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Due giustizie, nessuna giustizia
Il potere non tollera il controllo di legalità per
sé, ma vuole "tolleranza zero" per i senza-potere.
L'intervento del procuratore generale di Torino Gian Carlo
Caselli all'apertura dell'anno giudiziario, il 18 gennaio
2003
Signor Presidente, Colleghi della Corte dAppello qui
riuniti in Assemblea generale, Magistrati di tutti gli uffici
del Distretto, Magistrati onorari, Giudici di Pace, Avvocati,
Autorità, Signore e Signori: prima di presentarVi la
relazione sullamministrazione della giustizia nel Distretto,
voglio manifestare (sicuro di interpretare un sentimento comune)
preoccupazione per le incertezze ed i rischi che gravano pesantemente
sulla nostra regione e sulla città di Torino. I complessi
problemi della Fiat a tutti noti producono costi
sociali duri per molte famiglie e per lintera collettività.
A chi paga direttamente i prezzi più alti di questa
difficile situazione esprimiamo convinta solidarietà,
con laugurio che le capacità e le risorse di
tutti siano impegnate nella ricerca di soluzioni eque, a servizio
dellinteresse generale.
Reso il dovuto omaggio al Presidente della Repubblica, desidero
salutare i rappresentanti del Consiglio Superiore della Magistratura
e del Ministro della Giustizia, nonché i rappresentanti
dellAssociazione Nazionale Magistrati e dellAvvocatura,
grato per il contributo di riflessione che sapranno fornire.
Un apprezzamento riconoscente ed un saluto particolare vanno
poi indirizzati a tutto il personale amministrativo, sempre
capace di esprimere un serio impegno di lavoro, pur in condizioni
spesso difficili. E ancora, alla Polizia di Stato, AllArma
dei Carabinieri, alla Guardia di Finanza, alla Polizia penitenziaria,
alle Polizie municipali, ai Vigili del fuoco, alle Guardie
Forestali e a tutti coloro appartenenti ad enti pubblici
o volontariamente operanti che efficacemente collaborano
con lamministrazione della giustizia.
Nellanno trascorso vè stato il collocamento
a riposo di più colleghi. Tra questi il mio predecessore,
dr. Antonino Palaja, che saluto con particolare stima.
Con tristezza ricordo i magistrati, i funzionari e gli avvocati
che la morte ci ha tolto. A volte in modo drammatico: come
nel caso del collega Federico De Rosa, spentosi letteralmente
per la fatica di un quotidiano, pesantissimo impegno
di lavoro.
Lassoluta eccezionalità delluomo consente
poi di varcare i confini del distretto e di ricordare
anche in questa sede Antonino
Caponnetto: magistrato che segnò la riscossa
del nostro stato contro la mafia;- che fu sempre in prima
linea nella difesa della legalità;- straordinariamente
forte e reattivo nella sua infinita dolcezza.
1. FUNZIONAMENTO IN GENERALE
DELLAMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA.
Il quadro che complessivamente emerge dalla lettura delle
relazioni pervenute dai vari uffici del distretto è
di malessere e sofferenza. I magistrati vorrebbero rendere
un buon servizio e si impegnano quotidianamente a questo fine.
Certo, vi sarà anche tra i magistrati chi potrebbe
lavorare di più. E doveroso individuare e sanzionare
le inadempienze. Ma senza coinvolgere in un indifferenziato
ed ingiustificato addebito di responsabilità lintera
magistratura. Che merita anzi apprezzamento e rispetto per
quel che riesce a fare, nonostante ostacoli e difficoltà
dogni genere. Il problema centrale della nostra
giustizia è e rimane quello della durata eccessiva
dei processi: con queste parole il Presidente Ciampi
ha sintetizzato lanalisi sulla crisi della giustizia
in Italia.
Unanalisi condivisa da tutti ed in particolare dai magistrati.
Che però sono vittime, alla fine, di un singolare paradosso.
Vorrebbero che il loro lavoro fosse celere ed efficace. Così
non è, per cause che in minima parte sono loro riconducibili.
E tuttavia le conseguenze di questa situazione ricadono (oltre
che sugli utenti volta a volta direttamente interessati)
proprio sui magistrati. Perché se io fossi uno dei
tanti cittadini che deve attendere per lustri, per non dire
decenni, la conclusione definitiva di una vertenza civile
o di una causa penale, la reazione più immediata sarebbe
- anche per me - di prendermela con i giudici.
E infatti sono loro che hanno il compito di gestire i tempi
del processo. E a loro che spetta di concluderlo con
una sentenza. Ed è a loro pertanto che si indirizzano
il risentimento e lindignazione per la durata irragionevole
dei processi, per una giustizia ritardata che è giustizia
denegata, con palese violazione di uno dei diritti fondamentali
dei cittadini.
Di qui la nostra amarezza. Lamarezza di appartenere
ad una categoria accusata di non lavorare come dovrebbe. Unaccusa
devastante per chi ( ed è la stragrande maggioranza
dei magistrati) spesso lavora anche oltre il dovuto e vede
che il suo impegno non apporta alcun miglioramento al servizio-giustizia.
Ci si può anche sentire a posto con la propria coscienza,
ma è la coscienza professionale dellintera istituzione
che viene messa in discussione agli occhi dellopinione
pubblica.
Anche per rompere questa spirale perversa, i magistrati (
lo han detto per bocca dellANM) sono pronti alla
sfida della professionalità. Vale a dire che
sono essi stessi a segnalare la necessità e lurgenza
di migliorare il sistema di reclutamento, la formazione iniziale
e laggiornamento professionale. Attuando una Scuola
della magistratura che rinunzi ad ogni erosione del
ruolo del CSM e valorizzi invece lofferta formativa,
ricca e articolata, che ormai da parecchi anni proprio il
CSM ha realizzato a livello sia nazionale che decentrato.
Sono gli stessi magistrati a chiedere che la loro produttività
sia adeguatamente valutata. Si tratta di un compito difficile,
a causa della grande disparità dellattività
dei vari uffici e della disomogeneità delle loro condizioni
organizzative. Ma è un compito possibile, che la commissione
mista Ministro/CSM ha assolto con un buon lavoro preparatorio,
rimasto però senza sviluppi. La magistratura associata
chiede un nuovo e più rigoroso sistema di valutazione
della professionalità, con cadenze quadriennali
e con conseguenze anche sulla retribuzione in caso di valutazione
negativa, senza intaccare, al tempo stesso, la
progressione per scatti di anzianità del sistema retributivo,
garanzia imprescindibile per lindipendenza di ogni singolo
magistrato, del tutto coerente col principio costituzionale
in base a cui i magistrati si distinguono fra loro soltanto
per diversità di funzioni.
Tanto premesso, resta per altro fermo che le principali cause
quelle vere dellinefficienza
del sistema giustizia risiedono altrove, come tutti gli uffici
del distretto (sia pure con accenti diversi) concordemente
denunziano. Queste cause oggi sono soprattutto
le seguenti:
- Lorganico del personale amministrativo soffre una
scopertura del 13 % su scala nazionale, alla quale non viene
posto rimedio perché le assunzioni sono bloccate. Questo
dato del 13 %, sostanzialmente, vale anche per il nostro distretto,
ove si tenga conto dei lavoratori a tempo determinato, senza
dei quali la scopertura dellorganico si avvicina invece
al 20%, sia per la giudicante che per la requirente ( le conseguenze
sono gravi: il Presidente dellufficio GIP-GUP di Torino,
ad esempio, è stato costretto ad impartire direttive
perché le udienze non vengano protratte al pomeriggio,
con evidente pregiudizio per limmediatezza e concentrazione
del processo;- ma il rimedio non è sufficiente e si
dovrà stabilire il rallentamento di alcune attività,
con un giudizio di priorità);
- Tale scopertura, unitamente ad innovazioni processuali,
rende drammatica - in particolare - la situazione delle notificazioni;
- Non vengono banditi i concorsi per laumento di organico
di 1000 magistrati, già previsto dalla legge;
- I fondi destinati alla giustizia hanno subito un taglio
del 10%;
- Linsufficienza delle risorse finanziarie rischia di
pregiudicare i molti aspetti positivi, in termini di efficienza,
trasparenza e misurabilità dellazione giudiziaria,
che erano stati consentiti dalla crescita di informatizzazione
degli uffici (la Procura della Repubblica di Torino, ad esempio,
denunzia il possibile blocco dei collegamenti telematici tra
i diversi uffici e tra questi ed i sistemi centrali dellamministrazione,
fino allimpossibilità di richiedere in tempo
utile i certificati penali o di verificare se un imputato
è detenuto;- mentre la mancata assistenza tecnica potrebbe
condurre al degrado e allo spreco del patrimonio informatico
già esistente;- in particolare vanificando sul
versante della Direzione Nazionale Antimafia e delle Direzioni
Distrettuali Antimafia lo sforzo organizzativo e finanziario
compiuto per dotare lItalia di una banca dati capace
di rendere più incisiva la lotta al crimine organizzato,
proprio nel momento in cui lEuropa ha scelto il modello
italiano per la banca dati di Eurojust).
Alle cause di oggi, contingenti, si aggiungono quelle strutturali:
- La pessima distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio
nazionale;
- La torrenziale e disorganica produzione legislativa (in
materia penale), che ha trasformato il processo in un percorso
ad ostacoli, confuso le garanzie con i cavilli, moltiplicato
le occasioni per espedienti dilatori in favore degli imputati
che possono contare su difensori costosi ed agguerriti;- mentre
le garanzie verso il basso, quelle riguardanti
gli imputati comuni, per non dire dei poveracci,
si sono sensibilmente ridotte;- dando vita, di fatto, ad un
doppio binario processuale (denunziato anche dal Procuratore
Generale presso la Corte di Cassazione) che non è né
giusto né equo.E su queste cause, contingenti
e strutturali, che bisognerebbe intervenire: per razionalizzare
e snellire le procedure e ancor più per migliorare
lorganizzazione dei servizi giudiziari. Invece, le principali
riforme attuate o in cantiere (CSM; ordinamento giudiziario;
separazione delle carriere; controllo politico
sulla priorità nella trattazione degli affari penali;
svincolo della PG dal PM; legge Cirami; proposte di immunità
parlamentare; progetto Pittelli), quelle che scatenano polemiche
e contrapposizioni laceranti, non ridurranno neanche di un
giorno la durata interminabile dei processi e non aumenteranno
neanche di un millimetro il livello di efficienza del sistema
giustizia. Semmai, anzi, complicheranno le cose, rallentando
ulteriormente i processi e rendendo ancor più barocche
le procedure. E tutto questo, forse, perché tali riforme
sono pensate con prevalente, se non esclusivo, riferimento
alla giustizia che preme agli imputati che possono e contano,
senza considerare la giustizia ordinaria o del quotidiano,
che interessa soltanto i cittadini comuni.
A fronte di questa situazione, in un recente incontro con
il CSM il Ministro della Giustizia ha dichiarato, con franchezza,
che è inutile iniettare nuove risorse in un sistema
che le spreca perché è inefficiente. Per
cui, elevata letà pensionabile a 75 anni, il
Ministro non darà corso allassunzione di altri
magistrati finchè non saranno modificati lordinamento
giudiziario ed i meccanismi di concorso e non prenderà
provvedimenti per la copertura del ruolo del personale amministrativo
e degli ufficiali giudiziari. Mentre il Dipartimento dellorganizzazione
giudiziaria (con una circolare del 5 marzo 2002) invitava
i Capi delle Corti dAppello a limitarsi alle spese strettamente
necessarie per il funzionamento minimale dei loro uffici.
