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La
nuova Tangentopoli?
Nasce in Val di Susa
Un'intera valle in rivolta. Perché la superlinea
e il supertunnel sono inutili: non ci sono né merci
né passeggeri sufficienti a giustificare un'opera
che costerà come quattro ponti sullo Stretto. Ma
sono utili invece per distribuire appalti:
a Marcellino Gavio, all'azienda di famiglia del ministro
Lunardi.
E alle cooperative rosse...
di Gianni Barbacetto
Il più grande scontro mai avvenuto in Italia tra
interessi generali e interessi particolari. Tra i bisogni
del Paese, anzi dellEuropa, e le richieste dei Nimby
(not in my backyard), quelli che dicono: ovunque,
ma non nel mio cortile. Questo è Valsusa, secondo
la vulgata corrente. Cè da fare una grande
opera utile per il Paese, anzi per lEuropa. Il più
lungo tunnel ferroviario del continente. La meraviglia
nome in codice: Corridoio 5 che permetterà
di unire Lisbona a Kiev. La soluzione che passando sotto
le Alpi ridurrà da quattro ore a unora e mezzo
i tempi di percorrenza tra Torino e Lione. Ma di più:
il miracolo che permetterà di togliere un fiume di
camion inquinanti dalla strada e di convogliarli su rotaia;
il portento che quadruplicherà le capacità
della ferrovia.
Di fronte a queste meraviglie, che dovrebbero far gongolare
anche i verdi più verdi, un manipolo di oppositori
si schiera invece inspiegabilmente contro, rifiuta il progresso,
minaccia di fare le barricate. Nemici della modernità,
Nimby, inguaribili egoisti: dal vescovo ai sindaci, dal
presidente della Comunità montana allultimo
dei valligiani. In questi chiari di luna, compito delle
forze politiche responsabili, di destra e di sinistra, da
Berlusconi a Fassino, è far capire che gli egoismi
localistici non possono fermare i grandi progetti. Tutto
chiaro, dunque, e fine dellinchiesta vecchio stile.
Ma è proprio così? No. Perché chi voglia
capire senza preconcetti che cosè lAlpetunnel
del Frejus, chi provi senza partito preso né preclusioni
ideologiche ad addentrarsi nel mare di cifre, tabelle, disegni,
cartine, progetti, rapporti, finisce per scoprire che loperazione
Valsusa è (anche) una grande manovra di disinformazione.
Ma procediamo con ordine.
Una valle paziente. Nimby? Venite qui a spiegarglielo, a
quelli che in Valsusa ci abitano, che sono egoisti. Vivono
da ventanni in un cantiere. Ne hanno visti, di funzionari
romani e di burocrati torinesi. Ne hanno sentite, di mirabolanti
promesse. Hanno assistito al raddoppio della ferrovia (concluso
nel 1977), che nei progetti doveva avere un traffico di
15 milioni di tonnellate di merci lanno (mai raggiunto).
Hanno visto crescere lautostrada (aperta al traffico
nel 1992), costruita nel loro fondovalle, ricavata nel letto
della Dora. Hanno aspettato ledificazione dei nuovi
argini, che ancora non sono finiti. Hanno visto scavare
le gallerie autostradali sul fronte di frana. Hanno subìto
lalluvione del 2000, perché il fiume si è
alla fine vendicato. Hanno visto sorgere lelettrodotto
di Venaus. La centrale elettrica di Pont Ventoux. E hanno
constatato che cosè successo a Bardonecchia:
lunico Comune del Nord sciolto per mafia, perché
i cantieri e i subappalti allitaliana hanno portato
la ndrangheta al potere, con seguito di richieste
di pizzo e traffici di eroina e cocaina e occupazione delle
istituzioni.
Con tutto ciò, alcuni abitanti della Val di Susa
stanno ancora aspettando i rimborsi degli espropri compiuti
ventanni fa per tracciare lautostrada: molti
soldi non sono ancora arrivati... Ne hanno viste di cose,
ne hanno sentite di promesse, ne hanno conosciute di facce
di bronzo. E oggi non si fidano più, racconta Claudio
Giorno, ambientalista e sindacalista, per anni considerato
troppo verde dai rossi e troppo rosso dai verdi. Aggiungeteci
un piccolo particolare: nellarea tra Borgone e Bussoleno,
dove dovrebbe essere costruito linterscambio tra la
vecchia e la nuova linea ferroviaria, continua a funzionare
la Beltrame, unacciaieria di seconda fusione, che
ricicla cioè rottame e materiali ferrosi e che provoca
tassi dinquinamento (e di mortalità) tra i
più alti dItalia. È un giocattolino
che pesa sullambiente 80 volte linceneritore
di Brescia. E che libera nellaria non soltanto diossina
(prodotto dalla combustione), ma anche Pcb: da dove viene
questo veleno? Non certo dal ferro: ma allora qualcuno sta
facendo il furbo e usa la vecchia Beltrame per smaltire
rifiuti proibiti? Questa però è unaltra
storia e unaltra inchiesta.
