scritto sui manifesti. A Milano, dove da decenni fa
politica, è Gianstefano. Eppure è sempre lui:
come segretario regionale della Dc in Lombardia (e cassiere
occulto del partito) ha incassato decine di tangenti, è
stato arrestato tre volte tra il 1992 e il 1993, è
stato coinvolto in molti processi. è accusato di aver
accettato mazzette per le discariche lombarde, per il depuratore
di Monza, per gli appalti alle Ferrovie Nord. Alcune tangenti
le ha ammesse, pur minimizzando il proprio ruolo.
Ha confessato, per esempio, di aver ricevuto 150 milioni da
Paolo Berlusconi, in cambio dei
permessi alla Fininvest per gestire la discarica di Cerro
Maggiore.
Ha accumulato tre condanne definitive: 1 anno e 4 mesi per
finanziamento illecito ai partiti, 1 anno e 7 mesi per finanziamenti
illeciti e ricettazione, 3 anni e 9 mesi per corruzione e
concussione. Ciò nonostante, dopo aver lasciato la
Dc si è inventato una nuova vita come consigliere personale
di Silvio Berlusconi e influente membro di Forza Italia, di
cui dirige il centro studi. Mentre i giudici dell'esecuzione
stavano esaminando le sentenze definitive che pesano su di
lui per decidere il cumulo della pena da scontare, Gianstefano
scompare e ricompare, in Puglia, Carlo: lì si è
conquistato un bel seggio in Parlamento. Il 31 maggio 2001,
primo giorno di riunione della nuova Camera dei deputati,
Frigerio è stato arrestato.
Doveva scontare in definitiva una pena di 6 anni e 5 mesi.
Affidato poi ai servizi sociali, ha avuto il permesso dal
giudice di sorveglianza di frequentare il Parlamento per qualche
giorno al mese: come pratica di riabilitazione (ma il giudice
forse non conosceva il tasso di devianza di quell'ambiente...).
Così Frigerio, che fuori dal Parlamento non poteva
votare perchè colpito da una pena accessoria che gli
inibiva temporaneamente i diritti di voto, dentro la Camera
ha votato e deciso le leggi per tutti gli italiani. Ora, beneficato
dal rapporto strettissimo con Berlusconi, malgrado tutto e
tutti tornerý in Parlamento.
Giudice, Gaspare/Forza
Italia |
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Nel 1998, quando era vicecoordinatore per la Sicilia di Forza
Italia, la procura di Palermo chiese il suo arresto per complicità
con la mafia. Silvio Berlusconi commentò: "Essendo
Giudice vicecoordinatore di Forza Italia in Sicilia e avendo
avuto quindi rapporti con l'onorevole Gianfranco
Micciché, non si può neppure immaginare
alcun alone di dubbio intorno a lui, perché altrimenti
non avrebbe potuto avere quell'incarico". Secondo
l'accusa, Giudice era al diretto servizio della cosca mafiosa
di Caccamo, i cui uomini si vantavano di averlo fatto eleggere
e gli telefonavano fin dentro il palazzo di Montecitorio per
ricordargli la sua dipendenza e per ordinargli che cosa doveva
fare: "Gasparino, guarda che siamo stati noialtri a metterti
lì", gli ripetevano.
Gli elementi raccolti dall'accusa erano tali da far escludere
alla giunta parlamentare per le autorizzazioni a procedere che
ci fosse fumus persecutionis nei confronti del parlamentare.
Perfino il "supergarantista"
Filippo Mancuso, in giunta, non aveva avuto nulla da
eccepire contro la richiesta dei magistrati. Eppure la Camera
dei deputati il 16 luglio 1998 bocciò (303 voti a 210,
con 13 astenuti) la richiesta d'arresto. Non solo, i deputati
sottrassero al giudice elementi di prova: impedirono (287 voti
a 239, con 3 astenuti) l'utilizzo processuale dei tabulati
Telecom, quelli da cui erano documentati i rapporti e la dipendenza
di Giudice dagli uomini delle cosche.