Dunque, una gestione della giustizia tesa non ad un recupero
di efficienza ma al funzionamento minimale degli
uffici. Quasi che la Costituzione non attribuisse proprio
al Ministro e a lui soltanto la responsabilità
per lorganizzazione ed il funzionamento dei servizi
relativi alla giustizia.
Si delineano, a questo punto, i contorni di un quadro - piuttosto
cupo che presenta magistrati disarmati e tuttavia sempre
più spesso indicati a torto come unici
o principali responsabili dello sfascio della giustizia. Il
quadro, poi, si incupisce ulteriormente se si considera quella
specie di malvezzo nazionale che è diventato - in certi
ambienti - lattacco ai magistrati, condotto intrecciando
luoghi comuni e falsità in una ripetizione così
ossessiva che alla fine anche le deformazioni più sfacciate
si trasformano in
verità subìte con passiva
rassegnazione ( gli aggressori si preoccupano sempre di precisare
che le loro accuse sono rivolte soltanto ad una parte della
magistratura, ma è una parte sempre mobile,
destinata cioè ad allargarsi per ricomprendere tutti
i magistrati Pm e giudicanti - che di volta in volta
siano chiamati a prendere iniziative o provvedimenti considerati
o anche solo temuti come scomodi:
per cui, in verità, è lintero ordine giudiziario
ad essere coinvolto, ciò che comporta pesanti interferenze
e condizionamenti sulla normalità del funzionamento
della giustizia).
Alla fine, gli effetti sullimmagine, sul prestigio e
sulla credibilità della magistratura non possono che
essere devastanti. E quando il sondaggista di turno scopre
che lindice di gradimento della magistratura diminuisce,
invece di notare che sarebbe ben strano (nella situazione
data) se non fosse così, i risultati dei sondaggi vengono
assunti come
conferma che i magistrati sono inaffidabili.
Un corto circuito, che alimenta la propaganda strumentale.
Ma con una conseguenza ulteriore piuttosto grave: il calo
di credibilità della magistratura non può che
indebolire la linea di resistenza contro gli attacchi portati
allindipendenza dei giudici da chi vorrebbe sottrarsi
al vincolo di legalità (che senso ha, come si può
difendere chi non ispira fiducia?). Di qui lipotesi
che linefficienza del sistema giustizia possa essere
finalizzata, di fatto, ad un raffreddamento della
magistratura tutte le volte che il controllo di legalità
si indirizzi verso certi interessi, restii a considerarsi
eguali agli altri di fronte alla legge.
Tutti questi problemi potrebbero attenuarsi se finalmente
si instaurassero rapporti più corretti fra politica
e magistratura: nel pieno, reciproco rispetto di ruoli e competenze
(a partire dallincontrovertibile primato
della politica), mettendo in campo tutte le forze che hanno
come riferimento linteresse comune. Questa è
la posta in gioco. E non si tratta di prendere posizioni di
parte. Il primato della legalità, leguaglianza
dei cittadini di fronte alla legge non sono infatti
- questioni di destra o di sinistra. Sono questioni di tutti.
Delle quali tutti dobbiamo farci carico, ricercando insieme
soluzioni di interesse generale. Se non vogliamo (lammonimento
è di un grande musicista, Claudio Abbado) essere colpevoli
di omissione contro la democrazia.
2. LA GIUSTIZIA PENALE
2.1) Considerazioni di carattere generale
Nellanno appena trascorso è cominciata la sperimentazione
sul campo delle normative che, in materia di giustizia penale,
si sono susseguite e accavallate negli ultimi tempi.
Quanto alla nuova competenza penale del Giudice di Pace, molti
uffici del Distretto rilevano innanzitutto che gli effetti
deflattivi sembrano riguardare la sola magistratura giudicante.
Per lufficio del Pubblico Ministero, invece, lopinione
prevalente è che la riforma si sia tradotta in un notevole
aggravio senza (almeno al momento) visibili vantaggi corrispondenti.
Comè noto, il Giudice di Pace può applicare
su richiesta dellimputato la pena del
lavoro di pubblica utilità. Alluopo sono state
stipulate, nella provincia di Torino, varie convenzioni con
i comuni di Torino, Giaveno, Chieri, Lanzo e Chivasso (qui
anche con la locale Azienda Sanitaria), per un totale di 29
posti, riguardanti varie attività, tipo: manutenzione
aree verdi; interventi sulla viabilità; servizi di
pulizia; lavori presso il canile municipale; accompagnamento
di persone disabili e anziani; in generale interventi inerenti
la specifica professionalità del condannato. Come si
vede, sul versante delle pene alternative la riforma
del Giudice di Pace comincia a produrre effetti concreti.
Un potenziale terremoto, sul piano organizzativo,
è rappresentato dalla nuova legge sulla immigrazione.
Al riguardo, il Procuratore di Torino ritiene innanzitutto
che un intervento del legislatore fosse doveroso, quanto meno
al fine di avere la situazione sotto controllo, così
da poter conoscere quali siano le presenze nel
territorio, per poter poi distinguere i casi che meritano
accoglienza, solidarietà ed umanità da quelli
in cui il fenomeno immigratorio si risolve nel trasferimento
di persone dedite al delitto già nel loro Paese e che
sono attratte dalle maggiori possibilità di guadagno
che lattività delittuosa può offrire in
paesi e società economicamente più avanzate
e quindi più ricche. Nei confronti della nuova legge,
quindi, nessuna contrarietà ideologica
da parte della maggioranza dei magistrati della Procura. Che
tuttavia non esitano a denunziare come la nuova normativa
risulti farraginosa, contorta, difficile, talora contraddittoria
e discutibile. Per cui non è difficile pronosticare
una serie di travagli operativi che rischiano, da un lato,
di rendere difficile e quindi vanificare il perseguimento
degli obbiettivi che il legislatore si è prefisso (espulsione
del maggior numero possibile di clandestini, anche a costo
di declaratorie di non procedibilità per i reati dagli
stessi eventualmente commessi in Italia) e, dallaltro,
di ritorcersi, sul piano dei non sempre facili rapporti tra
le istituzioni dello Stato, in ingiuste accuse di sabotaggio
da parte della magistratura della volontà
del Parlamento.
Più in generale, va segnalato che in forza della nuova
legge sullimmigrazione la disciplina degli allontanamenti
subisce una spinta verso lamministrativizzazione dei
diritti dei migranti;- e che la nuova fattispecie incriminatrice
della condotta dello straniero, destinatario di provvedimenti
di allontanamento, che si trattenga nel territorio dello Stato
"senza giustificato motivo", rischia di fatto -
per la genericità della sua formulazione di
trasformare la clandestinità e lirregolarità
in reato.
Passando ad esaminare la legge di attuazione del principio
del giusto processo, vi è da dire innanzitutto
che laver reso inutilizzabili, ai fini della prova,
le dichiarazioni rese da testimoni, coimputati, imputati di
reati connessi o collegati nella fase delle indagini preliminari
(salvi i casi di imprevedibile irripetibilità: che
sono quelli nella pratica più controversi) ha comportato
e comporta un duplice effetto: da un lato, in ogni procedimento
di almeno media gravità, il ricorso sempre più
frequente all incidente probatorio per fissare
la prova prima del dibattimento tutte le volte in cui ciò
è possibile; dallaltro, la richiesta di archiviazione
del procedimento per non sostenibilità dellaccusa
al dibattimento in tutti i casi in cui diventa di incerta
realizzazione la formazione della prova al dibattimento.
E peraltro evidente che una quantificazione
del fenomeno e soprattutto dei casi di archiviazione
per tale motivo non è possibile, non essendo statisticamente
possibile rilevare i procedimenti in cui il pubblico ministero
chiede (ed il giudice concede) larchiviazione per i
timori di tenuta della prova (che non si è potuta fissare
per tempo tramite incidente probatorio) in sede
dibattimentale.
Ben si comprende, allora, perché il Procuratore di
Torino constati come in tutti i settori, dalla criminalità
organizzata ai reati contro la pubblica amministrazione, dai
reati economici a quelli relativi agli abusi
sessuali etc., le difficoltà che ormai si frappongono
allaccertamento dei fatti attraverso le dichiarazioni
(ed in particolare attraverso dichiarazioni in grado di resistere
e perpetuarsi al dibattimento), hanno fatto e fanno sì
che si ricorra sempre più frequentemente allo strumento
investigativo rappresentato dalle intercettazioni sia telefoniche
sia, soprattutto, ambientali: che, quasi sempre, nelle vicende
di maggiore delicatezza appaiono lunico strumento investigativo
in grado di far conseguire quei risultati di verità
che restano pur sempre uno degli scopi del processo penale.
Ne discende che questo tipo di indagine non è praticabile
che in un numero limitatissimo di casi: ecco allora che ne
restano fuori tantissimi, destinati alla richiesta ed al decreto
di archiviazione: non perché le notizie o le ipotesi
di reato siano infondate, ma sol perché, da un lato,
i più tradizionali strumenti investigativi (deposizioni,
chiamate in correità etc.) sono stati in gran parte
neutralizzati (attraverso tutte le norme che li
hanno privati di ogni valenza probatoria) e, dallaltro,
quelli che potrebbero sopperire non sono, in concreto, praticabili.
Quanto alla disciplina delle indagini difensive,
sollecitato dalle vicende riguardanti un notissimo caso giudiziario
verificatosi nel nostro Distretto, il Procuratore di Torino
ha giustamente evidenziato - tra laltro - la necessità
di intervenire legislativamente per regolare tutti quei casi
in cui lassunto difensivo è rappresentato non
solo e non tanto dalla negazione di ogni responsabilità
da parte della persona assistita dal difensore che effettua
le indagini, ma dalla pretesa di dimostrare, in alternativa,
la responsabilità di unaltra. Questultima
infatti si trova a dover subire, senza nessuno di quei diritti
e di quelle facoltà che vengono assicurati a colui
che si trova indagato dallAutorità giudiziaria,
il bombardamento (anche mediante compiacenti talk
show televisivi, come osserva il Procuratore di Biella) di
una singolare figura di difensoreaccusatore.
Per cui si trova esposta, in sostanza, alla più vieta
e antistorica inquisizione, non controllata da
alcuna Autorità tenuta allobbligo della imparzialità
e al perseguimento di fini di giustizia, e senza potersi avvalere
della assistenza di un altro legale, senza avere la formale
facoltà di non rispondere (che si ha solo quando si
è indagati dalla Autorità giudiziaria
e non dal difensore-accusatore). Si pone pertanto un problema
normativo che è urgente affrontare: perché i
rischi di inquinamento delle indagini sono rilevanti, e vanno
in ogni modo evitati. Se è vero (comè
vero: e lo ricorda il Presidente della Camera Penale del Piemonte
Occidentale e della Valle dAosta) che le indagini
difensive rappresentano un fondamentale riconoscimento
dei diritti spettanti in materia di prova ai difensori.
La nota legge sulle rogatorie non ha finora provocato gli
effetti devastanti che erano stati preconizzati al momento
della sua entrata in vigore: e ciò in virtù
di una interpretazione del tutto aderente al testo normativo
(avallata dalla Corte di cassazione e, in certa misura, anche
dalla Corte costituzionale, investita di una questione di
legittimità fondata su una diversa lettura
del testo di legge), interpretazione che tuttavia stranamente
- non sembra essere piaciuta ad alcuni degli stessi
legislatori. Preoccupazioni e dubbi suscita la riforma legislativa
del legittimo sospetto nota come legge Cirami,
anche in chi (come il Procuratore di Torino) ritiene che sia
onestamente difficile negare, di per sé, qualsiasi
valore positivo allistituto del legittimo sospetto,
posto che la serenità e limparzialità
del giudice che ne costituiscono lo scopo sono sicuramente
dei valori costituzionali della massima rilevanza. Ci sono
però anche dei controvalori e cioè
degli aspetti negativi, rappresentati dalla protrazione dei
tempi del processo e dalla sottrazione dello stesso al giudice
naturale con scelta almeno parziale - del giudice
da parte dellimputato, e, in casi limite, potenzialmente
persino del pubblico ministero.
