È una guerra,
daccordo. Ce lo hanno detto e ce lo ripetono. Ma è
una guerra difficile da capire. E non soltanto perché
il nemico, per la prima volta, non è uno Stato con
un territorio da invadere e un esercito visibile da fronteggiare.
Sono proprio difficili da capire tanti personaggi e tanti
meccanismi di una guerra fatta di nemici che fino a ieri erano
amici; di uninformazione che perde molti dei suoi strumenti
e viene intossicata, dalle due parti, dalla disinformazione;
di una crisi economica e finanziaria su cui qualcuno ha speculato;
di misure impopolari fatte passare in silenzio approfittando
del momento drammatico; di soldi cattiviche circolano
insieme ai soldi dei buoni negli stessi circuiti
off-shore...
La pista dei soldi. Il presidente americano George W.
Bush ha decretato guerra - anche finanziaria - al network
di
Osama bin Laden, congelando
i beni negli Stati Uniti di 27 gruppi. Interrompere il canale
dei soldi è effettivamente il modo più efficace
per bloccare una multinazionale, come per bloccare una organizzazione
mafiosa. E la struttura di bin Laden è una multinazionale,
e assomiglia molto al modello delle grandi organizzazioni
mafiose: potenze ufficialmente senza un territorio, ma con
un esercito, una finanza, una politica... E ottimi rapporti
con apparati statali.
La federazione islamica che fa capo a bin Laden ha una
struttura a rete che unisce il suo movimento, Al Qaeda, ad
altri gruppi mediorientali, asiatici e nordafricani, tra cui
il Gspc (Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento),
la Al Jihad egiziana, il Gia algerino, il Gruppo libico islamico
combattente, il Takfir Wal Hidijra (Esilio e anatema), il
filippino Abu Sayaf, lindiano Harakat Ul-Mujahidin,
il libanese Asbat Al Ansar, il somalo Al Itihaad Al Islamiya,
lo yemenita Esercito islamico di Aden, il Movimento islamico
uzbeko. Molto articolata la struttura finanziaria. Utilizza
il metodo tradizionale della awalla, il circuito
internazionale dellaiuto islamico che attraversa il
mondo intero, di moschea in moschea, senza lasciare tracce,
e organizzazioni caritative islamiche come Wafa, Al Rashid,
Makhtab Al Kidmat... Ma è ben inserita anche nei mercati
occidentali. Dispone di un proprio comitato finanziario che
fino a pochi anni fa gestiva una propria società di
trading, la Taba Investment. Oggi fa lavorare prevedibilmente
decine e decine di consulenti finanziari sparsi nei punti
sensibili della finanza mondiale.
Uno dei centri della multinazionale di bin Laden è
la banca Al Shamal Islamic Bank, decollata grazie alleredità
che il padre ha lasciato a Osama e che si stima fosse attorno
ai 300 milioni di dollari. Al Shamal ha partner di tutto rispetto,
che intrecciano indissolubilmente le finanze di Osama con
quelle del mondo arabo: tra i soci, la Dubai Islamic Bank;
e la Dar Al Maal Al Islami, una banca diretta da un principe
saudita che è cugino di re Fahd. Meno raccomandabile,
invece, un altro partner di Osama: quel
Khaled
bin Mahfuz considerato uno degli uomini chiave dello
scandalo Bcci e proprietario di un patrimonio valutato almeno
2,4 milioni di dollari. Osama si è strettamente legato
a Mahfuz, anche sposandone una figlia. Insieme, Osama e Mahfuz
controllano una delle maggiori banche saudite, la National
Commercial Bank, con base a Gedda, oltre alla Saudi Sudanese
Bank, la Saleh Idris, la Al Shifa. Bin Laden ha anche una
struttura industriale. La holding Wadi Al Aquiq controlla
aziende elettriche, impianti agroalimentari, case editrici.
Ha filiali nei Paesi arabi, in Sudan, in Kenya.
Una rete finanziaria così strutturata non può non
avere basi e consulenti in Europa e in America. Gli Stati
Uniti hanno messo sotto osservazione banche di serie A come
le americane Chase Manhattan, American Express, Citybank,
Bank of New York, le inglesi National Westminster e Hsbc,
le tedesche Dresdner e Kleinworth, le francesi Bnp e Paribas.
più inafferrabili le catene di shell company,
le società guscio di conchiglia, che da queste banche
vanno nei paradisi fiscali e societari, a Cipro, a Singapore,
nelle Isole del Canale, a Vaduz, nei Caraibi. A Parigi esiste
una finanziaria Sba, che controlla una fiduciaria Sba in Svizzera.
