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Quel
che è di Cesare
e quel che è di Silvio
Per Previti una condanna a 11 anni
per corruzione.
Per aver fatto da intermediario tra i giudici corrotti romani
e il suo mandante: Silvio
Berlusconi
Gli avvocati di Cesare Previti,
dopo che i tre giudici del Tribunale di Milano hanno respinto
la loro estrema richiesta di bloccare la sentenza, il pomeriggio
del 29 aprile 2003 si sono ritirati in buon ordine. Seduti
ai tavolini allaperto del bar di fianco al palazzo
di Giustizia, hanno sorseggiato una bibita, un drink. Hanno
aspettato la fine, dopo anni di battaglie, dincredibili,
inenarrabili manovre per rallentare, frenare, bloccare,
ingrippare il processo. Sapevano di averle provate tutte,
dentro un processo in cui i difensori avevano un occhio
ai codici, laltro al calendario dei lavori del Parlamento,
che ha lavorato anche di notte per approvare leggi su misura
(falso in bilancio, rogatorie, legittimo sospetto...). Niente
da fare: lo Stato di diritto per ora è
più forte. Così martedì 29 aprile arriva
la sentenza. Questa è la vittoria: che si sia arrivati
alla sentenza. Al di là del contenuto (fosse stata
anche d'assoluzione): la nostra democrazia ha dimostrato
di sapere e potere resistere (per ora) alle pressioni dei
potenti di turno. Ha concluso il processo forse più
difficile e travagliato della storia d'Italia. È
arrivata alla sentenza. Grazie a tre giudici dalla schiena
dritta che in mezzo a un'incredibile bagarre hanno continuato
a fare il loro lavoro: Paolo Carfì, Enrico Consolandi,
Elena Balzarotti. «E ora dimenticatemi», ha
detto il presidente Carfì dopo la sentenza. Punto.
La sentenza è stata di condanna. Per tutti
gli imputati, tranne che per il giudice Filippo Verde (assolto
perché le prove a suo carico sono state giudicate
insufficienti). Condanne pesanti ai giudici (Metta, Squillante)
e agli intermediari (Previti, Pacifico). E i mandanti? Per
il troncone Imi-Sir, il mandante è morto (il petroliere
Nino Rovelli), ma sono stati condannati i suoi successori,
la moglie e il figlio, che hanno eseguito i suoi ordini
e pagato miliardi agli avvocati che gli avevano fatto vincere
(con la corruzione) una causa con lo Stato da 1.000 miliardi.
Per il troncone Lodo Mondadori, invece, il mandante è
uscito da tempo dal processo. Si chiama Silvio Berlusconi.
La Corte d'appello gli ha concesso le attenuanti generiche
e in base a queste è scattata la prescrizione.
Le prove esibite nel dibattimento sono massicce.
Difficile non dar loro peso. La difesa ha provato con manovre
diversive, la denigrazione del teste Omega, i giochi di
prestigio con le bobine delle intercettazioni di quattro
amici al bar, i cd rotti, il gioco delle tre carte sulla
competenza del tribunale di Milano, no di Brescia, ma no,
meglio di Perugia... I mezzi d'informazione di Berlusconi
hanno costruito su questi dettagli una poderosa campagna
di propaganda e disiformazione (che ha convinto anche il
presidente del Senato Marcello Pera, a giudicare dalla sua
intervista alla Repubblica del 4 maggio). Ma le prove
sono ben altre. Alla fine, sul campo sono rimasti i soldi.
I piccioli, come li chiama Ilda Boccassini. I passaggi
di denaro dal mandante (chi aveva interesse a comprare una
sentenza) allintermediario (Cesare Previti, aiutato
da Attilio Pacifico), fino ai beneficiari finali, i giudici
che hanno scritto le sentenze comprate e vendute. Le carte
bancarie arrivate dalla Svizzera sono implacabili: documentano
con freddezza i passaggi di piccioli. E la legge
sulle rogatorie, maledizione, non è bastata ad azzerarle.
Hanno lavorato bene i magistrati dellaccusa, Gherardo
Colombo, Ilda Boccassini. Hanno ingoiato in silenzio, per
anni, attacchi e insulti, accuse e minacce. E ora il loro
lavoro ha avuto il suggello di una sentenza: colpevoli.
Colpevole Metta, condannato a 13 anni, che ha scritto
in poche ora una monumentale sentenza: comprata e venduta.
Colpevole il giudice Squillante, condannato a 8 anni e 6
mesi. Colpevoli Pacifico, Acampora, Felice Rovelli, sua
madre Primarosa Battistella. Colpevole Cesare Previti, condannato
a 11 anni. Ora ci sarà lappello, poi la Cassazione.
Ma soprattutto, fuori dalle aule giudiziarie, dovrà
esserci la politica.
La politica: saprà prendere atto dei fatti,
senza ripetere allinfinito la favola della persecuzione
giudiziaria, dellattacco di parte, delle toghe rosse?
Berlusconi sta dimostrando di no, arrivando al confine estremo
dell'eversione, accusando chi ha emesso una sentenza di
«criminalità giudiziaria». Eppure i fatti,
sconvolgenti nella loro semplicità, sono questi:
alcune sentenze, a Roma, sono state comprate a suon di miliardi
di lire. Tra queste, quella che ha fatto passare la più
grande casa editrice italiana, la Mondadori, da Carlo De
Benedetti a Silvio Berlusconi. Berlusconi, diventato nel
frattempo presidente del Consiglio, è uscito dal
processo perché, avendo ricevuto da un giudice le
attenuanti generiche, ha visto prescritta la sua accusa.
Ma resta un problema. Non più giudiziario, ma politico
e morale: Previti è stato condannato come intermediario,
perché ha passato alle toghe sporche romane i soldi
della corruzione. Ma cè un mandante, che lo
ha usato come intermediario e che gli ha fornito i miliardi
necessari.
Nel caso Mondadori, il mandante si chiama indubitabilmente
Silvio Berlusconi. Dal punto di vista giudiziario è
uscito dal processo, per il combinato disposto di attenuanti
e prescrizione. Ma a questo si possono attaccare soltanto
i «giustizialisti» (quelli veri, da Berlusconi
a Ferrara, che vivono di sentenze purché siano
d'assoluzione). Chi guarda alla sostanza, alla politica,
alla morale e ai fatti, invece, non può non vedere
una semplice realtà: non cè pagatore
senza fonte del pagamento; non cè intermediario
senza mandante. E il mandante, la fonte, non può
avere meno responsabilità del pagatore, dellintermediario.
Altrimenti, lintermediario si trasformerà in
capro espiatorio: entro il 2006 (anno in cui scatta la prescrizione)
potrebbe arrivare una sentenza dappello e una eventuale
conferma in Cassazione. Previti lo ha ripetuto più
volte: «Simul stabunt, simul cadent»
(«Insieme staranno in piedi, insieme cadranno»),
e una volta tanto dice la verità. Come risolverà
questo problema non giudiziario, ripetiamo, ma sostanziale,
politico, morale, fattuale la politica italiana?
Potrà scatenare una guerra senza quartiere
contro i giudici: tutti prevenuti, tutte toghe rosse. Potrà
dividere le carriere. Togliere strumenti di indagine. Stravolgere
i codici. Ma resteranno i fatti, i passaggi di piccioli.
E resterà questa condanna, che chiama in causa (penalmente)
un ex ministro della Repubblica e (politicamente) il presidente
del Consiglio. La politica potrà reintrodurre limmunità
parlamentare, anzi introdurre per la prima volta in Italia
limpunità per i politici, la sospensione di
ogni processo per chi ha la fortuna di riuscire a entrare
in Parlamento. Ma tutti gli alleati di Berlusconi sono disposti
a questo, per salvare un solo uomo? E quanto sono disposti
a pagare, in termini di consenso?
Pera (e tanti altri, anche nel centrosinistra) dicono:
non si può avere un presidente del Consiglio sotto
processo, e magari condannato. Tanto più nel semestre
di guida italiana dell'Unione europea, che inizia il 1 luglio.
Dunque, si blocchino i processi per i vertici della politica
italiana (cioè per Berlusconi, che è l'unico
di quei vertici ad avere di questi problemi). Ma è
curioso: lo scandalo è avere un giudice che processa
il presidente del Consiglio, o avere un presidente del Consiglio
che, con comportamenti ben precedenti al suo ingresso in
politica, ha meritato di essere indagato per gravi reati
e processato? E dallo scandalo si esce congelando la situazione,
rendendo improcessabile il presidente del Consiglio, o liberando
al più presto la nostra democrazia dell'anomalia
di avere un'istituzione segnata dall'ombra della corruzione?
Non si deve invertire la causa e l'effetto: per non essere
processati, è bene non rubare. L'attuale maggioranza
starebbe zitta e buona se fosse all'opposizione e se sotto
processo ci fosse un leader del centrosinistra? Lo salverebbe
con l'immunità?
Saranno queste le domande a cui dovrà rispondere,
nei prossimi mesi, la politica italiana. Anche perché
sta arrivando alle ultime battute il secondo processo di
Milano, quello sulla compravendita della sentenza Sme, che
accanto a Previti ha come imputato, direttamente, Silvio
Berlusconi. Un bel rebus per la politica italiana, alla
vigilia del semestre in cui lItalia sarà alla
guida dellUnione europea. Rinasceranno i girotondi?
Lopposizione di centrosinistra la finirà di
farsi dettare lagenda da Berlusconi, o resterà
prigioniera del «lodo Maccanico» (norma salvaberlusconi
che blocca i suoi processi)?
Intanto questa sentenza, la sentenza di condanna
a Previti e ai suoi coimputati, emessa dopo tanti rinvii
in una tiepida notte daprile del 2003, resta un punto
fermo, che non si potrà far finta di non vedere.
Uno che se ne intende, Marcello DellUtri, ha recentemente
consigliato a chi ha processi in corso di tirare in lungo,
perché nel frattempo il giudice può anche
morire. Una battuta, la sua. Peccato che fino a dieci anni
fa i giudici morivano davvero, in Italia: Ciaccio Montalto,
Chinnici, Saetta, Scopelliti, Falcone, Borsellino... Le
questioni di peso, nel nostro Paese, si risolvevano col
piombo. Così è morto Mino Pecorelli, così
è morto Giorgio Ambrosoli... Speriamo che quella
stagione sia finita con la «prima Repubblica».
Gerardo DAmbrosio, prima di andare in pensione, a
chi gli ricordava i pesanti attacchi arrivati dalla politica,
rispondeva: «Ma io mi considero fortunato. Al massimo
mi fanno un provvedimento disciplinare. Molti miei colleghi,
invece, li hanno uccisi...».
4 maggio 2003
Previti
visto dalla parte di Previti. Per chi non legge
il Foglio: sentite un po' che cosa scrivono di Cesare Filippo
Facci e gli altri (Giannino, Soave, Mughini, Maglie,
Marcenaro):
Gli affari del signor Cesare
Previti a rischio attentati. Le informative
del Sisde del luglio 2002
«Dichiarazioni
eversive»
L'appello dei giuristi contro gli attacchi di Berlusconi alla
magistratura in seguito alla condanna di Previti. Primi firmatari:
Sergio Chiarloni, Alfonso Di Giovine, Mario Dogliani, Paolo
Ferrua, Stefano Sicardi
Noi sottoscritti professori universitari di diritto
esprimiamo allarme ed indignazione di fronte alle recenti
dichiarazioni del Presidente del Consiglio, il quale, in diretta
polemica con una sentenza emessa dal Tribunale di Milano,
ha affermato che la condanna dell'on. Previti «non fa
che confermare» la «persecuzione politica»
di cui l'ex ministro della difesa sarebbe vittima, «già
resa evidente dalle vicende dell'inchiesta, delle indagini
preliminari e dell'intero processo». Persecuzione che
sarebbe stata ordita da «magistrati politicizzati»
che vorrebbero «scegliersi, con una logica golpista,
il governo che preferiscono»: ma dal momento che «in
una democrazia liberale» questo non è ammissibile,
«la politicizzazione di certa magistratura, volta a
condizionare la nostra vita politica, è un problema
che dovrà essere risolto per il bene del Paese, delle
istituzioni, dei cittadini».
Mai abbiamo sentito da un Presidente del Consiglio
- né da un leader del partito di maggioranza relativa
- parole di tale spregio per le elementari regole che presidiano
il nostro assetto costituzionale. Non si tratta solo della
gratuita diffamazione, senza l'ombra di una prova, di singoli
giudici, accusati di costituire la longa manus di una congiura
politica. Si è in presenza di un inaudito attacco all'autonomia
della funzione giurisdizionale, esercitata nel rispetto delle
garanzie costituzionali e legislative; il tutto accompagnato
dalla minaccia, che riecheggia le istanze di normalizzazione
proprie dei regimi autoritari, di pesanti interventi sull'ordinamento
della Magistratura, sistematicamente imputata di 'politicizzazione'
se emette, a qualsiasi livello, dal giudice di primo grado
alle Sezioni Unite della Cassazione, decisioni non conformi
ai disegni del Presidente del Consiglio e del suo partito.
Noi professori universitari di diritto ci rivolgiamo
preoccupati alle "larghe e forti istituzioni rappresentative"
del Paese (la cui autonomia, come la storia dimostra, viene
prima o poi svuotata dall'autoritarismo non meno di quella
della magistratura). Siamo di fronte a dichiarazioni eversive
dell'ordine costituzionale dei poteri e premonitrici di un
sistema dove le sentenze 'giuste' sono soltanto quelle gradite
a chi si trova al governo. Il fatto stesso che si sia pensato,
da parte del Presidente del Consiglio, di rendere simili dichiarazioni,
di occultare con esse quanto emerso dal processo e di trarne
un beneficio politico, è sintomo della deriva verso
cui le istituzioni democratiche e l'informazione sono avviate.
Tutti coloro che hanno a cuore la democrazia liberale, a qualunque
idea, forza o schieramento si riferiscano, sono chiamati a
impegnarsi per la difesa della legalità repubblicana.
4 maggio 2003
NO LODO
Le «dichiarazioni spontanee» di Berlusconi al
processo Sme, seconda puntata, 17 giugno 2003. Imbroglia perfino
su Totò: non voleva comprare il Colosseo ("come
De Benedetti la Sme"), ma vendere la Fontana di
Trevi...
Il processo contro Silvio Berlusconi, accusato, da
imprenditore, di aver corrotto giudici e comprato sentenze,
si è chiuso alle ore 12 di martedì 17 giugno.
Con uno show dellimputato, che è arrivato in
aula con un obiettivo preciso: occupare ludienza con
le sue «dichiarazioni spontanee» per impedire
al pubblico ministero Ilda Boccassini di iniziare la sua requisitoria
e formulare la sua richiesta di pena.
Costretto a tornare in aula dal pericolo-Boccassini, il presidente
del Consiglio ha cercato di volgere a suo favore una situazione
imbarazzante di cui avrebbe fatto volentieri a meno: e ha
parlato ai media, non certo ai giudici. Alla fine se nè
andato, tra una piccola folla di fan plaudenti («Silvio!,
Silvio!»), arrivati questa volta a sostenere il loro
leader, che il 5 maggio era stato invece lasciato solo davanti
al suo solitario contestatore («Buffone o Puffone
fatti processare!»).