Ma la pazienza dei valsusini è una, e i loro polmoni
solo due. Come stupirsi se si allarmano quando vengono a
sapere che, oltre alla diossina e al Pcb, nel loro cielo
potrebbe arrivare anche lamianto? A Balangero cè
la più grande cava damianto a cielo aperto
dEuropa, ora naturalmente inattiva. Ora si viene a
sapere che i detriti di scavo estratti dalle montagne (lo
smarino) saranno oltre 15 milioni di metri cubi:
come dieci piramidi di Cheope. Dove metterle? Anche perché,
secondo uno studio ufficiale delluniversità
di Siena, potrebbero contenere significative quantità
damianto: La possibilità che si verifichino
condizioni di rischio sanitario è assolutamente rilevante,
scrive loncologo Edoardo Gays dellAzienda ospedaliera
San Luigi dOrbassano. Lamianto potrebbe infatti
finire per essere disperso nellaria.
Infine cè luranio. Il cuore della montagna
che, in futuro, sarà trivellata è radioattivo.
Ma qui siamo fin troppo avanti. Meglio tornare al presente.
Una linea (abbastanza) inutile. La nuova linea ferroviaria
del Frejus è una superopera che inizia a nord di
Torino, imbocca la Valsusa, scompare per due volte nella
montagna, ad Alpignano e a Bussoleno, con due gallerie (di
21 e 12 chilometri). Poi vola sul viadotto di Venaus, per
infilarsi infine nel supertunnel, quel tunnel di base
di 53 chilometri che sbuca in Francia, a Saint Jean de Maurienne.
Poi altre due gallerie sul versante francese, Belledonne
e Chartreuse, portano la linea a collegarsi con lalta
velocità che arriva a Lione.
Il tutto costa come quattro ponti sullo Stretto di Messina.
Spiega Andrea Debernardi, di Polinomia, consulente della
Comunità montana della Valsusa: il preventivo è
di 2,4 miliardi di euro per la tratta nazionale italiana,
6,7 per il tunnel base, 6,1 per la tratta nazionale
francese. Totale: 15,2 miliardi di euro. Previsione dei
tempi di realizzazione: 15 anni. Ma in letteratura, spiega
il professor Marco Ponti del Politecnico di Milano, costi
e tempi si dilatano almeno del 20 per cento. Viste le prevedibili
difficoltà, la superlinea potrebbe costare una ventina
di miliardi di euro ed essere pronta, se tutto andrà
bene, nel 2023. Finché non sarà posata lultima
traversina, la ferrovia sarà solo un costo, senza
apportare alcun beneficio almeno parziale, senza poter aver
alcuna utilizzazione intermedia. E poi che cosa succederà?
Il tunnel sotto la Manica è costato meno, 13 miliardi,
ed è fallito non una, ma due volte. Per mancanza
di traffico. E serve a unire Parigi e Londra, non (con tutto
il rispetto) Torino e Lione. La superlinea che scavalcherà
le Alpi è del tutto sovradimensionata, rispetto ai
bisogni. Potrebbe convogliare su rotaia merci addirittura
per 100 milioni di tonnellate lanno, con previsione
di farne passare 40 milioni: ci vorrebbero 350 treni al
giorno, uno ogni quattro minuti, alla velocità di
120 chilometri allora, alternati a treni passeggeri
da 220 chilometri allora. Così il gioco varrebbe
forse la candela.
Peccato però che il traffico ferroviario transalpino
sia in calo costante dal 2000, fatta eccezione per il Sempione
e il Gottardo. Dal Frejus oggi passano merci per appena
7 milioni di tonnellate lanno (erano 10 milioni nel
1997) e non cè alcun segnale di svolta, né
realistiche previsioni di una crescita così vertiginosa.
Gli scambi Italia-Francia sono da lungo tempo consolidati,
sono un business maturo in cui non si prevedono nuovi, clamorosi
sviluppi. Del resto è già in corso il potenziamento
della linea esistente che porterà a triplicare la
sua capacità, fino a oltre 20 milioni di tonnellate:
a che cosa servirà, allora, la nuova linea? E comunque,
perché far arrivare le merci dalla Francia a 120
chilometri allora, quando poi, arrivate in Italia,
si fermerebbero in qualche stazione e riprenderebbero la
velocità media nazionale per i treni merci, che è
di 19 chilometri allora?