Lugano era domiciliata una società finanziaria, la
Al Taqwa, con sede legale alla Bahamas e per lungo tempo sospettata
di gestire fondi di bin Laden; dal 5 marzo 2001 ha cambiato
nome, si chiama Nada Management ed è stata presieduta
da
Youssef Mustafa Nada, che
è membro (insieme a molti influenti personaggi, tra
cui
Edward Luttwak) della Commissione
di programma del Centro Pio Manzù, un organismo di
studi geopolitici finanziato dallOnu.
Il modello vincente. La più grande potenza economica
e militare del mondo è tenuta sotto scacco da una oscura
organizzazione di cui poco o niente si sa. È la rivincita
di un modello organizzativo che noi in Italia conosciamo bene:
il network criminale. Cosa nostra, nel suo piccolo, ha sviluppato
un modello di grande efficacia, che lha portata a realizzare
grandi affari, ad accumulare immense ricchezze, a creare una
insospettabile rete di riciclaggio internazionale in cui sono
stati coinvolti banchieri di rango come
Sindona
e
Calvi, a stringere alleanze
con altri gruppi criminali (Ndrangheta, Camorra, Banda
della Magliana, fornitori turchi...). Ma anche a sedersi al
tavolo (
Riina lo chiamava u
tavulinu) con imprenditori e politici per decidere insieme,
da pari a pari, la spartizione degli appalti pubblici; e ad
avere rapporti di scambio con la politica e gli apparati della
Stato. La potenza militare della mafia siciliana si è
espressa con una serie di attentati e stragi che noi tendiamo
a dimenticare, ma che in una quindicina danni hanno
eliminato in Sicilia i più attivi esponenti dei carabinieri
(il capitano Emanuele Basile) e della polizia (il vicequestore
Boris Giuliano, il capo della
sezione latitanti
Beppe Montana,
il vicequestore della squadra mobile
Ninni
Cassarà); i più alti esponenti delle
istituzioni, dal presidente della Regione (
Piersanti
Mattarella) al prefetto di Palermo (
Carlo
Alberto dalla Chiesa); e poi una lunga serie di magistrati,
il capo della Procura della Repubblica (
Gaetano
Costa), i vertici dellUfficio istruzione (prima
Cesare Terranova, poi
Rocco
Chinnici), un giudice dappello (
Antonino
Saetta) e un sostituto procuratore generale di Cassazione
(
Antonio Scopelliti); in più,
i principali esponenti siciliani del partito di governo (
Michele
Reina, segretario provinciale della Dc di Palermo)
e di quello dopposizione (
Pio
La Torre, segretario regionale del Pci). Nei primi
anni Novanta, poi, la Cosa nostra di Totò Riina ha dichiarato
guerra direttamente allo Stato, con una serie di bombe a Firenze,
Roma e Milano, per intavolare una trattativa con non ancora
identificati rappresentanti delle istituzioni. I Narcos colombiani
non sono stati da meno. Ora il network di Osama applica e
sviluppa lo stesso modello criminale, che si è dimostrato
estremamente feroce, ed estremamente efficace. Anche il narcotraffico
unisce mafie e internazionale islamica, se è vero che
Osama controlla, o almeno ha controllato fino a qualche tempo
fa, loppio della zona dellAfghanistan, cioè
più della metà del mercato delleroina
diffusa nel mondo. Con il modello mafioso condivide unultima
caratteristica: il rapporto ambivalente e altalenante con
i poteri legali e con coloro che ufficialmente sono gli avversari:
la Cia ha usato gli estremisti islamici in Afghanistan in
funzione antisovietica e li ha tollerati in Cecenia in funzione
antirussa (come Cosa nostra è stata usata in Italia
in funzione anticomunista). Poi i poteri segreti messi in
campo si animano e pretendono autonomia, anche ribellandosi
ai loro apprendisti stregoni.
La strana storia dei nemici che erano amici. George
W. Bush in persona è stato socio di un bin Laden.
Lo ha raccontato Giancarlo Radice sul Corriere della sera:
lattuale presidente degli Stati Uniti ha avuto due partner
daffari arabi di nomes
Salem bin
Laden e
Khaled bin Mahfuz.