Il processo è stato aggiornato al 25 giugno,
ma in aula tutti sapevano che è una finzione: da giorni
il Parlamento è allopera per varare una nuova
legge su misura, un vestito di sartoria, la più vergognosa
delle leggi vergogna, il «lodo Maccanico» diventato
«lodo Schifani» o, più direttamente, «lodo
Berlusconi»: il presidente del Consiglio e le alte cariche
dello Stato (che però non ne hanno alcun bisogno) diventeranno
improcessabili. Con effetto immediato (come già la
Cirami), fin dal giorno dopo la pubblicazione sulla Gazzetta
ufficiale, senza neppure aspettare i tradizionali 15 giorni.
Così il 25 giugno il tribunale presieduto da Luisa
Ponti non potrà far altro che prendere atto che una
nuova legge dello Stato impone di sospendere il processo allimputato
Silvio Berlusconi.
Storia finita. Per sempre: anche se nel 2006 Berlusconi non
fosse più presidente del Consiglio, il processo è
destinato ad arenarsi sulle secche della prescrizione perché
dovrebbe ricominciare da capo, con un altro collegio giudicante.
Infatti il 9 gennaio 2004 scadrà il termine massimo
di applicazione al tribunale del giudice Guido Brambilla,
che dovrà assolutamente passare al tribunale di sorveglianza.
LONORE DI SILVIO. Tutto bene, dunque, per Silvio
Berlusconi, salvato in extremis da un processo difficile,
da una sentenza pericolosa? No. Lonore del presidente
del Consiglio e il prestigio internazionale dellItalia
(che dal 1 luglio avrà per sei mesi la presidenza dellUnione
europea) sono salvati per legge, ma nella sostanza chiunque,
in Italia e allestero, potrà dubitare dellinnocenza
di chi con una legge su misura è sfuggito al giudizio
dei suoi giudici naturali.
Si può rendere lacqua potabile innalzando per
decreto i livelli legali dei veleni? Si può stabilire
la verginità per legge? Si può. Ma non si può
pretendere e imporre per decreto lonore e il prestigio.
Del resto, fa scandalo chi denuncia unillegalità,
o chi lha commessa? E il prestigio dellItalia
è incrinato da chi persegue i reati (svolgendo il proprio
compito istituzionale), o da chi, eventualmente, i reati li
ha compiuti?
Il semestre di presidenza italiana dellUnione europea,
dunque, inizia in un clima pessimo e con il piede sbagliato.
Berlusconi, anatra zoppa, già attaccato dalla Francia
per il suo viaggio in Israele, si è presentato dal
premier greco per il passaggio delle consegne dopo essere
uscito da unaula di giustizia in cui è accusato
di aver corrotto giudici e comprato sentenze. Torna in mente
limmagine evocata dal settimanale americano Newsweek:
il presidente dellUnione parla in una riunione ufficiale,
nella foga alza un braccio e... al polso appare il braccialetto
elettronico dei detenuti in libertà su cauzione.
BOSSI E LE RISSE AL GOVERNO. Se allestero laria
non è buona, in Italia dopo le sconfitte elettorali
del centrodestra il clima non è migliore. Bossi
alza il prezzo minacciando di lasciare il governo, An vuole
più posti, i centristi cattolici non perdono occasione
per dimostrarsi incompatibili con Bossi. Tornano di moda parole
come «verifica» e «rimpasto», che
non sentivamo dai tempi dei governi democristiani. E sulle
pensioni (come ha segnalato per primo proprio Diario nel numero
scorso), durante questa calda estate potrebbe andare in crisi
un asse considerato inossidabile, quello tra Bossi e Tremonti.
La situazione economica è difficile, i conti non tornano,
le promesse elettorali non sono state mantenute, le tasse
non sono diminuite, le riforme non sono arrivate, anche la
Confindustria scalpita... La buona stella di Silvio attraversa
decisamente un periodo difficile.
SILVIO BERLUSCONI SHOW. Il presidente del Consiglio,
nel suo show del 17 giugno, ha continuato i suoi depistaggi,
ripetendo cose già ben note, per esempio, ai lettori
di Panorama: la testimone Stefania Ariosto sarebbe mitomane
e falsa; lintercettazione del colloquio tra giudici
al bar Mandara di Roma sarebbe manipolata; nel «fascicolo
virtuale» numero 9520 (segreto) della procura di Milano
sarebbero nascosti documenti (chissà perché)
essenziali per la difesa di Berlusconi... Ma i piccioli, signor
presidente? Come mai dai conti Fininvest escono miliardi che
finiscono sui conti dei giudici romani?
Qui Berlusconi, preso dalla foga, fa unammissione: la
Fininvest aveva conti allestero (finora sempre negati)
«perché comperavamo film in tutto il mondo».
E i versamenti a Cesare Previti? Come mai lavvocato
viene pagato dai conti esteri? È anche lui un film
straniero? A proposito: Previti è un po scaricato
dal suo vecchio datore di lavoro: «Era uno dei cento
avvocati del nostro gruppo», minimizza lamico
Silvio. E i pagamenti Fininvest? Erano anticipi di parcelle:
non è colpa nostra, fa capire Berlusconi, se poi Previti
li faceva arrivare chissà perché
sui conti di Attilio Pacifico, «che aveva un ufficio
di import-export di denaro»...
Ma invece di spiegare, Berlusconi, abituato al fai-da-te,
si loda, si giudica e si assolve: «Non ho trovato nulla,
non cè nulla, non una prova, un indizio. Non
cè neppure il movente». E poi figurarsi
dice Berlusconi allargandosi un po se
avrei mai fatto operazioni illecite lasciando la firma, i
segni della provenienza dei soldi... «Mi sarebbe bastato
prenderli dalla mia tasca...».
Alla fine della estroversa esternazione, Ilda Boccassini tenta
il colpaccio: chiede allimputato se vuole rispondere
a qualche sua domanda, visto che qualcuno (il cassiere Fininvest
Livio Gironi) ha dichiarato nel processo che la Fininvest
i soldi li distribuiva, alloccorrenza, proprio prendendoli
da qualche capace «tasca». Berlusconi è
costretto a battere in ritirata. Si capisce che di rispondere
alle domande del pm non ha proprio nessuna voglia, ma non
lo vuole dire. Se la cava ponendo allora una condizione impossibile
per un imputato (secondo i codici): rispondo solo se venite
a interrogarmi a palazzo Chigi.
Per il resto, è la solita musica: subisco un
processo che è un attacco politico, «mai vista
tanta partigiana attenzione a un gruppo, dopo che mi sono
impegnato in politica». Non è vero, Romiti e
De Benedetti e mille altri sono stati indagati e processati
e condannati. Ma la favola della persecuzione politica, a
quanto pare, funziona ancora. Il presidente se ne va a testa
alta. Ma la partita sul lodo Berlusconi non è chiusa.
I Girotondi hanno ritrovato lenergia per protestare
in tutta Italia contro la legge salvagente. Laccusa
o le parti civili potranno sollevare la questione di costituzionalità
davanti alla Consulta che, se risponderà in tempi brevi,
potrebbe far riaprire il processo. E Di Pietro ha comunque
già pronta la macchina organizzativa per raccogliere
in poche settimane le firme necessarie a indire un referendum
che abroghi il lodo salvagente. «E questa volta raggiungeremo
il quorum», promette, «perché coinvolgeremo
anche i tanti elettori del centrodestra che non sopportano
i privilegi per i potenti».
Silvio, e i "piccioli"?
Le «dichiarazioni spontanee» di Berlusconi al
processo di Milano, prima puntata, 5 maggio 2003. Getta fango
su Prodi, ma quello è un altro processo (già
fatto). Ammette di aver agito su mandato di Craxi. Ma allora
ha mentito al giudice, sotto giuramento, nel 1985? Si confonde,
sbaglia date e nomi. Due problemi aperti: perché non
spiega le uscite dei soldi dai conti Fininvest nel 1991? E
che rapporti ci sono tra Bettino, il caso Sme e il Decreto
Berlusconi?
Nellimpero asburgico esisteva la «medaglia
di Maria Teresa». Era il premio ai soldati che, pur
andando oltre gli ordini e la disciplina, riportavano vittorie
sul nemico. Se lo sapesse, Silvio Berlusconi la vorrebbe:
per aver bloccato la svendita della Sme, per aver salvato
lItalia dai comunisti... E la vorrebbe anche Giulio
Andreotti: per aver governato questo Paese, per aver salvato
dal logorio il potere della Dc...
Berlusconi e Andreotti, il presente e il passato di unItalia
che cambia tutto per non cambiare niente, nei giorni scorsi
hanno avuto qualche incontro ravvicinato con i giudici. Berlusconi
ha prima subìto le conseguenze politiche della pesante
condanna inflitta al suo amico avvocato Cesare Previti nel
processo toghe sporche-lodo Mondadori (vedi larticolo
a pagina 14), poi ha reagito accusando le toghe di «criminalità
giudiziaria», infine è rientrato in campo (a
gamba tesa) nel processo toghe sporche-Sme. Andreotti ha incassato,
sornione, una (strana) assoluzione nel processo dappello
in cui era imputato per mafia a Palermo.
SILVIO BERLUSCONI ha fatto lo show a Milano. Per tre
anni si è tenuto lontano dallaula di giustizia
in cui si celebra il processo per le tangenti Sme. La mattina
del 5 maggio 2003 si è materializzato, per fare «dichiarazioni
spontanee». Ha parlato daltro, rispetto al tema
trattato nel dibattimento. Ha confessato di aver agito «su
mandato di Craxi». E ha rivendicato di aver impedito
la svendita a Carlo De Benedetti della Sme (la finanziaria
di Stato che controllava le aziende alimentari con i marchi
Motta, Alemagna, Cirio, De Rica). Dal punto di vista processuale,
il suo monologo vale zero. Ma Berlusconi non ha parlato ai
giudici, bensì ai giornali e alle tv: ha usato laula
di giustizia per occupare la scena mediatica e gettare fango
sul suo possibile avversario politico, Romano Prodi, sul quale
ha proiettato le ombre di possibili tangenti.
È un altro processo, peraltro già fatto e già
chiuso: Prodi ne è uscito pulito (e come mai Silvio,
garantista immaginario, è così poco garantista
con i suoi avversari?). A Berlusconi, populista vero, interessa
non la giustizia, ma il consenso. In aula parla agli elettori,
non ai giudici. Non vuol convincere il tribunale di essere
innocente, ma gli elettori che anche il suo avversario non
è uno stinco di santo.
È tanta la sua foga di risultare efficace (per
i media), che diventa perfino controproducente (per i giudici).
Infila nel monologo una serie di errori: sostiene di aver
avuto, allepoca dei fatti, un «conto aperto con
De Benedetti, che mi attaccava ogni giorno dai suoi giornali»
ma De Benedetti è diventato azionista di Repubblica
solo molti anni dopo; cita Giovanni Tamburino, toga di Magistratura
democratica, che gli ha dato ragione in Cassazione
ma Tamburino non è mai stato di Magistratura democratica,
non è mai stato in Cassazione, non ha mai giudicato
il caso Sme; chiede che il tribunale acquisisca alcune lettere
di Craxi allallora ministro delle Partecipazioni statali
Clelio Darida ma queste sono già agli atti da
anni.
Infine ammette (per la prima volta) di essere intervenuto
nella vicenda della vendita Sme non perché davvero
interessato allacquisto, ma soltanto per compiacere
Craxi, allora presidente del Consiglio, per portare a termine
una manovra politica (le privatizzazioni furono così
bloccate e rinviate di un decennio): non è quello che
ha dichiarato a verbale il 30 ottobre 1985, interrogato come
testimone dal magistrato Luciano Infelisi, che per primo ha
indagato su quelle vicende. Dunque nel 1985 Silvio ha mentito
sotto giuramento?
La verità è che lintervento di Berlusconi
«su mandato di Craxi» è del 1985. Pochi
mesi prima, nellottobre 1984, era avvenuto un fatto
che aveva suscitato qualche clamore: Craxi era intervenuto
(con uno strumento di legge passato alla storia come «Decreto
Berlusconi») per riaccendere le tre reti Fininvest oscurate
dai pretori di Roma, Torino e Pescara, i quali applicavano
la legge vigente secondo cui era illegittimo per un privato
trasmettere su tutto il territorio nazionale. La scadenza
del "decreto Berlusconi" è il 6 giugno 1985:
Silvio interviene nel caso Sme una settimana prima...
Ciò di cui Berlusconi nel suo show non ha parlato
e che invece avrebbe dovuto affrontare, se fosse stato interrogato
come imputato è la questione cruciale del processo
Sme: i piccioli, come dice Ilda Boccassini. Sono state pagate
tangenti per ottenere sentenze contrarie a De Benedetti? Dove
vanno a finire i soldi usciti dai conti Fininvest il 14 febbraio,
il 1 marzo, il 26 aprile 1991? Come mai il 6 marzo di quellanno,
434.404 dollari passano dal conto Ferrido (della Fininvest)
al conto Mercier (dellintermediario Cesare Previti)
e arrivano al conto Rowena (del giudice romano Renato Squillante)?
GIULIO ANDREOTTI è stato assolto a Palermo.
Questa è la notizia passata sui giornali e la tv, la
sera del 2 maggio 2003. Pierferdinando Casini e altri esponenti
della vecchia Dc hanno subito dichiarato festosi che è
finalmente restituito lonore alla Democrazia cristiana.
Sconfitti definitivamente Gian Carlo Caselli e i magistrati
palermitani. Ma è davvero andata così?
La sentenza dappello, in realtà, conferma lassoluzione
di primo grado solo a metà. Andreotti va assolto per
le imputazioni del «capo b»: associazione mafiosa,
per rapporti, incontri e contatti con Totò Riina e
i corleonesi dopo il 1982. Evidentemente i giudici non hanno
trovato convincenti le prove raccolte dallaccusa e le
dichiarazioni di Balduccio Di Maggio. Ma la musica cambia
per quanto riguarda il «capo a»: associazione
a delinquere per aver avuto rapporti, incontri e contatti
con i boss di Cosa nostra pre-corleonesi, con la mafia di
Stefano Bontate e Tano Badalamenti, fino alla primavera 1980.
Qui la sentenza dappello «riforma» quella
di primo grado (che era dassoluzione), afferma che i
fatti contestati sono veri, ma prende atto che nel dicembre
2002 (solo quattro mesi fa) sono scaduti i 22 anni e mezzo
concessi dalla legge ed è scattata la prescrizione.
Altro che onore restituito alla storia della Dc: i libri di
storia potranno scrivere che Andreotti ha avuto rapporti,
incontri e contatti con i boss mafiosi. Almeno fino alla primavera
1980, precisa il dispositivo della sentenza, cioè fino
alla data dellultimo incontro in Sicilia tra «Zio
Giulio» e il boss dei boss Stefano Bontate. In quegli
anni Cosa nostra, in unescalation colombiana, aveva
ucciso a Palermo il capo della Mobile Boris Giuliano, il capitano
dei carabinieri Emanuele Basile, il segretario della Dc Michele
Reina, i giudici Cesare Terranova e Gaetano Costa, il presidente
della Regione Piersanti Mattarella. A Roma, aveva fatto uccidere
il giornalista Mino Pecorelli.
Ora, spenti i riflettori sullo show Berlusconi e gli
echi della sentenza Andreotti, lItalia torna allo scontro
politico quotidiano. La nuova trincea di Berlusconi sembra
essere limmunità. Per sé, da introdurre
grazie allidea regalatagli da un esponente dellopposizione,
Antonio Maccanico: sospensione dei processi per il capo del
governo e le alte cariche dello Stato (che però non
ne hanno bisogno). E per tutti i parlamentari, con conseguente
salvataggio, tra gli altri, di Cesare Previti e Marcello DellUtri.