E poi il 70 per cento delle merci che ora passa dal Frejus
non corre lungo la direttrice est-ovest, ma quella nord-sud:
vanno e vengono da e per Digione, Bruxelles, Londra. Su
questa direttrice, le nuove linee svizzere del Gottardo
e del Sempione sono più competitive. Quanto agli
scambi continentali sullipotetica linea Lisbona-Kiev,
tranquilli: si spinge tanto sulla Val di Susa come se da
essa dipendessero per intero le gloriose sorti e progressive
dello sviluppo continentale, ma a est di Trieste non si
mette giù neppure un metro di rotaia.
Niente paura, dicono i fautori della Grande Opera: non ci
sono solo le merci, ci sono anche i passeggeri. E così
la linea nata come alta velocità per
i passeggeri e poi diventata ad alta capacità
per le merci ridiventa magicamente una linea ad alta
velocità capace di spostare le persone lungo
il mitico Corridoio 5. Ma la grande corsa Lisbona-Kiev
sarà difficile da fare, non fossaltro per il
fatto che le ferrovie spagnole hanno uno scartamento diverso
dal resto dEuropa. E poi lalta velocità
cè già. E non costa un centesimo allo
Stato: si chiama Ryan Air, taglia corto il professor
Marco Ponti. Un biglietto aereo low cost ha un prezzo
inferiore ai biglietti ferroviari, ma soprattutto non richiede
denaro pubblico, quello che le ferrovie invece inghiottono
in dosi pantagrueliche.
Difficile infine poter definire ad alta velocità
una linea quasi tutta in galleria, intasata dai treni merci,
che correrà non a 300, ma al massimo a 120 chilometri
allora. Alla fine, come dimostra Debernardi, la tanto
sbandierata alta velocità tra Lione e
Torino farà risparmiare soltanto unoretta.
Anche perché udite udite per poter
entrare in Torino i treni veloci dovranno correre non sulla
nuova superlinea, ma sulla vecchia ferrovia già esistente.
In compenso, il nodo torinese entro cinque anni scoppierà.
Anche Milano non sta benissimo quanto a sistema dei trasporti.
Ma per risolvere il problema Torino e il problema Milano
non ci saranno soldi: tutti impegnati nel supertunnel che
piace tanto al ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi.
Treni? No, tunnel. Larchitettura societaria per
fare lAlpetunnel è uninvenzione che supera
perfino quella dellalta velocità o del ponte
sullo Stretto, con apparenza privata e soldi tutti pubblici.
Per il nuovo Frejus si sono alleate le ferrovie francesi
(Rff) e quelle italiane (Rfi) che insieme, al 50 per cento,
hanno costituito la Ltf, Lyon Turin Ferroviaire, con il
compito di progettare la superlinea e appaltare i lavori.
In questo caso non hanno fatto neppure finta di tirare in
ballo investimenti privati, project financing, redditività
futura: paga Pantalone e basta. Con quali soldi, visti i
conti dello Stato, resterà un mistero.
Ma limportante è mettere in moto la macchina
dei finanziamenti, che poi si autoalimenterà. A nessuno
interessa veramente il risultato, che arriverà (forse)
tra ventanni. Treni? Qui non si parla di treni,
ma di tunnel, ripetono i funzionari delle ferrovie.
Limportante è scavare, e cominciare il più
presto possibile. Aprire cantieri. Far girare i soldi. Oggi,
subito. Che cosa importa che il tunnel sotto la Manica sia
già fallito due volte? E che lAlpetunnel (200
chilometri complessivi) costi 15 miliardi di euro, mentre
il molto più utile Gottardo (270 chilometri) ne costi
solo 12? In tutto ciò, Ltf è il Pantalone
che pagherà. Un Pantalone asimmetrico: benché
il controllo della società sia al 50 per cento dei
francesi e al 50 per cento degli italiani, per decisione
presa da Lunardi gli italiani pagheranno di più,
il 63 per cento della tratta internazionale (4,2 miliardi)
più lintera tratta nazionale (2,4 miliardi),
per un totale di 6,6 miliardi di euro; eppure la supergalleria
è solo 8 chilometri in territorio italiano e 45 in
suolo di Francia.