Entrambi sauditi e vicini alla famiglia reale, avevano investito
nella società petrolifera acquistata da Bush alla fine
degli anni Settanta, la Arbusto Energy. Salem bin Laden è
uno dei fratelli di Osama. Khaled bin Mahfuz è uno
dei protagonisti del più grande pasticcio politico-criminal-finanziario
del Novecento, lo scandalo della banca Bcci, e ora si dice
sia uno degli alleati di Osama. Giunto in Texas nel 1973,
Salem stringe rapporti con
George Bush
padre: questi rapporti sono il lasciapassare per fare soldi
in America. In un intricato intreccio di affari, politica
e servizi segreti: Bush senior è fin dai primi anni
Sessanta uomo della Cia, di cui diventa direttore nel 1976;
poi nel 1981 passa da Langley alla Casa bianca, prima come
vice di
Ronald Reagan e poi come
presidente degli Stati Uniti. Per gli affari, Bush senior
indirizza gli amici dal figlio, George W. (lo ha raccontato
bene
Riccardo Romani, su Diario
del 22 settembre 2000). Gli amici di papà mettono i
soldi, e Bush jr li spende, per lo più in affari che
vanno male. Socio di Bush jr nella Arbusto è il compagno
di college e amico
James Bath,
informatore della Cia e uomo daffari in ottimi rapporti
con gli arabi Salem bin Laden e Khaled bin Mahfuz. È la Cia
a far sopravvivere le piccole compagnie aeree di Bath, facendole
lavorare per la Air America, società di copertura dellAgenzia.
Ed è Bath a far arrivare nella Arbusto Energy i soldi
dei due sauditi. La società cambia più volte
nome, diventa Bush Exploration Oil e infine Harken Energy,
ma gli affari non vanno bene e per un paio di volte si sfiora
addirittura il fallimento. La società però alla fine
è sempre salvata dagli amici della politica di Washington
o da quelli degli affari di Riad. La Harken, per esempio,
che non aveva mai estratto una goccia di petrolio in mare,
scalza a sorpresa ben più esperti concorrenti e riceve
una commessa miliardaria dal governo del Bahrein, per lestrazione
da piattaforme off-shore. Ma il bello di questa avventura
imprenditoriale arriva quando esplode lo scandalo Bcci: viene
alla luce il gioco sporco in cui erano coinvolti sia James
Bath, sia Khaled bin Mahfuz. La banca, si scopre, era la più
grande lavanderia del mondo per i soldi sporchi del traffico
di droga e di armi, ma serviva a coprire anche la operazioni
della Cia nellIran di
Komeini
e nellIraq di
Saddam, a
finanziare i Contras antisandinisti in Nicaragua e i mujahidin
antisovietici in Afghanistan.
Allevare i carnefici. Il gioco pericoloso tra buoni e
cattivi sembra essere continuato anche nella guerra segreta
tra terroristi islamici e occidente. Alcuni dei dirottatori
degli attacchi dell11 settembre erano ex allievi di
scuole militari americane, due in Texas, una in Florida, una
in Alabama. LFbi sta controllando che non si tratti
di omonimia o di scambio di nomi. Ma certo non è omonimia
quella di
Ali Mohamed detto
Jeff,
istruttore dei terroristi di Osama bin Laden, reo confesso
degli attentati contro le ambasciate americane in Africa,
che prima è stato ex sergente dellEsercito degli
Stati Uniti. È stato ripetuto fino alla noia che lo stesso
Osama, del resto, fu armato e usato dalla Cia, in Afghanistan,
per indebolire e sconfiggere i sovietici. Gli Usa hanno di
fatto allevato i loro (i nostri) carnefici. Speculare sulla
morte. Lopacità del sistema finanziario internazionale,
secondo cui i soldi non devono avere odore, permette anche
ai cattivi di espandersi e arricchirsi. così
le reti di Osama si sviluppano dentro gli stessi canali che
sono le radici del Diavolo occidentale.