Non sarà facile, anche per le diverse «disponibilità»
degli alleati di Berlusconi. Più facile la via obliqua,
già annunciata nello show, del rallentamento allinfinito
del processo di Milano, a causa dei molteplici «impegni
istituzionali» di Berlusconi, in Italia e in Europa
(da luglio, sarà presidente di turno dellUnione).
Come finirà questo scontro senza fine? In verità,
cè ununica via duscita sana: il ricongiungimento
di legge e legittimazione, oggi disgiunte, e la perdita di
consenso elettorale di chi sta usando le istituzioni e la
politica per salvarsi dai processi. Fino a oggi, la democrazia
italiana ha tenuto. Lautonomia della magistratura ha
funzionato. Leversione non ha preso il sopravvento.
Fino a dieci anni fa, in fondo, in questo Paese i conflitti
di un certo livello si risolvevano a colpi di kalashnikov,
o di autobomba.
7 maggio 2003
Benvenuto in Europa
Il semestre europeo del presidente italiano naufraga il primo
giorno, con una frase scagliata contro un eurodeputato tedesco.
Il giorno prima, in Italia, due leggi su misura avevano bloccato
i processi a Berlusconi e a Previti. Sconcerto nelle opinioni
pubbliche di tutta l'Unione. Una battutaccia contro Ilda Boccassini.
La mano tesa di Fassino.
L'intervento
di Martin Schulz,
capogruppo
socialdemocratico al Parlamento europeo, a cui Berlusconi
ha risposto: «Lei è perfetto per un ruolo di
kapò nazista in un film». E tutta la crisi minuto
per minuto, dal sito www.igirotondi.it
In un giorno solo, alla vigilia dell'avvio del semestre
europeo, si bloccano i due processi contro Berlusconi e contro
Previti. Grazie a due leggi su misura. La prima è nota,
il lodo Maccanico (centrosinistra) riciclata da Schifani (centrodestra):
sospende i processi a cinque alte autorità dello Stato,
ma solo Berlusconi ne ha bisogno. Il suo processo per corruzione
di giudici termina così il 30 giugno 2003, quando il
tribunale di Milano sospende le udienze chiedendo alla Corte
costituzionale di pronunciarsi sulla costituzionalità
del lodo. Manifestamente anticostituzionale, secondo il pubblico
ministero e la parte civile, poiché va contro sei articoli
della Costituzione. Lede il principio d'uguaglianza di tutti
i cittadini davanti alla legge; quello dell'obbligatorietà
dell'azione penale; quello del diritto alla difesa (la sospensione
è infatti obbligatoria, non prevede possibilità
di rinuncia per chi volesse dimostrare nel processo la propria
innocenza); contrasta contro la ragionevole durata del processo;
viola i diritti della parte offesa che non può chiedere
di ottenere giustizia; e non prevede una clausola che salvi
il compimento degli atti urgenti.
In attesa che la Corte costituzionale decida, ora tutto
è rimandato alle calende greche. Ma in qualunque modo
decida, il processo è morto: perché il 9 gennaio
2004 uno dei giudici a latere, Guido Brambilla, terminati
i due anni di "applicazione" al tribunale, dovrà
comunque lasciare il suo posto per raggiungere il nuovo incarico
a cui è stato assegnato, al tribunale di sorveglianza.
Il processo dovrà così ricominciare da capo,
da zero, davanti ad altri giudici. Prescrizione assicurata.
Ora però, a sorpresa, i giudici della prima sezione
del tribunale, con presidente Luisa Ponti, hanno aggiunto
un altro quesito alla Corte costituzionale: sono incostituzionali
le regole del 1991 che non consentono a un giudice, trasferito
altrove ma applicato a un processo, di restarvi oltre i due
anni, per portarlo a termine? Se la Corte riterrà incostituzionale
il lodo Maccanico-Schifani-Berlusconi, e se riterrà
incostituzionale le norme sull'applicazione, allora il processo
Berlusconi potrebbe riaprirsi e continuare da dove è
stato interrotto.
Poi c'è la seconda legge su misura, quella fatta
per bloccare il processo a Previti. Si tratta della legge
sul patteggiamento allargato, che concede agli imputati di
patteggiare la pena anche per reati gravissimi, punibili con
pene fino a cinque anni, ma che soprattutto concede uno stop
di 45 giorni ai processi in corso, per dare modo agli imputati
di riflettere se chiedere o no il patteggiamento. Una norma
stravagante, che va contro la "ragionevole durata"
dei processi, ma che serve a Previti per bloccare il processo
per tre mesi: 45 giorni per pensare al patteggiamento (anche
se ha già detto che non lo chiederà) più
45 giorni di pausa feriale estiva. Grazie a questa legge assurda
contro la quale è già stata sollevata
l'eccezione d'incostituzionalità l'intero sistema
processuale italiano rischia un ingorgo senza precedenti.
Ma intanto Previti ha guadagnato altri tre mesi... La prossima
udienza è convocata per il 29 settembre (giorno, per
uno scherzo del destino, del compleanno di Berlusconi).
Al pubblico ministero Ilda Boccassini, che in aula
ribadiva che l'accusa non concederà mai il proprio
consenso (vincolante) al patteggiamento, anche perché
per Previti la pena richiesta (11 anni) è ben superiore
ai cinque previsti dalla legge, l'avvocato Sammarco, difensore
di Previti, ha risposto: «Il pm confonde il presente
con il futuro. E poi tra 45 giorni non sappiamo cosa accadrà
al pm...». Una battuta, solo una battuta. Ma sinistra
e agghiacciante, nell'Italia dei magistrati uccisi a colpi
di kalashnikov o di tritolo, tanto più se rivolta a
chi ha lavorato su importanti indagini di mafia, ha visto
morire l'amico e maestro Giovanni Falcone e poi ha contribuito
a farne arrestare gli assassini.
In questo bel clima, l'Italia entra nel semestre europeo
e Berlusconi arriva a Strasburgo. Preceduto da un fuoco di
sbarramento dei giornali di tutta Europa, che fanno notare
le anomalie di un leader politico che non ha risolto il proprio
conflitto d'interessi e che vara leggi su misura per garantirsi
l'impunità. Graham Watson, capogruppo liberale al Parlamento
europeo, ha dichiarato: «Se l'Italia fosse un paese
candidato all'adesione all'Unione europea, avrebbe qualche
problema per esservi ammesso. Se l'Estonia avesse un capo
di governo che fosse anche padrone di un gran numero di televisioni
e buona parte della stampa, ci sarebbe una forte pressione
europea. Oppure se la Slovacchia avesse un premier sotto accusa
per aver corrotto dei magistrati e facesse adottare una legge
per avere l'immunità, non diremmo certo che la Slovacchia
è pronta è pronta per entrare nell'Unione».
Il più serafico è stato Fassino, che
fino all'ultimo ha teso la mano a Berlusconi, con una intervista
al Corriere della sera alla vigilia dell'avvio del semestre,
in cui prometteva sostegno bipartisan al presidente dei sei
mesi dell'Unione. Poi è stato Berlusconi che ha rovesciato
il tavolo (come al solito), con un'intervista durissima alla
radio francese Europe 1. Perfino Fassino e compagnia hanno
dovuto frenare gli intenti inciucisti. Attorno a loro, altri
hanno continuato a dire: dobbiamo sostenere comunque Berlusconi,
per sostenere il prestigio dell'Italia in Europa. Ma il prestigio
e l'onore del paese si può sostenere ormai soltanto
dissociandosi nettamente da un avventuriero che nelle repliche
al suo discorso d'apertura del semestre, davanti al Parlamento
di Strasburgo, infila un insulto a un parlamentare tedesco
(gli consiglia di fare il kapò in un film sui nazisti)
provocando un imbarazzante, gravissimo incidente diplomatico,
con seguito di scuse fatte al cancelliere tedesco ma smentite
dal presidente italiano. (E la Rai? Mentre i giornalisti di
tutto il mondo raccontano l'incredibile gaffe di Silvio, Tg1
e Tg2 nelle loro edizioni subito dopo il fatto nascondono
la notizia, come si conviene a telegiornali di regime: e perfino
Galli della Loggia, sul Corriere, lo nota e rimprovera).
Dopo aver dato del kapò a Schulz, Berlusconi
tenta qualche giustificazione: «Era solo una battuta.
Del resto in Italia da anni girano storielle sull'Olocausto»
perché, spiega, gli italiani sanno ridere anche di
«una tragedia come quella». Pezo el tacon del
buso, la giustificazione peggiora la situazione: immediata
reazione del portavoce della Comunità ebraica romana
Riccardo Pacifici: «Questa è un'offesa agli italiani
che si indignano di fronte a quei pochi imbecilli che raramente
raccontano storielle sull'Olocausto: Berlusconi trovi il modo
di riferire a quali storielle si riferiva, altrimenti questo
sarebbe davvero uno scherzo di cattivo gusto».
Prima del kapò, invece, Berlusconi nella sua
replica aveva fatto un'incredibile ammissione a proposito
delle leggi su misura: «Abbiamo il record di 350 disegni
di legge e decreti legge... Se ci si riferisce ai tre testi
adottati con gli strumenti della democrazia in risposta ad
azioni derivanti dall'esercizio di un ruolo di funzionari
della giustizia mirante ad attaccare, con la giustizia, i
nemici politici, ebbene si tratta solo di tre casi su 350,
quindi appena l'1 per cento». Quantità, percentuali:
come se la democrazia fosse ricavabile da una media statistica.
Se per decreto abolisse il Parlamento, sarebbe solo una legge
su centinaia, una percentuale insignificante...
Berlusconi si porta a Bruxelles, come simbolo del semestre
europeo, insieme alla testa dell'imperatore Adriano, la statua
di un cavallo. Per ricordare un certo stalliere, assunto ai
primi passi della sua carriera?
2 luglio 2003
L'intervento
di Martin Schulz,
capogruppo
socialdemocratico al Parlamento europeo, a cui Berlusconi
ha risposto: «Lei è perfetto per un ruolo di
kapò nazista in un film». E tutta la crisi minuto
per minuto, dal sito www.igirotondi.it
Dossier
Berlusconi
L'opuscolo "Berlusconi", tradotto in quattro lingue
(francese, inglese, spagnolo e tedesco) è stato distribuito
da Gianni Vattimo (su domanda del quale il libretto stesso
è stato redatto) a tutti i Parlamentari europei nel
pomeriggio del 2 luglio 2003, giorno della presentazione,
da parte del presidente del Consiglio dei ministri italiano
Silvio Berlusconi, del programma della presidenza italiana
dell'Unione europea. Editing del documento (cartaceo e on
line): Mario Cedrini e Stefano Cardone.
BERLUSCONI
di Marco Travaglio e Peter
Gomez
INDICE:
- Lettera di presentazione di Gianni Vattimo
- Vita di Berlusconi. Cronologia
- Berlusconi e i suoi misteri
- Tutti i processi di Berlusconi
- Tutto ciò che penso di Berlusconi (di Umberto Bossi)
- Tutte le bugie di Berlusconi
Lettera di presentazione di Gianni Vattimo
Caro Collega,
il breve testo che troverà in allegato è una
sommaria presentazione del personaggio che, secondo le regole
della rotazione, occuperà nel prossimo semestre il
posto di presidente del Consiglio Europeo. Questa presentazione
è stata preparata da due giornalisti italiani, Marco
Travaglio e Peter Gomez, che da tempo seguono le vicende politiche
e giudiziarie di Silvio Berlusconi e ne scrivono sulla stampa
italiana. Non sempre, però, queste vicende sono conosciute
adeguatamente negli altri Paesi dell'Unione. So bene che proprio
in questi giorni, in occasione dell'inizio del "semestre
italiano", molta stampa europea ha fornito più
informazioni del solito sul discusso personaggio. Ma siccome
si attribuisce agli italiani, anche ai partiti di opposizione,
l'intenzione di contribuire al "successo" del semestre
europeo del nostro premier, io diffondo questo opuscolo informativo
proprio perché non intendo contribuire in alcun modo
a tale successo. Anzi, credo che un vero successo dell'Italia,
e anche dell'Europa, si possa realizzare solo riducendo al
minimo il danno che la democrazia, l'indipendenza dell'Europa
dagli Usa, la libertà di informazione, la lotta contro
la corruzione, possono ricevere dalla presidenza europea di
Silvio Berlusconi. Una conoscenza dettagliata e, nonostante
le apparenze, obiettiva, della sua storia affaristico-politico-giudiziaria
può, spero, servire a questo scopo.
Un cordiale saluto, Gianni Vattimo
VITA DI BERLUSCONI . CRONOLOGIA
1936. Nasce a Milano il 29 settembre, primo di tre figli (due
maschi e una femmina) di Luigi Berlusconi, impiegato alla
Banca Rasini, e Rosa Bossi, casalinga.
1954. Prende la maturità classica al liceo salesiano
Copernico e s'iscrive all'Università Statale, facoltà
di Giurisprudenza. A tempo perso, vende spazzole elettriche
porta a porta, fa il fotografo ai matrimoni e ai funerali,
suona il basso e canta nella band dell'amico d'infanzia Fedele
Confalonieri (anche sulle navi da crociera).
1957. Primo impiego saltuario nella Immobiliare costruzioni.
1961. Si laurea in legge con 110 e lode, a Milano: tesi sugli
aspetti giuridici del contratto pubblicitario, e vince una
borsa di studio di 2 milioni messa in palio dalla concessionaria
Manzoni. Evita, non si sa come, il servizio militare. E si
dà all'edilizia, acquistando un terreno in via Alciati,
grazie alla garanzia fornitagli dal banchiere Carlo Rasini,
che gli procura anche un socio, il costruttore Pietro Canali.
Nasce la Cantieri Riuniti Milanesi.
1963. Fonda la Edilnord Sas: soci accomandanti Carlo Rasini
e il commercialista svizzero Carlo Rezzonico (per la misteriosa
finanziaria luganese Finanzierungesellschaft für Residenzen
Ag). Nel 1964 apre un cantiere a Brugherio per edificare una
città-modello da 4 mila abitanti. Nel 1965 è
pronto il primo condominio, di cui però non riesce
a vendere nemmeno un appartamento. Poi, non si sa come, riesce
a venderlo al Fondo di previdenza dei dirigenti commerciali.
1965. Sposa Carla Elvira Dall'Oglio, genovese, che gli darà
due figli: Maria Elvira (1966) e Piersilvio (1969).
1968. Nasce l'Edilnord 2, acquistando terreni a Segrate, dove
sorgerà Milano 2.
1969. Brugherio è completa con 1000 appartamenti venduti.
1973. Fonda la Italcantieri Srl, grazie ad altre due misteriose
fiduciarie ticinesi, la Cofigen (legata al finanziere Tito
Tettamanti) e la Eti AG Holding (amministrata dal finanziere
Ercole Doninelli). Acquista ad Arcore, grazie ai buoni uffici
dell'amico Cesare Previti, la villa Casati Stampa con tutti
i terreni ad Arcore, a prezzo di superfavore. Previti infatti
è pro-tutore dell'unica erede dei Casati Stampa, la
contessina dodicenne Annamaria, e contemporaneamente amico
di Silvio e in affari con lui.
1974. Grazie a due fiduciarie della Bnl, la Servizio Italia
e la Saf, nasce l'Immobiliare San Martino, amministrata da
un ex compagno di università, Marcello Dell'Utri, palermitano.