Ma che importa? A incassare, tanto per cominciare, sarà
la Rocksoil della famiglia Lunardi, incaricata dei sondaggi
(le prime trivellazioni) in Francia: così sarà
ipocritamente aggirato il conflitto dinteressi del
signor ministro delle Infrastrutture. In Italia incasserà
la Cmc di Ravenna, già pronta a iniziare i sondaggi
sul territorio nazionale. Con la Cmc, cooperativa rossa,
la Grande Opera diventa bipartisan. Benedetta anche dai
vertici dei Ds, da Piero Fassino in giù, fino alluomo
degli affari della Quercia a Torino, il molto attivo capogruppo
alla Provincia Stefano Esposito. E benedetta malgrado la
fiera opposizione dei diessini della Valsusa, sindaci compresi
e con in testa Antonio Ferrentino, presidente della Comunità
montana Bassa Valle di Susa. Ma, del resto, responsabile
nazionale delle Infrastrutture per i Ds è quel Cesare
De Piccoli che fu indagato e processato (e poi salvato dalla
prescrizione) per aver incassato mazzette dalla Fiat, ai
bei tempi di Tangentopoli, sui conti Accademia, Carassi,
Linus...
Costi (tanti) e benefici (pochi). Dunque il (poco) tempo
risparmiato dai (pochi) passeggeri non giustifica un investimento
così massiccio. Il promesso incremento delle merci
che potranno essere trasportate con i treni non combacia
con previsioni attendibili su un reale aumento delle merci
da trasportare. Che cosa resta, allora, della grande impresa?
Ci saranno grandi benefici ambientali, ribattono i sostenitori
del tunnel, perché le merci potranno passare dai
camion (inquinanti) al treno. Illusione, sostiene più
duno studioso. Il professor Angelo Tartaglia del Politecnico
di Torino, consulente dei comitati NoTav, ricorda che in
Italia soltanto il 17 per cento delle merci viaggia su rotaia
e la quota non è purtroppo molto incrementabile.
Per spostare piccoli numeri dalla gomma al ferro, bisogna
sopportare costi pubblici immensi. Le ferrovie, del resto,
nel loro complesso sono costate in 15 anni allItalia
quanto il Progetto Apollo agli Stati Uniti. E non abbiamo
mandato nessuno sulla Luna.
Marco Ponti taglia corto: La ferrovia è una
tecnologia dellOttocento, è ottima per trasportare
per lunghi tratti merci pesanti, che produciamo sempre meno,
o grandi numeri di passeggeri nelle aree metropolitane;
legname, non microchip o abiti di Armani. E poi ha bisogno
di immensi finanziamenti dello Stato, che oggi non ci sono
più. Ora, invece, varrebbe la pena di ridurre le
emissioni differenziando i pedaggi e le tassazioni per i
camion: far pagare molto quelli che inquinano di più,
così da rendere economico il rinnovo del parco mezzi
circolante. Così il beneficio ambientale sarebbe
diffuso, non limitato a una sola tratta. Se proprio poi
si volesse aumentare la capacità di trasporto merci,
allora converrebbe realizzare il raddoppio del tunnel stradale
del Frejus: costa un decimo e le emissioni possono essere
ridotte con i pedaggi fortemente differenziati.
Non ci saranno neppure grandi benefici occupazionali: lo
scavo di tunnel è un lavoro ormai molto automatizzato.
Si metterebbe molto di più in moto leconomia
e loccupazione con un grande piano di ristrutturazione
delle periferie urbane, valuta Ponti.
I furbetti del tunnellino. Tangentopoli ci ha insegnato
che quando girano soldi pubblici, spesso cè
chi ne approfitta. Lalta velocità è
la Tangentopoli del futuro, prevedeva in un suo libro, qualche
anno fa, lo studioso bolognese Ivan Cicconi. Il futuro è
già qui, anche se ancora non conosciamo nei particolari
il nuovo sistema della corruzione. Conosciamo però
il curriculum di alcuni degli uomini impegnati nella grande
festa dei tunnel e delle linee ferrate. Di Lunardi, ministro
e progettista, sono pubblici i coinvolgimenti nei lavori
(mediante società di famiglia), anche se la Ltf li
nega decisamente. Alcune inchieste giudiziarie, poi, evidenziano
lattivismo negli appalti di Ugo Martinat, esponente
di An e viceministro delle Infrastrutture, gran burattinaio
degli affari piemontesi ora indagato per turbativa delle
gare per la Torino-Lione, oltre che per i Giochi olimpici.
Linchiesta sta evidenziando la regia discreta, negli
appalti sabaudi, del costruttore Marcellino Gavio, attorniato
da una cupola di ex funzionari di una delle sue aziende,
la Sitaf, che oggi hanno fatto carriera in proprio e da
democristiani o socialisti si sono riposizionati
in area An.