E così qualcuno che sapeva dellattacco ha
potuto speculare sui titoli di Borsa nei giorni precedenti
l11 settembre, portando a casa plusvalenze miliardarie:
è lipotesi su cui sta indagando lFbi insieme
alla Sec (la Security Exchange Commission, lorganismo
di controllo della Borsa americana). Effettivamente alcuni
titoli hanno subìto dei crolli nelle Borse occidentali, proprio
nei giorni immediatamente precedenti lattacco a New
York e Washington. Particolarmente impressionanti le cadute
azionarie delle compagnie leader della riassicurazione, le
europee Munich Re, Axa e Swiss Re. Il titolo Munich, per esempio,
in tre giorni, dal 4 al 7 settembre, era passato da 309,01
a 269,97 euro, con un calo di quasi il 13 per cento. Lipotesi
di lavoro è che qualcuno abbia deciso di vendere allo
scoperto: vendo oggi, al prezzo di oggi o leggermente inferiore,
titoli che non ho e che pagherò solo tra alcuni giorni,
al prezzo che ci sarà allora. È una scommessa
sul calo dei giorni successivi. Per chi sapeva dellattentato,
la scommessa era facile: sapeva che i mercati avrebbero reagito
con un crollo, particolarmente sensibile nel settore dei titoli
assicurativi, che sarebbero stati penalizzati dai premi che
le compagnie avrebbero dovuto pagare per le distruzioni e
le migliaia di morti.
Voglia di complotto. Una guerra è anche propaganda
e disinformazione. così hanno cominciato a circolare,
nel mondo islamico ma anche in Occidente, le più pittoresche
teorie del complotto. È stata la Cia, è stato
il Mossad, sono stati i cinesi, o i russi... In alcuni ambienti
islamici si è diffusa la notizia che non vi è
alcun ebreo tra le vittime di New York e questa sarebbe la
prova che lattentato sarebbe stato organizzato da Israele.
La notizia è falsa: sono invece centinaia. Ma alcuni
commentatori del mondo arabo insistono sui complotti. Prima
tesi: è stata la Cia. Scrive per esempio
Samir Atallah, commentatore del quotidiano arabo stampato
a Londra Al-Sharq Al-Awsat: Io ho un sotterraneo sospetto
che Bush sia coinvolto nelloperazione dell11 settembre,
come Colin Powell. Bush vinse le elezioni con una minuscola
maggioranza che non avrebbe vinto nel Consiglio di una piccola
cittadina nel sud dellEgitto. È un uomo che non
sa neppure il nome del presidente del Pakistan. Ma dopo l11
settembre Bush è lunico presidente americano
dai tempi di
Roosvelt ad avere
dietro di sé entrambi i partiti degli Stati Uniti.
E
Colin Powell ha il destino
di essere colui che ha dichiarato guerra con entrambi i George
Bush, il vecchio e il giovane.
Seconda tesi: è stato Israele. Lo scrive, tra gli altri,
Ahmad Al-Muslih sul giornale
giordano Al-Dustour: Il risultato delle operazioni suicide
in New York è, secondo la mia opinione, spingere il
popolo americano, il presidente Bush e la Nato a sottomettersi
ancora di più allideologia sionista ebraica.
E il commentatore giordano
Rakan Al-Majali,
sempre su Al-Dustour: è chiaro che è solo
Israele a beneficiare grandemente della sanguinaria e disgustosa
operazione di terrore. Chi mai negli Stati Uniti o fuori avrebbe
il coraggio di accusare gli ebrei, dato che qualunque attacco
contro di essi sarebbe un nuovo Olocausto?.
Terza tesi: sono stati i nazisti americani, o i giapponesi,
o i cinesi, o i russi, o i no-global. Scrive
Nur Al-Din Sate sul giornale libanese Al-Safir:
Forse gli organizzatori dellattacco appartengono
alle locali milizie americane. Scrive il commentatore
siriano
Hassan M. Yussef su Tishrin:
Cè la possibilità che questo sia
un atto di antico castigo. La tragedia di Hiroshima e Nagasaki
è risorta sessantanni più tardi?.
Scrive
Abd Al-Jabbar Adwan su
Al-Sharq Al-Awsat: I benefici per la Russia e la Cina
di questo terrore diventeranno noti solo fra chissà
quanto tempo. Scrive il giornalista britannico
Patrick Seale sul quotidiano stampato a Londra Al Hayat:
In giro per il mondo cè un movimento in
sviluppo di attivisti contro la globalizzazione e ci sono
anche terroristi ecologici i quali ritengono che le politiche
statunitensi stiano mettendo in pericolo il futuro della Terra.