Ex sindaco di Padova, ha patteggiato una pena di 17 mesi: era
accusato di corruzione per una tangente sulla costruzione del
nuovo palazzo di giustizia. La deputata Annamaria Leone ne chiese
la sospensione "per gravi violazioni dei doveri morali":
Leone non Ë stata ricandidata alla Camera, Gottardo entrerý
in Senato.
Più nota cone Madame Stella, astrologa e cartomante, esperta
in cuori solitari e filtri d'amore. Sotto inchiesta per aver
imbrogliato alcuni clienti. Ora è eletta all'Assemblea
regionale siciliana.
Grillo, Luigi/Forza
Italia |
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Senatore della Repubblica. Eletto in Liguria, nel collegio
di Chiavari. Ex democristiano, nel 1994 sedeva in Parlamento
tra i banchi del centrosinistra, ma saltò (nomen
omen) nel centrodestra, permettendo a Silvio Berlusconi
di avere la maggioranza per formare il suo primo governo (e
avendo in premio una poltrona di sottosegretario alla presidenza
del Consiglio). Nel 2001 è stato rieletto per Forza
Italia. Appena messo piede in Senato, il primo giorno d'attività
di Palazzo Madama, ha ricevuto un invito a comparire spedito
dalla procura di Milano: per una vicenda che risale a quando
Grillo era sottosegretario di un governo di centrosinistra
e permise l'affidamento di una consulenza miliardaria per
uno studio sull'Alta velocità ferroviaria in Liguria.
L'ipotesi di reato su cui la procura di Milano indaga è
truffa aggravata.
Nel 2003 si distingue in Senato proponendo un emendamento
alla legge Gasparri sulle tv che toglie le telepromozioni
dal mazzo dell'affollamento orario degli spot pubblicitari,
regalando cosÏ a Mediaset parecchi miliardi. è stato
il pi~ grande sostenitore del governatore della Banca d'Italia
Antonio Fazio, anche durante le scorribande fatte nell'estate
2005 dai "furbetti del quartierino". Ripagato con
generosi fidi della Banca popolare di Lodi.
La Loggia,
Enrico/Forza Italia |
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Indagato al Tribunale dei ministri per finanziamenti dalla Parmalat
di Calisto Tanzi (100 mila euro) in cambio di presunte "consulenze".
La Malfa, Giorgio/Forza
Italia |
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Deputato della Repubblica. Ex segretario del Pri ai tempi della
"prima repubblica", ha portato il suo partito ad aderire
alla Casa delle libertà. è stato condannato con
sentenza definitiva a 6 mesi per
aver percepito finanziamenti illeciti, provenienti dalla maxitangente
Enimont.
Letta, Gianni/Forza Italia |
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Non è un parlamentare, ma è stato addirittura il candidato
del centrodestra alla più alta carica dello Stato, la presidenza
della Repubblica. Poi è diventato il candidato di Romano Prodi
alla presidenza della Figc, per salvare il calcio italiano.
Ma Gianni Letta è soprattutto l'uomo della lobby del Biscione,
il pettinatissimo cardinale al servizio di Berlusconi che
per anni intesse i rapporti con la politica.
Letta, come vicepresidente della Fininvest, nel 1990 aveva
accompagnato amorevolmente nei corridoi del Parlamento il
cammino della legge Mammì e il relativo piano delle frequenze.
Poi nel 1993 era stato indagato per corruzione dalla procura
di Roma che ne aveva chiesto addirittura l'arresto. Il gip
Augusta Iannini, moglie di Bruno Vespa, si era spogliata del
caso perché "amica di famiglia" di Letta (Vespa aveva infatti
iniziato la sua carriera al "Tempo" di Angiolillo, esattamente
come Letta). L'inchiesta era stata poi archiviata, ma con
motivazioni non proprio esaltanti per Letta.
Poi, quando Berlusconi entra direttamente in politica, diventa
il suo braccio destro, il potente e silenzioso sottosegretario
alla presidenza del Consiglio. Ma c'è anche un prima. Un'inchiesta
era stata scippata, negli anni Ottanta, alla procura di Milano
dal porto delle nebbie romano: quella di Gherardo Colombo
sui fondi neri dell'Iri, nella quale l'allora direttore del
"Tempo" Gianni Letta aveva ammesso, nel dicembre 1984, di
aver ricevuto 1 miliardo e mezzo di lire in nero dall'ente
statale per ripianare i buchi del suo disastrato giornale.