Le intercettazioni telefoniche realizzate dalla Guardia
di finanza svelano i retroscena dei maneggi compiuti da
questi ex uomini di Gavio, tra cui Vincenzo Procopio, oggi
titolare della Stef, la società che ha progettato
lautostrada Torino-Bardonecchia, Walter Benedetto,
responsabile della direzione lavori di Ltf, e Gianni Desiderio,
del comitato direttivo dellAgenzia olimpica. Non sospettando
di essere intercettati, parlano tra loro e con Paolo Comastri,
numero uno italiano della società mista Ltf: chiacchiere
tutte da verificare, da furbetti del tunnellino. Desiderio,
per esempio, racconta al telefono che la società
Stone è del ministro (vorrà dire Lunardi?)
e che si è alleata con lAlpina di Milano, una
scatola vuota che sarebbe stata messa in campo
da Gavio: Ci ha fottuti, vi ha fottuto, dice
Desiderio a Benedetto. Procopio, che nelle conversazioni
telefoniche viene definito il cassiere di Martinat,
sarrabbia nei confronti di Gavio, lo sospetta di brogli
nelle gare e progetta di far arrivare contro di lui interpellanze
in Parlamento. Poi lo va a trovare, si tranquillizza e il
giorno seguente spiega la situazione a Benedetto. Infine
riferisce a Desiderio di aver appreso dai comuni amici
della Metropolitana milanese che non è stato fatto
un bel lavoro e che si aspettavano un aiuto più concreto.
Prosegue il rapporto dei finanzieri: Vincenzo (Procopio)
aggiunge che serve una botta e si rende necessario
fare un intervento. Gianni (Desiderio) gli dice
di andare a parlare con Walter (Benedetto), dato che lui
è il presidente della commissione, per verificare
se è necessario intervenire presso Comastri, per
poi passare la cosa a Ugo (Martinat).
Quando Benedetto riferisce a Martinat che teme grane giudiziarie
per il cantiere di Modane e lo informa che cè
di mezzo la Rocksoil della famiglia Lunardi, Martinat risponde:
Uh, cacchio!. E poi: Vabbe, pazienza,
nella vita non si vince sempre.... Comastri e Benedetto
brigano per far vincere a Procopio la gara dappalto
per la discenderia di Venaus (una delle gallerie
daccesso ai tunnel). Quando appare ben piazzata, invece,
la società Geodata, i due sospendono la gara: Geodata
ha la maglia rossa, è vicina alla sinistra.
La Guardia di finanza va allora nella sede di Ltf a sequestrare
i documenti dellappalto, ma i due li fanno sparire:
Li mandiamo su a Chambery. Comodo, lavorare
alla frontiera.
Dalle intercettazioni emerge una certa arietta dintese
bipartisan per gli appalti ferroviari e stradali piemontesi,
con Gavio ben introdotto anche negli affari che dipendono
da Comune, Provincia e Regione, tutti di centrosinistra.
Ma in questa storia dappalti di rito sabaudo spunta
anche lambasciatore Umberto Vattani, che ha contribuito
a definire in sede internazionale larchitettura societaria
per la gestione della Torino-Lione. E spuntano anche alcuni
protagonisti della vecchia Tangentopoli. QuellErcole
Incalza che fu travolto dallo scandalo di Lorenzo Necci
(a lungo numero uno delle Ferrovie italiane), ma che fu
poi subito riciclato nientemeno che come responsabile del
gruppo Economia della commissione intergovernativa italo-francese
che ha preparato liter per lapprovazione del
supertunnel da parte dei rispettivi governi: oggi Incalza
è consigliere del ministro Lunardi e membro del gruppo
Van Miert in sede Ue. E quellEmilio Maraini
che insieme a Incalza fu il dirigente Fs più vicino
a Necci, per anni numero uno della Italfer, la società
incaricata della progettazione e della vigilanza sullalta
velocità.
Nel 1993 Maraini fu arrestato a Milano dal pool Mani pulite
e negli interrogatori ammise le tangenti pagate come amministratore
delegato di Ansaldo Trasporti per partecipare ai lavori
delle metropolitane di Roma e di Milano. Poi, con un paio
di rinvii a giudizio sul groppone, fu messo da Necci al
vertice dellItalfer, finché finì di
nuovo in cella, nel 1998, per ordine dei magistrati di Perugia,
in una delle tante inchieste sullalta velocità.
Forte di questo know-how, oggi Maraini è consigliere
di Lunardi per gli affari internazionali.