Lodore dei soldi. Per battere i terroristi, bisogna
prosciugare i loro conti. Ora lo dice Bush, ma lo sa bene,
e non da ora, anche
Bernard Bertossa,
il procuratore generale di Ginevra che conosce bene i meccanismi
del riciclaggio internazionale del denaro sporco (ha condotto,
tra laltro, lindagine sul Russiagate). Intervistato
da Radio France Info su come combattere i flussi finanziari
che alimentano il terrorismo, Bertossa ha risposto di essere
pessimista: Stento a vedere il signor
Berlusconi
o la famiglia reale dellArabia Saudita trasformarsi
di colpo in nemici del denaro sporco. Lei capisce che cosa
voglio dire. Se oggi un giudice francese o svizzero cerca
di sapere se bin Laden è titolare di un conto in una
banca di Riad, non avrà risposta. Su questo piano resto
piuttosto pessimista. Non vedo come la comunità internazionale
potrebbe privarsi di petrolio per costringere i Paesi del
Golfo ad aprire i loro conti bancari.
Bisognerebbe proseguire il ragionamento anche sullaltro
nome fatto, come esempio, da Bertossa: se un giudice italiano
o spagnolo volesse cercare di capire chi si muove dietro lintreccio
di una complicata serie di società off-shore, non troverà
grande aiuto dal governo italiano, che sta anzi varando norme
per rendere ancora più difficile risalire ai reali
operatori, dunque più difficile anche la caccia al
denaro sporco. Le nuove norme in discussione in Parlamento
sul falso in bilancio rendono le società meno controllabili,
meno trasparenti. Tutte le società: anche quelle fatte
con soldi mafiosi, anche quelle in cui scorrono i soldi dei
terroristi. Le nuove norme sulle rogatorie internazionali,
anchesse in discussione in Parlamento, rendono praticamente
impossibile usare nei processi italiani informazioni che provengono
dallestero. In tutti i processi: non solo quelli che
coinvolgono il signor Berlusconi e i suoi amici, ma anche
quelli relativi a trafficanti di droga internazionali, o terroristi
di bin Laden. Èlennesimo conflitto dinteressi
di Berlusconi: per salvare se stesso, rende più difficile
la lotta alla mafia e al terrorismo. Adesso, sotto la pressione
delle richieste americane ed europee, dovrà arrabattarsi
per trovare una soluzione: potrebbe essere una doppia velocità,
leggi morbide per sé, più dure per i terroristi.
Ma la legge non doveva essere uguale per tutti?
Italia controcorrente. I Paesi europei, sotto la pressione
americana, varano il mandato di cattura europeo, che permette
di arrestare in qualsiasi Paese del continente un terrorista
ricercato. LItalia intanto lavora in direzione esattamente
opposta: le nuove norme sulle rogatorie, una volta definitive,
renderebbero più difficile la collaborazione tra le
magistrature dei diversi Paesi e potrebbero addirittura azzerare
anche gran parte dei processi in corso istruiti con rogatorie:
perché molti scambi di atti sono avvenuti via fax o
con contatti diretti tra i giudici, quindi secondo le nuove
regole non sono validi. Il procuratore generale della Repubblica
a Milano,
Francesco Saverio Borrelli,
il 21 settembre si è recato al Quirinale. Nessuna indiscrezione
è trapelata sul suo incontro con il capo dello Stato
Carlo Azeglio Ciampi, ma sembra che largomento
trattato sia stato proprio le riforme che stanno togliendo
strumenti di lavoro ai magistrati, dal falso in bilancio alle
rogatorie. Il successore di Borrelli, il procuratore della
Repubblica
Gerardo DAmbrosio,
benchÈ messo sotto inchiesta disciplinare dal ministro della
Giustizia
Roberto Castelli, il
giorno dopo quellincontro al Quirinale ha dichiarato:
Non posso tacere: io servo lo Stato e in gioco cè
linteresse di tutti. Soprattutto oggi, con lemergenza
terrorismo, non è possibile mettere a rischio la collaborazione
internazionale per tutelare interessi particolari. Allora
dico che per il bene del Paese sarebbe meglio decidere che
durante lespletamento del mandato parlamentare i procedimenti
relativi a parlamentari siano sospesi.
