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Il nazista che scriveva sul Corriere
Chi è
Pio Filippani Ronconi? Che cosa sa delle stragi italiane il
professore nazista che ha lavorato per i servizi segreti,
ha teorizzato e praticato la guerra non ortodossa e, chiamato
da Armando Torno, è finito a scrivere fumisterie orientali
sul Corriere della sera?
SS-Obersturmführer
Graf Pio Filippani-Ronconi del
1. Sturmbrigade der Italienischen Freiwilligen Legion
e in seguito SS-Sturmbrigade Italia
Orientalista, autore di molti libri, nellautunno
2000 è chiamato a collaborare alle pagine culturali del
Corriere della sera dal nuovo responsabile della cultura Armando
Torno. Sul Corriere scrive due pezzi, l8 ottobre 2000
e il 13 gennaio 2001. Il 16 gennaio un lettore, che si firma
Paolo Zanon, invia allindirizzo elettronico di Beppe Severgnini
una e-mail che dice: ho letto sul Corriere del 9 gennaio che
«1.500 ex nazisti delle Ss vivono indisturbati in Gran
Bretagna». A Londra sono seguite interrogazioni parlamentari.
Qui da noi, invece, cè un nazista che scrive sul
Corriere e nessuno dice niente. Il lettore fornisce anche un
indirizzo web, in cui appare una foto di un giovane Filippani
Ronconi in divisa delle Waffen Ss. Il messaggio del lettore
arriva al comitato di redazione del Corriere, che fa qualche
ricerca e scopre che Filippani Ronconi, oltre che ex Waffen
Ss, è anche citato negli atti dellultima indagine
sulla strage di Piazza Fontana. Si precipita dal direttore:
Ferruccio de Bortoli, secondo il resoconto del Cdr, afferma
di considerare lepisodio «grave» e chiede
una relazione sul caso al responsabile della Cultura, Armando
Torno. Intanto, decide la sospensione sine die della collaborazione
di Filippani Ronconi.
Torno risponde di aver chiamato lorientalista
a collaborare su consiglio della casa editrice Bollati Boringhieri.
Torno, appena arrivato al Corriere (spinto da Paolo Mieli),
ha riempito le pagine culturale del quotidiano, un tempo laico,
di articoli revisionisti e di varie teologie. Davvero Torno
non conosceva Filippani Ronconi? Eppure aveva già pubblicato
sul Sole 24 ore, nellottobre 1999, un elogio del professore,
a proposito del libro La spada e la corona, pubblicato
da una piccola casa editrice di estrema destra.
La notizia della sospensione esce subito dalle mura
del Corriere e il 18 gennaio arriva sulle pagine web del sito
Il Barbiere della sera, che pubblica integralmente il comunicato
del Cdr in cui viene ricapitolata la vicenda. Subito dopo,
il Foglio e Libero cominciano una campagna contro il «maccartismo
di sinistra». Evocano una caccia alle streghe contro
gli intellettuali «politicamente scorretti». Parlano
di «intolleranza di sinistra», «violenza
morale», «fantasmi di zdanovismo», «atto
di epurazione», «campagna di illibertà
culturale al Corriere». Descrivono Filippani Ronconi
come un innocuo studioso di lingue e culture orientali con
un lontano passato forse deprecabile, ma oggi tutto impegnato
a raccontare come limperatore cinese desse inizio allanno
arando personalmente un campo, o come nelle antiche concezioni
orientali la terra sia sacra se luomo la feconda. Riflessioni
inoffensive distillate da un guerriero esoterico, un pensatore
anacronistico, lultimo dei soldati, un inattuale samurai.
Un conte. Ma soprattutto un sapiente: che conosce il sanscrito,
larabo, il persiano, laramaico; che parla il tedesco,
lo spagnolo, il turco; che di lauree ne ha una raccolta e
di libri ne ha pubblicati una mezza biblioteca.