In un condominio di Milano 2 nasce una tv via cavo, Telemilano
58, che passerà ben presto all'etere col nome di Canale
5. Berlusconi si trasferisce con la famiglia a villa Casati,
affiancato dal boss mafioso Vittorio Mangano, assunto in Sicilia
da Dell'Utri come "fattore", cioè come amministratore
della casa e dei terreni. Mangano lascerà Arcore soltanto
un anno e mezzo - due anni più tardi, in seguito a
due arresti e a un'inchiesta a suo carico per il sequestro
di un ospite della villa amico di Berlusconi.
1975. Le due fiduciarie danno vita alla Fininvest. Nascono
anche la Edilnord e la Milano 2. Ma Berlusconi non compare
mai: inabissato e schermato da una miriade di prestanomi dal
1968 al 1975, quando diventa presidente di Italcantieri, e
al 1979, quando assumerà la presidenza della Fininvest.
1977. Appena divenuto Cavaliere del Lavoro, acquista una quota
dell'editrice de Il Giornale, fondato nel 1974 da Indro Montanelli.
1978-1983. Riceve circa 500 miliardi al valore di oggi, di
cui almeno una quindicina in contanti, per alimentare le 24
(poi salite a 37) Holding Italiana che compongono la Fininvest,
di cui si ignora tutt'oggi la provenienza. Sono gli anni della
scalata di Bettino Craxi, segretario del Psi dal 1976, al
potere e della sua ascesa al governo.
1978. Si affilia alla loggia massonica deviata e occulta "Propaganda
2" (P2) del maestro venerabile Licio Gelli, a cui è
stato presentato dal giornalista Roberto Gervaso. Tessera
numero 1816. Di lì a poco comincerà a ricevere
crediti oltre ogni normalità dal Monte dei Paschi e
dalla Bnl (due banche con alcuni uomini-chiave affiliati alla
P2). E inizierà a collaborare, con commenti di politica
economica, al "Corriere della Sera", controllato
dalla P2 tramite Angelo Rizzoli e Bruno Tassan Din. La P2
verrà poi sciolta, in quanto "eversiva",
con un provvedimento del governo Spadolini.
1980. Berlusconi fonda, con Marcello Dell'Utri, Publitalia
80, la concessionaria pubblicitarie per le reti tv. Conosce
l'attrice Veronica Lario, al secolo Miriam Bartolini, che
recita in uno spettacolo al teatro Manzoni di Milano senza
veli. Se ne innamora. La nasconde per tre anni in un'ala segreta
della sede Fininvest in Via Rovani a Milano. Poi la donna
rimane incinta e nel 1984, sempre nel segreto più assoluto,
partorisce in Svizzera una bambina, Barbara. Berlusconi la
riconosce. Padrino di battesimo, Bettino Craxi.
1981. I giudici milanesi Gherardo Colombo e Giuliano Turone,
indagando sui traffici del bancarottiere mafioso e piduista
Michele Sindona, trovano gli elenchi degli affiliati alla
loggia P2. Ma Berlusconi non subisce danni dallo scandalo
che travolge il governo, l'esercito, i servizi segreti e il
mondo del giornalismo.
1982. Berlusconi acquista l'emittente televisiva Italia 1
dall'editore Edilio Rusconi.
1984. Berlusconi acquista l'emittente Rete 4 dalla Mondadori:
ormai è titolare di tre network televisivi nazionali,
e può entrare in concorrenza diretta con la Rai. Ma
tre pretori, di Torino, Pescara e Roma, sequestrano gli impianti
che consentono le trasmissioni illegali di programmi in "interconnessione",
cioè in contemporanea su tutto il territorio nazionale.
Craxi vara un decreto urgente (il primo "decreto Berlusconi")
per legalizzare la situazione illegale. Ma il decreto non
viene convertito in legge perché incostituzionale.
Craxi ne vara un altro (il secondo "decreto Berlusconi"),
minacciando i partiti alleati di andare alle elezioni anticipate
in caso di nuova bocciatura del decreto. E nel febbraio '85
il decreto sarà approvato, dopo che il governo avrà
posto la questione di fiducia.
1985. Berlusconi divorzia da Carla Dell'Oglio e ufficializza
il legame con Veronica, che gli darà altri due figli:
Eleonora (1986) e Luigi (1988). Le seconde nozze verranno
celebrate, con rito civile, nel 1990, officiante il sindaco
socialista di Milano Paolo Pillitteri, cognato di Craxi. Testimoni
degli sposi, Bettino e Anna Craxi, Confalonieri e Gianni Letta.
1986. Berlusconi acquista il Milan Calcio e ne diviene presidente
(nel 1988 vincerà il suo primo scudetto). Intanto fallisce
l'operazione La Cinq in Francia, che chiuderà definitivamente
i battenti nel '90. E' Jacques Chirac a cacciarlo dal suolo
francese, definendolo "venditore di minestre".
1988. Il governo De Mita annuncia la legge Mammì sul
sistema radiotelevisivo. Che in pratica fotografa il duopolio
Rai-Fininvest, senza imporre al Cavaliere alcun autentico
tetto antitrust. Berlusconi acquista la Standa. La legge verrà
approvata nel 1990.
1989-1991. Lunga battaglia fra Berlusconi e De Benedetti per
il controllo della Mondadori, la prima casa editrice che controlla
quotidiani (La Repubblica e 13 giornali locali), settimanali
(Panorama, Espresso, Epoca) e tutto il settore libri. Grazie
a una sentenza del giudice Vittorio Metta, che il tribunale
di Milano riterrà poi comprata con tangenti dall'avvocato
Previti per conto di Berlusconi, il Cavaliere strappa la Mondadori
al suo concorrente. Una successiva mediazione politica porterà
poi alla restituzione a De Benedetti almeno di Repubblica,
Espresso e giornali locali. Tutto il resto rimarrà
a Berlusconi.
1990. Il Parlamento vara la legge Mammì, fra le polemiche:
Berlusconi può tenersi televisioni (nel frattempo è
entrato anche nel business di Telepiù) e Mondadori,
dovendo soltanto "spogliarsi" de Il Giornale (che
viene girato nel '90 al fratello Paolo).
1994. Berlusconi, ormai orfano dei partiti amici, travolti
dallo scandalo di Tangentopoli, entra direttamente in politica,
fonda il partito di Forza Italia, vince le elezioni politiche
del 27 marzo alla guida del Polo delle Libertà e diventa
presidente del Consiglio. Il 21 novembre viene coinvolto nell'inchiesta
sulle tangenti alla Guardia di Finanza. Il 22 dicembre è
costretto a dimettersi, per la mozione di sfiducia della Lega
Nord, che non condivide più la sua politica sociale
e preme per la risoluzione del conflitto d'interessi.
1996. Berlusconi, indagato nel frattempo anche per storie
di mafia, falso in bilancio, frode fiscali e soprattutto corruzione
giudiziaria insieme a Previti, si ricandida alle elezioni
politiche, ma perde. Vince il candidato del centrosinistra
(Ulivo), Romano Prodi. Trascorrerà 5 anni all'opposizione,
alle prese con una serie di inchieste giudiziarie e di processi,
conclusi con diverse condanne in primo grado, poi trasformate
in prescrizioni e (raramente) in assoluzioni in appello e
in Cassazione.
2001. Il 15 maggio vince le elezioni alla guida della Casa
delle Libertà e torna alla presidenza del Consiglio.
BERLUSCONI E I SUOI MISTERI
La vita e la carriera dell'imprenditore Silvio Berlusconi,
nonostante le biografie autorizzate che il protagonista ha
fatto pubblicare o propiziato nel corso degli anni con fini
auto-agiografici, rimane costellata di buchi neri e di domande
senza risposta. Piccolo riepilogo degli omissis più
inquietanti.
1) La Edilnord Sas è la società fondata nel
1963 da Silvio Berlusconi per costruire Milano 2. Soci accomandatari
(quelli che vi operano), oltre al futuro Cavaliere, sono il
commercialista Edoardo Piccitto e i costruttori Pietro Canali,
Enrico Botta e Giovanni Botta. Soci accomandanti (quelli che
finanziano l'operazione) il banchiere Carlo Rasini, titolare
dell'omonima banca con sede in via dei Mercanti a Milano,
e l'avvocato d'affari Renzo Rezzonico, legale rappresentante
di una finanziaria di Lugano: la "Finanzierungesellschaft
für Residenzen Ag", di cui nessuno conoscerà
mai i reali proprietari. Si tratta comunque di gente molto
ottimista, se ha affidato enormi capitali a Berlusconi, cioè
a un giovanotto di 27 anni che, fino a quel momento, non ha
dato alcuna prova imprenditoriale degna di nota.
2) Sulla banca Rasini, dove il padre Luigi Berlusconi lavora
per tutta la vita, da semplice impiegato a direttore generale,
ecco la risposta di Michele Sindona (bancarottiere piduista
legato a Cosa Nostra e riciclatore di denaro mafioso) al giornalista
americano Nick Tosches, che nel 1985 gli domanda quali siano
le banche usate dalla mafia: "In Sicilia il Banco di
Sicilia, a volte. A Milano una piccola banca in piazza Mercanti".
Cioè la Rasini, dove - ripetiamo - Luigi Berlusconi,
padre di Silvio, ha lavorato per tutta a vita, fino a diventarne
il procuratore generale. Alla Rasini tengono i conti correnti
noti mafiosi e narcotrafficanti siciliani come Antonio Virgilio,
Salvatore Enea, Luigi Monti, legati a Vittorio Mangano, il
mafioso che lavora come fattore nella villa di Berlusconi
fra il 1973 e il 1975.
3) Il 29 ottobre 1968 nasce la Edilnord Centri Residenziali
Sas (una sorta di Edilnord 2): stavolta, al posto di Berlusconi,
come socio accomandatario c'è sua cugina Lidia Borsani,
31 anni. E i capitali li fornisce un'altra misteriosa finanziaria
luganese, la "Aktiengesellschaft für Immobilienanlagen
in Residenzentren Ag" (Aktien), fondata da misteriosi
soci appena 10 giorni prima della nascita di Edilnord 2. Berlusconi
da questo momento sparisce nel nulla, coperto da una selva
di sigle e prestanome. Riemergerà solo nel 1975 per
presiedere la Italcantieri, e nel 1979, come presidente della
Fininvest. Intanto nascono decine di società intestate
a parenti e figuranti, controllate da società di cui
si ignorano i veri titolari. Come ha ricostruito Giuseppe
Fiori nel libro "Il venditore" (Garzanti, 1994,
Milano), Italcantieri nasce nel 1973, costituita da due fiduciarie
ticinesi: "Cofigen Sa" di Lugano (legata al finanziere
Tito Tettamanzi, vicino alla massoneria e all'Opus Dei) e
"Eti A.G.Holding" di Chiasso (amministrata da un
finanziere di estrema destra, Ercole Doninelli, proprietario
di un'altra società, la Fi.Mo, più volte inquisita
per riciclaggio, addirittura con i narcos colombiani).
4) Nel 1974 nasce la "Immobiliare San Martino",
amministrata da Marcello Dell'Utri e capitalizzata da due
fiduciarie del parabancario Bnl: la Servizio Italia (diretta
dal piduista Gianfranco Graziadei) e la Saf (Società
Azionaria Finanziaria, rappresentata da un prestanome cecoslovacco,
Frederick Pollack, nato nientemeno che nel 1887). A vario
titolo e con vari sistemi e prestanome, "figlieranno"
una miriade di società legate a Berlusconi e ai suoi
cari: a cominciare dalle 34 "Holding Italiana" che
controllano il gruppo Fininvest. Secondo il dirigente della
Banca d'Italia Francesco Giuffrida e il sottufficiale della
Guardia di Finanza Giuseppe Ciuro, consulenti tecnici della
Procura di Palermo al processo contro Marcello Dell'Utri per
concorso esterno in associazione mafiosa, queste finanziarie
hanno ricevuto fra il 1978 e il 1985 almeno 113 miliardi (pari
a 502 miliardi di lire e 250 milioni di euro di oggi), in
parte addirittura in contanti e in assegni "mascherati",
dei quali tuttoggi "si ignora la provenienza". La
Procura di Palermo sostiene che sono i capitali mafiosi "investiti"
nel Biscione dalle cosche legate al boss Stefano Bontate.
La difesa afferma che si tratta di autofinanziamenti, anche
se non spiega da dove provenga tutta quella liquidità.
Lo stesso consulente tecnico di Berlusconi, il professor Paolo
Jovenitti, ammette l'"anomalia" e l'incomprensibilità
di alcune operazioni dell'epoca.
5) Nel 1973 Silvio Berlusconi acquista da Annamaria Casati
Stampa di Soncino, ereditiera minorenne della nota famiglia
nobiliare lombarda rimasta orfana nel 1970, la settecentesca
Villa San Martino ad Arcore, con quadri d'autore, parco di
un milione di metri quadrati, campi da tennis, maneggio, scuderie,
due piscine, centinaia di ettari di terreni. La Casati è
assistita da un pro-tutore, l'avvocato Cesare Previti, che
è pure un amico di Berlusconi, figlio di un suo prestanome
(il padre Umberto) e dirigente di una società del gruppo
(la Immobiliare Idra). Grazie alla fortunata coincidenza,
la favolosa villa con annessi e connessi viene pagata circa
500 milioni dell'epoca: un prezzo irrisorio. E, per giunta,
non in denaro frusciante, ma in azioni di alcune società
immobiliari non quotate in borse, così che, quando
la ragazza si trasferisce in Brasile e tenta di monetizzare
i titoli, si ritrova con una carrettate di carta. A quel punto,
Previti e Berlusconi offrono di ricomprare le azioni, ma alla
metà del prezzo inizialmente pattuito. Una sentenza
del Tribunale di Roma, nel 2000, ha assolto gli autori del
libro "Gli affari del presidente", che raccontava
l'imbarazzante transazione.
6) Nel 1973 Berlusconi, tramite Marcello Dell'Utri, ingaggia
come fattore (ma recentemente Dell'Utri l'ha promosso "amministratore
della villa") il noto criminale palermitano, pluriarrestato
e pluricondannato Vittorio Mangano. Il quale lascerà
la villa solo due anni più tardi, quando verrà
sospettato di aver organizzato il sequestro di Luigi d'Angerio
principe di Sant'Agata, che aveva appena lasciato la villa
di Arcore dopo una cena con Berlusconi, Dell'Utri e lo stesso
Mangano. Mangano verrà condannato persino per narcotraffico
(al maxiprocesso istruito da Falcone e Borsellino) e, nel
1998, all'ergastolo per omicidio e mafia.
7) Il 26 gennaio 1978 Silvio Berlusconi si affilia alla loggia
Propaganda 2 (P2), presentato al gran maestro venerabile Licio
Gelli dall'amico giornalista Roberto Gervaso. Paga regolare
quota di iscrizione (100 mila lire) e viene registrato con
la tessera 1816, codice E.19.78, gruppo 17, fascicolo 0625.
La partecipazione al pio sodalizio gli procaccerà vantaggi
di ogni genere: dai finanziamenti della "Servizio Italia"
di Graziadei ai crediti facili e ingiustificati del Monte
dei Paschi di Siena (di cui è provveditore il piduista
Giovanni Cresti) alla collaborazione con il "Corriere
della Sera" diretto dal piduista Franco Di Bella e controllato
dalla Rizzoli dei piduisti Angelo Rizzoli, Bruno Tassan Din
e Umberto Ortolani.