Un giornale che, scrissero Scalfari e Turani in "Razza padrona",
era "in vendita ogni giorno, e non solamente in edicola".
Letta-Letta, come lo chiamava Sergio Saviane, passò poi
alla corte del Cavaliere nella doppia veste di gran ciambellano
nei palazzi della politica e di conduttore tv su Canale 5:
le sue interviste ai boss democristiani e socialisti sotto
la sigla "Italia domanda", tutte sorrisetti e moine,
rimasero per anni un capolavoro di lecchinaggio ineguagliato.
Malvano, Franco/Forza
Italia |
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Ex questore di Napoli, Ë sotto inchiesta per concorso esterno in associazione camorristica.
Condannato in appello a Palermo per concorso esterno in associazione
mafiosa. Poi la Cassazione ha annullato la sentenza per difetto
di motivazione e ha disposto un nuovo appello. Mannino però
ha invocato la legge Pecorella, che abolisce l'appello in
caso di proscioglimento.
Maroni, Roberto/Lega
nord |
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Deputato della Repubblica. Eletto nel collegio di Varese. Leghista,
ex ministro dell'Interno nel primo governo Berlusconi. E' coinvolto
in tre inchieste giudiziarie. Per gli scontri con la polizia,
inviata a perquisire la sede della Lega a Milano, è stato
condannato definitivamente a 4
mesi e 20 giorni per resistenza a pubblico ufficiale. Come capo
delle "camicie verdi", è stato indagato dalla procura
di Verona per reati come attentato contro l'integrità
dello Stato. Infine, la procura di Roma lo ha indagato per favoreggiamento
di una presunta compravendita di voti. Candidato al ministero
della Giustizia nel governo Berlusconi, ha dovuto farsi da parte,
tra le polemiche. Ma è comunque diventato ministro al
Welfare.
Martinat,
Ugo/Alleanza nazionale |
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Viceministro delle Infrastrutture, è indagato a Torino
per turbativa d'asta e abuso nelle gare d'appalto per le Olimpiadi
di Torino e per la Tav in Valsusa. Secondo un'inchiesta dei
magistrati di Torino, infatti, avrebbe ricevuto soldi per il
suo partito dal costruttore Vincenzo Procopio, che aveva appena
vinto il primo appalto per i lavori in Valsusa. Il 19 marzo
2004 parte a favore di An un bonifico di 23 mila euro. «Procopio
mi ha detto di fare un versamento ad An, dicendo che il partito
aveva bisogno di fondi», racconta, intercettato, l'uomo
che si era occupato materialmente dell'operazione. La conferma
arriva poi dalla stessa segreteria di Martinat: il 7 maggio
2004 Alfredo Calvani, dello staff del ministro, chiama Procopio
e gli conferma che il bonifico è arrivato.
Mastella, Clemente/Udeur
Ex democristiano, si presentò insieme a Pierferdinando
Casini alla prima udienza del processo per mafia ad Andreotti,
a Palermo. Era presente (come testimone di nozze) anche al matrimonio
di Francesco Campanella, il mafioso di Villabate che aiutò Provenzano
a operarsi a Marsiglia. Ora è ministro della Giustizia: viste
le pendenze di molti nel suo partito, un ministro omeopatico.
Matteoli,
Altero/Alleanza nazionale |
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Il ministro dell'Ambiente è indagato a Genova per rivelazione
di segreto e favoreggiamento nei confronti dell'ex prefetto
di Livorno: lo avrebbe avvertito delle indagini a suo carico
sugli abusi edilizi all'isola d'Elba.
Indagato per corruzione e abuso d'ufficio in una vicenda
d'insediamenti industriali a Colleferro. Nel suo collegio
Ë stato interdetto.
Nania, Domenico/Alleanza
nazionale |
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Condannato in primo grado per gli abusi edilizi della sua
villa a Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia.
Ex presidente della Regione Sardegna, Ë indagato a Cagliari
per peculato.
