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Non ci siamo persi di vista.
Milano, 23 giugno 2008, la prima manifestazione contro il ritorno del Caimano


1. Siamo di nuovo qui. Ne avremmo fatto volentieri a meno. Avremmo anche tante altre cose importanti e divertenti da fare. Ma invece siamo di nuovo qui. Dobbiamo essere di nuovo qui. Perché Berlusconi ha ricominciato i suoi (eterni) attacchi alla legaltà e noi non possiamo accettare in silenzio.

Lo sapevamo. Non siamo stupiti. La avevamo detto e scritto (anche su societacivile.it) subito dopo le elezioni. È il ritorno del Caimano. È sempre lui, reso semmai più cattivo dal paese diventato sempre più simile a lui. A lui interessano, lo sappiamo, due cose: la roba (cioè le sue tv) e la giustizia. È bastato poco per avere la conferma dei fatti, contro quelli che lo credevano - chissà perché - miracolosamente trasformato in statista.

2. Appena arrivato a Palazzo Chigi, ha cominciato subito cercando di inserire di soppiatto una norma salvaretequattro. La Lega lo ha fermato, questa volta. Ma il tentativo è solo rimandato. Poi ha lanciato la legge contro le intercettazioni. Che toglie uno strumento formidabile d'indagine ai magistrati per garantire l'impunità di casta. È una legge ad personam, ma collettiva, questa volta. Salva Berlusconi insieme a tutta l'élite politica che vuole essere certa di poter restare impunita. Ma non impedisce solo le intercettazioni. Impedisce la pubblicazione di TUTTE le notizie su qualunque indagine fino all'inizio del processo. Vuol dire che non avremmo potuto né scrivere né leggere una riga sulla clinica degli orrori di Milano. Nulla su Calciopoli. Che solo oggi, tre anni dopo i fatti, potremmo cominciare a sapere qualcosa sui Furbetti del quartierino (nel frattempo Antonio Fazio sarebbe ancora governatore della banca d'Italia e Stefano Ricucci sarebbe il padrone del Corriere della sera). Solo oggi potremmo sapere qualcosa sul rapimento Cia-Sismi di Abu Omar e sui dossier di Pio Pompa. Negli Stati uniti vengono arrestati i banchieri coinvolti nella crisi dei subprime. In Italia non sarà possibile non dico arrestare, ma neanche intercettare i sospettati di bancarotta. E comunque, non si potrà raccontare le eventuali indagini a loro carico. Questa non è una legge contro i giornalisti, ma contro i lettori, contro i cittadini. Una legge che impedisce la formazione della pubblica opinione. Questo è bavaglio. Questa è censura. Questo è regime.

Poi è arrivata la legge bloccaprocessi, nascosta dentro il decreto sicurezza, che così diventa il decreto Sicurezza per Silvio. Bloccare tutta la macchina giudiziaria, con danni enormi per la giustizia e per la sicurezza, creare il caos e l'intasamento futuro nei tribunali, per fermare il processo Mills in cui Berlusconi è imputato di aver corrotto un testimone.

E poi ancora gli attacchi ai magistrati, quelli d'accusa e quelli giudicanti. Attacchi all'autonomia del Csm. E infine (per ora!) varo di un nuovo lodo Schifani, che renda improcessabile Berlusconi. Anche qui: non sono leggi contro i magistrati, ma contro i cittadini, che non avranno più leggi uguali per tutti.

Quando si attaccano i due sistemi di controllo del potere, la giustizia e l'informazione, la magistratura e la stampa, la democrazia cambia natura e diventa regime.

3. Era così difficile prevedere che il caimano non avrebbe smentito se stesso? Era così difficile capire che Berlusconi non vuole il dialogo, ma la resa degli oppositori? Era così difficile constatare che Berlusconi vuole usare questa legislatura per cambiare i connotati alla nostra democrazia? Era così difficile vedere quello che Silvio è ed è sempre stato, interessato a salvare le sue tv e ossessionato dai giudici perché non riesce neppure a pensare che lui, una volta avuti i voti, possa essere soggetto alla legge come qualunque cittadino. Questa è la democrazia. E questa è la ragione per cui a Berlusconi la democrazia va stretta. Ma era così difficile vedere quello che da 15 anni è sotto gli occhi di tutti?

Non era difficile. Eppure i nostri rappresentanti in Parlamento (almeno la maggioranza di essi) non hanno previsto e non vogliono vedere. Veltroni insiste con il dialogo e convoca manifestazioni a giochi già fatti, per quando la partita sarà già persa. Fassino dichiara che in fondo il lodo Schifani non fa così schifo, se poi Berlusconi non si ripresenta alle elezioni. Ma infatti lui non vuole più ripresentarsi alle elezioni, vuole diventare presidente della Repubblica.

E Anna Finocchiaro proclama in Parlamento: «Berlusconi avrebbe potuto comportarsi da statista e da una persona attenta alle sorti del Paese. Non lo ha voluto fare. Trovo che sia un fatto grave». Sì, è grave. È grave scambiare Berlusconi per statista. Inseguire un Berlusconi inesistente. L'opposizione ha deciso di convivere con lui, di vivere nei comodi interstizi che Berlusconi sa garantire a chi non fa l'opposizione sul serio. «Con questi non vinceremo mai», disse tanto tempo fa Nanni Moretti. Aveva ragione.

Eppure la maggioranza è già qui con noi. La maggioranza degli elettori di centrosinistra è insoddisfatta della non opposizione di Veltroni (sondaggio di Renato Mannheimer sul Corriere). Il 65% degli elettori di centrosinistra si schiera con nettezza contro il cosiddetto dialogo con Berlusconi (piace "poco" al 20%, "per nulla" al 45%). Due elettori su tre del dialogo col Caimano non vogliono proprio sentir parlare (sondaggio di Pagnoncelli). E allora costringiamo il ceto politico a seguire la maggioranza dei suoi elettori. Perché il Caimano è tornato. Ma il Caimano di può fermare.

Giugno 2008




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