Culmine della difesa-glorificazione dell(ex?) nazista
è un incontro diretto tra Pio Filippani Ronconi e Pietrangelo
Buttafuoco, sulle pagine del Foglio (sabato 27 gennaio, giornata
della Memoria). è la ricomposizione di due anime del
postfascismo: il vecchio professore racconta, coccolato dal
giovane giornalista, la sua storia di combattente, di eterno
soldato, lultimo dei guerrieri. «Sono celebre
nel tirare il pugnale, solo io tra i ragazzi dellEsercito
italiano potevo tenere testa alla bravura dei siciliani e
dei calabresi con il coltello, anzi, insegnavo loro come sgozzare
un uomo senza perdere tempo». Estetismo della guerra.
Cupo gusto della morte. Misteri iniziatici. Pantheon di dei.
Il resoconto di Buttafuoco lascia la sensazione che la casa
del conte sia una sorta di magazzino teatrale del sincretismo,
un tempio in cui convivono innumerevoli figure del sacro,
da Krsna a Padre Pio: «Ma le divinità che mi
assistevano nel conflitto erano soprattutto Odino ed Hermès»,
racconta il conte. «Uno mi dava la potenza distruttiva,
laltro invece mi insegnava a strisciare sotto il fuoco
nemico per raggiungere le mie prede».
Racconta volentieri, il conte guerriero, la sua storia.
Nasce in Spagna. La madre, «occhi verdi e spirito celtico»,
è fucilata dai repubblicani durante la guerra contro
Franco. A ventanni combatte in Africa, volontario tra
gli Arditi. è ferito due volte, riceve una croce di
guerra e una promozione sul campo. Tornato in Italia, va a
combattere per Mussolini a Salò. Ufficiale dordinanza
del sottosegretario alla Repubblica sociale Barracu, si congeda
perché vuole combattere: «Mi arruolai come soldato
semplice nel primo reparto delle Waffen Ss in cui mi imbattei».
Era il novembre del 1943. «Dopo l8 settembre,
lItalia era solo vergogna». Per questo la scelta
delle Waffen Ss, spiega Buttafuoco, «la legione straniera
di chi aveva eletto la Germania anima dellEuropa».
Ma è solo questo, Filippani Ronconi? Un soldato
che in gioventù si è schierato «dalla
parte sbagliata»? No. è nel dopoguerra che la
sua storia si fa più intrigante. Ufficialmente è
impiegato, con diversi gradi via via che passano gli anni,
allufficio radiodiffusione per lestero della presidenza
del Consiglio; ma lavora per i servizi segreti: fa il traduttore
e, grazie alla sua conoscenza del sanscrito, diventa un grande
esperto in decriptazione di messaggi intercettati dai servizi
italiani. Allinizio degli anni Cinquanta compie una
missione in Persia, con il compito di raccogliere informazioni
politiche e militari nellarea. Collabora anche con i
servizi di sicurezza dellAmerica Latina: intorno al
1950 produce per esempio uno studio sulla situazione politico-militare
della Bolivia, «prevedendo una rivoluzione che scoppiò
di lì a pochi mesi». Nel 1959 comincia una carriera
accademica di tutto rispetto allIstituto orientale di
Napoli. Ma continua a lavorare per i servizi segreti almeno
fino alla metà degli anni Settanta (così ammette
egli stesso nel 1995, in uno degli interrogatori a cui è
sottoposto nel corso delle ultime indagini sulla strage di
Piazza Fontana).
Nel maggio del 1965 partecipa allHotel Parco dei
Principi al convegno sulla «guerra rivoluzionaria»
organizzato dallIstituto Pollio, un centro di studi
strategici dietro cui si nascondevano lo Stato Maggiore della
Difesa e i servizi di sicurezza. è il convegno in cui
alti ufficiali, uomini dei servizi e giovani promesse del
neofascismo discutono e teorizzano lutilizzo anche per
lItalia della «guerra non ortodossa» (quella
che sarà poi chiamata «strategia della tensione»).