Martinat e Gavio sospendono ogni conflittualità e
fanno fronte comune quando si tratta di pretendere soldi
pubblici. Martinat: Tremonti vuol tagliare le spese.
Noi sosteniamo la tesi opposta, bisogna sfondare ulteriormente.
Andiamo a Bruxelles e diciamo affanculo... Abbiamo bisogno
di soldi da investire questanno, il prossimo e quello
seguente, se vogliamo vincere le elezioni! Secondo Tremonti,
questo ministero dovrebbe spendere il 10 per cento in meno
in strade, ferrovie eccetera. Gavio: Roba da
matti!. Così si decidono le grandi infrastrutture
e le sorti del Paese. Le teste calde della Valsusa sono
avvisate: non fermeranno il Progresso.
Tangenti
ad alta velocità
La vera storia dellappalto Tav numero uno. Gara
truccata, soldi al viceministro, blocco dellappalto.
Finché non spunta la rossa Cmc, alleata
con il costruttore bianco...
di Gianni Barbacetto
Egoismo localistico contro interesse nazionale. Nimby (quelli
che dicono: dovunque, ma non nel mio cortile) contro i paladini
della modernità e del progresso. Ma a ben guardare
i conti, proprio linteresse nazionale dovrebbe far
accantonare lalta velocità in Valsusa. Una
spesa colossale (oltre 15 miliardi di euro, quattro volte
linvestimento per il ponte sullo Stretto di Messina)
per ottenere risultati modesti. Unopera sostanzialmente
inutile: il traffico merci tra Francia e Italia è
da anni in calo costante. Se linteresse nazionale
è dunque sostenuto, in realtà, dai cittadini
della Valsusa che si oppongono al più grande spreco
della storia dItalia, la parte degli egoisti è
ben interpretata dalla lobby politico-affaristica del supertunnel.
Che sulla Valsusa, oltretutto, ha già impiantato
una nuova Tangentopoli.
Lo dimostra la storia del primo appalto per lalta
velocità in Valsusa. Importante «non tanto
per limporto», scrivono i giudici che hanno
già dovuto occuparsene, «ma perché si
tratta della fase iniziale di lavori ben più vasti».
Appalto pilotato. Tutto
comincia a Venaus, la località della Valsusa dove
dovrebbe iniziare il supertunnel di 53 chilometri che dovrebbe
passare sotto la montagna e sbucare in Francia. La società
che guida le danze è lappositamente costituita
Ltf (Lyon Turin ferroviaire), impresa pubblica controllata
a metà dalle ferrovie francesi (Rff) e a metà
da quelle italiane (Rfi). Il primo appalto Ltf è
per la progettazione della discenderia di Venaus, cioè
la galleria di servizio del supertunnel. Per accaparrarselo,
si mette in moto una variopinta compagnia di furbetti del
tunnellino.
Vincenzo Procopio, titolare della società Sti, è
il vincitore designato. Ugo Martinat, viceministro delle
Infrastrutture e uomo di An, è il suo santo in paradiso.
Paolo Comastri, direttore generale di Ltf, e Walter Benedetto,
responsabile della direzione costruzione di Ltf, sono gli
angeli che scendono dal paradiso per far avverare i desideri
di Procopio e Martinat.
Le indagini della procura di Torino sulla gara truccata
di Venaus nascono per caso. Nel dicembre 2003, infatti,
arrivano per posta quattro buste contenenti strani auguri
di Natale: una cartuccia Smith & Wesson calibro 40.
Due sono recapitate a Procopio, agli indirizzi di casa e
dellufficio, una a Gianni Desiderio, del comitato
direttivo dellAgenzia olimpica, la quarta a un tale
Arcidiacono. Per scoprire chi è il mittente della
minaccia e proteggere i quattro destinatari, la procura
mette sotto controllo i loro telefoni: non lavesse
mai fatto! Dalle conversazioni registrate, i magistrati
capiscono che i quattro si stanno dando molto da fare, insieme
ad altri, per gli appalti piemontesi. Ascoltano in diretta,
esterrefatti, la vera storia della gara di Venaus.
Gli uomini della Ltf, Comastri e Benedetto, ma anche Desiderio,
spifferano a Procopio tutti i segreti dellappalto.
Gli raccontano che alla gara è interessata la Stone,
«società del ministro» (Pietro Lunardi?),
che si è alleata con lAlpina del costruttore
Marcellino Gavio. Smaniano per farlo vincere.