E pertanto indispensabile che linseguimento della
imparzialità del giudice nel processo non comporti
alla fine la soppressione stessa del giudice e
del processo, impedendo la celebrazione del secondo
da parte di qualsiasi giudice o ed è lo stesso
la maturazione dei termini di prescrizione del reato
prima della (eventuale) sentenza di condanna. Mentre vi è
da dire che la legge CIRAMI prevede un meccanismo
di sospensione articolato a seconda dei casi, ma tale da comportare
sempre mese più mese meno il blocco di
ogni attività processuale, con tutte le conseguenze
(sui tempi già biblici della giustizia) che sono evidenti.
Conseguenze ancor più gravi se si considera che leccezione
può essere riproposta più volte purchè
fondata su elementi nuovi, che però è facilissimo
escogitare in maniera formalmente ineccepibile, grazie al
carattere vago ed indefinito della formula legittimo
sospetto. In altre parole, difese anche solo mediamente
agguerrite per non dire di quelle spregiudicate
potrebbero reiterare allinfinito leccezione, provando
a congelare (in pratica) processi anche per fatti assai rilevanti.
2.2) La criminalità organizzata
italiana.
Le caratteristiche della criminalità organizzata italiana,
non si differenziano dallanalisi esposta nella relazione
predisposta per la precedente inaugurazione dellanno
giudiziario. E rimasta inalterata, in particolare, lestrema
difficoltà di arrivare alla configurazione di reati
associativi di stampo mafioso, idonei a fotografare gli attuali
reali equilibri tra gruppi delinquenziali operanti nel territorio
del nostro distretto.
Un dato va segnalato come elemento di novità, rispetto
al quale è ovviamente necessario attendere gli ulteriori
sviluppi delle indagini, ma che sin da ora indica una possibile
linea di tendenza di nuovi investimenti della criminalità
organizzata italiana. Si tratta del mercato dei videopoker
e apparecchi analoghi: mercato certamente legale, ma di fatto
alterato dalla circostanza che numerosissimi di questi apparati
consentono vincite con modalità contrarie alla regolamentazione.
Lottimo lavoro della Procura ha confermato comunque
che il campo tradizionale di intervento illecito della criminalità
organizzata in Piemonte rimane quello dello spaccio di sostanze
stupefacenti. Numerosissimi sono stati i procedimenti, molti
dei quali scaturiti da indagini avviate dalle singole procure
territoriali , che hanno consentito il sequestro di rilevanti
quantitativi di droga. In alcune vicende si è riscontrata
la collaborazione criminosa tra cittadini italiani e extracomunitari.
Molte sono state anche le vicende processuali legate allodioso
traffico di persone: in particolare, ragazze destinate alla
prostituzione. Va dato atto, nella trattazione di questi ultimi
procedimenti, della notevole positiva collaborazione prestata,
per il tramite delle competenti autorità comunali,
da istituti religiosi o di volontariato presso cui le vittime
vengono ospitate dal momento in cui decidono di sottrarsi
al controllo dei loro sfruttatori. Ladeguato sostegno
psicologico e materiale che tali istituti garantiscono ha
consentito, tra laltro, di rendere sempre reperibili
per tutto il corso del processo le vittime di questi reati.
Analogamente va dato un giudizio positivo sullapplicazione
dellart. 18 D.LGS 286/98.
Più in generale va confermato quanto meno alla
luce dei procedimenti avviati nellanno 2002 che
nel nostro distretto la più pericolosa presenza è
quella di gruppi facenti riferimento alle famiglie della ndrangheta
calabrese.2.3) La criminalità straniera.
Anche in questo settore non si registrano sostanziali modifiche
rispetto al passato. Va pertanto ribadito che una parte consistente
di traffici illeciti è attualmente gestita,
sia nella provincia di Torino sia nelle altre province della
regione, da cittadini stranieri, e più esattamente
da extracomunitari.
Quando si tratta di malfattori stranieri, se è agevole
dimostrare il vincolo associativo (ai fini, per es., dellart.
74 legge stupefacenti), è invece estremamente difficile
provare gli estremi del 416 bis. E infatti arduo evidenziare
collegamenti stabili e permanenti con le persone che dirigono
le attività delittuose rimanendo al sicuro nei loro
Paesi dorigine. Anche perché i traffici illeciti
(in particolare quello di ragazze destinate alla prostituzione)
attraversa quasi sempre più paesi europei ed extraeuropei,
per cui (anche quando si identificano coloro che operano sul
nostro territorio) molto raramente si riesce a risalire agli
individui che sono allorigine della catena criminale,
e quindi risulta difficile, sul terreno della prova, giungere
ad una ricostruzione compiuta dellassociazione delinquenziale.
Più in generale, la Procura di Torino rileva che la
criminalità straniera sta occupando uno spazio molto
rilevante nel controllo di svariati traffici illeciti, avendo
in ciò affiancato, e talora soppiantato, la criminalità
italiana. Questo è un dato che emerge con sempre maggiore
nitidezza, non soltanto dai procedimenti trattati dalla Procura
della Repubblica di Torino, ma anche da quelli seguiti dalle
altre Procure del distretto.
In tutte le province del Piemonte una parte considerevole
del traffico di stupefacenti è canalizzata attraverso
soggetti extracomunitari (albanesi e magrebini, in prevalenza):
e ciò sia per la fase di arrivo della droga sul territorio,
sia di immissione sul mercato. Analoghe considerazioni valgono
per quanto attiene i reati di induzione e sfruttamento della
prostituzione, che vedono sempre più basso il numero
di imputati italiani a fronte di quelli stranieri.
Tale ormai consolidato coinvolgimento di stranieri nella commissione
di gravi reati porta con sè anche il determinarsi di
rapporti con italiani a loro volta dediti ad attività
delittuose. Va peraltro segnalato che, sino ad oggi, non è
stato provato un collegamento tra delinquenza straniera e
organizzazioni criminose italiane di rilevante spessore.
Elementi di novità sono i seguenti:
- un sempre più significativo coinvolgimento di cittadini
di nazionalità rumena nel compimento di reati anche
gravi, quali spaccio di sostanze stupefacenti e sfruttamento
della prostituzione. Viene così confermato un peggioramento
della tipologia di reati commessi da persone di detta nazionalità.
Pare cioè che accanto ai reati tradizionali,
come il borseggio ed il furto nei supermercati, si siano aggiunte
specializzazioni criminali di ben maggiore gravità.
- sono risultati alcuni casi di sfruttamento della prostituzione
di giovani cinesi ad opera di individui della stessa nazionalità.
E ciò significa un elemento di novità negativa
rispetto al genere di reati abitualmente compiuti in quel
contesto ambientale.
Un dato da registrare come negativo per il nostro distretto
è che in pratica non trovano spazio collaborazioni
processuali di imputati, o di testimoni, nei processi che
concernono la criminalità straniera. Nello scorcio
degli ultimi anni, solo in tre casi si è avuta la sottoposizione
a programma di protezione per stranieri coinvolti in processi
di criminalità organizzata. Senza scendere in analisi
di tipo sociologico o psicologico, si può dire che
una delle più rilevanti cause di detto fenomeno può
ravvisarsi nel timore che gli imputati, confessi sulle proprie
responsabilità, nutrono circa possibili ritorsioni,
anche drammatiche, contro i loro famigliari che vivono nei
Paesi dorigine.
2.4) Delitti oggettivamente e soggettivamente
politici,
ovvero di contenuto terroristico
Nel corso dellanno 2002 non sono stati celebrati processi
per reati di natura eversiva.
Del pari non si sono registrati nel corso dellanno fatti
di reato riconducibili a matrice terroristica. Anche in Piemonte
sono stati diffusi i documenti di rivendicazione dellomicidio
Biagi, commesso in Bologna dalle Brigate rosse,
ed in proposito sono state attivate indagini.
Sul fronte del terrorismo islamico è in corso una serie
di accertamenti, condotti sia dalla polizia di Stato che dai
Carabinieri, al fine di ricostruire lesistenza di reti
di appoggio logistico, nel nostro territorio, alle attività
criminose riconducibili al gruppo di Al Quaeda. Costante è
il coordinamento con altri uffici giudiziari. Certamente da
apprezzare è la norma contenuta nella legge 438/01
che assegna la competenza per questa tipologia di reati alla
Procura della Repubblica del Tribunale capoluogo di distretto
La legge ora citata ha introdotto significative innovazioni.
Positivo è il giudizio sulla nuova previsione dellart.
270 bis, che al terzo comma equipara la finalità di
terrorismo contro obiettivi nazionali a quella contro uno
Stato estero, unistituzione o un organismo internazionale.
Questa disposizione colma un vuoto legislativo e consente
una più adeguata risposta sul piano repressivo a condotte
di partecipazione a gruppi eversivi i quali, pur agendo in
Italia, non abbiano come loro obiettivo il sistema costituzionale
italiano.
Considerando in generale il fenomeno del terrorismo e dei
suoi prevedibili sviluppi sul territorio del nostro distretto,
la Procura di Torino rileva che al momento non si hanno concreti
segnali di unavvenuta ricostruzione di gruppi come le
Br o a queste vicini. Neppure le indagini condotte
da altri uffici giudiziari per delitti terroristici altrove
commessi hanno sinora portato alla ribalta persone residenti
od operanti in Piemonte. Ciò ovviamente non significa
affatto che il pericolo di una ricostituzione di gruppi armati
nel nostro distretto sia da escludere. Le tensioni sociali
che si accompagnano ad una contingenza economica sfavorevole,
anche in termini di occupazione lavorativa, potrebbero purtroppo
favorire progetti di adesione a gruppi che teorizzano e praticano
la violenza.2.5) Osservazioni sullapplicazione della
legge 13.2.2001 n. 45 ( protezione e trattamento sanzionatorio
dei collaboratori di giustizia e dei testimoni di giustizia)
.
Dalla relazione della Procura di Torino risultano essere 37
i collaboratori di giustizia, in procedimenti trattati dalla
DDA, ammessi allo speciale programma di protezione. Nel corso
dellanno 2002 non sono state avanzate richieste nuove
di programmi di protezione, ma sono state definite in senso
positivo cinque richieste di ammissione al programma avanzate
nel corso dellanno 2001.
In sostanza, si è assistito nel nostro distretto
come peraltro su tutto il territorio nazionale ad una
diminuzione nel numero dei pentiti. Tra le possibili
cause di questo trend negativo figura la circostanza che sono
assai scarse le prospettive reali di un normale reinserimento
sociale del collaboratore. Ciò rende non particolarmente
appetibile lopzione della collaborazione processuale,
al di là di quello che lopinione pubblica è
portata normalmente a credere, anche sulla base di distorte
informazioni circa trattamenti di grande lusso e vantaggio
economico che sarebbero connessi - e non lo sono al
regime di protezione per i collaboratori.
In secondo luogo va osservato che il clima nei
confronti dei collaboratori di giustizia è certamente
cambiato nel corso degli anni. Ad una prima fase, caratterizzata
da grande credito e legittimazione anche sociale nei confronti
delle persone che sceglievano di collaborare con la giustizia,
è subentrata una fase, certamente ancor oggi viva ed
attuale, che sottolinea molto di più gli aspetti negativi
nella figura del collaboratore e rende anche molto più
difficile la gestione processuale delle dichiarazioni
da loro rese.