Filippani Ronconi oggi minimizza la sua partecipazione: afferma
di essere stato presente soltanto lultimo giorno dei
lavori e di aver scritto il suo intervento, poi raccolto negli
atti del convegno, soltanto a convegno concluso. Ma è
certo che quel suo contributo è uno dei più
significativi di quei giorni. Sostiene che «lerrore
fondamentale delle cosiddette controrivoluzioni» è
quello di aver schierato le forze «su una sola linea
ideale e pratica - quindi individuabile» e, in caso
di sconfitta, destinata dunque alla distruzione totale. Diversa
deve essere invece la tattica della guerra non ortodossa:
deve «preparare, sin dora, uno schieramento differenziato,
su scala nazionale ed europea, delle forze disponibili per
la difesa e loffesa». La terminologia («difesa
e offesa», «parade» e «réponse»)
è quella dei teorici della guerra non ortodossa (e
dellOas, nella guerra dAlgeria), ma Filippani
Ronconi la arricchisce proponendo tre livelli di organizzazione:
il primo deve raccogliere gli individui disposti solo a «unazione
passiva, che non li impegni in situazioni rischiose»
e fungerà anche da «schermo di sicurezza»
per i livelli successivi; il secondo deve realizzare «azioni
di pressione», «nellambito della legalità»;
il terzo costituisce il cuore dellorganizzazione. Si
tratta di «nuclei scelti di pochissime unità,
addestrati a compiti di controterrore e di rotture eventuali
dei punti di precario equilibrio», gruppi «lun
laltro ignoti, ma ben coordinati da un comitato direttivo»,
dove si dovrebbero impegnare «quei giovani che attualmente
esauriscono sterilmente le loro energie, il loro tempo e,
peggio ancora, il loro anonimato, in nobili imprese dimostrative,
che non riescono a scuotere lindifferenza della massa
di fronte al deteriorarsi della situazione nazionale».
Sopra questi livelli, conclude il professore, si deve porre
un «Consiglio che coordini le attività in funzione
di una guerra totale contro lapparato sovversivo comunista
e i suoi alleati».
Il giudice istruttore di Milano Guido Salvini scrive
nella sua sentenza-ordinanza su Piazza Fontana che nelle parole
di Filippani Ronconi si trova «una vera e propria sintesi
teorico-operativa della strategia della tensione» e
unipotesi organizzativa «in evidente parallelismo
con quella che sarà, un paio di anni dopo, lorganizzazione
dei Nuclei di Difesa dello Stato», struttura eversivo-istituzionale
più segreta di Gladio e ancora oggi per molti aspetti
sconosciuta. Il professore non sa proprio niente di ciò
che è successo dopo quel convegno? Eppure Delfo Zorzi,
imputato della strage del 12 dicembre 1969 nel processo oggi
in corso, è stato suo studente: «Piuttosto rozzo,
trasandato e non particolarmente brillante», ha minimizzato
Filippani Ronconi in un suo interrogatorio, «e nei primi
anni Settanta si trasferì in Oriente».
Eppure il professore è da qualche anno sotto osservazione
della magistratura. Indagato no, non ha mai ricevuto alcun
avviso di garanzia, ma interrogato lo è stato più
volte, nel 1995, nel 1996, e ancora oggi è sotto la
lente della squadra di investigatori che indaga sulleversione
e le stragi, sotto lautorità dei magistrati di
Brescia che stanno per chiudere lultima inchiesta sulla
strage di Piazza della Loggia. Vorrebbero sapere dal grande
orientalista, teorico dellorganizzazione a più
livelli, che cosa sa dei livelli operativi, dei ragazzi passati
dalle «nobili azioni dimostrative» a più
utili e coordinate attività eversive. Vorrebbero sapere
che cosa sa, per esempio, dei gruppi esoterici neonazisti,
il circolo dei Krammerziani di Verona, il nucleo italiano
della setta induista Ananda Marga. O della squadra messa insieme
da una strano principe, Boris de Reichewiltz, egittologo,
genero di Ezra Pound, fondatore della misteriosa fondazione
Keimer, attorno alla quale girarono agenti segreti, massoni,
nazisti, trafficanti darmi, mercenari. Il professore,
anche nel dopoguerra, non si è occupato soltanto di
teoria.