8) Il 24 ottobre 1979 Silvio Berlusconi riceve la visita di
tre ufficiali della Guardia di Finanza nella sede dell'Edilnord
Cantieri Residenziali. Si spaccia per un "un semplice
consulente esterno" addetto "alla progettazione
di Milano 2". In realtà è il proprietario
unico della società, intestata a Umberto Previti. Ma
i militari abboccano e chiudono in tutta fretta l'ispezione,
sebbene abbiano riscontrato più di un'anomalia nei
rapporti con i misteriosi soci svizzeri. Faranno carriera
tutti e tre. Si chiamano Massimo Maria Berruti, Salvatore
Gallo e Alberto Corrado. Berruti, il capopattuglia, lascerà
le Fiamme Gialle pochi mesi dopo per andare a lavorare per
la Fininvest come avvocato d'affari (società estere,
contratti dei calciatori del Milan, e così via). Arrestato
nel 1985 nello scandalo Icomec (e poi assolto), tornerà
in carcere nel 1994 insieme a Corrado per i depistaggi nell'inchiesta
sulle mazzette alla Guardia di Finanza, poi verrà eletto
deputato per Forza Italia e condannato in primo e secondo
grado a 8 mesi di reclusione per favoreggiamento. Gallo risulterà
iscritto alla loggia P2.
9) Il 30 maggio 1983 la Guardia di Finanza di Milano, che
sta controllando i telefoni di Berlusconi nell'ambito di un'inchiesta
su un traffico di droga, redige un rapporto investigativo
in cui si legge: "E' stato segnalato che il noto Silvio
Berlusconi finanzierebbe un intenso traffico di stupefacenti
dalla Sicilia, sia in Francia che in altre regioni italiane
(Lombardia e Lazio). Il predetto sarebbe al centro di grosse
speculazioni in Costa Smeralda avvalendosi di società
di comodo aventi sede a Vaduz e comunque all'estero. Operativamente
le società in questione avrebbero conferito ampio mandato
ai professionisti della zona". Per otto anni l'indagine,
seguita inizialmente dal pm Giorgio Della Lucia (poi passato
all'Ufficio istruzione, da anni imputato per corruzione in
atti giudiziari insieme al finanziere Filippo Alberto Rapisarda,
ex datore di lavoro ed ex socio di Marcello Dell'Utri) langue,
praticamente dimenticata. Alla fine, nel 1991, il gip milanese
Anna Cappelli archivierà tutto.
10) Il terzo, seccante incontro ravvicinato fra il Cavaliere
e la Legge risale al 16 ottobre 1984. Tre pretori, di Torino,
Roma e Pescara, hanno la pretesa di applicare le norme che
regolano l'emittenza televisiva e che il Cavaliere ha deciso
di aggirare, trasmettendo in contemporanea gli stessi programmi
su tutto il territorio nazionale. I tre magistrati fanno presente
che è vietato, non si può e bloccano le attrezzature
che consentono l'operazione fuorilegge. Il Cavaliere oscura
le sue tv, per attribuire il black out ai giudici, poi scatena
il popolo dei teledipendenti con lo slogan "Vietato vietare",
opportunamente rilanciato dallo show del giornalista piduista
Maurizio Costanzo. Lo slogan viene subito tradotto in legge
dal presidente del Consiglio Bettino Craxi. Il quale abbandona
una visita di Stato a Londra per precipitarsi in Italia e
varare un decreto legge ad personam ("decreto Berlusconi")
che riaccende immediatamente le tv illegali del suo compare.
Lo scandalo è talmente enorme che, persino nel pentapartito,
qualcuno non ci sta. E il decreto viene bocciato dall'aula
come incostituzionale. Due dei tre pretori reiterano il sequestro
penale delle attrezzature utilizzabili oltre l'ambito locale.
Così Craxi partorisce un secondo decreto Berlusconi,
agitando davanti ai riottosi partiti alleati lo spauracchio
della crisi di governo e delle elezioni anticipate, in caso
di mancata conversione in legge. Provvederà poi lo
stesso Caf a legalizzare il monopolio illegale Fininvest sulla
televisione commerciale con la legge Mammì, detta anche
"legge-Polaroid" per l'alta fedeltà con cui
fotografa lo status quo.
TUTTI I PROCESSI DI BERLUSCONI
Bugie sulla loggia P2 (falsa testimonianza)
La Corte d'appello di Venezia, nel 1990, dichiara Berlusconi
colpevole di aver giurato il falso davanti al Tribunale di
Verona a proposito della sua iscrizione alla P2, ma il reato
è coperto dall'amnistia del 1989. Interrogato sotto
giuramento Berlusconi aveva detto: "Non ricordo la data
esatta della mia iscrizione alla P2, ricordo comunque che
è di poco anteriore allo scandalo [
]. Non ho
mai pagato una quota di iscrizione, né mai mi è
stata richiesta". Berlusconi però si era iscritto
alla P2 nel 1978 (lo scandalo è del 1981) e aveva pagato
la sua quota. Così i giudici della Corte d'appello
di Venezia scrivono: "Ritiene il Collegio che le dichiarazioni
dell'imputato non rispondano a verità [
], smentite
dalle risultanze della commissione Anselmi e dalle stesse
dichiarazioni rese del prevenuto avanti al giudice istruttore
di Milano, e mai contestate [
]. Ne consegue quindi che
il Berlusconi ha dichiarato il falso", rilasciato "dichiarazioni
menzognere" e "compiutamente realizzato gli estremi
obiettivi e subiettivi del delitto di falsa testimonianza".
Ma "il reato va dichiarato estinto per intervenuta amnistia".
Tangenti alla Guardia di Finanza (corruzione)
I grado: condanna a 2 anni e 9 mesi per tutte e quattro le
tangenti contestate (niente attenuanti generiche). Appello:
prescrizione per tre tangenti (grazie alle attenuanti generiche),
assoluzione con formula dubitativa (comma II art.530 c.p.p)
per la quarta. Nelle motivazioni si legge: "Il giudizio
di colpevolezza dell'imputato poggia su molteplici elementi
indiziari, certi, univoci, precisi e concordanti, per ciò
dotati di rilevante forza persuasiva, tali da assumere valenza
probatoria". Cassazione: assoluzione. La motivazione
contiene due riferimenti alla classica insufficienza di prove.
La Cassazione non può entrare dichiaratamente nel merito,
né dunque annullare la sentenza precedente con formula
dubitativa: deve emettere un verdetto secco (conferma oppure
annulla). Ma nella motivazione i giudici della VI sezione
penale rimandano esplicitamente all'"articolo 530 cpv":
dove "cpv" significa "capoverso", cioè
comma 2 ("prova contraddittoria o insufficiente").
A 12 righe dalla fine, a scanso di equivoci, i supremi giudici
hanno voluto essere ancora più chiari. Si legge infatti:
"Tenuto conto di quanto già osservato sulla insufficienza
probatoria, nei confronti di Berlusconi, del materiale indiziario
utilizzato dalla Corte d'appello...".
All Iberian 1 (finanziamento illecito ai partiti)
I grado: condanna a 2 anni e 4 mesi per i 21 miliardi versati
estero su estero, tramite il conto All Iberian, a Bettino
Craxi. Appello: il reato cade in prescrizione, ma c'è:
"per nessuno degli imputati emerge dagli atti l'evidenza
dell'innocenza". Cassazione: prescrizione confermata,
con condanna al pagamento delle spese processuali. Nella sentenza
definitiva tra l'altro si legge: "Le operazioni societarie
e finanziarie prodromiche ai finanziamenti estero su estero
dal conto intestato alla All Iberian al conto di transito
Northern Holding [Craxi] furono realizzate in Italia dai vertici
del gruppo Fininvest spa, con il rilevante concorso di Berlusconi
quale proprietario e presidente. [
] Non emerge negli
atti processuali l'estraneità dell'imputato".
All Iberian 2 (falso in bilancio)
Processo sospeso in attesa che sulla legittimità delle
nuove norme in materia di reati societari approvate dal governo
Berlusconi si pronuncino l'Alta Corte di giustizia europea
e la Corte costituzionale italiana. Se le eccezioni sollevate
da vari tribunali verranno respinte, il reato sarà
dichiarato prescritto.
Medusa Cinema (falso in bilancio)
I grado: condanna a 1 anno e 4 mesi (10 miliardi di fondi
neri che, grazie alla compravendita, vengono accantonati su
una serie di libretti al portatore di Silvio Berlusconi).
Appello: assoluzione con formula dubitativa (comma 2 art.
530). Berlusconi, secondo il collegio è così
ricco che potrebbe anche non essersi reso conto di come, nel
corso della compravendita, il suo collaboratore Carlo Bernasconi
(condannato) gli abbia versato 10 miliardi di lire in nero.
Scrivono i giudici: "La molteplicità dei libretti
riconducibili alla famiglia Berlusconi e le notorie rilevanti
dimensioni del patrimonio di Berlusconi postulano l'impossibilità
di conoscenza sia dell'incremento sia soprattutto dell'origine
dello stesso". Cassazione: sentenza d'appello confermata.
Terreni di Macherio (appropriazione indebita, frode fiscale,
falso in bilancio)
I grado: assoluzione dall'appropriazione indebita e dalla
frode fiscale (per 4.4 miliardi di lire pagati in nero all'ex
proprietario dei terreni che circondano la villa di Macherio,
dove vivono la moglie Veronica e i tre figli di secondo letto),
prescrizione per i falsi in bilancio di due società
ai quali "indubbiamente ha concorso Berlusconi".
Appello: confermata l'assoluzione dalle prime due accuse.
Assoluzione anche dal primo dei due falsi in bilancio, mentre
il secondo rimane ma è coperto da amnistia. Cassazione:
in corso.
Caso Lentini (falso in bilancio)
I grado: il reato (10 miliardi versati in nero al Torino Calcio
in occasione dell'acquisto del giocatore Luigi Lentini) è
stato dichiarato prescritto grazie alla nuova legge sul falso
in bilancio. Appello: in corso.
Consolidato gruppo Fininvest (falso in bilancio)
Il gip Fabio Paparella ha dichiarato prescritti, sulla base
della nuova legge sul falso in bilancio, i 1500 miliardi di
lire di presunti fondi neri accantonati dal gruppo Berlusconi
su 64 off-shore della galassia All Iberian (comparto B della
Fininvest). Il pm Francesco Greco ha presentato ricorso in
Cassazione perché la mancata fissazione dell'udienza
preliminare gli ha impedito di sollevare un'eccezione d'incostituzionalità
e di incompatibilità con le direttive comunitarie delle
nuove norme sui reati societari e con il trattato dell'Ocse.
Lodo Mondadori (corruzione giudiziaria).
Grazie alla concessione delle attenuanti generiche il reato
- che in primo grado ha portato alla condanna di Cesare Previti
- è stato dichiarato prescritto dalla Corte d'Appello
di Milano e dalla Corte di Cassazione. Nelle motivazioni della
Cassazione, tra l'altro, si legge: "il rilievo dato [per
concedere le attenuanti generiche] alle attuali condizioni
di vita sociale ed individuale del soggetto [Berlusconi è
diventato presidente del Consiglio], valutato dalla Corte
come decisivo, non appare per nulla incongruo
".
Sme-Ariosto (corruzione giudiziaria)
A causa dei continui "impedimenti istituzionali"
sollevati da Berlusconi e dei conseguenti rinvii delle udienze,
la posizione del premier è stata stralciata dal processo
principale. Ed è stato creato un processo parallelo,
che però Berlusconi ha sospeso fino al termine del
suo incarico (o sine die, in caso di rielezione o di nomina
ad altra carica istituzionale) facendo approvare a tempo di
record il Lodo Maccanico, proprio alla vigilia della requisitoria,
delle arringhe e della sentenza, e a 40 mesi dall'inizio del
dibattimento.
Sme-Ariosto (falso in bilancio)
In seguito all'entrata in vigore delle nuove norme sul diritto
societario, questo capo d'imputazione contestato a Berlusconi
per il denaro versato - secondo l'accusa- ad alcuni giudici,
è stato stralciato. Il processo è fermo in attesa
che l'Alta Corte di giustizia europea si pronunci sulla conformità
tra le nuove regole e le normative comunitarie. Ma, anche
in caso di risposta positiva per i giudici, resterà
bloccato per il Lodo Maccanico. Come tutti gli altri procedimenti
ancora in corso a carico di Silvio Berlusconi.
Diritti televisivi (falso in bilancio e frode fiscale)
Indagini preliminari in corso alla Procura di Milano (pm Alfredo
Robledo e Fabio De Pasquale), a carico di numerosi manager
del gruppo, più il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri
e il titolare Silvio Berlusconi, il quale - secondo l'ipotesi
accusatoria - avrebbe continuato anche dopo l'ingresso in
politica nel '94 ad esercitare di fatto il ruolo di dominus
dell'azienda. Oggetto dell'indagine: una serie di operazioni
finanziarie di acquisto di diritti cinematografici e televisivi
da majors americane, con vorticosi passaggi fra una società
estera e l'altra del gruppo Berlusconi, con il risultato di
far lievitare artificiosamente il prezzo dei beni compravenduti
e beneficiare di sconti fiscali previsti dalla legge Tremonti,
approvata dal primo governo dello stesso Berlusconi per detassare
gli utili reinvestiti dalle imprese. Un presunto falso in
bilancio che i magistrati valutano in circa 180 milioni di
euro nel 1994.
Telecinco (violazione delle leggi antitrust e frode fiscale
in Spagna)
Il giudice anticorruzione di Madrid Baltasàr Garzòn
Real, dopo aver chiesto nel 2001 al governo italiano di processare
Berlusconi o, in alternativa, di privarlo dell'immunità
in modo di poterlo giudicare in Spagna, non ha ancora ricevuto
risposta. Per questo il procuratore anticorruzione Carlo Castresana,
nel maggio 2002, ha pregato Garzòn di rivolgersi di
nuovo alle autorità italiane. Berlusconi in Spagna
è accusato - insieme a Marcello Dell'Utri e ad altri
dirigenti del gruppo Fininvest - di aver posseduto, grazie
a una serie di prestanomi e di operazioni finanziarie illecite,
il controllo pressoché totalitario dell'emittente Telecinco
eccedenti rispetto ai limiti dell'antitrust spagnola, negli
anni in cui il tetto massimo era del 25 per cento delle quote
azionarie.
Mafia (concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio
di denaro sporco)
Indagini archiviate a Palermo su richiesta della Procura per
scadenza dei termini massimi concessi per indagare.
Bombe del 1992 e del 1993 (concorso in strage)
Le inchieste delle Procure di Firenze e Caltanissetta sui
presunti "mandanti a volto coperto" delle stragi
del 1992 (Falcone e Borsellino) e del 1993 (Milano, Firenze
e Roma) sono state archiviate per scadenza dei termini d'indagine.
A Firenze, il 14 novembre 1998, il gip Giuseppe Soresina ha
però rilevato come Berlusconi e Dell'Utri abbiano "intrattenuto
rapporti non meramente episodici con i soggetti criminali
cui è riferibile il programma stragista realizzato".
Cioè con il clan corleonese che da vent'anni guida
Cosa Nostra, con centinaia di omicidi e una mezza dozzina
di stragi. Aggiunge il giudice fiorentino che esiste "una
obiettiva convergenza degli interessi politici di Cosa Nostra
rispetto ad alcune qualificate linee programmatiche della
nuova formazione [Forza Italia]: articolo 41 bis, legislazione
sui collaboratori di giustizia, recupero del garantismo processuale
asseritamente trascurato dalla legislazione dei primi anni
90". Poi aggiunge che, nel corso delle indagini, addirittura
"l'ipotesi iniziale [di un coinvolgimento di Berlusconi
e dell'Utri nelle stragi] ha mantenuto e semmai incrementato
la sua plausibilità". Ma purtroppo è scaduto
"il termine massimo delle indagini preliminari"
prima di poter raccogliere ulteriori elementi.