Pisanu,
Giuseppe/Forza Italia |
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Democristiano di lungo corso, è stato per anni deputato
dc e sottosegretario al Tesoro e alla Difesa nei governi del
pentapartito. Nel secondo governo Berlusconi, dopo un'eclissi
durata un decennio, torna sulla scena e diventa finalmente ministro:
di un nuovo dicastero che si chiama "Attuazione del programma
di governo": una sorta di musiliana "Azione Parallela".
Quando poi il suo collega di governo Claudio Scajola è costretto
alle dimissioni (dopo aver definito Marco Biagi «un rompicoglioni»),
Pisanu prende il suo posto: ministro dell'Interno.
L'eclissi è causata da una storia che ha a che fare con il Banco
ambrosiano. Nell'estate 1981, Pisanu, sardo e amico di Armando
Corona (che poi diventerà Gran Maestro della massoneria)
conosce in Sardegna il banchiere Roberto
Calvi (tessera P2 numero 1624). L'uomo che fa incontrare
Calvi e Pisanu è Flavio Carboni,
faccendiere sardo che era in contatto con un imprenditore milanese
che voleva fare affari in Sardegna: Silvio
Berlusconi (tessera P2 numero 1816). Pisanu è
il padrino politico di Carboni, che presenta come un «interlocutore
valido per le forze politiche richiamantesi alla stessa aspirazione,
cioè quella cattolica».
Dichiara Pisanu al magistrato titolare dell'indagine su Calvi
e il suo Banco Ambrosiano: «Il Carboni si diceva congiuntamente
interessato alle televisioni private in Sardegna: ciò
in un'ottica di inserimento nella regione del circuito televisivo
Canale 5, facente capo al signor Silvio Berlusconi di Milano.
Il Carboni mi spiegò che il Berlusconi aveva interesse
a espandere Canale 5 alla Sardegna, talché lo stesso
Carboni si stava interessando per rilevare a tal fine la più
importante rete televisiva sarda, Videolina. Sempre riferendosi
all'oggetto delle sue attività, il Carboni mi disse di
essere in affari con il signor Berlusconi non solo con riferimento
all'attività televisiva, ma anche con riguardo a un grosso
progetto edilizio di tipo turistico denominato "Olbia 2".
Fin dall'inizio ritenni di seguire gli sviluppi delle varie
attività di Carboni, trattandosi di un sardo che intendeva
operare in Sardegna e che peraltro mostrava di avere vari interessi
e vari contatti con persone qualificate» (Testimonianza
Pisanu al pm Dell'Osso).
Poi Carboni ebbe vari guai giudiziari. Girò assegni del
Banco Ambrosiano agli usurai della Banda della Magliana. Subì
arresti e condanne. Ma almeno fino alla primavera 1982 restò
in stretto contatto con Giuseppe Pisanu che, mentre era sottosegretario
al Tesoro, si interessò attivamente della vicenda Calvi-Ambrosiano.
Nei mesi frenetici che precedono la scoperta della bancarotta
dell'Ambrosiano e la fuga all'estero di Calvi, Pisanu incontra
Calvi per quattro volte, sempre accompagnato da Carboni. L'ultimo
appuntamento avviene il 22 maggio 1982, quando Pisanu vola a
Milano sull'aereo di Carboni. Poi, il 6 giugno, il sottosegretario
risponde in Parlamento ad alcune interrogazioni sulla situazione
della banca di Calvi, dopo che erano ormai filtrate voci sulla
drammatica crisi finanziaria che stava attraversando. Pisanu
risponde tranquillizzando: la situazione è normale; il
sottosegretario non accenna minimamente alla gravissima situazione
debitoria in cui versa il Banco Andino, controllato dall'Ambrosiano.
Alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulla P2, dichiarerà
Angelo Rizzoli (restando però senza conferme): «A proposito
dell'Andino, Calvi disse a me e a Tassan
Din che il discorso dell'onorevole Pisanu in Parlamento
l'aveva fatto fare lui. Qualcuno mi ha detto che per quel discorso
Pisanu aveva preso 800 milioni
da Flavio Carboni». Dopo lo scandalo P2 e il crac Ambrosiano,
nel gennaio 1983 Pisanu è indotto a dimettersi da sottosegretario
al Tesoro. «A causa di fatti incontrovertibili»,
secondo una dichiarazione del deputato radicale Massimo Teodori
al Corriere della sera: «I rapporti strettissimi
e continuativi fra Pisanu e Carboni; i rapporti di Pisanu con
Calvi tramite Carboni; i rapporti di Pisanu con Calvi e Carboni
per la sistemazione del Corriere della sera; i rapporti
di Pisanu con Calvi e Carboni quando, sottosegretario al Tesoro,
il ministro prendeva importanti decisioni sull'Ambrosiano»
(Corriere della sera, 22 gennaio 1983).
Il 18 luglio 1982 Calvi fu trovato impiccato sotto un ponte
di Londra. Pisanu, dopo le sue dimissioni, scomparve per molto
tempo dalla scena. Ricompare nel 1994, quando torna in Parlamento
e diventa vicecapogruppo dei deputati di Forza Italia: lasciata
la Dc, si è schierato con il partito di Berlusconi, ex
socio d'affari del suo protetto Carboni. E Berlusconi, nel 2001,
pur di dargli una poltrona da ministro, inventa il curioso dicastero
dell'"Attuazione del programma". Accanto, alle riunioni
di governo, ha il più feroce dei suoi accusatori, ai
tempi della vicenda Calvi: Mirko Tremaglia.
I sardi sanno che Beppe Pisanu (originario di Ittiri, Sassari)
è sempre stato molto riconoscente con compaesani, amici e parenti
che lo hanno sostenuto nella lunga carriera politica. E che
tiene molto alla carriera dei figli. Ne ha tre. Gigi fa l'avvocato
ed è consigliere di Forza Italia al Comune di Sassari. Angelo
è oggi nella segreteria nazionale di Forza Italia, dopo essere
stato candidato nel 2005 in Lazio nello (sfortunato) listino
di Francesco Storace. Alessandra Mussolini, vittima degli spioni
provati legati a Storace, ha dichiarato: "Il ministro metta
suo figlio a indagare, visto che sta con Storace".
Il terzo figlio, Gianmario, è partner della multinazionale della
consulenza Accenture, coinvolta nell'appalto affidato a trattativa
privata a Telecom per la sperimentazione dello scrutinio elettronico
in quattro regioni italiane alle elezioni politiche del 9 aprile
2006.
Beppe Pisanu in persona è stato interrogato, l'ottobre 2005,
dalla procura di Cagliari: a proposito di un presunto giro di
favori nel corso dell'inchiesta sulla maxi-truffa Ranno-Fideuram
per corruzione, peculato, truffa e riciclaggio. Il nome di Pisanu
padre, che non risulta indagato, è saltato fuori assieme a quello
di Pisanu figlio Angelo durante l'interrogatorio a Gabriella
Ranno, la promotrice finanziaria accusata numero uno dello scandalo:
«Il titolare del dicastero dell'Interno si è interessato perché
il piano triennale Fideuram andasse a buon fine», ovvero premendo
affinché diversi enti regionali accettassero investimenti a
tassi favolosi (fino al 20 per cento del capitale speso), in
cambio di «incarichi per il cognato, il fratello e il figlio».
Nei dettagli, ha raccontato Ranno, «Angelo Pisanu è stato
assunto in Fideuram nel 1998, su mia esplicita richiesta. Il
fratello e il cognato del ministro, ho poi saputo, sono entrati
nel consiglio d'amministrazione del Cis», il Credito industriale
sardo, ora confluito in Banca Intesa. La spartizione dei pani
e dei pesci, a detta di Ranno, sarebbe avvenuta a Roma nell'ottobre
1998, prima a casa Pisanu, in un incontro con i figli Angelo
e Gigi, poi, la sera, a una cena nel ristorante Il bolognese:
«Eravamo io, Andrea Pirastu, Beppe e Annamaria» (Annamaria è
la moglie del ministro, già madrina della promotrice finanziaria;
Pirastu è l'ex assessore all'Industria). Il tutto alla
vigilia della campagna elettorale regionale del 1999, per il
cui foraggiamento, secondo le dichiarazioni dell'accusata, «la
banca si è avvalsa di fondi che i promotori hanno raccolto
in nero e depositato nella nostra sede svizzera di Lugano, da
dove poi rientravano in Italia», sotto forma di tangenti «per
finanziare Forza Italia».