Nel fascicolo «Urri», custodito negli archivi
di Gladio, si racconta di una strana associazione: lUnione
rinnovamento ragazzi dItalia (Urri, appunto). Una allegra
combriccola che, secondo i documenti ritrovati, negli anni
Settanta si occupava «di archeologia e controguerriglia».
Presidente: Pio Filippani Ronconi. Come si occupava «di
controguerriglia» il nazista-orientalista-agente segreto?
Che cosa sa delleversione nera e della strategia delle
stragi?
Racconta il professore in un interrogatorio del 1996:
«Vi furono due missioni gnostiche, nel 1933 e nel 1938,
costituite dalla vere Ss, che si recarono in Tibet. Vere Ss
in quanto non identificabili nei reparti di polizia ma in
quelli di assalto di origine nordica che crearono poi i reparti
internazionali». Quelli, insomma, in cui Filippani Ronconi
servì la Germania, sua patria europea. Ma sulla bassa
forza, sulla volgare quotidianità del lavoro eversivo,
il professore iniziato della Thule non sa e non risponde.
(gb, aggiornamento 16 aprile 2001)
Documenti/Filippani
Ronconi e leversione
Dalla sentenza-ordinanza del Tribunale
di Milano del 18 marzo 1995 (n.2643/84A Rgpm, n.721/88F Rggi,
Procedimento penale nei confronti di AZZI Nico ed altri),
firmata dal giudice istruttore Guido Salvini, sulla strage
di Piazza Fontana e leversione di destra in Italia
«Come ampiamente
noto, dal 3 al 5 maggio 1965, si svolse presso lHotel
Parco dei Principi di Roma, promosso dallIstituto di
Storia Militare ALBERTO POLLIO, il convegno sulla "Guerra
rivoluzionaria", sovente considerato latto di nascita
ideologico della strategia della tensione. Fra i relatori
vi era, oltre ad alti ufficiali dellEsercito, Guido
GIANNETTINI, fra coloro che erano stati presenti con un intervento
Pino RAUTI e fra gli studenti universitari invitati per apprendere
le nuove teorie giovani come Stefano DELLE CHIAIE e Mario
MERLINO, personaggi tutti i cui nomi sarebbero comparsi pochi
anni dopo nelle cronache delle indagini sui più gravi
fatti eversivi.
Tema essenziale del convegno erano le modalità strategiche
grazie alle quali sarebbe stato possibile, a brevissimo termine,
e dinanzi ad un pericolo incombente, mantenere lItalia
nel campo occidentale e combattere il progredire, in un Paese
"di frontiera" come il nostro, dellideologia e dellapparato
organizzativo comunista. Assunto di partenza era che il comunismo
avesse messo a punto, per agevolare la sua avanzata, una forma
di guerra totale (non solo militare, ma anche ideologica,
psicologica e condotta grazie a pratiche di disinformazione),
capace non solo di aggredire gli Stati, ma di coinvolgere
e di infiltrarsi nella popolazione civile del campo avverso,
in ogni luogo ed anche in tempo di pace apparente.
A tale nemico, onnipresente e invisibile - secondo le parole
di Pino Rauti al convegno -, e a tale tecnica, denominata
appunto "guerra rivoluzionaria", era necessario secondo i
relatori rispondere senza alcun indugio con un insieme di
mezzi analoghi in parte mutuati dallesperienza di guerra
non dichiarata studiata e praticata fino al 1962 dallO.A.S.
in Algeria. Era quindi determinante, secondo gli organizzatori
del convegno, approfondire e mettere in atto tecniche di guerra
psicologica per riconquistare il controllo delle coscienze
delle popolazioni e spargere la confusione nel campo avversario.