Il gip di Caltanissetta Giovanni Battista Tona ha scritto:
"Gli atti del fascicolo hanno ampiamente dimostrato la
sussistenza di varie possibilità di contatto tra uomini
appartenenti a Cosa Nostra ed esponenti e gruppi societari
controllati in vario modo dagli odierni indagati [Berlusconi
e Dell'Utri]. Ciò di per sé legittima l'ipotesi
che, in considerazione del prestigio di Berlusconi e Dell'Utri,
essi possano essere stati individuati dagli uomini dell'organizzazione
quali eventuali nuovi interlocutori". Ma "la friabilità
del quadro indiziario impone l'archiviazione".
C'è, infine, la sentenza della Corte di Assise di Appello
di Caltanissetta, che il 23 giugno 2001 ha condannato 37 boss
mafiosi per la strage di Capaci: nel capitolo intitolato esplicitamente
"I contatti tra Salvatore Riina e gli on. Dell'Utri e
Berlusconi", si legge che è provato che la mafia
intrecciò con i due "un rapporto fruttuoso quanto
meno sotto il profilo economico". Talmente fruttuoso
che poi, nel 1992, "il progetto politico di Cosa Nostra
sul versante istituzionale mirava a realizzare nuovi equilibri
e nuove alleanze con nuovi referenti della politica e dell'economia".
Cioè a "indurre nella trattativa lo Stato ovvero
a consentire un ricambio politico che, attraverso nuovi rapporti,
assicurasse come nel passato le complicità di cui Cosa
Nostra aveva beneficiato".
TUTTO CIÒ CHE PENSO DI BERLUSCONI
di Umberto Bossi, ministro
delle Riforme Istituzionali del governo Berlusconi
Silvio Berlusconi era il portaborse di Bettino Craxi. E' una
costola del vecchio regime. E' il più efficace riciclatore
dei calcinacci del pentapartito. Mentre la Lega faceva cadere
il regime, lui stava nel Mulino Bianco, col parrucchino e
la plastica facciale. Lui è un tubo vuoto qualunquista.
Ma non l'avete visto, oggi, tutto impomatato fra le nuvole
azzurre?
Berlusconi è bollito. E' un povero pirla, un traditore
del Nord, un poveraccio asservito all'Ulivo, segue anche lui
l'esercito di Franceschiello dietro il caporale D'Alema con
la sua trombetta. Io ho la memoria lunga. Ma chi è
Berlusconi? Il suo Polo è morto e sepolto, la Lega
non va con i morti. La trattativa Lega-Forza Italia se l'è
inventata lui, poveraccio. Il partito di Berlusconi neo-Caf
non potrà mai fare accordi con la Lega. Lui è
la bistecca e la Lega il pestacarne.
Berlusconi mostra le stesse caratteristiche dei dittatori.
E' un kaiser in doppiopetto. Un piccolo tiranno, anzi è
il capocomico del teatrino della politica. Un Peròn
della mutua. E' molto peggio di Pinochet. Ha qualcosa di nazistoide,
di mafioso. Il piduista è una volpe infida pronta a
fare razzia nel mio pollaio.
Berlusconi è l'uomo della mafia. E' un palermitano
che parla meneghino, un palermitano nato nella terra sbagliata
e mandato su apposta per fregare il Nord. La Fininvest è
nata da Cosa Nostra. C'è qualche differenza fra noi
e Berlusconi: lui purtroppo è un mafioso. Il problema
è che al Nord la gente è ancora divisa tra chi
sa che Berlusconi è un mafioso e chi non lo sa ancora.
Ma il Nord lo caccerà via, di Berlusconi non ce ne
fotte niente. Ci risponda: da dove vengono i suoi soldi? Dalle
finanziarie della mafia? Ci sono centomila giovani del Nord
che sono morti a causa della droga. A me personalmente Berlusconi
ha detto che i soldi gli erano venuti dalla Banca Rasini,
fondata da un certo Giuseppe Azzaretto, di Palermo, che poi
è riuscito a tenersi tutta la baracca. In quella stessa
banca lavorava anche il padre di Silvio e c'erano i conti
di numerosi esponenti di Cosa Nostra.
Bisognerebbe conoscere le sue radici, la sua storia. Gelli
fece il progetto Italia e c'era il buon Berlusconi nella P2.
Poi nacquero le Holding. Come potrà mai la magistratura
fare il suo dovere e andare a vedere da dove vengono quei
quattrini, ricordando che la mafia quei quattrini li fa con
la droga e che di droga al Nord sono morti decine di migliaia
di ragazzi che ora gridano da sottoterra? Se lui vuole sapere
la storia della caduta del suo governo, venga da me che gliela
spiego io: sono stato io a metter giù il partito del
mafioso. Lui comprava i nostri parlamentari e io l'ho abbattuto.
Quel brutto mafioso guadagna soldi con l'eroina e la cocaina.
Il mafioso di Arcore vuole portare al Nord il fascismo e il
meridionalismo. Discutere di par condicio è troppo
poco: propongo una commissione di inchiesta sugli arricchimenti
di Berlusconi. In Forza Italia ci sono oblique collusioni
fra politica e omertà criminale e fenomeni di riciclaggio.
L'uomo di Cosa Nostra, con la Fininvest, ha qualcosa come
38 holding, di cui 16 occulte. Furono fatte nascere da una
banca di Palermo a Milano, la banca Rasini, la banca di Cosa
Nostra a Milano.
Forza Italia è stata creata da Marcello Dell'Utri.
Guardate che gli interessi reali spesso non appaiono. In televisione
compaiono volti gentili che te la raccontano su, che sembrano
per bene. Ma guardate che la mafia non ha limiti. La mafia,
gli interessi della mafia, sono la droga, e la droga ha ucciso
migliaia e migliaia di giovani, soprattutto al Nord. Palermo
ha in mano le televisioni, in grado di entrare nelle case
dei bravi e imbecilli cittadini del Nord.
Berlusconi ha fatto ciò che ha voluto con le televisioni,
anche regionali, in barba perfino alla legge Mammì.
Molte ricchezze sono vergognose, perché vengono da
decine di migliaia di morti. Non è vero che 'pecunia
non olet'. C'è denaro buono che ha odore di sudore,
e c'è denaro che ha odore di mafia. Ma se non ci fosse
quel potere, il Polo si squaglierebbe in poche ore.
Incontrare di nuovo Berlusconi ad Arcore? Lo escludo, niente
più accordi col Polo. Tre anni fa pensarono di farci
il maleficio. Il mago Berlusconi ci disse: "Chi esce
dal cerchio magico, cioè dal mio governo, muore".
Noi uscimmo e mandammo indietro il maleficio al mago. Non
c'è marchingegno stregato che oggi ci possa far rientrare
nel cerchio del berlusconismo. Con questa gente, niente accordi
politici: è un partito in cui milita Dell'Utri, inquisito
per mafia.
La "Padania" chiede a Berlusconi se è mafioso?
Ma è andata fin troppo leggera! Doveva andare più
a fondo, con quelle carogne legate a Craxi.
Io con Berlusconi sarò il guardiano del baro. Siamo
in una situazione pericolosa per la democrazia: se quello
va a Palazzo Chigi, vince un partito che non esiste, vince
un uomo solo, il Tecnocrate, l'Autocrate. Io dico quel che
penso, lui fa quel che incassa. Tratta lo Stato come una società
per azioni. Ma chi si crede di essere: Nembo Kid?
Ma vi pare possibile che uno che possiede 140 aziende possa
fare gli interessi dei cittadini? Quando quello piange, fatevi
una risata: vuol dire che va tutto bene, che non è
ancora riuscito a mettere le mani sulla cassaforte.
Bisogna che Berlusconi-Berluscosa-Berluskaz-Berluskaiser si
metta in testa che con i bergamaschi io ho fatto un patto
di sangue: gli ho giurato che avrei fatto di tutto per avere
il cambiamento. E non c'è villa, non c'è regalo,
non c'è ammiccamento che mi possa far cambiare strada...
Berluscoso deve sapere che dalle nostre parti la gente è
pronta a fargli un culo così: bastano due secondi,
e dovrà scappare di notte. Se vedono che li ha imbrogliati,
quelli del Nord gli arrotolano su le sue belle ville e i suoi
prati all'inglese e scaraventano tutto nel Lambro.
Berlusconi, come presidente del Consiglio, è stato
un dramma.
Quando è in ballo la democrazia, a qualcuno potrebbe
anche venire in mente di fargli saltare i tralicci dei ripetitori.
Perché lui con le televisioni fa il lavaggio del cervello
alla gente, col solito imbroglio del venditore di fustini
del detersivo. Le sue televisioni sono contro la Costituzione.
Bisogna portargliele via. Ci troviamo in una situazione di
incostituzionalità gravissima, da Sudamerica. Un uomo
ha ottenuto dallo Stato la concessione delle frequenze tv
per condizionare la gente e orientarla al voto. Non accade
in nessuna parte del mondo. E' ora di mettere fine a questa
vergogna. Se lo votate, quello vi porta via anche i paracarri.
Se cade Berlusconi, cade tutto il Polo, e al Nord si prende
tutto la Lega. Ma non lo faranno cadere: perché sarà
pure un figlio di buona donna, ma è il loro figlio
di buona donna, e per questo lo tengono in piedi.
Ma il poveretto di Arcore sente che il bidone forzitalista
e polista, il partito degli americani, gli va a scatafascio.
Un massone, un piduista come l'arcorista è sempre stato
un problema di "Cosa sua" o "Cosa nostra".
Ma attento, Berlusconi: né mafia, né P2, né
America riusciranno a distruggere la nostra società.
E lui alla fine avrà un piccolo posto all'Inferno,
perché quello lì non se lo pigliano nemmeno
in Purgatorio. Perché è Berlusconi che dovrà
sparire dalla circolazione, non la Lega. Non siamo noi che
litighiamo con Berlusconi, è la Storia che litiga con
lui.
(le frasi contenute nel testo sono state pronunciate testualmente
da Umberto Bossi fra il 1994 e il 1999, cioè durante
le tensioni del primo governo Berlusconi, dopo la rottura
fra Bossi e Berlusconi nel dicembre 1994 e prima della loro
riappacificazione alla fine del 1999. Le date esatte delle
dichiarazioni, tratte da giornali quotidiani e agenzie di
stampa, sono le seguenti: 1,7,9,10,13 marzo 1994; 5 aprile
1994; 4,11,23,31 maggio 1994; 1,12,17 giugno 1994; 29 luglio
1994; 6,8,13 agosto 1994; 1 settembre 1994; 6,20,23 dicembre
1994; 14 gennaio 1995; 22 marzo 1995; 13 aprile 1995; 10 giugno
1995; 29 luglio 1995; 25 gennaio 1996; 14,19,25 agosto 1997;
18 giugno 1998; 22 luglio 1998; 13 settembre 1998; 3, 27 ottobre
1998; 24 febbraio 1999; 13 aprile 1999; 10 settembre 1999;
19 ottobre 1999)
Sebbene non sia stato incluso nell'opuscolo per ragioni di
spazio, riportiamo anche il capitolo
"Tutte le bugie di Berlusconi", sempre ad opera
dei due autori, nella sola versione italiana.
TUTTE LE BUGIE DI BERLUSCONI
"Io dico sempre cose sincere, anche perché non
ho memoria e dimenticherei le bugie. Come
ci si può fidare di chi usa la menzogna come mezzo
della lotta politica? La gente deve fidarsi solo
di chi dice la verità" (Silvio Berlusconi, 2-3-94)
Indro Montanelli, il più grande giornalista italiano
scomparso nel 2001, lo conosceva bene, avendolo avuto per
15 anni come editore. E diceva: "Silvio Berlusconi è
un mentitore professionale: mente a tutti, sempre anche a
se stesso, al punto da credere alle sue stesse menzogne".
Una pulsione incontenibile e irrefrenabile, quella del presidente
del Consiglio italiano verso la menzogna. Persino in Tribunale.
Infatti, il 22 ottobre 1990, la Corte d'Appello di Venezia
l'ha riconosciuto colpevole di aver mentito ai giudici sotto
giuramento: "Il Berlusconi - si legge nella sentenza
- deponendo avanti il Tribunale di Verona, ha dichiarato il
falso, realizzando gli estremi obiettivi e soggettivi del
contestato delitto": cioè la falsa testimonianza,
a proposito della sua iscrizione alla loggia massonica P2.
Il reato, accertato, fu dichiarato estinto grazie a una provvidenziale
amnistia approvata nel 1989. Negli Stati Uniti la menzogna
(specie se giurata dinanzi a un giudice) comporta l'immediato
impeachment: il colpevole lascia la Casa Bianca. In Italia,
entra a Palazzo Chigi. E, naturalmente, continua a mentire.
Come prima e più di prima. Quello che segue è
un piccolo catalogo ragionato delle bugie berlusconiane.
BERLUSCONI GIOVANE
"La mia carriera canora (come cantante sulle navi da
crociera, ndr) è cominciata con una tournée
in Libano" (7-6-1989). Ma secondo Giuseppe Fiori, suo
biografo non autorizzato, Berlusconi non è mai stato
in Libano.
"Al 'Gardenia' (un locale notturno, ndr) di Milano, come
poi sarebbe avvenuto a Parigi, dopo aver cantato mi buttavo
in pista per ballare con le bionde" (ibidem). Ma Berlusconi
non ha mai suonato a Parigi.
"Ho studiato due anni a Parigi, alla Sorbona, e per mantenermi
dovevo suonare e cantare nei locali della capitale" (8-7-1989).
Ma Berlusconi non ha mai studiato alla Sorbona: semmai alla
Statale di Milano.
"A Parigi facevo il canottaggio ed ero campione italiano
studentesco con il Cus di Milano" (luglio 1989). Parigi
a parte, esistono seri dubbi sui titoli sportivi conquistati
dal Cavaliere in canoa.
BERLUSCONI INCAPPUCCIATO
"Non ricordo la data esatta della mia iscrizione alla
P2, ricordo comunque che è di poco anteriore allo scandalo.
Non ho mai pagato una quota di iscrizione, né mi è
stata richiesta" (27-9-1988, al Tribunale di Verona).
Berlusconi s'iscrisse alla P2 nei primi mesi del 1978 e pagò
regolarmente la quota di iscrizione di 100 mila lire. Di qui
la falsa testimonianza.
"Basta con questa storia della P2: l'ho già detto,
ricevetti la tessera per posta e non pagai neppure la quota
d'iscrizione" (10-3-94). Ma, come ha testimoniato anche
Licio Gelli, gran maestro venerabile della loggia P2, "Berlusconi
ha fatto la normale iniziazione alla loggia P2".
BERLUSCONI IMPRENDITORE
"Il signor Berlusconi ha lavorato, ha rischiato, ha pagato
le tasse e non ha mai chiesto alcuna lira di contributi allo
Stato" (22-5-95). Ma la Fininvest è sotto processo
per evasione fiscali di centinaia di miliardi; e ha ricevuto
contributi pubblici, tanto per l'editoria (5 miliardi e rotti
all'anno per Il Giornale, intestato al fratello Paolo, altrettanti
per Il Foglio intestato alla moglie Veronica), quanto per
la cassa integrazione alla Standa e alla Mondadori.
"La legge Mammì ci ha tolto la metà del
fatturato" (La Stampa, 24-5-95). All'epoca della legge
Mammì (che nell'agosto 1990 ha regolamentato il sistema
radiotelevisivo italiano), le dimensioni del gruppo erano
pressappoco le stesse del '95.
