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D'Alema,
perché elogi l'Opus Dei?
Monsignor Escrivà
de Balaguer, fondatore dell'Opera, fu collaboratore di Francisco
Franco e ammiratore di Pinochet. Perché, allora, il
presidente Ds è andato in prima fila alla cerimonia
della sua santificazione?
di Antonio Tabucchi
Avevo trovato sorprendenti le parole dell'onorevole D'Alema
convenuto a San Pietro per la santificazione di monsignor
Escrivà de Balaguer. Parole di elogio non circa le
capacità miracolistiche di monsignor Escrivà,
che è poi il motivo che consta nel processo di santificazione
degli esperti vaticani in materia, ma per l'attività
mondana del sacerdote e la sua capacità di "manager"
della religione vista da D'Alema come "la forza della
fede di ramificarsi che ha la Chiesa in tutte le sue espressioni,
nei suoi movimenti, nei suoi uomini, nelle sue donne"
(Repubblica, 7 ottobre).
Se D'Alema avesse espresso ammirazione per gli interventi
taumaturgici e a quanto pare inspiegabili dalla medicina
del prelato spagnolo ( e cioè che costui abbia guarito dal
cancro un malato terminale o bloccato alla base della nuca
di un poveretto un aneurisma diretto al cervello) non ci
saremmo stupiti. Credere o meno ai miracoli riguarda unicamente
il privato cittadino D'Alema, non il D'Alema uomo politico
e pubblico. Del resto la volontà divina , per chi crede
in Dio, è misteriosa. E anche le preferenze che il Padreterno
possa accordare eventualmente a un monsignore Escrivà, collaboratore
del dittatore fascista Francisco Franco e apologeta del
massacratore Pinochet, riguarda unicamente il Dio in questione.
Non è un problema di nostra competenza: al massimo un agnostico
potrebbe dire che nessuno è perfetto. D'Alema ha invece
espresso un giudizio politico, elogiando il Balaguer che
coniugando religione e banche, torturatori e sacramenti,
Vangelo e società off-shore, ha saputo riportare i mercanti
nel Tempio cacciati da Cristo. Pinochet era indubbiamente
un uomo che andava a messa, ma faceva fucilare in massa
senza estrema unzione. Anche Francisco Franco: in Spagna
si stanno ancora cercando trentamila persone sepolte in
fosse comuni fucilate a guerra civile finita perché fedeli
alla repubblica parlamentare che Franco aggredì.
Le operazioni di scavo, cominciate quest'estate nelle Asturie,
sono ancora in corso. Non so se in Italia la notizia sia
giunta, ma presumo che il politico D'Alema lo sappia. Seguo
nel mio tempo libero le mosse del politico D'Alema. Probabilmente
ci sarebbero cose più interessanti da fare, ma a volte ci
assumiamo inspiegabilmente compiti ingrati. E anche faticosi,
perché non è facile seguire certe mosse (Ulivismo, anti-ulivismo,
socialdemocrazia, riformismo, liberismo economico, eccetera):
si rischia di perdere il filo. Forse può orientarci una
vecchia frase di Stefan Zweig, che rispondendo allo stupore
di un suo amico, scandalizzato per il comportamento inspiegabile
(e poi storicamente disastroso) di certi politici di parte
democratica del suo Paese, rispose: "Ma da quando in
qua, nella prassi politica, i politici preferiscono le ragioni
dell'etica alle ragioni elettorali?".
Come che sia, osservare le dichiarazioni dei politici di
fronte a scelte fondamentali e non aggirabili (la guerra,
i diritti, l'economia, i regimi politici, certe figure storiche)
risulta di una qualche utilità per il cittadino:
serve più di un programma elettorale a capire la mentalità
di quel politico, le sue scelte di fondo, il suo sentire,
le sue idee: il suo identikit ideologico è lì.
Ricordo l'accorata esortazione che il personaggio di Nanni
Moretti, impersonato nel film "Aprile" dallo stesso
Moretti, rivolge al leader politico D'Alema che sta partecipando
ad un programma televisivo. È diventata quasi una
frase corrente: "D'Alema, di' qualcosa di sinistra!".
Appello sincero, forse irritato, ma comunque speranzoso.
Ma, visto col senno di poi, per come sono andate le cose
in Italia, anche "vaste tache", come ebbe a dire
De Gaulle al giovane che manifestava un proposito ottimista
ma impossibile. Come chiedere a un palombaro di parlare
da astronauta.
© El Pais
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