Un tipico esempio di tale strumento è stata certamente
loperazione "manifesti cinesi" e linfiltrazione
nei gruppi di estrema sinistra.
Era necessario approfondire tecniche di guerra non ortodossa
o non convenzionale, basata sulla strutturazione in piccoli
gruppi anonimi e professionalmente addestrati in grado di
entrare in azione sia per la resistenza (la "Parade", secondo
la terminologia dellO.A.S.) sia per loffesa (la
"Rèponse"), concetti presenti anche nei manuali di
GLADIO.
Nella sua relazione al convegno, il professor Pio FILIPPANI
RONCONI, docente universitario e traduttore di lingue
orientali e crittografo alle dipendenze del Ministero della
Difesa e del S.I.D., aveva suggerito uno schema di sicurezza
articolato su più livelli. Dopo un livello più
elementare di cui avrebbero fatto parte individui capaci solo
di compiere unazione puramente "passiva" o non rischiosa,
quali professionisti, docenti e piccoli industriali in grado,
al più, di boicottare iniziative provenienti dal campo
opposto, sarebbe stato necessario strutturare:
""""......b) il secondo livello, che potrà essere costituito
da quelle altre persone naturalmente inclini o adatte a compiti
che impegnino "azioni di pressione", come manifestazioni sul
piano ufficiale, nellambito della legalità, anzi,
in difesa dello Stato e della Legge conculcati dagli avversari.
Queste persone che, suppongo, potrebbero provenire da associazioni
di Arma, nazionalistiche, irredentistiche, ginnastiche, di
militari in congedo ecc., dovrebbero essere pronte ad affiancare,
come difesa civile, le Forze dellOrdine (Esercito, Carabinieri,
Pubblica Sicurezza ecc.) nel caso che fossero costrette ad
intervenire per stroncare una rivolta di piazza.
c) a un terzo livello, molto più qualificato e professionalmente
specializzato, dovrebbero costituirsi - in pieno anonimato
sin da adesso - nuclei scelti di pochissime unità,
addestrati a compiti di controterrore e di "rotture" eventuali
dei punti di precario equilibrio, in modo da determinare una
diversa costellazione di forze al potere. Questi nuclei, possibilmente
lun laltro ignoti, ma ben coordinati da un comitato
direttivo, potrebbero essere composti in parte da quei giovani
che attualmente esauriscono sterilmente le loro energie in
nobili imprese dimostrative......
d) di là da questi livelli dovrebbe costituirsi, con
funzioni "verticali", un Consiglio che coordini le attività
in funzione di una guerra totale contro lapparato sovversivo
comunista e dei suoi alleati, che rappresenta lincubo
che sovrasta il mondo moderno e ne impedisce il naturale sviluppo"""".
(da "La guerra rivoluzionaria", Pio FILIPPANI RONCONI,
"Ipotesi per una controrivoluzione", pagg.244 e ss.).
Si tratta quindi di una vera e propria sintesi teorico/operativa
della strategia della tensione il cui inizio Vincenzo
Vinciguerra ha quindi collocato giustamente, nel memoriale
"LAlbero caduto" (ff.16-17), non negli attentati del
12.12.1969, ma nella fase preparatoria che li ha preceduti
di alcuni anni. Una strategia di respiro internazionale che
si poneva, a metà degli anni 60, come obiettivo
ultimo quello "di creare in Italia una situazione politica
che permettesse la drastica riduzione dellinfluenza
del Partito Comunista in campo politico e sociale" anche tramite
"atti di sabotaggio" che accelerassero "un processo di disgregazione
al quale potesse porre rimedio, nelle intenzioni dei promotori,
solo lintervento di forze politiche affidabili sostenute
dalle Forze Armate, unico baluardo contro le quinte colonne
sovietiche in Italia, come venivano identificati il Partito
Comunista e i gruppi affini" (int.Vinciguerra 16.2.1992, f.2).