Perché? Certamente vi sono stati errori nella passata
conduzione in Italia di procedimenti penali il cui materiale
probatorio ruotava tutto attorno alle dichiarazioni collaboratori;
vi sono stati eccessi nellammissione al programma di
protezione di persone dichiaranti e loro congiunti, per i
quali non sussistevano esigenze così pressanti di tutela
dellincolumità. Va però detto che è
certamente un aspetto negativo la svalutazione dellimportanza
dei collaboratori di giustizia, nellambito di procedimenti
in materia di criminalità organizzata. Come più
volte sottolineato in varie sedi, solo la persona che ha operato
allinterno di un gruppo criminale, sia esso di natura
terroristica come di criminalità comune, può
essere a conoscenza di notizie ed informazioni decisive per
lo smantellamento di tali strutture: informazioni che nemmeno
i più sofisticati strumenti di indagine possono ottenere.
Per quanto riguarda la nuova legge 45/01, che ha modificato
la precedente normativa sul trattamento dei collaboratori
di giustizia, il giudizio della Procura di Torino rimane complessivamente
positivo.
2.6) Reati contro la pubblica
amministrazione.
La materia dei reati conto la P.A. ha fatto registrare alcune
importanti inchieste, la più appariscente ed incisiva
delle quali è stata senza dubbio il cd caso Odasso
(- e altri 46 indagati), relativo a fatti di corruzione nellambito
della gestione del più importante ospedale di Torino.
Giova ricordare che la fase iniziale, tenuta rigorosamente
al riparo da fughe di notizie, ha sortito effetti positivi
grazie ad unopera di attenta gestione (della Procura)
e di esecuzione (a cura della G. di F.- Nucleo di P.T.) di
operazioni di intercettazione ambientale, andate a buon fine
nonostante che lindagato nutrisse e manifestasse sospetti
circa lesistenza di indagini nei suoi confronti. E
stata smascherata una vasta rete di complicità e collusioni
che sembrano riguardare un ampio tessuto amministrativo, anche
se gli stessi imprenditori interessati non riferiscono che
presso altre amministrazioni ospedaliere (gestite da persone
diverse dagli indagati) avessero luogo analoghe richieste
o imposizioni di tangenti.
Meno grave ma forse più esteso e generalizzato il fenomeno
della corruzione infermieristica (incaricati di pubblico servizio)
nellambito delle camere mortuarie ospedaliere, collusivamente
con società di onoranze funebri.La più rilevante
inchiesta per reati contro la Pubblica amministrazione (dopo
il caso Odasso) ha riguardato il fenomeno delle
gare truccate, che purtroppo ha evidenziato lesistenza
di vere e proprie cordate delittuose dedite, da un lato, alla
turbativa delle gare e, dallaltro, alla corruzione di
funzionari amministrativi per ottenerne i favori in occasione
di vari passaggi delle procedure amministrative, funzionali
al compenso dovuto alle imprese aggiudicatarie dei lavori.
Secondo la Procura di Torino, il quadro corruttivo che complessivamente
emerge non può non destare la massima preoccupazione,
posto che la sanità e la correttezza della pubblica
amministrazione, in tutti i suoi settori, rappresentano il
presupposto stesso di una qualsiasi efficace opera di contrasto
della criminalità di ogni livello.
2.7) Reati in materia economica (fiscale, societaria, fallimentare)
La Procura della Repubblica di Torino ha formulato osservazioni
assai critiche sulle nuove normative in materia di diritto
penale tributario, riforma del diritto penale societario,
rientro dei capitali dallestero. Tali critiche meritano
sostanziale adesione, anche dove pongono in luce che, se la
pressione fiscale fosse per avventura eccessiva, sarebbe su
questo versante che il legislatore dovrebbe agire per rendere
le imprese italiane concorrenziali con quelle estere; e non
su quello penale, dove la sostanziale impunità per
le evasioni dimposta finisce per avere effetti perversi.
Quanto alla nuova disciplina del falso in bilancio,
la Procura di Torino giustamente rimarca la linea di controtendenza
in cui si è posto il legislatore italiano rispetto
agli orientamenti in materia dellintero mondo occidentale:
in cui si invocano sempre maggiore correttezza, trasparenza
e completezza dinformazione, tanto più necessarie
quanto più si vuole liberalizzare e globalizzare il
mercato e quanto più le difficoltà economiche
delle imprese rischiano di provocare problemi sociali di estrema
gravità in ambito occupazionale, con evidenti possibili
ricadute sullordine pubblico.
Sempre in tema di falso in bilancio, la Procura
della Repubblica di Torino osserva che da sempre tale reato
e quelli connessi sono reati non di danno, come nella nuova
disciplina, ma di pericolo; e ciò perché loggetto
della tutela è sempre stato non tanto e non solo linteresse
del singolo socio, creditore, finanziatore etc., ma anche
e soprattutto leconomia nazionale, tutelata appunto
attraverso la verità, correttezza e trasparenza dei
bilanci. Ecco perché storiche sentenze di Cassazione
hanno ritenuto nulli sul piano civile e falsi sul piano penale
bilanci caratterizzati non solo dallesposizione di poste
false, ma anche dalla omissione di poste vere e, infine, dalla
esposizione di poste vere ma artificiosamente rappresentate
(si veda sul punto la sentenza n. 27, Sezioni Unite Civili,
21 febbraio 2000). Insomma, il bene giuridico tutelato dalle
norme sul falso in bilancio è costituito dalla correttezza
dellinformazione, così come ben espresso dalla
sentenza appena citata: il lettore del bilancio sia
messo in grado di ripercorrere liter logico che ha guidato
i redattori del documento nelle scelte e nelle valutazioni
che ogni bilancio necessariamente implica...
La Procura della Repubblica di Torino si sofferma poi sulla
rilevanza del falso, che nella nuova legge passa
attraverso una serie successiva di criteri predeterminati
(soglie) , lultima delle quali esclude la punibilità
se le falsità
determinano una variazione
del patrimonio netto non superiore all1%
. Ne è derivata una situazione a dir poco singolare,
che la Procura di Torino evidenzia citando come esempio concreto
due notissime società sulle quali vi sono state indagini
riguardanti proprio la materia qui in esame, il cui patrimonio
netto (primo caso) è pari a 3.835.290.133 euro per
il 2000 e a 4.023.060.528 euro per il 2001;- mentre nel secondo
caso il patrimonio netto è pari a 2.387500.000 euro
per il 2000 e a 2.353.000.000 euro per il 2001. Ne risulta
che il falso in bilancio di fatto liceizzato si
aggirerebbe nel primo caso sui 40 milioni di euro e nel secondo
sui 24 milioni di euro per ogni anno
Va ancora osservato che tutti i reati previsti dalla nuova
disciplina (tranne laggiotaggio) prevedono pene inferiori
a cinque anni di reclusione; il che significa che, in genere,
si prescrivono in sette anni e mezzo (ma la contravvenzione
per falso in bilancio si prescrive in 4 anni e mezzo) e sette
anni e mezzo per processi in materia di falso in bilancio
sono troppo pochi.
Trasformazione del falso in bilancio in reato di danno, procedibilità
a querela per le SRL, pene calibrate in modo da assicurare
la prescrizione o, nel caso peggiore, la sostituzione con
la pena pecuniaria: sono tutti strumenti conclude la
Procura di Torino - che di fatto possono assicurare limpunità,
ma consentono di proclamare che falso in bilancio e reati
connessi sono tuttora considerati illeciti nel nostro Paese.
***
Proprio in questi ultimi giorni, il Tribunale di Torino
nellambito di un processo per falso in bilancio
ha trasmesso gli atti alla Corte di Giustizia dellUnione
Europea perché valuti la conformità della nuova
legge italiana rispetto ai principi dellordinamento
giuridico europeo (si tratta di stabilire, in particolare,
se le sanzioni oggi previste nel nostro Paese in materia di
reati societari siano corrispondenti ai criteri di effettività,
proporzionalità e dissuasività previsti dallordinamento
europeo). In esito alla decisione della Corte di Giustizia,
il Tribunale si è riservato di sollevare avanti alla
Consulta eccezione di illegittimità costituzionale
della nuova normativa.
2.8 - Reati in materia di prevenzione
infortuni,
igiene del lavoro e malattie professionali
Per quanto concerne lattività, particolarmente
meritoria, di questo gruppo di lavoro, va ricordata
innanzitutto la materia dei tumori professionali. Continua
a funzionare presso la Procura (con la collaborazione dellINAIL)
un osservatorio sui tumori professionali, che in questo modo
non sono più dimenticati negli archivi ospedalieri
e comunali, consentendo anzi la celebrazione di numerosi procedimenti
penali, con significativi risvolti risarcitori in favore delle
vittime e con altrettanto rilevanti risvolti preventivi.
Sistematica nel corso dellultimo anno, e di grande incisività
anche dal punto di vista della prevenzione, è diventata
lutilizzazione dello strumento fornito dallart.
437 c.p. (omissione dolosa di cautele antinfortunistiche),
in tutti i casi in cui il datore di lavoro abbia omesso di
attuare misure di sicurezza e di igiene prescritte dagli organi
di vigilanza, ovvero indicate in documenti aziendali.
Ricchissimo e straordinariamente articolato è il catalogo
degli interventi della Procura di Torino a tutela del consumatore
e del cittadino: dal mobbing alla mucca pazza;- dai farmaci
pericolosi allimpiego di creatina e sostanze dopanti
nello sport; fino al complesso problema degli alimenti transgenici.
Merita infine ricordare che un Sostituto del gruppo operante
nel settore della sicurezza del lavoro e delle malattie professionali,
in relazione a procedimenti di turno ordinario, è riuscito
a identificare lautore di vari omicidi (e di una serie
di rapine) in danno di prostitute.
2.9) Reati concernenti le c.d. fasce
deboli.
Nel corso del 2001 si sono avute 1564 assegnazioni di nuove
notizie di reato al gruppo, che ha svolto e svolge un ottimo
lavoro in settori assai delicati: circonvenzioni; delkitti
contro lassistenza familiare; maltrattamenti.
Particolare cura ed attenzione è prestata ai casi in
cui persone offese sono minori. Il gruppo coltiva un filone
di indagine che tende, in coordinamento con la Procura minorile,
a verificare la ravvisabilità degli estremi del delitto
di cui allart. 572 c.p. nei casi di minori costretti
o anche soltanto indotti a trascorrere le loro giornate o
vendendo piccoli oggetti, lavando parabrezza, chiedendo lelemosina,
o addirittura andando a rubare. Si tratta di indagini difficili,
soprattutto perché i minori - per lo più nomadi,
extracomunitari, ecc. sfuggono e non collaborano testimonialmente.
Il settore dei reati sessuali a carico di persone minorenni
è quello che polarizza forse lattenzione maggiore.
Il gruppo di lavoro è in grado di trattare questi reati
con una attitudine specialistica, utilizzando al meglio gli
strumenti giuridici introdotti dal legislatore.
La riforma dei reati sessuali, di cui alla legge n. 66 del
96, ha contribuito a determinare un fenomeno di emersione
del sommerso. Si tratta secondo la Procura di Torino
di un caso di positiva interazione tra innovazione
legislativa ed evoluzione del costume. E un fatto, comunque,
che oggi vi è una maggiore attenzione al fenomeno,
sia da parte della Polizia giudiziaria, sia da parte della
società, soprattutto delle famiglie.
Il gruppo di lavoro è anche in contatto con il Centro
per la terapia dei disturbi sessuali, istituito a titolo sperimentale
presso il Dipartimento di Salute Mentale della ASL 3, ed è
aperto ad ogni genere di collaborazione con strutture sanitarie
non solo pubbliche: anche al fine di indirizzare, nei modi
processualmente leciti, le persone che si rendono colpevoli
di fatti di abuso sessuale in danno di minori verso percorsi
terapeutici idonei.