"La Mammì ci ha costretti a vendere i quotidiani
e ci ha impedito di tenere le pay tv" (La Stampa, 24-5-95).
I quotidiani erano uno solo: il Giornale (subito passato al
fratello Paolo); le pay tv non esistevano ancora, visto che
Tele+ è nata il 20 ottobre '90.
"E' una falsità, una cosa senza senso dire che
dietro il signor Berlusconi ci sia Craxi. Non devo nulla a
Craxi e al cosiddetto Caf, e non rinnego nulla di ciò
che ho fatto" (a Mixer, Rai2, 21-2-94). Ma era stato
lo stesso Berlusconi a confessare, il 13-9-93, in un raro
lampo di sincerità, di aver licenziato l'anchor man
Gianfranco Funari su ordine di Craxi ("Non è un
mistero - aveva ammesso il Cavaliere - che Berlusconi è
sempre stato schiavo del Principe, e in più di un'occasione
ho dovuto tenerne conto. Un anno fa, se ricordate bene, io
stavo aspettando le concessioni televisive...").
BERLUSCONI CANDIDATO
"Tutti mi chiedono di candidarmi. Ma io so perfettamente
quello che posso fare. Se io facessi la scelta politica dovrei
abbandonare le televisioni e cambiare completamente mestiere.
Un partito di Berlusconi non c'è stato, nè ci
sarà mai" (13-9-93). Due mesi dopo nasce ufficialmente
Forza Italia e Berlusconi si candida alla presidenza del Consiglio.
"Se fonderò un partito? Ho sempre dichiarato il
contrario, sarà la ventesima volta che lo ripeto. Lo
scrive chi ha interesse a mettermi contro gli attuali protagonisti
della politica. E perciò farà finta anche stavolta
di non leggere la mia smentita, per cui mi toccherà
di ripeterla per la ventunesima volta e chissà per
quante altre volte ancora" (Epoca, 23-10-93). Come sopra.
"Il mio presunto partito esiste soltanto sulle pagine
di alcuni giornali" (alla commissione Bilancio della
Camera, 26-10-93). Come sopra.
BERLUSCONI PREMIER
"Il nostro futuro ministro della Giustizia è la
dottoressa Parenti" (6-2-94). Invece sarà Alfredo
Biondi.
"Credo che al ministero dell'Interno ci sia bisogno di
una persona esperta... di un nonno" (La Stampa, 20-4-94).
Infatti offre il ministero al pm Antonio Di Pietro (44 anni),
ma questi rifiuta, e allora Berlusconi nomina il leghista
Roberto Maroni (39 anni).
"Siamo orientati ad un governo molto snello, magari con
meno sottosegretari: sarebbe una bella rottura con il passato"
(12-4-94). I sottosegretari saranno 39, rispettivamente 3
e 4 in più rispetto ai precedenti governi Ciampi e
Amato.
"Il criterio per l'assegnazione dei ministeri sarà
assolutamente meritocratico, nessuna spartizione delle poltrone"
(19-4-94). Infatti, per esempio, la latinista Adriana Poli
Bortone andrà alle Risorse Agricole.
"Questo governo è schierato dalla parte dell'opera
di moralizzazione della vita pubblica intrapresa da valenti
magistrati. No ai colpi di spugna. Da questo governo non verrà
mai messa in discussione l'indipendenza dei magistrati"
(al Senato, 16-5-94). In 7 mesi di vita, il governo Berlusconi
metterà quotidianamente in discussione l'indipendenza
dei giudici e approverà in tutta fretta il "colpo
di spugna" di Biondi, detto anche "decreto salvaladri",
che vieta l'arresto per i reati di corruzione, concussione,
finanziamento illecito e falso in bilancio.
"Falcone e Borsellino hanno dato la vita contro la mafia.
E' nel loro nome che il governo si sente vincolato a proseguirne
l'opera. Sarebbe suicida abbassare la guardia contro la criminalità.
Bisogna invece dotare di strumenti migliori la polizia e la
magistratura" (al Senato il 16 e alla Camera il 18-5-94).
Il primo governo Berlusconi e la sua maggioranza tenteranno
di smantellare la legislazione voluta (e pagata con il sangue)
da Falcone e Borsellino: carcere duro per i boss (41-bis),
legge sui pentiti, supercarceri nelle isole e così
via.
"Vi assicuro che non ci sarà il condono edilizio"
(30-5-94). "Nel Consiglio dei ministri o altrove non
ho mai pronunciato la parola 'condono'. Sono i giornali che
vogliono farci apparire come gli altri governi" (23-6-94).
Un mese dopo il suo governo varerà il condono edilizio,
e subito dopo quello fiscale.
"Alla Rai non sposterò nemmeno una pianta"
(29-3-94). "Mai mi occuperò di questioni televisive,
per non dare l'impressione di voler favorire i miei affari,
anzi starò più dalla parte della Rai che della
Fininvest" (30-5-94). Pochi giorni dopo, Berlusconi destituisce
anzitempo l'intero consiglio d'amministrazione della Rai,
per nominarne uno nuovo di sua fiducia, con appositi direttori
di rete e tg. E proclama: "E' certamente anomalo che
in uno Stato democratico esista un servizio pubblico televisivo
contro la maggioranza che ha espresso il governo del Paese.
Questa Rai non piace alla gente: me l'ha detto un sondaggio.
Il governo se ne occuperà tra breve" (7-6-94).
"Le nonne, le mamme e le zie d'Italia stiano tranquille:
non sarà toccata una lira delle pensioni attuali"
(10-9-94). Poco dopo Berlusconi tenta una riforma che taglia
drasticamente le pensioni, poi bloccata da una manifestazione
sindacale con oltre un milione di persone e dalla dissociazione
del suo ministro del Lavoro Clemente Mastella, nonché
del partito alleato Lega Nord che lascia il governo e lo rovescia.
BERLUSCONI OPPOSITORE
"La par condicio ha danneggiato gravemente il Polo delle
libertà" (20-4-95). L'Osservatorio dell'università
di Pavia sulle televisioni dimostra, ininterrottamente dal
1995, che i politici più presenti sulle reti televisive
sono Berlusconi e i suoi uomini.
"Pochi ricordano che la Thatcher ha privatizzato qualunque
cosa, tranne che la British Telecom" (Liberal, 4-4-95).
Ma è vero il contrario. Scrive infatti Margaret Thatcher
nella sua autobiografia ("Gli anni di Downing Street",
Sperling & Kupfer, 1994, pag.577): "British Telecom
fu il primo servizio pubblico ad essere privatizzato. Più
di qualsiasi altra, la sua vendita pose le basi del capitalismo
ad azionariato popolare in Gran Bretagna... Fui più
che soddisfatta quando nel novembre 1984
British Telecom
fu finalmente privatizzata".
"Non so se avrò voglia di tornare a Palazzo Chigi.
Troppo faticoso. La presidenza del Consiglio non la reputo
essenziale, non ho questa ambizione personale" (10-2-95).
"Non mi ritengo indispensabile. Sono assolutamente favorevole
ad un tecnico a Palazzo Chigi, io potrei restare leader del
Polo in cabina di regia" (13-4-95). "Adesso che
si torna al teatrino della politica, diventa inutile che io
resti in pista. Meglio tornare a curare le mie aziende"
(31-5-95). "Il ruolo di regista delle riforme, come leader
del Polo in Parlamento, è un ruolo che mi attira molto
di più di quello di presidente del Consiglio"
(10-10-95). Silvio Berlusconi avrà sempre un solo candidato
per Palazzo Chigi: Silvio Berlusconi.
BERLUSCONI EDITORE
"Noi non abbiamo giornali-partito. Noi non teorizziamo
né tantomeno pratichiamo l'informazione come strumento
di ricatto politico. I nostri sono eccellenti prodotti editoriali,
non fabbriche di consenso o, quel che è peggio, di
calunnie, di derisione, di disprezzo
Non ho mai usato
né mai userò i miei mezzi di comunicazione per
scatenare campagne di aggressione contro un concorrente, né
diffamare chi non è d'accordo con me. Lascio questi
metodi ad altri" (Epoca, 20-10-93). Chiunque conosca
giornali e tv berlusconiani sa che, almeno dopo l'entrata
in politica di Berlusconi, sono stati trasformati in formidabili
strumenti di attacco, aggressione e spesso anche di diffamazione
per i magistrati e gli avversari politici del loro proprietario.
BERLUSCONI RICANDIDATO
"Dal 1995, passata all'opposizione dopo il golpe politico-giudiziario,
mentre fischiavano le pallottole delle procure politicizzate,
Forza Italia
" (da "Una storia italiana",
l'autobiografia illustrata di Berlusconi inviata in 20 milioni
di copie a tutte le famiglie italiane nell'aprile 2001, in
piena campagna elettorale). Forza Italia passò all'opposizione
perché, il 21 dicembre '94, Berlusconi salì
al Quirinale e si dimise da presidente del Consiglio: la Lega
Nord gli aveva revocato l'appoggio, votando mozioni di sfiducia
insieme al Ppi di Rocco Buttiglione e al Pds di Massimo D'Alema.
Le procure non c'entrano nulla.
"Io non ho nulla a che vedere con All Iberian e non possiedo
società off-shore all'estero" (Silvio Berlusconi,
15-3-2000). La Cassazione ha già accertato definitivamente
che All Iberian è interamente controllata dalla Fininvest.
Tant'è che i suoi conti esteri venivano aperti dal
tesoriere centrale del gruppo Berlusconi, Giuseppino Scabini.
All Iberian è una società off-shore con sede
all'estero (isole del Canale), come le altre 63 scoperte dal
pool di Milano e confermate dalla società di revisione
internazionale Kpmg.
"Le nostre holding erano intestate ai nostri consulenti
perché si faceva così, era tutto normale: le
trovavamo già pronte negli studi professionali specializzati"
(26-4-2001). Le 34 holding "Italiana 1,2,3,4 eccetera"
che stanno dietro alla Fininvest sin dalla fine degli anni
70 e le altre società della galassia berlusconiana
nascono quasi tutte senza il nome di Berlusconi, ma intestate
a prestanome: una cinquantina fra parenti, amici, casalinghe
baresi, disoccupati calabresi, elettricisti, malati terminali
colpiti da ictus, persino un cecoslovacco nato nel 1887. Tutto
normale?
"Nessun mistero sulle origini delle mie fortune: ho cominciato
con la liquidazione di mio padre: 30 milioni" (26-4-2001).
Poi, però, fra il 1978 e il 1983 Berlusconi si ritrovò
in tasca 113 miliardi (degli anni 70, pari ad almeno 250 milioni
di euro odierni). In parte giunti in contanti. Sulla provenienza
di quel fiume di denaro, Berlusconi non ha mai voluto spiegare
nulla. Nemmeno quando, nel novembre 2002, il Tribunale di
Palermo che sta processando il suo braccio destro Marcello
Dell'Utri (parlamentare europeo e italiano, già condannato
per false fatture e frode fiscale e imputato per mafia, calunnia
ed estorsione), si è recato in trasferta a Palazzo
Chigi per interrogarlo. In quell'occasione, alle domande sulle
origini di quei quattrini e sulle ragioni che lo indussero
a ospitare in casa sua per due anni un boss mafioso del calibro
di Vittorio Mangano, con mansioni di "stalliere"
o di "fattore", il premier ha Berlusconi ha risposto:
"Mi avvalgo della facoltà di non rispondere".
E i giudici sono ritornati a Palermo a mani vuote.
BERLUSCONI PREMIER/2
"Meno tasse per tutti" (slogan elettorale di Berlusconi,
maggio 2001). Le tasse degli italiani resteranno le stesse,
anzi aumenteranno per l'incremento sostanzioso dei tributi
regionali e comunali, in conseguenza dei tagli ai trasferimenti
governativi a comuni e regioni. Il 13 novembre 2001, in visita
a Granada (Sagna), Berlusconi e il suo ministro dell'Economia
Giulio Tremonti comunicano che "i conti pubblici non
sono ancora a posto", dunque di ridurre le tasse non
se ne parla. Così come della riforma delle pensioni,
promessa in campagna elettorale alla Confindustria. Che subito
protesta.
"Non ho mai detto che la civiltà occidentale è
superiore all'Islam. E' colpa di una sinistra irresponsabile
che diffonde notizie false sul mio conto" (7-9-2001).
In realtà Berlusconi, soltanto il giorno prima, ha
dichiarato testualmente in una conferenza stampa dalla Germania:
"Noi dobbiamo essere consapevoli della superiorità
della nostra civiltà, che ha dato luogo al benessere
e al rispetto dei diritti umani e religiosi. Cosa che non
c'è nei paesi dell'Islam... Dobbiamo evitare di mettere
le due civiltà, quella islamica e quella nostra sullo
stesso piano
La libertà non è un patrimonio
della civiltà islamica
La nostra civiltà
deve estendere a chi è rimasto indietro di almeno 1400
anni nella storia i benefici e le conquiste che l'Occidente
conosce
C'è una singolare coincidenza fra gli
islamici e gli anti-global nella loro opposizione all'Occidente".
Poi l'incidente diplomatico internazionale, le proteste della
Lega Araba ("posizioni razziste"), l'imbarazzo dell'Occidente
impegnato nel tentativo di coinvolgere nella lotta al terrorismo
fondamentalista delle Due Torri i paesi islamici moderati.
Così il Cavaliere è costretto alla smentita,
cioè all'ennesima bugia.
"Ho fatto un'esposizione sommaria della legge finanziaria
e ho trovato un'ottima accoglienza sia da Prodi sia dal commissario
Pedro Solbes" (10-10-2001). Così Berlusconi al
termine di un incontro ufficiale a Bruxelles con il presidente
Romano Prodi e gli altri membri della Commissione europea.
Senonché Prodi cade dalle nuvole: "Non ne abbiamo
neanche parlato". Anche Solbes lo smentisce: "Non
ho espresso alcun giudizio sulla finanziaria italiana, la
valuterò insieme al patto di stabilità".
Berlusconi è costretto alla retromarcia: "Io ho
illustrato l'azione del mio governo, Prodi e Solbes mi hanno
ascoltato in silenzio". Poi, in conferenza stampa, se
la prende con il "club della menzogna della sinistra"
che gli attribuirebbe frasi mai dette.
"La tv pubblica è interamente nelle mani della
sinistra, e anche la tv privata si sbilancia a sinistra"
(30-1-2002, a Le Figaro). Appena tornato al governo, Berlusconi,
che già detiene il monopolio assoluto della televisione
commerciale (Canale 5, Italia 1, Rete 4), nomina suoi uomini
al vertice delle tre reti pubbliche Rai (presidente Antonio
Baldassarre, direttore generale Agostino Saccà). Costoro
allontanano dal video i due giornalisti più famosi
della Rai, sgraditi al premier - Enzo Biagi e Michele Santoro
- nonché il comico Daniele Luttazzi, anche lui inviso
al Cavaliere. Poi, quando il primo consiglio di amministrazione
si dimette agli inizi del 2003, Berlusconi riunisce gli alleati
in casa propria per decidere i nuovi consiglieri, facendo
infuriare addirittura i presidenti delle due Camere, che rifiutano
di ratificare le nomine. Alla fine, viene creato un nuovo
Cda Rai formato da 4 esponenti del centro-destra e uno solo
del centro-sinistra. Anche il direttore generale, amico di
Berlusconi e del fratello Paolo, è di stretta obbedienza
governativa.
"Comprare Alessandro Nesta (difensore della Lazio e della
Nazionale, ndr) per il Milan? Sono cose che non hanno più
nulla di economico, di morale. Nel calcio abbiamo sbagliato
tutti, ora basta" (23-8-2002). L'indomani il Milan di
Berlusconi annuncia l'acquisto di Nesta, avvenuto da almeno
una settimana.