Previti, Cesare/Forza
Italia |
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Avvocato personale di Silvio Berlusconi, ha ereditato l'incarico
professionale dal padre, che aiutò il giovane Silvio
a fondare la Fininvest, in un turbine di strane società
svizzere e di anonime fiduciarie. è dunque uno dei
consulenti che conoscono i segreti delle origini di Berlusconi.
Nato a Reggio Calabria, crebbe professionalmente nello studio
del padre, a Roma. Pur non avendo mai rinnegato le sue origini
politiche neofasciste, nel 1994 Berlusconi gli chiese di "scendere
in campo" con Forza Italia e lui accettò un posto
al Senato prima e un ministero poi.
E' stato condannato, in appello, a 5 anni per corruzione
del giudice Squillante e a 7 anni per corruzione del giudice
Metta nel caso Imi-Sir. Berlusconi gli ha affidato la direzione
dei "Legionari azzurri", che dovranno vigilare perchè
la sinistra non compia brogli elettorali. Ora sconta la pena
agli arresti domiciliari, grazie a una legge su misura.
Rigoni, Andrea/Margherita |
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Condannato a 8 mesi in primo grado per abusi edilizi all'Isola
d'Elba.
Romani, Paolo/Forza Italia
Deputato di Forza Italia fin dal 1994, è coordinatore del
partito di Berlusconi in Lombardia ed è stato presidente della
commissione parlamentare sulle Comunicazioni e membro della
commissione di vigilanza sulla Rai. Ma Paolo Romani è un pioniere
delle tv private. A metà degli anni Settanta aveva messo in
piedi, con Marco Taradash, Tele Livorno. Era stato vicino
a Nichi Grauso, in Sardegna, ai tempi eroici di Videolina.
Era diventato editore di Millecanali, rivista specializzata
per l'emittenza radiotelevisiva. Negli anni Ottanta aveva
lavorato per Alberto Peruzzo al lancio di Rete A. Poi lo aveva
chiamato Salvatore Ligresti a guidare Telelombardia, da cui
era uscito per mettersi in proprio, con Lombardia 7 Tv. La
sua rete aveva acquistato una certa notorietà: produceva un
telegiornale, aveva una redazione di cinque giornalisti; ma
il programma forte di Lombardia 7 era Vizi privati, strip
caserecci condotti da una scatenata Maurizia Paradiso. Con
l'ingovernabile Maurizia, Romani finisce per litigare e la
leggenda dice che lo scontro sia stato fisico e doloroso.
In politica Romani, che era un giovane liberale, resta folgorato
sulla via di Arcore e nel 1994 segue Berlusconi in Forza Italia.
È subito eletto deputato. Si trasferisce a Roma, abbandona
la tv al suo destino e, almeno formalmente, nel 1996 la cede.
Ha venduto davvero? Nel mondo delle private c'è chi ne dubita,
chi sussurra di falsa vendita, di accordi di portage. Un giovane
giornalista che ha lavorato a Lombardia 7 racconta che almeno
fino al 1997 Romani veniva n visita alla tv ed era ancora
considerato il «padrone» a tutti gli effetti. E certamente
resta, almeno fino al 12 gennaio 1998, legale rappresentante
di Lombardia Pubblicità, di cui continua a essere azionista.
Fatto sta che, nel dicembre 1997 i nuovi padroni risolvono
a loro modo il problema dei debiti. Smembrano la tv: i debiti
li lasciano alla vecchia società, che viene posta in liquidazione
e si avvia serena verso il fallimento; la parte sana (con
le frequenze) viene invece venduta per circa 3,5 miliardi
di lire a una società, Telegestioni srl, controllata dagli
stessi venditori. Alla nuova gestione stanno a cuore solo
due cose: le frequenze, bene prezioso che prima o poi si vende
bene (e infatti nell'estate 2003, le frequenze di Lombardia
7 stavano per essere vendute a carissimo prezzo alla Rai di
Flavio Cattaneo e solo l'intervento di Lucia Annunziata, allora
presidente della Rai, ha bloccato l'operazione); e la pubblicità,
attraverso cui, con un giro di fatture false o gonfiate, si
ricavano parecchi miliardi (almeno 81 tra il 1997 e il 2001).