I dati dimostrano che il fenomeno degli abusi sessuali minorili
è allarmante, anche se sembra delinearsi una tendenza
in calo, cosa che potrebbe essere ascritta allimpegno
del Servizi locali e della Polizia giudiziaria, alla maggiore
sensibilità che si va diffondendo nella società
e anche al buon lavoro dei magistrati del gruppo.
Notevole attenzione viene riservata dal gruppo anche ai reati
di pornografia minorile. Senza clamore, Torino
ha condotto e portato a compimento alcune tra le prime indagini
sulla comunicazione di materiale pornografico minorile via
Internet.
Un dato allarmante pone in evidenza che gli abusi sessuali
in danno di minori sono in gran parte intrafamiliari, sicuramente
in una misura ampiamente superiore al 50%. Ciò rende
i comportamenti più insidiosi e indebolisce la rete
di tutela che deve assistere il minore prima di tutto in ambito
familiare. Inoltre non sono pochi i casi in cui la famiglia
nega labuso contro ogni evidenza e si schiera a favore
dellindagato, piuttosto che creare unimmediata
cortina di difesa del minore rispetto alla figura abusante.
Le indagini, comunque, si svolgono sempre in modo da rendere
operativo il coordinamento tra lintervento penale e
quello del Tribunale per i Minorenni, competente in ordine
ai provvedimenti civili intesi alla tutela dei minori, con
scambio di reciproche informazioni nel rispetto dei principi
processuali.
2.10) Reati di sicurezza urbana
Obiettivi del gruppo (oltre al perseguimento dei reati di
sua competenza) sono anche i seguenti: monitorare i fenomeni
criminali minori, tali solo in unottica quantitativa;-
tentare di determinare una giurisprudenza uniforme in punto
condizioni soggettive per lapplicazione di misure cautelari
ed in relazione al beneficio della sospensione condizionale
della pena;- rilasciare allesterno non solo limpressione
ma anche la convinzione che la Procura della Repubblica di
Torino è sensibile al problema di una moltitudine di
cittadini (vittime dirette o indirette di reati che, anche
se non gravissimi in astratto, sicuramente sono tali per ciascuna
persona che subisca unaggressione: soprattutto se anziana
o più esposta allimpatto anche psicologico del
reato e del contatto con lautore di quello).
2.11) La criminalità nei territori
di alcune Procure piemontesi
Di grande interesse, testimonianza di un costante impegno
nel concreto contrasto di ogni forma di illegalità,
con il conseguimento ovunque di importanti e significati risultati,
sono i dati offerti dalle diverse Procure del distretto.
Ovunque vengono segnalati, insieme ai reati della cd microcriminalità,
gravi problemi principalmente sul versante del traffico di
stupefacenti e dello sfruttamento della prostituzione: attività
illecite facenti capo sia a soggetti che pur vivendo
altrove hanno comunque interessi intrecciati con la
realtà locale, sia a forme di criminalità stanziale
(sempre più caratterizzate dalla presenza di soggetti
di origine extracomunitaria), a volte collegate con gruppi
criminali operanti in altre città del distretto o in
altre regioni.
In particolare si segnalano: rapine consumate da soggetti
provenienti da regioni del Sud in temporanea trasferta;-
laumento di denunce per reati a sfondo sessuale, in
particolare in danno di minori, consumati anche fra le mura
domestiche;- una relativa diminuzione dei reati contro la
PA, non perché il fenomeno sia regredito, ma perché
più sofisticati e difficili da evidenziare sono gli
espedienti cui ricorrono i corruttori ed i corrotti e per
la minore disponibilità dei concussi e delle persone
informate sui fatti a rivolgersi alla giustizia;- laumento
dei procedimenti per reati ambientali, per violazioni della
normativa sui rifiuti e sullinquinamento, anche a seguito
di incisivi interventi delle diverse articolazioni della PG.
***
Accanto allattività repressiva va ricordata con
particolare favore la ricerca da parte di alcune Procure
del distretto di un sempre miglior rapporto con la
cittadinanza. Così, la Procura della Repubblica di
Ivrea ha dato vita ad iniziative e progetti che meritano una
specifica segnalazione:
- Istituzione di un ufficio di relazione con il pubblico (U.R.P.);
- Elaborazione di un progetto (Ce.R.Co.) per la ricomposizione
dei conflitti fra le parti di un procedimento penale prima
di arrivare al processo, negli ambiti di competenza del Giudice
di Pace;
- Elaborazione di un progetto di ecologia della comunicazione
(denominato Chiaro), in cooperazione con un Liceo locale,
allo scopo di creare laboratori di traduzione
della modulistica giudiziaria ;
- Previsione, per i testi chiamati a deporre in udienza che
abbiano figli di età compresa tra 0 e 3 anni, della
possibilità di usufruire di un servizio di ludoteca-asilo
nido, in un Istituto contiguo al Palazzo di Giustizia, per
il tempo di permanenza in esso.
2.12) Lesecuzione penale
Cresce ovunque, nel distretto, la consapevolezza circa il
decisivo rilievo, talora in passato disconosciuto, della materia
(trattandosi in sostanza di impedire la vanificazione dellenorme
attività che lapparato giudiziario intero ha
dovuto fare per arrivare ad una sentenza definitiva di condanna).
Da tutte le Procure, infatti, pervengono dati significativi.
In particolare, la Procura di Torino segnala che nel primo
semestre dellanno in corso (2002) sono stati emessi
425 provvedimenti di pene concorrenti, 2586 ordini di esecuzione
con e senza decreti di sospensione, 56 richieste di conversione
di pene pecuniarie;- con sensibili aumenti rispetto allanno
precedente.
Quanto al lavoro svolto in materia di esecuzione penale dalla
Procura generale, si sono avute (nel periodo 1.7.2001/30.6.2002)
10.732 disposizioni, di cui: 1.815 ordini di esecuzione; 431
decreti di sospensione; 615 provvedimenti di rideterminazione
pena; 551 provvedimenti di pene concorrenti; 680 liberazioni
anticipate; 175 decreti di revoca; 400 pareri più richieste.
3. LA GIUSTIZIA CIVILE
3.1) Andamento del contenzioso civile:
il Programma Strasburgo
Per il settore civile il Tribunale di Torino segnala un buon
andamento delle cause contenziose, dove larretrato è
in costante diminuzione, semestre dopo semestre.
Infatti le 39.144 cause civili dellinizio del 2001 sono
diventate 36.480 a fine 2001 e 32.486 al 30 giugno 2002. Nellarco
di un anno e mezzo il tasso di erosione dellarretrato
è stato pari al 17%.
Vanno segnalati tre dati significativi:
- le cause sopravvenute nel corso dellanno 2001 sono
state 31.207;
ð le cause esaurite nello stesso anno sono state 33.874 (circa
la metà con sentenza, cioè 14.054);
- la pendenza di 32.486 cause alla fine di giugno del 2002
è pressoché pari alla massa di smaltimento
complessivo di un anno significativo come il 2001.
Tutto ciò significa che larretrato odierno è
pressoché pari al lavoro di un anno.
Centrale è il problema del persistente arretrato di
numerose cause di vecchia data (quelle che in gergo vengono
definite cause stagionate ovvero cause a
rischio Strasburgo o a rischio Pinto). Al
riguardo lUfficio di Presidenza ha ritenuto di adottare
una iniziativa di ampio respiro (valida per due anni): il
Programma Strasburgo, mirato ad individuare e
poi definire, con rapidità e precedenza assoluta, le
cause civili pendenti da oltre tre anni presso le sezioni
ordinarie. E stato predisposto un Prontuario di
prescrizioni e di consigli (rispettivamente per cancellieri
e magistrati): una sorta di decalogo processuale incentrato
sullutilizzo più rigoroso del potere di direzione
del processo ex art. 175 c.p.c. e sulla rivitalizzazione di
alcune regole processuali cadute in desuetudine.
Quasi contemporaneamente è stato attivato, con decorrenza
dal 2 gennaio 2002, il Programma Strasburgo-DUE,
riservato solo alle due Sezioni-Stralcio. Lobiettivo
è la definizione di tutte le cause civili di rito monocratico
aventi una anzianità anteriore allaprile 1995
(quindi di pertinenza dei soli Giudici onorari aggregati -
GOA), entro la data dell 11 novembre 2003, stabilita
dallart. 4 della legge n. 276 del 1997, senza lutilizzazione
della proroga di un anno prevista dalla stessa norma.
Alla data 30 settembre 2001, epoca del censimento straordinario,
il numero delle cause interessate al programma e pendenti
presso le Sez. Stralcio era di n. 5.066, pari al 44,2% delle
cause incamerate al momento della loro attivazione dell
11 novembre 1998 (si segnala che in quella data il numero
complessivo delle cause era di 11.476, tutte pendenti da date
anteriori al 30 aprile 1995, perciò tutte a rischio
Strasburgo).
E stato inoltre previsto un meccanismo di utilizzazione
più razionale dei giudici onorari del tribunale (GOT),
i quali sono stati affiancati ai singoli giudici togati per
aiutarli nella gestione delle cause di data più recente,
in modo da non distoglierli dallobiettivo prioritario
(la gestione delle cause vecchie). Nel marzo e nel luglio
2002 il magistrato responsabile del Programma Strasburgo
ha redatto relazioni interlocutorie corredate di dati statistici,
che sono la dimostrazione del successo del programma
Strasburgo.
Val la pena di citare un dato curioso: la causa più
vecchia pendente davanti al Tribunale di Torino - risalente
al 1958 ed avente ad oggetto lo scioglimento di una comunione
ereditaria - è stata definita il 10 luglio 2002, sette
mesi dopo lattivazione del Programma Strasburgo,
grazie alla rigorosa osservanza delle prescrizioni
contenute nel programma (per esempio: la fissazione di udienze
molto ravvicinate; linvito pressante al consulente tecnico
ad osservare i termini di deposito della perizia).
Vi è la fondata speranza che la c.d. soglia di
incomprimibilità delle cause molto vecchie venga
superata entro il primo trimestre del 2003.
3.2) Il procedimento cautelare uniforme
(vedi relazione scritta)
3.3) I provvedimenti anticipatori
(vedi relazione scritta)
3.4) Il nuovo rito civile
Il nuovo rito civile (in vigore dal 2 maggio 1995), razionale
ed efficace nella sua impostazione iniziale, si è snaturato
con le mini riforme successive.
Oggi la fase iniziale della lite, che si articola nei numerosi
adempimenti di cui agli artt. 180, 183 e 184 cpc (con un moltiplicarsi
di memorie e di udienze), è molto farraginosa e comporta
schermaglie difensive che si protraggono in modo estenuante
per circa un anno e per almeno tre udienze diverse.
Lesame del merito, anche per la delibazione delle semplici
istanze istruttorie da parte del giudice (ammettere o non
ammettere una prova testimoniale, ad esempio), non comincia
prima di un anno dalla notifica della citazione, con inevitabile
ritardo nella decisione finale.
Si parla di un nuovo modello de iure condendo. Un modello
procedimentale che tende a spostare fuori del processo le
schermaglie difensive iniziali (le parti si scambierebbero
privatamente le memorie iniziali, prima del radicamento
della causa davanti al magistrato), facendo iniziare il processo
davanti al giudice solo quando il thema decidendum e il thema
probandum risultino posti compiutamente dai difensori. Secondo
il Presidente del Tribunale di Torino potrebbe anche essere
una buona soluzione. Qualcuno ha obiettato però che
il modello lite lunga / processo breve non salverebbe
dai rischi della legge Pinto e si risolverebbe in una pericolosa
e anomala sottrazione della fase iniziale della lite al controllo
giudiziario del magistrato.