Un regalo ad An. Procopio
trova il modo di sdebitarsi. Il 19 marzo 2004 parte un bonifico
di 23 mila euro. «Procopio mi ha detto di fare un
versamento ad An, dicendo che il partito aveva bisogno di
fondi», racconta tal Casalegno, che si occupa materialmente
delloperazione. La conferma arriva dalla stessa segreteria
di Martinat: il 7 maggio 2004 Alfredo Calvani, dello staff
del ministro, chiama Procopio e gli conferma che il bonifico
è arrivato.
Intanto Procopio e Comastri sincontrano anche di persona,
mercoledì 24 marzo 2003. Commentano i magistrati:
«È un grave indizio di turbativa e di collusione.
Non vi è altro modo di valutare lincontro riservato,
pochi giorni prima della chiusura del termine per presentare
le domande, tra uno dei potenziali concorrenti a unasta
pubblica e il più alto dirigente del committente».
Nella riunione, Comastri spiega a Procopio che per vincere
deve associarsi con unaltra impresa, la Mm di Milano.
Detto, fatto: Procopio telefona a Maria Rosaria Campitelli,
della Mm, e le dice che devono unire le forze, che non può
spiegare tutto al telefono, ma che la gara si può
vincere. «Io volevo solamente dirti questo, siccome
io ho parlato stasera e so tutto... e lidea è
venuta anche da lì... Dice: mettetevi insieme».
Le fa capire che la cosa è fatta: «So tutto...
ma so tutto... so tutto, perché ho parlato con persona
giusta!». Insiste: «Se ti dico di farla con
me, vuol dire... che ho qualche motivo...». Certo,
i tempi sono stretti, le offerte devono essere presentate
entro il 2 aprile, ma non cè da preoccuparsi,
perché il termine sarà prorogato.
Intanto anche Benedetto chiama Procopio e gli dice di «sposarsi
con quei signori di Milano», perché il capo
(Comastri) vede di buon occhio quellunione. Poi, il
25 marzo, la previsione si avvera. Benedetto annuncia: «Scusami
se ti disturbo, la scadenza è stata spostata a mercoledì
14 aprile». Procopio, riconoscente, esclama: «Madonna,
vi abbraccerei tutti e due!».
A questo punto, lallegra compagnia mette a punto lofferta.
Benedetto, nominato da Comastri presidente della commissione
tecnica di gara, si mette a disposizione di Procopio. Gli
spiega come fare la relazione tecnica, come calcolare i
prezzi, come rispettare le regole francesi per le offerte,
diverse da quelle italiane. Per evitare sorprese, la presidenza
della commissione per laggiudicazione della gara,
che dovrà far vincere la Sti di Procopio associata
allMm, viene affidata ad Adolfo Colombo, che dellMm
è stato direttore generale dal 1994 al 2000 e, in
passato, presidente del consorzio Malpensa construction
(Sea-Mm) per la costruzione del nuovo aeroporto della Malpensa
nonché presidente del consorzio Mm-Sogemi per il
potenziamento dei mercati allingrosso di Milano.
Ma il diavolo ci mette la coda. Malgrado tante cautele,
lintrallazzo naufraga: un banale errore di redazione
della domanda fa escludere dalla gara lassociazione
Sti-Mm. Passa avanti unaltra società, la Geodata:
«Invisa al ministro perché appartiene allopposta
corrente politica» e dotata però anchessa
dei suoi santi in paradiso (lingegner Alessandro Macchi,
membro della commissione per la gara di Venaus). Benedetto
è sconfortato: «Piuttosto che far vincere Geodata
e giocarci le mie palle col ministro, preferisco che vinca
un altro...».
Procopio viene allertato subito: «Lo so, lo so, abbiamo
fatto un po di corse... Ah», sospira, «conviene
fare qualcosa...». Anzi: «Serve una botta».
Un giro di telefonate, e la botta arriva: la gara viene
annullata e si comincia tutto da capo. Così Procopio
corregge gli errori e sappresta a presentare la sua
domanda. Peccato che, a questo punto, scatti la magistratura.
Intervengono i sostituti procuratori Paolo Toso e Cesare
Parodi, che mandano la guardia di finanza nella sede torinese
della Ltf. Invano: limpiegata presente dice di non
essere in grado di trovare alcun documento sulla discenderia
di Venaus. Possibile? Subito dopo, al telefono, Comastri
chiama Benedetto, lo avvisa dellinchiesta, gli ordina
di far sparire al più presto il dossier chiuso nel
suo armadio e di portarlo nella sede Ltf di Chambery.