Intanto Berlusconi. Certo che la nuova situazione porta
a Berlusconi, da una parte, nuovi rischi e nuove difficoltà,
ma dallaltra qualche problema glielo risolve. Se non
manterrà le promesse elettorali (pensioni più
alte, meno tasse per tutti...), la colpa sarà della
guerra, della crisi. La finanziaria potrà essere una
finanziaria di guerra, molti soldi saranno dati ai militari
e ai servizi segreti: in passato hanno dimostrato di spenderli
assai male, ma questa volta sarà pressocchÈ impossibile
controllarlo, perché tutti i servizi (e perfino la
protezione civile) saranno centralizzati sotto il controllo
diretto della presidenza del Consiglio. E mentre tutte le
attenzioni sono concentrate sul terrorismo, in Italia passano
cose indegne: come la relazione di maggioranza sul G8 di Genova,
che dice che non è successo niente (ma allora perché
il governo ha già cacciato tre superpoliziotti?). E
potrà essere tolta la scorta ai magistrati a rischio,
come
Ilda Boccassini a Milano
e magari anche
Salvatore Boemi
a Reggio Calabria, mentre resta ai politici che vivono la
nuova dolce vita romana, tra cene, feste e discoteche.
Né con Bush, né con Osama? In molte parti
del mondo, dopo lattacco a New York e Washington, si
è ripresentato in forze lantiamericanismo, quel
riflesso condizionato anti-Usa che scatta anche in molti ambienti
della sinistra italiana (e, in verità, non solo della
sinistra): per storia, per tradizione culturale, oltre che
per i ciclopici errori commessi nel mondo dagli Stati Uniti
dal dopoguerra a oggi. Qualcuno dice apertamente: né
con Bush, né con Osama. Ma non è possibile
restare neutrali, come non era possibile essere né
con lo Stato, né con le Br. Bush non ci piace,
come non ci piaceva ieri lo Stato assaltato dalle Br e come
non ci piace oggi lo Stato attaccato dalla mafia. Ma ci piace
la democrazia, che è una cosa difficile, sempre imperfetta
e sempre perfettibile, ed è una e indivisibile: ci
sono momenti in cui neutralità significa, semplicemente,
lasciare spazio ai nemici della democrazia. E oggi è
necessario, per difendere la democrazia, stare con gli Stati
Uniti, come è stato necessario difendere lo Stato dalle
Br, come ancora è necessario difenderlo dalla mafia.
Stare con gli Stati Uniti, questa volta aggrediti e non aggressori,
non significa stare con Bush, ma difendere la nostra democrazia:
sarà imperfetta e contraddittoria, ma è lunica
che abbiamo. Questo non significa, naturalmente, che tutti
i mezzi siano buoni soltanto perché buonoè
il fronte in cui si è scelto di stare: non era accettabile
la tortura contro i brigatisti, come non sarebbe accettabile
unazione indiscriminata contro lIslam o contro
le popolazioni civili.
Memoria della guerra non ortodossa. È
vero che questa guerra è una guerra nuova. Ma non è
vero che la prima guerra del terzo millennio è assolutamente
incomparabile con i conflitti precedenti. LOccidente
ha già combattuto una guerra per alcuni aspetti simile
a quella che ora ha iniziato: la guerra non ortodossa
contro il comunismo. Certo, lo scenario era radicalmente diverso
perché allora esisteva un nemico di tipo tradizionale,
con un territorio e un esercito: lUnione Sovietica.
Ma poiché quel nemico aveva quinte colonne
dentro i Paesi democratici, e il conflitto tradizionale era
proibito dal pericolo atomico, la guerra è stata combattuta
per decenni anche con metodi non tradizionali:
di guerra psicologica, controguerriglia,
controterrore, dicevano i suoi teorici. Ora che
quella guerra è finita, potremmo serenamente imparare
a evitare di ripeterne gli errori: lossessione anticomunista,
le limitazioni e le sospensioni degli spazi democratici, lutilizzo
di personale sbagliato (i fascisti, la criminalità
organizzata), gli effetti collaterali (gli assassinii
e le stragi). E non solo perché tutto ciò è
immorale, ma perché si è dimostrato controproducente:
invece di sconfiggere più rapidamente il comunismo,
lo ha nutrito, lo ha alimentato, ha fatto diventare comunisti
milioni di persone che semplicemente volevano lavoro e democrazia,
che erano indignati per i metodi antidemocratici, le manovre
sotterranee, le illegalità di Stato, le uccisioni,
le bombe nelle banche, sui treni, nelle stazioni. Riusciremo
a non ripetere quella storia?
(da Diario, 28 settembre 2001)