Il programma strategico di lotta al comunismo con ogni mezzo,
enunciato dal prof. Filippani Ronconi durante il convegno
promosso dallIstituto Pollio, comportava una suddivisione
in livelli di intervento in evidente parallelismo con quella
che sarà, un paio di anni dopo, lorganizzazione
dei Nuclei di Difesa dello Stato. Infatti, il "secondo livello"
teorizzato dal prof. Filippani Ronconi, e cioè larea
di sostegno e di promozione in favore delle Forze Armate e
della loro azione in difesa dello Stato, costituita da associazioni
combattentistiche, darmi e sportive, da impegnarsi in
manifestazioni ufficiali, corrisponde perfettamente a quel
livello di base sotto-ordinato ai Nuclei, denominato dal colonnello
Amos Spiazzi Organizzazione di Supporto e di Propaganda e
finalizzato a creare una rete di appoggio e di sostegno morale
intorno alle Forze Armate e ai valori da esse rappresentati
a fronte dellazione disgregatrice, sovversiva e in favore
del nemico, della sinistra.
Non a caso, del resto, il colonnello Spiazzi, a pag. 9 del
suo memoriale ha citato proprio lIstituto di Storia
Militare "Alberto Pollio", promotore del convegno del maggio
1965, fra le associazioni inserite e in stretta collaborazione
con lOrganizzazione di Supporto e di Propaganda. E
poi evidente che il "terzo livello" teorizzato dal relatore
e cioè la costituzione di Nuclei scelti di pochissime
unità, anonimi e lun laltro ignoti anche
al loro interno, ben coordinati ed addestrati a compiti di
"contro-terrore", non rappresenta altro che lenunciazione
del programma di costituzione dei Nuclei di Difesa dello Stato
che si sarebbero formati, appunto, meno di due anni dopo.
Unorganizzazione, quella dei Nuclei, più radicata
sul territorio rispetto a Gladio (le esercitazioni infatti
non si svolgevano in Sardegna, ma nelle zone di possibile
futura operatività, da cui lesatta dizione, ricordata
da Digilio, "Nuclei Territoriali"), formata da cellule di
cui solo il responsabile conosceva tutti i componenti, addestrati
continuamente non solo alluso delle armi, ma anche a
quello degli esplosivi ed anche, sul piano numerico di entità,
non indifferente.
Infatti, sia Enzo Ferro sia Giampaolo Stimamiglio hanno parlato
di 36 Legioni (il colonnello Spiazzi ha fatto cenno ad un
numero un po inferiore, corrispondente più o
meno al numero delle Regioni italiane; cfr. f.52 della trascrizione
della deposizione in data 2.6.1994), articolazione che comporta,
anche se tutte le Legioni non fossero state numerose come
quella veronese, un organico presumibile di circa 1500 uomini.
Il nome di quasi tutti questi "difensori" della Patria, o
quantomeno dei loro responsabili di cellula o di Legione,
6 rimasto ignoto per volontà del colonnello Spiazzi,
anche se la sua scelta di parziale chiarezza rimane apprezzabile
n6, su un piano politico e umano più generale, possono
essere apoditticamente disprezzate le motivazioni che in quel
particolare momento storico hanno indotto molti singoli "legionari"
ad aderire a tale struttura nella convinzione, probabilmente,
di difendere seppur in modo ambiguo e sommerso il sistema
occidentale in cui credevano. Anche in ragione di tale scelta
di non indicare i nomi dei vari responsabili, rimane tuttora
ignota lidentità di coloro che, allinterno
della Stato Maggiore della Difesa e dei Servizi di Sicurezza,
dirigevano tale struttura e i nomi degli esponenti politici
che, a metà degli anni 60 ed oltre, erano stati
messi al corrente ed avevano approvato la nascita dei Nuclei
di Difesa dello Stato.
In sostanza, il "quarto livello" cui ha fatto cenno il
prof. Filippani Ronconi, il "Consiglio", con funzioni
verticali che doveva coordinare le attività in vista
di una imminente e forse inevitabile "guerra totale" contro
lapparato sovversivo comunista. Il compito di far venire
alla luce, sul piano testimoniale e, se ancora possibile,
documentale, la struttura direttiva dei Nuclei, 6 affidato
alle ulteriori indagini che dovranno essere condotte dalla
Procura della Repubblica di Roma.