Allora i magistrati torinesi provano a chiedere nei confronti
di Procopio una misura cautelare meno punitiva dellarresto,
ma economicamente più efficace: chiedono che gli
sia impedito di partecipare, per un periodo di tempo, alle
gare dappalto. Il giudice per le indagini preliminari
dice no, anche perché ritiene che non si possa procedere
nei confronti di personaggi coinvolti in una gara indetta
dalla Ltf, società di diritto francese con sede a
Chambery. Blindati e intoccabili, dunque, gli appalti della
Valsusa: non cè corruzione, non cè
tangente che tenga, ci pensino i francesi, se ne hanno voglia.
Ma il tribunale del riesame nel settembre 2006 ribalta la
decisione. Ltf è stata incaricata dal governo italiano,
oltre che da quello francese, di essere «stazione
appaltante» e di indire pubbliche gare, dunque è
a tutti gli effetti parte della pubblica amministrazione.
È «del tutto irrilevante verificare il luogo
in cui la gara è stata indetta e la legge di quale
dei due Stati regolamenterà lesecuzione dellappalto».
Se la Cassazione confermerà questa decisione, salterà
la garanzia dimpunità sugli appalti della Valsusa.
Il tribunale del riesame, stabilito che la trasparenza e
la correttezza delle gare devono valere anche per la Ltf,
accoglie il ricorso della procura di Torino e blocca lattività
dellingegner Procopio. Con una motivazione durissima
nei confronti della «disinvolta spregiudicatezza dimostrata
e in particolare la pervicacia con la quale ha continuato
a insistere nella turbativa della gara per la discenderia
di Venaus, anche quando era stata quasi assegnata ad altro
concorrente».
Indagato anche il santo in paradiso di Procopio, il viceministro
Martinat. Ma è un parlamentare. La procura, per continuare
lindagine, ha chiesto alla Camera lautorizzazione
a utilizzare le intercettazioni telefoniche in cui compare
la voce di Martinat. Ma la Camera si guarda bene dal rispondere.
Nel frattempo, però, la gara è stata rifatta
e a vincere è stata una new entry: la Cmc, cooperativa
rossa di Ravenna. Cambia così anche latteggiamento
dei vertici Ds nei confronti del supertunnel della Valsusa.
Mercedes Bresso, la presidente della Regione, è oggi
una moderata ma ferma sostenitrice dellalta velocità.
Eppure nel 2000 dichiarava: «Non barattiamo e non
spezziamo il nostro tracciato. La soluzione Alpetunnel ha
un impatto sulla valle a dir poco devastante. È prevista
unuscita del tunnel che avrà effetti disastrosi.
Così come la stazione di sorpasso di Bruzolo e la
stessa occupazione dei terreni della parte bassa della valle.
Vogliamo che ci sia un confronto tecnico e politico che
vada fino in fondo. E che porti a una decisione definitiva».
Parole oggi dimenticate.
Accanto a Cmc, nello stesso raggruppamento dimprese,
si trova la Cogeis. Titolare Giovanni Bertino, indagato
in passato per reati ambientali a Ivrea e arrestato, nel
1991, per corruzione ad Aosta (insieme a Bruno Binasco,
il braccio destro del costruttore Marcellino Gavio). Linchiesta
era quella della procura dAosta sugli appalti truccati
per il raccordo dellautostrada Torino-Aosta e per
la statale del Gran San Bernardo. Nel corso di quella indagine,
ricevette un avviso di garanzia anche il protettore politico
di Bertino, Giuseppe Botta, gran signore delle tessere ai
bei tempi della Dc, quando era anche presidente della commissione
Lavori pubblici della Camera. Tutto finì con Botta
assolto e Bertino, invece, condannato in appello a 1 anno
e 6 mesi.
Oggi Giuseppe Botta ha passato il testimone politico al
figlio, Franco Maria Botta, esponente dellUdc, molto
vicino a Pierferdinando Casini. Dope essere stato assessore
nella giunta regionale di Enzo Ghigo, si è candidato,
per il centrodestra contro Antonio Saitta, alla presidenza
della Provincia di Torino. Una sfida che sapeva persa in
partenza, ma che lo ha comunque portato a mantenere alta
la sua visibilità. Oggi è consigliere regionale.
E Giovanni Bertino? Il costruttore «bianco»
è tornato agli appalti, in alleanza con i «rossi»
della Cmc.
Le indagini continuano. E sintrecciano con quelle
dei lavori olimpici e autostradali piemontesi. La nuova
Tangentopoli sta prendendo forma.
(Diario, 16 dicembre 2005)
La Camera ha poi risposto ai giudici: le intercettazioni
di Martinat non potranno essere utilizzate.
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