3.5) Altri profili riguardanti la Giustizia Civile
La Corte dAppello di Torino fa sapere che le sopravvenienze
degli appelli in materia civile hanno avuto un incremento
rispetto al periodo precedente, ed anche le pendenze
finali sono in aumento, pur essendo rimasto sostanzialmente
stabile lindice di smaltimento.
Dal Distretto, si segnala una certa relativa diminuzione delle
pendenze (ma non in tutti i settori e non uniformemente),
grazie anche al prezioso lavoro dei GOA.
La competenza civile del Giudice di Pace è positivamente
valutata come apprezzabile aiuto nello sveltire la litigiosità
civile e nel deflazionare le controversie innanzi alla magistratura
ordinaria. Quali che siano le riserve da taluni Presidenti
di Tribunale del distretto avanzate ( ma lopinione prevalente
è nel senso di auspicare un aumento della competenza,
con ampliamento anche del limite di decisione secondo equità)
è significativo che le decisioni dei Giudici di Pace
abbiano dato normalmente luogo ad un numero limitato dimpugnazioni.
Sul versante delle controversie di lavoro e di previdenza
ed assistenza obbligatoria, la Corte dAppello di Torino
comunica che lorganico della sezione è del tutto
insufficiente rispetto al carico di lavoro.
Va per altro segnalato che (mentre era in corso la stesura
della relazione scritta) è intervenuta da parte
del Ministero comunicazione secondo cui la nostra Corte
dappello appare quale probabile destinataria di
adeguate risorse organiche in sede di ripartizione del
contingente di 546 posati creati in aumento dalla legge 48/2001.
Il Tribunale di Saluzzo segnala che va facendosi assai rilevante
la percentuale di giudizi promossi da lavoratori extracomunitari
in materia di controversie di lavoro.
***
Dato costante nei circondari del Distretto è la prevalenza
delle separazioni consensuali su quelle giudiziali nonchè
la prevalenza delle une e delle altre sugli scioglimenti dei
matrimoni, con litigiosità più decisa soprattutto
per gli aspetti economico-finanziari.
In linea generale è da segnalare una certa incidenza
delle separazioni immediate dopo il matrimonio, anche a distanza
di mesi.
I divorzi sono in aumento.
4. LA GIUSTIZIA MINORILE
Secondo il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale
dei Minorenni il settore della giustizia familiare e minorile
necessita di una rivisitazione legislativa profonda, che da
tempo gli studiosi e i magistrati auspicano. Per limitarsi
alle proposte più importanti, è ormai maturato
il tempo per costituire un Tribunale della famiglia, che unifichi
le competenze (oggi frantumate fra Tribunale per i minorenni
e altri organi giudiziari) relative alla famiglia, ai minori
e alla persona. Inoltre è indispensabile (partendo
dalle indicazioni date dalla Corte Costituzionale nella sentenza
n. 1/2002) disciplinare le procedure in camera di consiglio
dei Tribunali per i minorenni di cui allart. 336 codice
civile, per adeguarle al dettato sul giusto processo del nuovo
art. 111 della Costituzione e garantire i diritti della difesa
personale e legale, nel convincimento che dare ascolto e assistenza
ai genitori e al figlio aumenta la possibilità che
le decisioni in questo campo estremamente difficile siano
giuste.
A tredici anni dalla sua grande riforma, anche il processo
penale minorile avrebbe bisogno di alcuni piccoli ritocchi
per semplificarlo e consentire una più celere definizione
dei processi, soprattutto per il reati più piccoli.
Da decenni, infine, si aspetta che sia introdotto un ordinamento
penitenziario minorile, affinché la permanenza dei
ragazzi nei carceri minorili finalmente sia disciplinata da
regole diverse da quelle dei carceri degli adulti e si possano
sperimentare per i minorenni che commettono dei gravi reati
nuovi più ricchi percorsi di aiuto.
Se queste sono le urgenze, destano perplessità le recenti
proposte governative di riforma. Andando in controtendenza
rispetto ad un cammino generale di allargamento della magistratura
onoraria (che ha avuto la sua manifestazione più ampia
con lintroduzione dei Giudici di Pace), si propone una
riduzione della componente dei giudici onorari nei Tribunali
per i minorenni; un evento che impoverirebbe la giustizia
minorile italiana di un patrimonio di alte competenze sociali,
psicologiche, sociologiche e sanitarie che oggi la qualificano.
Ancora più grave sarebbe dividere la giustizia
dei minori, lasciando al Tribunale per i minorenni le competenze
penali e trasferendo tutte le competenze civili ad una sezione
di tribunale che si vorrebbe comporre solo di magistrati togati
e che perciò per la sua composizione non sarebbe specializzata:
in questo modo un ragazzo avrebbe due giudici distinti e distanti,
luno che lo processa per un reato e laltro che
adotta per lui le misure di protezione.
Tornando alloggi, il Presidente del Tribunale rileva
il persistere del doppio binario: sia liter processuale
che lesito del processo sono assai diversi a seconda
che lindagato/imputato sia italiano ovvero straniero.
In concreto, a fronte di ragazzi stranieri (per lo più
magrebini) in vinculis, spesso il GUP non ha alternative alla
condanna, con o senza condizionale, mentre nel caso di ragazzi
italiani, anche imputati di reati gravi, non è infrequente
che sperimenti la messa alla prova.Si pensa di ovviare a questa
sostanziale in-giustizia coinvolgendo il Comune di Torino
in un progetto sperimentale di una comunità a controllo
rafforzato, con educatori magrebini, allo scopo fra
laltro - di preservare i ragazzi dai contatti con i
propri sfruttatori (contatti che sono repentini nel caso di
comunità normale e che hanno come fine
linduzione alla fuga).
Va poi evidenziato che nella trattazione di reati bagatellari,
quasi tutti definiti ex art. 27 D.P.R. n. 448/88, emerge che,
nella stragrande maggioranza, non si colgono aspetti di recidiva
da parte dei giovani, che dopo la violazione di legge si inseriscono
socialmente.
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i
Minorenni, per parte sua, sostiene che la criminalità
minorile nel distretto non è grave qualitativamente
(non devono fuorviare alcuni fatti che hanno destato una forte
attenzione emotiva, come il delitto di Novi Ligure). Fra i
reati gravi ci sono stati 3 omicidi, 140 rapine e 32 estorsioni,
rapine ed estorsioni per la maggior parte commessi ai danni
di coetanei. Il reato più frequente rimane il furto
(1702 furti), seguito dal reato di non presentazione di documenti
da parte dei minori stranieri (1357 casi).
Sotto il profilo quantitativo la situazione rimane, da molti
anni, stazionaria (3660 notizie di reato iscritte contro 3677
del corrispondente periodo dellanno precedente), mentre
sta cambiando la fisionomia della criminalità minorile.
Si segnala la presenza (in alcune zone) di balordi
cresciuti in situazioni di disagio familiare o sociale, che
- riuniti in bande - tengono comportamenti devianti,
danneggiando i luoghi pubblici o compiendo rapine ai loro
coetanei. Pericoloso è laumento fra i giovani
delluso dellecstasy, che distrugge il cervello.
Quanto ai ragazzi stranieri, emigrati in Italia con la famiglia
o venuti in Italia da soli senza essere accompagnati dai genitori,
la maggior parte è impegnata seriamente in un faticoso
percorso di inserimento sociale e lavorativo. Cè
però una minoranza di ragazzi che, lasciati soli o
nello scacco di ogni prospettiva di lavoro, passano a condotte
devianti. Alcuni di essi vengono arruolati da adulti che si
servono di loro. Così è emerso che una associazione
criminale importa, istruisce e organizza dei ragazzi rumeni
per fare loro commettere dei furti con destrezza nelle stazioni,
nei mercati, sui mezzi di trasporto e nelle strade e per il
compimento di furti redditizi nei supermercati.
Le organizzazioni che spacciano la droga utilizzano dei ragazzi
(a volte ancora piccoli: per maggior parte i ragazzi coinvolti
sono marocchini) per lo spaccio al minuto. Cè
una fetta di prostituzione minorile, costituita da ragazze
straniere portate in Italia con linganno e costrette
a prostituirsi (solo poche hanno trovato il coraggio di staccarsi
e di denunciare i loro sfruttatori). Infine alcuni gruppi
di zingari slavi mandano dei bambini, muniti di cacciavite,
a rubare negli alloggi.
In tutti questi casi, secondo il Procuratore dei minori, più
che di delinquenza minorile, si tratta di delinquenza di adulti
che si è cercato di individuare e stroncare, ottenendo
qualche piccolo successo.
5. MAGISTRATURA DI SORVEGLIANZA
E CARCERI
Vi sono, nel distretto, 12 case circondariali e 3 case di
reclusione, con una popolazione (in data 2.1.03) di 4.695
detenuti, dei quali 2.758 definitivi e 1.937 in custodia cautelare.
Inoltre circa 1500 soggetti sono in espiazione di pena in
forma alternativa alla detenzione, per affidamento in prova
al servizio sociale, per detenzione domiciliare o per semilibertà,
ed altri 1600 circa sono assoggettati a libertà controllata
ovvero a sanzioni sostitutive delle pene irrogate dal giudice,
come la semidetenzione o la libertà controllata.
Il carico di lavoro si è conservato elevatissimo.
Complessivamente sono stati iscritti 12.842 procedimenti,
con definizione collegiale di 9.416 casi, a fronte dei 8.053
decisi nell'anno precedente.
I tempi di trattazione dei procedimenti risultano troppo lunghi
per i procedimenti instaurati a seguito di istanze di misure
alternative formulate da persone che si trovano in stato di
libertà ai sensi del V comma dell'art. 656 c.p.p.,
perché - stante l'inadeguatezza dell'organico di magistrati
e di personale di cancelleria - se ne sacrifica inevitabilmente
la data di trattazione a favore dei procedimenti relativi
a soggetti detenuti.
La proroga dell'applicazione del regime detentivo di cui al
Il comma dell'art.41 bis Ord.Penit. ha fatto sì che
il numero di reclami si sia mantenuto molto elevato (281 procedimenti
iscritti, contro i 264 dell'anno precedente).
Come dato estremamente positivo si segnala la presenza nell'ambito
del distretto di numerose realtà territoriali che si
attivano in vario modo per offrire ai soggetti in espiazione
di pena concrete possibilità di reinserimento sociale.
***
Comè noto, sono attualmente in discussione vari
progetti di Legge su ipotesi di indulto o indultino.
La Procura Generale si è fin dora attrezzata
con un gruppo di lavoro ad hoc per far fronte
al prevedibile nuovo carico di lavoro, che non sarà
nè poco nè semplice.
***
Listituto penale per minorenni Ferrante Aporti continua
ad essere una struttura edilizia inutilmente gigantesca: è
molto difficile avviare i ragazzi ad un percorso di responsabilizzazione
e di cambiamento. Occorre pensare come alternativa a luoghi
di custodia cautelari più piccoli. In questa prospettiva
può muoversi il progetto cui stanno lavorando il Ministero
della Giustizia, il Comune di Torino e lUniversità
di Torino, di utilizzo di una parte degli spazi del Ferrante
Aporti per altre destinazioni, riducendo il carcere minorile
in dimensioni di gruppi casa.
6. EDILIZIA E SICUREZZA
Sul piano delledilizia giudiziaria, gravi insufficienze
si riscontrano ad Acqui, Alba, Ivrea, Novara, Pinerolo e Vercelli;-
nonché per gli uffici giudiziari minorili. La situazione
di Asti, tuttora carente, sembra avviata a soluzione grazie
ad un nuovo palazzo di giustizia. Di questi ultimi giorni,
poi, è la positiva notizia che lamministrazione
comunale di Acqui si sta meritoriamente attivando per risolvere
alcuni problemi di quella sede.