Emerge comunque sin dora la sensazione di una impressionante
continuità e contiguità fra lenunciazione
teorica della strategia della tensione, il cui inizio era
stato in pratica preannunziato al convegno dellIstituto
Pollio, e la formazione, le caratteristiche e le modalità
operative dei Nuclei di Difesa dello Stato e le qualità
soggettive di molti dei loro componenti, tenendo anche presente
che allinterno dei Nuclei quasi con certezza si celava
la mente pensante dei progetti di colpo di Stato nel 1973/1974,
mente in grado di coordinare i vari gruppi di civili, quali
la Rosa dei Venti di Padova, il M.A.R. di Carlo Fumagalli,
La Fenice ed altri.
Una seconda considerazione, oltre al "parallelismo" appena
esposto, lega, quantomeno sul piano della denominazione e
forse oltre, i Nuclei di Difesa dello Stato ai momenti più
tragici e ai personaggi più inquietanti della strategia
della tensione. Nellambito dellistruttoria milanese
riguardante la strage di Piazza Fontana condotta dal G.I.
dr. DAmbrosio, Franco FREDA e Giovanni VENTURA erano
stati incriminati del reato di cui allart.302 c.p. (istigazione
a commettere il delitto di attentato alla Costituzione dello
Stato) in relazione allinvio a 2000 ufficiali dellEsercito,
presso vari Comandi delle Forze Armate, di un volantino che
incitava i militari ad intervenire decisamente con unazione
di forza nella vita politica italiana per rovesciare lordinamento
costituzionale vigente ed instaurare poi un nuovo regime di
governo basato sulla rigida applicazione dei princìpi
di Autorità e di Gerarchia (il testo del volantino
costituisce lallegato 6 alla presente ordinanza).
Tale accusa, che si basava sulla testimonianza del prof. Guido
Lorenzon e su una perizia grafica che evidenziava la presenza
della calligrafia di Franco Freda e di Giovanni Ventura su
alcune delle buste, è sfociata in una condanna definitiva
al termine dei vari gradi del giudizio sulla strage di Piazza
Fontana e gli episodi connessi. I volantini portavano la firma,
guarda caso, "Nuclei di Difesa dello Stato" e le lettere erano
state spedite nel corso del 1966 e cioè allepoca
della nascita della struttura descritta dal colonnello Amos
Spiazzi e dagli altri testimoni.
Inoltre in un capitolo del documento sulle organizzazioni
extraparlamentari di destra rinvenuto nella cassetta di sicurezza
della Banca di Montebelluna nella disponibilità di
Giovanni Ventura, documento redatto da Ventura stesso con
lapporto di Franco Freda, si fa riferimento ai Nuclei
di Difesa dello Stato, costituiti, secondo il documento, dai
giornalisti Edgardo BELTRAMETTI ed Enrico DE BOCCARD, due
dei partecipanti al convegno dellIstituto Pollio, Istituto
a sua volta indicato nel documento come "paravento di certe
attività della C.I.A., del S.I.F.A.R. e di alcuni elementi
collegati ai colonnelli greci".
I volantini a contenuto eversivo inviati nel 1966 ai 2000
ufficiali costituiscono quindi un altro significativo elemento
di collegamento fra la struttura segreta Nuclei di Difesa
dello Stato, nata certamente in quegli anni dopo il convegno
promosso dallIstituto Pollio, e lambiente più
radicale e la realtà più tragica, rispettivamente
protagonista e conseguenza della "strategia della tensione"».
(Dalla sentenza-ordinanza del Tribunale
di Milano del 18 marzo 1995, n.2643/84A Rgpm, n.721/88F Rggi,
Procedimento penale nei confronti di AZZI Nico ed altri, del
giudice istruttore Guido Salvini).
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