Dimenticati dalla politicaI nuovi poveri. Invisibili, senza voce, non sono più soggetto sociale. Né per la sinistra, che ha dimenticato il riformismo lombardo, quello vero. Né per la destra, quella del capitalismo compassionevole della social card. Proposta: un reality show dove i politici sono costretti a vivere con 400 euro al mese Roberto D. vive con una pensione di 441 euro al mese. «Con questa», racconta, «devo pagare l'affitto, il gas, la luce, la spazzatura, l'acqua. Ci sarebbe anche il telefono, ma qualcuno potrebbe dire che non è necessario. Però è necessario mangiare: con quello che mi resta, che è ben poco. Non mi posso certo permettere di mangiare la carne, ancora meno il pesce, mi devo accontentare di andare in un discount e fare calcoli su calcoli fino all'ultimo centesimo. Per vestirmi, fortunatamente ci sono mercatini dove riesco ancora a trovare abiti usati a buon prezzo. Ma devo sempre pregare che non accadano imprevisti durante il mese, altrimenti sono fregato e mi tocca stringere la cinghia, e non è un modo di dire». Ce ne sono tante, a Milano, di storie come quella di Roberto D., invalido. I protagonisti: poveri e poverissimi, ma ormai anche famiglie che si trovano schiacciate dalla difficoltà di avere un'abitazione: troppo povere per pagare un affitto di mercato, troppo "ricche" per poter chiedere una casa popolare. E nel girone delle nuove povertà precipita anche chi si era indebitato per comprarsela, una casa, e ora non riesce più a pagare il mutuo e deve tenere a bada l'ufficiale giudiziario che bussa alla porta per i pignoramenti. Roberto D. e i tanti che come lui vivono nelle difficoltà sono una schiera. Eppure sono invisibili, dimenticati. Non hanno voce. Anzi, non esistono. Non sono più soggetti sociali. Soffrono in silenzio, non gridano, non si mostrano. Di loro si occupa, tutt'al più, qualche prete di periferia. Ma la politica li ha dimenticati, anzi, non sa neppure che esistono. Il Welfare ormai non basta più. La sinistra, diventata "riformista", ha dimenticato la "lotta di classe", e va bene. Ma ha dimenticato anche la difesa degli ultimi, anche quel riformismo vero che diventava istituzioni, cooperative, istruzione, sostegno, lavoro. Bisogna rileggere "La Meccanica" di Carlo Emilio Gadda (che pure di sinistra non era) per ritrovare la concretezza meneghina del socialismo, quello riformista per davvero, che creava a Milano la Società Umanitaria e la rete della solidarietà per gli ultimi della società. La destra ha scoperto il "capitalismo compassionevole" che fa diventare sempre più ricchi i ricchi e sempre più poveri i poveri, ma infine mette mano al portafoglio per un obolo che renda un po' meno fastidiosa ai ricchi la visione dei poveri. La social card di Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi è la versione elettronica della carità, il bancomat dei miserabili. Una tesserina per offrire qualche sconto (a chi? scelto con quali criteri?) e, intanto, illudersi di aver risolto il problema, dimenticando d'intervenire sul nodo delle disuguaglianze strutturali che rendono sempre più ingiusta e disumana la società. Ma poi, dov'è finita la social card? Promessa e – finora – mai arrivata. Anche l'obolo elettronico è finito tra gli impegni non mantenuti, utili per portare a casa voti e poi dimenticati. Roberto D. descrive la sua situazione e, non senza ironia, propone una soluzione concreta: «Mi piacerebbe fare un piccolo esperimento. Prendere qualche uomo politico, consegnargli 441 euro e dirgli: ora questi soldi ti devono bastare per tutto il mese, ci devi mangiare, pagare l'affitto, le bollette, vestirti, spostarti... insomma viverci. Potremmo fare un nuovo reality, "Il politico povero (per un mese)"». Qualunquismo? Forse. Ma non si vedono all'orizzonte altri modi per far prendere atto alla politica che la schiera degli invisibili esiste e vive tra di noi.
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