In Torino è ormai operante il Palazzo intitolato a
Bruno Caccia, sia pure con insufficienze che potranno essere
colmate con una sopraelevazione (rimedio parziale) o con il
recupero dellarea già destinata alle Carceri
Nuove.
Per questultima soluzione (che comporterebbe lacquisizione
di ben 15.000 metri quadri utili, a costi sostanzialmente
corrispondenti alla sopraelevazione, che però fornirebbe
soltanto 8.000 metri quadrati circa) vanno concretamente delineandosi
prospettive assai favorevoli, grazie anche al fattivo interessamento
del Sottosegretario Vietti.
Complessi problemi si pongono - soprattutto per vari uffici
giudiziari del distretto - per quanto concerne la sorveglianza
e la sicurezza. Anche a causa del sempre più grave
ritardo con cui il Ministero provvede a rimborsare ai Comuni
le quote dovute per le spese da questi anticipate.
7. DIFESA DUFFICIO
E PATROCINIO DEI NON ABBIENTI
(vedi relazione scritta)
8. CONCLUSIONE
Se la giustizia è la virtù che si esprime nellimpegno
di riconoscere e rispettare il diritto di ognuno, dandogli
ciò che gli spetta secondo la ragione e la legge, allora
la giustizia non è soltanto una virtù individuale.
E una componente essenziale della vita comunitaria.
Indispensabile perchè siano attuati le libertà
ed i diritti, senza prevaricazioni;- perché siano rimossi
gli ostacoli che limitano leguaglianza;- perché
la legalità sia intesa come insieme di regole condivise,
individuate tenendo conto delle esigenze di tutti e da tutti
rispettate, frenando onnipotenze ed egoismi;- perché
la legalità così intesa sia effettivo cemento
della convivenza civile;- perché si realizzi una pace
sociale e non la guerra continua.
In quanto strumento per garantire diritti individuali e collettivi,
la giustizia è anche organizzazione che lo stato predispone
a tutela di quei diritti. Come ci ricorda il paradosso del
costituzionalista inglese, secondo cui lesercito e la
flotta dellInghilterra hanno una sola funzione: rendere
possibile che il giudice emani le sue sentenze.
Dunque lorganizzazione statuale della giustizia è
un tema fondamentale per regolare ed armonizzare il divenire
della vita sociale. Per attuare i diritti più facilmente
calpestabili da parte del potere collettivo o dei piccoli
poteri individuali.
E per questo che il potere (ce lo insegna la storia)
ha sempre cercato di asservire a sé la giustizia. Ed
è per questo che la Costituzione repubblicana, con
una grande conquista, ha affermato per la prima volta alcuni
fondamentali principi:
- Nessuno può scegliersi il giudice preferito o imporre
un giudice diverso da quello precostituito per legge;
- Il giudice deve essere sottratto ad ogni rapporto di dipendenza
da soggetti esterni allordine giudiziario e a qualsiasi
subordinazione anche allinterno di esso;
- Non possono essere istituiti giudici straordinari o speciali;
- La magistratura costituisce un ordine autonomo ed indipendente
da ogni altro potere ed esercita un autogoverno attraverso
il CSM;
- I magistrati si distinguono solo per funzioni;
-I magistrati sono inamovibili;
- Lazione penale è obbligatoria e non disponibile.
In Italia questa organizzazione della giustizia, soprattutto
nellultimo decennio, ha funzionato:
- La giustizia non si è limitata a perseguire i deboli
e gli emarginati nella scala sociale, ma ha cominciato (ricorrendone
i presupposti in fatto e in diritto) a perseguire anche i
delitti commessi dai colletti bianchi e a controllare
come doveva il corretto esercizio del potere;
- La indipendenza del giudice non solo dai poteri esterni
ma anche da quelli interni (con il superamento della gerarchia)
ha reso impossibili forme spurie di controllo attraverso la
cooptazione da parte dei vertici del potere;
- Il superamento del sistema della carriera(che
comporta speranze e timori) ha assicurato una vera indipendenza
del magistrato, che può se lo vuole - agire
davvero sine spe ac metu.
Ma nella misura in cui ha funzionato, la giustizia ha creato
nel nostro Paese vistose preoccupazioni nel
potere. Di qui vari tentativi (talora vere e proprie campagne)
per drasticamente ridimensionare la magistratura e per sterilizzare
la sua indipendenza.
Nella Costituzione repubblicana è scritto il progetto
di uno Stato vissuto non come espressione degli interessi
e della forza di una classe dominante o di qualcuno, ma come
garante dei diritti di tutti. Oggi, invece, assistiamo con
inquietudine a diffusi tentativi di rivedere questo progetto
costituzionale, per ritornare ad un vecchio modello, in forza
del quale lo status ed i diritti dei cittadini
dipendono non tanto dalle regole, quanto piuttosto dai rapporti
di forza. Tali tentativi presuppongono appunto
il ridimensionamento della magistratura, in quanto soggetto
indipendente incaricato di rendere le regole effettive ed
uguali per tutti.
Indipendenza della magistratura, effettività delle
regole, uguaglianza di ogni cittadino di fronte alla legge
sono un tutto unico. La posta in gioco è il permanere
dellunitarietà di questi concetti. Che in democrazia
sono essenziali. E irrinunziabili.
***
Con questa ferma convinzione, ringraziando tutti i presenti
per la loro cortese attenzione, Le chiedo Signor Presidente
di voler dichiarare aperto lanno giudiziario
2003 del Distretto della Corte dAppello di Torino.
La controriforma della giustizia
Primi appunti sulle proposte del ministro Castelli
e un commento di Gian Carlo Caselli
Il ministro della Giustizia Roberto
Castelli ha presentato il suo piano per riformare la giustizia
italiana. In attesa di più meditate riflessioni, vale
la pena di abbozzare almeno qualche primo appunto a proposito
degli obiettivi proposti dal ministro e dei mezzi indicati
per raggiungerli.
A seguire, un intervento su questi temi di Gian Carlo Caselli
1. Rendere più rapidi i processi civili.
Obiettivo assolutamente condivisibile. Ma il mezzo proposto
è l'affidamento alle parti della fase intruttoria delle
cause civili: una privatizzazione della prima parte del processo,
che lascia al giudice la sola decisione sulla base del materiale
raccolto dalle parti. Con il rischio di favorire la parte
più forte (che può disporre di avvocati migliori
e di mezzi maggiori), lasciando che la più debole arrivi
meno preparata davanti al giudice.
2. Rendere più rapidi i processi penali.
Obiettivo anche questo del tutto condivisibile, per assicurare
la certezza della pena. Ma quali mezzi sono messi realmente
in campo affinché l'imposizione di tempi perentori
per la celebrazione dei processi non si riduca a un'appello
impotente? Non si è davvero capito. E pensare che la
strada per assicurare la certezza della pena è semplice:
eliminare il giudizio d'appello, o almeno rendere esecutiva
la sentenza di primo o di secondo grado; introdurre regole
che impediscano le manovre dilatorie della difesa (la difesa
dal processo che spesso si sostituisce alla difesa
nel processo); abolire l'istituto della prescrizione
dei reati.
3. Depenalizzazione e maggior ricorso a pene alternative.
Questo punto (come il seguente), se ben articolato potrà
essere un efficace strumento per snellire il lavoro dei tribunali.
Si dovrà vigilare affinché le depenalizzazioni
non si trasformino però in sconti e regali a particolari
categorie di imputati (per esempio i colletti bianchi, i politici,
gli amministratori pubblici...), con il conseguente effetto
d'ingiustizia nei confronti di altre categorie più
deboli.
4. Più precisa determinazione dei motivi d'appello
e di Cassazione.
Anche questo punto (come il precedente) potrà essere
un efficace strumento per abbreviare i tempi della giustizia:
dovranno essere fissati i motivi che permettono il ricorso
in appello o in Cassazione, per impedire ricorsi che non hanno
motivazioni di giustizia, ma soltanto dilatorie (in attesa
della prescrizione del reato in giudizio).
5. Affidare le investigazioni alla sola polizia giudiziaria.
I magistrati, cioè le procure della Repubblica, non
sarebbero più la guida della polizia giudiziaria durante
la fase delle indagini penali, ma interverrebbero soltanto
a indagini concluse, ricevendo dalla polizia gli esiti delle
investigazioni. Questo è un obiettivo non condivisibile
ed è il punto più pericoloso della riforma,
capace da solo di trasformarla in una controriforma: ma come,
uno dei pochi punti positivi del nuovo codice è stato
l'affidamento ai magistrati della guida delle indagini, come
è dimostrato, per esempio, dai risultati delle inchieste
su corruzione e mafia. Perché smantellare una riforma
che ha dato buoni risultati? Forse proprio per questo: per
togliere alla magistratura uno strumento di controllo della
legalità che si è dimostrato efficace. Inoltre
la presenza della magistratura offre agli indagati garanzie
di legalità certamente maggiori di quelle che possono
essere offerte dalle polizie; e garanzie di indipendenza certamente
più grandi di quelle che possono essere assicurate
da strutture sottoposte al diretto controllo del governo.
Come mai un governo che si dice, a parole, garantista, propone
poi una riforma che va in direzione della Stato di polizia?
I liberisti e liberali al governo preferiscono le caserme
di Bolzaneto alle procure della Repubblica?
6. Divisione delle carriere (inquirenti-giudicanti) dei magistrati.
Vecchia bandiera dei politici (e imprenditori) che vogliono
tagliare le unghie ai magistrati d'accusa, ridurne l'autonomia
con la speranza di arrivare, un giorno, a sottoporre la pubblica
accusa al controllo del governo. Vedremo come sarà
attuata, questa separazione. In un Paese normale non ci sarebbe
nulla di male ad avere due percorsi diversi per i magistarti
dell'accusa e per i giudici. Ma perché rendere difficili
o addirittura impossibili i passaggi tra l'una e l'altra funzione?
È evidente che l'esperienza di magistrato inquirente
è certamente preziosa a chi deve giudicare, e viceversa.
7. Riforma del sistema elettorale del Csm.
L'elezione con sistema maggioritario del Consiglio superiore
della magistratura è indicata come mezzo per superare
le correnti interne al Csm. In realtà, il suo risultato
sarebbe che le correnti (che comunque non sono illegittime)
resterebbero, mentre più difficile sarebbe garantire
la rappresentanza di tutte le opinioni in un organo delicatissimo,
che deve garantire l'indipendenza della magistratura e il
suo autogoverno.
8. Cambiamento delle norme per il falso in bilancio.
È un'altro dei punti forti della controriforma. Il
falso il bilancio da reato di pericolo, diventa
reato di danno. Se non arreca danno patrimoniale
a soci e creditori ha pene ridotte (massimo 1 anno e 6 mesi)
e nel caso riguardi una società non quotata in Borsa
non sarà perseguibile dufficio, ma soltanto per
querela di parte. Inoltre le indagini diventeranno più
difficili: non potranno più essere disposte intercettazioni
telefoniche, i termini per la prescrizione sono accorciati,
le informazioni omesse o false dovranno essere rilevanti
(ma come sarà stabilita la soglia della rilevanza?).
In più, non ha mancato di suscitare perplessità
la soluzione trovata per i processi in corso: il deputato
Niccolò Ghedini (avvocato di Silvio Berlusconi nei
tre procedimenti in cui il presidente del Consiglio è
accusato di falso in bilancio) ha fatto approvare in Commissione
un emendamento che stabilisce di affidare al governo (cioè
a Berlusconi) la definizione delle norme transitorie per i
processi penali in corso.