Nel 1999 Lombardia 7 fallisce, lasciando debiti per oltre
12 miliardi di lire.
E Paolo Romani? Viene indagato per bancarotta fraudolenta
e false fatture. Il pubblico ministero di Monza chiede il
suo proscioglimento, perché Romani è uscito dalla società
prima che questa precipitasse nel crac. Il giudice preliminare
impone però l'imputazione coatta per bancarotta preferenziale:
anche lui avrebbe contribuito a mandare in malora la sua tv,
anzi sarebbe stato lui a iniziare la valanga, perché prima
di lasciare agli amici la patata bollente, tra il 1994 e il
1996 ha prelevato dalle casse della sua tv circa un miliardo
di lire, condannandola al fallimento. Scrive il giudice: «Già
nel marzo 1994 Lombardia 7 Tv Srl ha accumulato un debito
imponente e lotta sostanzialmente per sopravvivere, ricorrendo
ai tipici espedienti della società in stato di predecozione,
quali il mancato pagamento di tasse e contributi allo scopo
di tirare comunque avanti. Pacifica è l'impossibilità per
la società di fronteggiare le proprie obbligazioni attraverso
gli ordinari strumenti di pagamento. Nonostante ciò, proprio
da quel periodo in poi, Romani si fa versare dalla fallita
somme tali da consentirgli non solo di recuperare i propri
conferimenti, ma anzi da determinare un credito in favore
di Lombardia 7 Tv Srl».
L'udienza preliminale termina però con un pieno proscioglimento:
per Romani niente bancarotta. Il suo nome è anche nell'elenco
dei politici che ricevono generosi finanziamenti dalla Banca
popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani. In effetti Romani ha
bisogno di soldi: sta pagando circa 400 mila euro come risarcimento
al curatore fallimentare di Lombardia 7.
Sottosegretario al Lavoro, indagato e poi prosciolto nel
caso Guttadauro-Cuffaro per mafia e corruzione, è di
nuovo sotto inchiesta per concorso esterno a Cosa nostra,
dopo le accuse del pentito Francesco Campanella.
Senatore della Repubblica. Eletto ad Agrigento. Membro del Ccd
(ora Udc), è stato sindaco di Agrigento. Ha subito una
condanna definitiva a 1 anno e 6 mesi per abuso d'ufficio
finalizzato a favorire i costruttori abusivi in cambio di favori
elettorali. Con Sodano sono stati condannati a un anno di reclusione
anche alcuni suoi ex assessori. Gli imputati, secondo l'accusa,
non avrebbero posto in essere né provvedimenti né
iniziative per bloccare l'abusivismo edilizio tra il 1991 e
il 1998, non solo nella Valle dei Templi, ma in tutta la città.
Imputato in un altro processo per irregolaritý urbanistiche
in contrada Favara e nella realizzazione di un depuratore, ha
cercato, invano, di bloccare il dibattimento appellandosi alla
legge Cirami.
Sterpa, Egidio/Forza
Italia |
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Deputato di Forza Italia. Dirigente del vecchio Partito liberale,
Ë stato condannato a 6 mesi in via definitiva per la tangente
Enimont.
Storace, Francesco/An
Ex presidente della Regione Lazio e poi ministro della Salute,
ha dovuto dimettersi perchè coinvolto nello scandalo
delle intercettazioni e dello spionaggio illecito ai danni
di Piero Marrazzo, Alessandra Mussolini e Giovanna Melandri,
suoi avversari alle elezioni regionali del 2005. Per questa
vicenda, è indagato anche per associazione a delinquere.
Deputato della Repubblica, ex ministro Ds. Condannato definitivamente dalla
Cassazione nel 2001 per abusivismo edilizio, per via di alcuni
ampliamenti illeciti nella sua casa a Pantelleria: 10 giorni
di arresto e 20 milioni di ammenda. Pi(TM) lí"ordine di riduzione
in pristino dei luoghiî. CioË la demolizione delle opere abusive.