Più in generale, il falso in bilancio in una società
civile non può essere considerato un reato che colpisce
soltanto soci e creditori della singola azienda colpita: impedendo
la trasparenza delle comunicazioni societarie, il falso in
bilancio è un colpo mortale alla correttezza del mercato
che danneggia (seppure in misura diversa) la comunità
degli affari, il sistema delle imprese, i concorrenti e, in
ultima analisi, tutti i cittadini.
Stupisce che chi continua a ripetere la verità secondo
cui senza libero mercato non c'è democrazia, poi tolleri
gli attacchi al libero mercato - magari per interesse personale.
Ogni indebolimento degli strumenti per il controllo di legalità
nel campo economico e finanziario, inoltre, abbassa le soglie
di contrasto alla corruzione (ogni tangente si alimenta da
fondi neri, generati da falsi in bilancio), alla finanza grigia,
alla finanza criminale e al riciclaggio (concretamente: chi
si assumerà il rischio di presentare una querela di
parte contro una società infiltrata o controllata dalla
mafia?).
(gianni barbacetto, 30 luglio 2001)
La nuova giustizia
secondo il centrodestra
di Gian Carlo Caselli
IN OGNI tempo, il modo di sentire
della maggioranza contingente tenta di affermarsi imponendo
una "tavola di valori". Naturalmente dei "suoi" valori. Dove
la parola "suoi" acquista un significato tutt'affatto particolare
ogni volta che la maggioranza sia non solo quella espressa
dai sondaggi ma soprattutto quella che egemonizza i microfoni
e l'informazione. Segno qualificante di questi tempi è
la progressiva perdita di valore del "collettivo". Bruttissimo
segno, se ne deriva l'esaltazione del benessere individuale
e del successo personale come unici valori degni. Ricadute
evidenti di questa concezione si registrano anche nell'ordinamento
penale, mediante una riscrittura della tavola dei valori -
appunto - che tende ad espellere (o minimizzare) le fattispecie
di reato che non siano finalizzate esclusivamente o prevalentemente
alla tutela di diritti individuali.
Molti, purtroppo, sono gli esempi che si possono fare.
Si sono inasprite le pene per i furti domiciliari e gli
scippi, cercando risposte soprattutto alla percezione soggettiva
dei problemi della sicurezza, più che ad un'effettiva
esigenza di maggior efficienza collettiva. Contemporaneamente
si percorre la strada dell'abolizione di alcuni reati societari
e di una nuova disciplina del falso in bilancio, con la
prospettiva di mega prescrizioni a beneficio di interessi
individuali e con il rischio di rendere sempre più
difficile l'accertamento del danno erariale, ovvero alla
collettività, che spesso si nasconde dietro i falsi
in bilancio. Mentre l'abuso d'ufficio per finalità
non patrimoniali da qualche tempo ormai non è più
reato. Ciò che ha rinnovato i fasti delle pratiche di clientelismo,
nepotismo e lottizzazione delle istituzioni: con alterazione
del gioco democratico in favore di chi utilizza le pubbliche
funzioni per costruire - abuso dopo abuso - una propria
base di consenso clientelare.
Sul versante, poi, della minimizzazione normativa dei
reati preposti alla tutela dei beni collettivi, emblematica
è l'entità risibile della pena prevista per
il reato di turbata libertà degli incanti. La condotta
prevista da questo reato è lo strumento principe
per l'eventuale pilotaggio illegale di pubblici appalti.
Se i partecipanti alla gara si accordano tra loro sulle
percentuali di ribasso e ciascuno - a rotazione - si aggiudica
un appalto alle condizioni più favorevoli, si realizza
un illecito che è difficilissimo accertare: perché
la documentazione presentata è sempre ineccepibile;
perché i partecipanti alla gara sono legati da un
patto, come dire, di solidarietà, traendo ciascuno,
a turno, vantaggio dal sistema; perché la pena prevista
per il reato (reclusione sino a due anni) non consente di
disporre intercettazioni telefoniche o ambientali. Ove poi
accada (e accade raramente) che il reato sia accertato,
una pena di tale modesta entità rende sempre possibile
la salvifica prescrizione: perciò si può tranquillamente
escludere che sia idonea a fungere da deterrente.
I costi collettivi di questa situazione possono essere
devastanti: dalla mortificazione della libera concorrenza
e dello sviluppo imprenditoriale (il mercato rischia di
trasformarsi in un feudo di cordate e comitati d'affari),
alla lievitazione complessiva dei costi delle opere pubbliche.
Per finire con la prospettiva di un permanente sottosviluppo
economico. Se poi entrano in campo (e l'esperienza insegna
che è ben possibile...) organizzazioni mafiose, tutto
si complica. La mafia è fortemente interessata ai
ribassi minimi, perché se l'aggiudicatario guadagna
di più, maggiore sarà la tangente che l'organizzazione
potrà pretendere. Se poi qualche imprenditore volesse
mostrarsi "renitente" e non soggiacere alle "regole" stabilite,
si sa che la mafia possiede - purtroppo - mezzi di "convincimento"
non indifferenti.
Potrebbe dunque essere un segnale importante di attenzione
alla tutela dei beni collettivi (e al tempo stesso un contributo
allo sviluppo di una miglior democrazia economica) rivedere
la pena edittale del reato di cui all'articoo 353 del codice
penale. Sia per una maggior controspinta all'agire illegale,
sia per potere utilizzare strumenti investigativi adeguati
(le intercettazioni). Ovviamente, coi tempi che corrono c'è
poco da illudersi. Ma se persino i vescovi italiani, in un
loro recente documento, parlano di "eclissi del senso morale",
vale la pena ritornare su certi temi. Rassegnarsi all'oggi,
contrassegnato com'è da una forte tendenza ad innalzare
la soglia dell'impunità e dei privilegi, sarebbe sbagliato.
E controproducente per gli interessi collettivi.
La Repubblica, 11 agosto 2001
Noi,
giudici matti
Lettera aperta al presidente del
Consiglio, secondo cui i magistrati sono pazzi, sono antropologicamente
diversi dal resto della razza umana
di Gian Carlo Caselli
Signor Presidente del Consiglio:
non è la prima volta che Lei rivolge, a singoli magistrati
o alla magistratura, attacchi pesanti e a mio giudizio immotivati.
Ma nella Sua recente intervista ai giornali La voce
di Rimini e Spectator cè
di più. Nel Suo mirino (oltre a Magistratura democratica,
da Lei assunta a paradigma di un sistema giudiziario
completamente politicizzato) sono finiti, nellordine:
le intere Procure di Milano e di Palermo, cui Lei addebita
di non fare altro che inventarsi teorie sul
Suo conto; tutti i giudici di Roma, da Lei accusati di aver
partecipato (tutti
) a un sistema di conti bancari
che andavano su e giù dalla Svizzera; i magistrati
che hanno condannato a 20 anni il sen. Andreotti (penso
che volesse riferirsi al processo di Perugia per lomicidio
Pecorelli); i magistrati che contro il sen. Andreotti hanno
creato una montatura per dimostrare che la Democrazia cristiana
(
) non era un partito etico ma un partito vicino ai
criminali (il riferimento, in questo caso, si estende
al processo di Palermo per associazione mafiosa); tutti
i magistrati indistintamente, poiché Lei sostiene
che per fare questo lavoro bisogna essere malati di
mente; se fanno questo lavoro è perché sono
antropologicamente diversi dal resto della razza umana.
A fronte delle vigorose e severe reazioni che ne sono
seguite, Lei ha diramato un comunicato in cui si afferma
che il Suo rispetto per limpegno della magistratura
non può essere messo in discussione e si ribadisce
la presenza di incontestabili comportamenti faziosi
di singoli procuratori. Dunque, le Sue contestazioni
non riguarderebbero lintiero ordine giudiziario, ma
soltanto singoli procuratori. Non è così,
come dimostrano le vicende del nostro Paese degli ultimi
anni. Allinizio, è vero, ad essere oggetto
non di critiche (ovviamente legittime e spesso utili)
ma di attacchi apodittici e indiscriminati sono stati
solo alcuni procuratori.
Ma poi, man mano che le indagini si concludevano, hanno
cominciato ad essere delegittimati e offesi i magistrati
giudicanti: tutte le volte in cui sono stati chiamati a
occuparsi di processi sgraditi e hanno deciso in maniera
contrastante con le aspettative degli interessati. Alla
fine, lattacco - da Lei personalmente condotto con
un intervento televisivo a reti unificate - si è
addirittura rivolto contro le Sezioni unite della Cassazione,
massimo organo giudiziario del nostro sistema, colpevole
di non aver applicato la legge Cirami come Lei
e altri si aspettavano. Il problema, allora, non è
costituito da singoli procuratori.
Lattacco è, per così dire, a geometria
variabile, nel senso che può subirlo qualunque
magistrato - pubblico ministero o giudice, quale che sia
la città o lufficio in cui opera - ogni volta
che abbia la sfortuna (spiace dirlo: ma è ormai questa
la parola giusta) di imbattersi in vicende delicate. Ciò
pone una serie di interrogativi ineludibili. E giusto
gettare pregiudizialmente fango su un magistrato sol perché
indaga o eventualmente condanna - per fatti specifici -
un personaggio pubblico? E, viceversa, è giusto applaudire,
sempre a priori, il magistrato che assolve quellimputato?
Quando si tratta di personaggi di peso (imputati
ripeto - per fatti specifici e non certo per il loro status)
giustizia giusta è, per definizione, solo quella
che assolve? Ragionando in questo modo, non si sovvertono
le regole fondamentali della giustizia? Non si incide sulla
serenità di giudizio? Dove sta la linea di confine
fra attacco e intimidazione?
Aggiungo una considerazione specifica. Recentemente
la Corte dappello di Palermo ha dichiarato estinto
per prescrizione il reato di associazione per delinquere
ascritto al sen. Andreotti, per il periodo antecedente la
primavera 1980, affermando di non poter pronunciare una
assoluzione nel merito perché i fatti emersi nel
processo "
indicano una vera e propria partecipazione
allassociazione mafiosa, apprezzabilmente protrattasi
nel tempo". Non sta a me dire se queste conclusioni
siano giuste o sbagliate, ma è difficile contestare,
alla luce delle stesse, una realtà: i pubblici ministeri
che hanno istruito il processo non hanno fatto altro che
il loro dovere, traendo, da una massa di elementi di fatto,
le conseguenze previste dalla legge.
Mentre non agire sarebbe stato illegale e scorretto
- ancorché comodo - e avrebbe fatto perdere credibilità
a tutte le altre inchieste condotte (anche quelle che hanno
consentito alla magistratura palermitana di infliggere,
nel triennio 2000-2002, ben 378 ergastoli per delitti di
mafia). A fronte di questa realtà, è ingiusto
impiegare slogan privi di consistenza per svilire una attività
giudiziaria doverosa a capitolo di un gioco della politica:
in cui i magistrati sarebbero semplici pedine, asservite
a strategie eterodirette e finalizzate alla supremazia di
una parte contro laltra. Si può davvero pensare
che i rapporti fra mafia e politica in Italia, in
Sicilia siano una invenzione interessata?
Entrare in simili ragionamenti (anche solo per difendersi
da vuote accuse) costa molta fatica, ma tacere sarebbe profondamente
ingiusto: per me personalmente e per qualunque altro magistrato,
posto che linvestitura popolare non dà a nessuno
- neppure a Lei - il diritto di offendere. Per questo ho
deciso di scriverLe e di rispondere alle Sue dichiarazioni
pur nel rispetto dovutoLe - con inflessibilità
pari alloffesa che esse possono rappresentare per
la libertà e dignità professionale mia e di
altri magistrati. E non sono mi creda preoccupazioni
che si possano liquidare accusando di pazzia
chi osa esprimerle.
Con ossequio
Gian Carlo Caselli
9 settembre 2003
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