Vito, Alfredo/Forza
Italia |
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Deputato della Repubblica, Forza Italia. Eletto in Campania. Noto ai bei tempi
della Prima Repubblica come "Mister centomila preferenze"
della Democrazia cristiana, ora è parlamentare della
Casa delle libertà. Ex impiegato dell'Enel, si buttò
in politica, nella Dc, con grande impegno. Si dice che nel suo
ufficio elettorale riuscisse a ricevere più di 200 persone
al giorno. Il soprannome se lo guadagnò con i risultati
elettorali conseguiti nel 1985, 1987 e 1992: fu eletto prima
al Consiglio regionale della Campania (con 120 mila voti), poi
alla Camera dei deputati (con 160 mila voti) e infine di nuovo
al Parlamento (con 104 mila preferenze). Poi arrivò Mani
pulite: fu indagato, arrestato e processato per tangenti. Condanna
definitiva e 2 anni patteggiati e oltre 4 miliardi di
lire restituiti per 22 episodi di corruzione a Napoli. La Direzione
distrettuale antimafia di Napoli chiese al Parlamento l'autorizzazione
a procedere contro di lui anche per concorso esterno in associazione
a delinquere di tipo mafioso, sospettando suoi rapporti con
la Camorra (fu poi prosciolto).
Dopo le accuse, Alfredo Vito indossò il saio del pentimento:
"Torno alla mia famiglia; con la politica ho chiuso".
Scrisse: "Lascio il mio vecchio partito, la Dc, e invito
tutti i parlamentari inquisiti a seguire il mio esempio: fatevi
da parte, perché solo così si potrà procedere
al rinnovamento dei partiti e della classe politica". Patteggiò
la condanna e restituì parte del malloppo. Quei quasi 5 miliardi sono stati impiegati per costruire un parco pubblico alla periferia
di Napoli, ribattezzato dalla fantasia popolare "Parco
Mazzetta". Ma non ha mantenuto la promessa di stare lontano
dalla politica: ha riallacciato i contatti di un tempo, ha riaperto
un ufficio a Roma ed è tornato in attivitý con la Nuova
democrazia cristiana (fondata nel 2000 insieme con Flaminio
Piccoli). Nel 2001 è stato accolto a braccia aperte nella
Casa delle libertà, che lo ha portato in Parlamento.
Vizzini, Carlo/Forza
Italia |
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Senatore della Repubblica. Eletto in Sicilia. Palermitano,
ex segretario del Psdi, cinque volte deputato (la prima a
soli 28 anni), tre volte ministro, è stato responsabile
tra l'altro del dicastero delle Poste e di quello della
Marina. Nel 1993 è rimasto coinvolto nello scandalo
Enimont con l'accusa di aver ricevuto un finanziamento
illecito di 300 milioni. Condannato in primo grado, in appello
strappa una prescrizione. Fu assolto dal Tribunale dei ministri
anche dall'accusa di aver ricevuto mazzette mentre era
al ministero delle Poste. Giovanni Brusca ha incluso il suo
nome nella lista di politici che la mafia voleva far fuori
dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio. Nel giugno del
1999 Vizzini, amico di Silvio Berlusconi e di Marcello Dell'Utri,
è entrato nel Consiglio di presidenza di Forza Italia.
Nel 2001 ha vinto il confronto elettorale nel collegio senatoriale
di Palermo centro.
Valentino, Giuseppe/Alleanza
nazionale |
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Sottosegretario alla Giustizia del governo Berlusconi, è
indagato in Calabria in relazione "a condotte attinenti
gli interessi della criminalitý organizzata nel settore dei
finanziamenti pubblici, degli appalti, delle infiltrazioni
nelle istituzioni e nella pubblica amministrazione".
Il suo nome Ë anche presente nelle indagini sulle scalate
bancarie dell'estate 2005, indicato come uno dei politici
che erano punto di riferimento per il banchiere Gianpiero
Fiorani.
Al Comune di Milano
tre assessori impresentabili:
- Ombretta Colli
- Vittorio Sgarbi
- Giovanni Terzi
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