"Non capisco tutta questa fretta per la legge Cirami
sul legittimo sospetto (che gli consente di spostare i suoi
processi da Milano a Brescia, ndr)" (31-7-2002). "La
legge sul legittimo sospetto è una priorità
per il governo" (30-8-2002).
"E se in Irak non ci fossero più armi di distruzione
di massa? Come parere personale, non credo che ci siano più
quegli ordigni" (16-10-2001, al termine di un lungo incontro
con Vladimir Putin). "Sono e resto con Blair, l'alleato
più vicino a Bush. Non ho mai detto che Saddam non
ha armi di distruzione di massa. Dico solo che potrebbe avere
avuto il tempo di distruggerle o di metterle da qualche altra
parte" (17-10-2002, dopo le incredule proteste di Londra
e Washington).
"Mediaset non farà alcun ricorso al condono fiscale"
(30-12-2002). Berlusconi smentisce le rivelazioni del quotidiano
La Repubblica, il quale calcola che il condono fiscale contenuto
nella legge finanziaria Berlusconi consentirà al gruppo
Mediaset di chiudere la lite col fisco per il possesso di
società off-shore risparmiando multe per 100 milioni
di euro, pari a 200 miliardi di lire. Cinque mesi dopo, il
settimanale l'Espresso scoprirà che Mediaset ha regolarmente
fatto ricorso al condono, risparmiando così circa 120
milioni di euro di imposte.
"Ho assoluta fiducia nella Cassazione, fiducia che non
né mai mancata. Altra cosa sono certi pm che vogliono
un ruolo particolare e imbastiscono processi che finiscono
nel nulla" (26 gennaio 2003).L'indomani la Cassazione
gli dà torto e non sposta i suoi processi da Milano.
Lui, il premier, tuona subito contro i "giudici golpisti".
BERLUSCONI IMPUTATO
"Giuro sui miei cinque figli che non so nulla di quanto
mi viene contestato (le tangenti alla Guardia di Finanza,
ndr). Sono vittima di una grande ingiustizia. Mi dicono che
questo avviso è la risposta a quanto stiamo facendo"
(23-11-94). "E' come se mi avessero mandato un avviso
di garanzia accusandomi di non chiamarmi Silvio Berlusconi.
Siccome sono certo di chiamarmi Silvio Berlusconi, non credo
che nessun tribunale giusto al mondo possa condannarmi perché
mi chiamo Silvio Berlusconi. Può esserci una condanna,
ma allora non sarà un atto di giustizia, ma sovversione"
(1-12-94). "Io corruttore? Sarebbe come incolpare suor
Teresa di Calcutta, dopo una vita di sacrifici, se una bambina
dell'istituto allungasse una mano per pigliare un quarto di
mela dal fruttivendolo, non per sé, ma per darlo ad
un altro" (27-10-95). "Nessuno si è reso
responsabile di corruzione, il capo del gruppo non era minimamente
a conoscenza di quanto gli viene addebitato. Il vero scandalo
sta semmai nel fatto che la mia impresa, come quasi tutte
le imprese italiane, sia stata sottoposta a pressioni concussive
da parte di un corpo armato dello Stato... Siamo stati costretti
a pagare da un'associazione a delinquere come la Guardia di
Finanza, da elementi deviati di un corpo armato dello Stato"
(16-1-96). Con buona pace dell'incolpevole prole, due dirigenti
Fininvest verranno definitivamente condannati per corruzione
della Guardia di Finanza, un consulente legale definitivamente
per favoreggiamento, i due segretari per falsa testimonianza
in primo e secondo grado, mentre Berlusconi verrà condannato
dal Tribunale per corruzione, dichiarato prescritto (cioè
responsabile, ma non più punibile) dalla Corte d'appello,
infine assolto dalla Cassazione. Ma solo per "insufficienza
probatoria".
"Publitalia non ha mai emesso fatture false, e funziona
come un orologio" (31-5-95). Ma i massimi dirigenti di
Publitalia, dal presidente fondatore Marcello Dell'Utri in
giù, hanno patteggiato condanne per decine di miliardi
di false fatture e frodi fiscali.
"Sono pronto a lasciare la guida del Polo, la Camera
e la vita politica se verrà dimostrato un rapporto
mio o della Fininvest o di una società del gruppo col
signor Bettino Craxi, diverso da quello della pura amicizia!"
(29-11-95). Craxi è colui che nel 1984 impose con il
suo governo al Parlamento ben due decreti ad personam, i "decreti
Berlusconi", per salvare le televisioni dell'amico finite
sotto inchiesta (e minacciate di sequestro dai magistrati)
perché trasmettevano illegalmente su tutto il territorio
nazionale. La Corte di Cassazione, confermando la prescrizione
del reato di finanziamento illecito nel processo sulla società
berlusconiana off-shore "All Iberian", ha ritenuto
dimostrato che Berlusconi versò illegalmente a Craxi,
tra il 1990 e il 1992, ben 21 miliardi estero su estero. Ma
Berlusconi non ha lasciato la vita politica.
"Non ho mai fatto alcun attacco alla magistratura"
(10-10-95). "Se c'è una cosa che mi viene addebitata
e che non risponde al vero è da parte mia un giudizio
negativo nei confronti dei magistrati" (25-11-95). "Io
sono un grande estimatore della magistratura e l'ho dimostrato
nella mia attività di governo, durante la quale sono
sempre stato vicino ai problemi dei giudici" (7-12-95).
"Mi consenta ancora una volta di esprimere ammirazione
verso la magistratura e i giudici" (23-1-96). Una costante
dell'azione politica è l'attacco sistematico, scientifico,
incessante alla magistratura di ogni ordine e grado: dai pm
di Milano (ma anche di Palermo, Napoli, Torino: tutti quelli
che si sono occupati di lui o di sue aziende) ai giudici per
le indagini preliminari, da quelli di tribunale a quelli di
appello, su su fino alle sezioni unite della Corte di Cassazione,
massima istanza giurisdizionale del Paese.
"Le inchieste sul mio gruppo sono iniziate soltanto dopo
il mio impegno in politica. Prima non avevo mai subito nulla
del genere" (17-6-2003). Ma è vero il contrario:
prima nascono le inchieste sulla Fininvest di Berlusconi,
poi (e forse proprio per questo) Berlusconi "scende in
campo" politico. La prima indagine (poi archiviata) sul
Berlusconi imprenditore, per traffico di droga, fu aperta
a Milano nel lontano 1983. Nel 1989 poi, sempre a Milano,
Marcello Dell'Utri finì per la prima volta sotto inchiesta
per mafia (prosciolto). La tesi della persecuzione politica
per via giudiziaria, già esposta dal premier in una
denuncia a Brescia, è stata così smontata dal
gip Carlo Bianchetti nell'archiviazione del 15 maggio 2001:
"Risulta dall'esame degli atti che, contrariamente a
quanto si desume dalle prospettazioni del denunciante, le
iniziative giudiziarie
avevano preceduto e non seguito
la decisione di "scendere in campo"
[Il pool
di Mani pulite ha compiuto, tra] il 27 febbraio '92 e il 20
luglio '93, ben 25 accessi presso Fininvest e Publitalia".
Lo stesso Berlusconi, al momento di entrare in politica verso
la fine del 1993, aveva confidato ai famosi giornalisti Enzo
Biagi e Indro Montanelli (che l'hanno poi raccontato): "Se
non entro in politica, fallisco e mi arrestano".
"E questo potere arbitrario e di casta è stato
illiberalmente esercitato nel 1994 contro un governo sgradito
alla magistratura giacobina di sinistra, governo messo platealmente
sotto accusa attraverso il suo leader in un procedimento iniziato
a Napoli mentre presiedeva una Convenzione delle Nazioni Unite
e sfociato poi, per assoluta mancanza di fondatezza, in una
clamorosa assoluzione molti anni dopo" (29-1-2003). Berlusconi
si ostina a ripetere che, nel 1994, il suo governo fu rovesciato
dall'invio di un "avviso di garanzia" per le mazzette
Fininvest alla Guardia di Finanza, a Napoli, mentre lui presiedeva
un convegno sulla criminalità organizzata. Si trattava
in realtà di un "invito a comparire" (una
convocazione per un interrogatorio), dovuto per legge, che
non fu affatto notificato a Napoli, ma a Roma. E fu preannunciato
al telefono all'interessato la sera prima (21 novembre '94)
dai carabinieri. Fu dunque Berlusconi, pur sapendo di essere
sospettato di corruzione, a decidere ugualmente di presiedere
il convegno anche l'indomani (giorno 22), esponendo il buon
nome dell'Italia al ludibrio internazionale. Ai magistrati
milanesi, secondo un'informativa dei carabinieri, risultava
che lui, la sera stessa del 21, sarebbe rientrato a Roma abbandonando
il convegno napoletano inaugurato la mattina. Perciò
inviarono i militari per la consegna a Roma, non a Napoli.
Quanto alle ragioni della caduta del governo, quell'atto non
ebbe alcuna conseguenza. L'hanno stabilito i magistrati di
Brescia, ai quali Berlusconi aveva presentato un esposto contro
i magistrati milanesi per "attentato agli organi costituzionali"
(cioè al suo primo governo). Nell'ordinanza del giudice
Carlo Bianchetti che il 15 maggio 2001 archivia l'inchiesta
e assolve il pool di Milano, si legge: "Alla causazione
del cosiddetto "ribaltone" è stata sostanzialmente
estranea la vicenda dell'invito a presentarsi, dal momento
che, secondo la testimonianza dell'allora ministro Maroni,
la decisione della Lega Nord di "sfiduciare" il
governo Berlusconi (decisione che era stata determinante nella
caduta dell'Esecutivo) era stata formalizzata il 6 novembre
1994, e perciò due settimane prima; trovava comunque
le sue radici in un insanabile contrasto tra la Lega Nord
e gli altri partiti del Polo delle Libertà risalente
a fine agosto '94, allorché l'on. Bossi era venuto
a sapere dell'intenzione del capo del governo di "andare
alle elezioni anticipate in autunno".
"Nel processo Sme non ci sono né indizi né
prove contro di me, c'è solo il teorema della signora
Stefania Ariosto, una mitomane che ha fatto dei pettegolezzi.
Per la Sme mi aspetterei non un processo, ma una medaglia
d'oro al valore civile per avere salvato l'Italia da una svendita
di un bene pubblico per 500 miliardi quando ne valeva 2500".
La teste Stefania Ariosto non parla dell'affare Sme: si limita
a raccontare ciò che ha visto e sentito a proposito
di Previti e della corruzione di alcuni giudici romani. In
realtà, nel processo Sme, gli imputati sono sotto accusa
per alcuni bonifici bancari. Il primo riguarda l'industriale
Pietro Barilla (deceduto nel '93): il 2 maggio e il 26 luglio
1988 da un conto estero di Barilla partono due accrediti (1
miliardo e 800 milioni di lire) destinati all'avvocato Attilio
Pacifico, braccio destro dell'avvocato berlusconiano Cesare
Previti. Pacifico versa, secondo l'accusa, 200 milioni in
contanti al giudice Filippo Verde, e tramite bonifico 850
a milioni a Previti e 100 al giudice Renato Squillante. Il
secondo bonifico chiama invece direttamente in causa la Fininvest.
Il 6 marzo 1991, dal conto svizzero "Ferrido", aperto
dal capo della tesoreria Fininvest Giuseppino Scabini, vengono
accreditati 434.404 dollari sul conto "Mercier"
di Previti, da dove, un'ora dopo, vengono girati sul conto
"Rowena" del giudice Squillante. Secondo l'accusa,
il conto Ferrido (della galassia All Iberian) era alimentato
con fondi personali e familiari di Berlusconi. Di qui l'accusa,
per tutti, di corruzione giudiziaria. Per la Sme (la finanziaria
alimentare dell'Iri), Berlusconi non sventò alcuna
svendita: la quota dell'azienda in vendita da parte dell'Iri
era stata valutata 500 miliardi da due esperti dell'università
milanese Bocconi, e dunque Carlo De Benedetti, unico offerente
nel 1985, aveva offerto quella cifra. Poi Berlusconi, su ordine
di Craxi, si intromise nell'affare, rilanciando per un 10%
appena: il minimo indispensabile per entrare in partita. Dunque
offrì 550 miliardi, poco più di De Benedetti,
poco meno di un quinto rispetto al valore che oggi egli pretende
di attribuire alla Sme del 1985.
"La magistratura politicizzata, nel 1992-'93, ha cancellato
cinque partiti dalla vita pubblica, risparmiando i comunisti
per portarli al potere". A parte il fatto che, a Milano,
il pool Mani Pulite arrestò e inquisì quasi
l'intero vertice del Pci-Pds, esattamente come quelli dei
partiti moderati, va detto che le prime elezioni dopo Tangentopoli
non le vinsero le sinistre. Le vinse Berlusconi, occupando
lo spazio lasciato libero dal pentapartito che si era sciolto
per mancanza di voti dopo lo scandalo. Il 24 gennaio 1994,
al momento della sua discesa in campo, il Cavaliere elogiò
il pool di Milano per avere scoperchiato lo scandalo di Tangentopoli:
"La vecchia classe politica è stata travolta dai
fatti e superata dai tempi [...]. L'autoaffondamento dei vecchi
governanti, schiacciati dal peso del debito pubblico e del
finanziamento illegale dei partiti, lascia il paese impreparato
e incerto...". E il 6 febbraio rincarò la dose:
"Basta con i ladri di Stato, noi siamo per una politica
nuova, diversa, pulita. Siamo l'Italia che lavora contro l'Italia
che ruba". Subito dopo tentò di avere nel suo
governo i due simboli del pool di Mani Pulite: Antonio Di
Pietro al ministero dell'Interno e Piercamillo Davigo alla
Giustizia. I due, però, rifiutarono. Ma evidentemente,
all'epoca, Berlusconi non li considerava "toghe rosse".
"I magistrati milanesi abusavano della carcerazione preventiva
per estorcere confessioni agli indagati" (30-9-2002).
Anche questo cavallo di battaglia della polemica berlusconiana
anti-giudici è smentita dai fatti e, soprattutto, dalla
relazione consegnata al governo dai quattro ispettori ministeriali
inviati contro il pool di Milano nell'ottobre 1994 dal guardasigilli
Alfredo Biondi (Forza Italia, primo governo Berlusconi). Relazione
resa nota il 15 maggio '95: "Nessun rilievo può
essere mosso ai magistrati milanesi, i quali non paiono aver
esorbitato dai limiti imposti dalla legge nell'esercizio dei
loro poteri [...]. Non si è riscontrata un'apprezzabile
e significativa casistica di annullamenti delle decisioni
che hanno dato luogo a quelle detenzioni [...]. I provvedimenti
custodiali sono stati spesso suffragati [...] dall'ulteriore
e decisiva prova della confessione dell'indagato. Né
è risultato che tali confessioni siano state in seguito
ritrattate perché rese sotto la minaccia dell'ulteriore
protrarsi della detenzione [...]. Non è possibile ascrivere
quelle confessioni alle "condizioni fisiche e psicologiche
disumane" nelle quali si sarebbero venuti a trovare molti
indagati, alcuni dei quali suicidatisi, condizioni cui fa
riferimento l'on. Sgarbi: non è stata mai segnalata
l'applicazione di regimi detentivi differenziati e inaspriti
rispetto alla generalità dei casi".
"I magistrati del pool di Milano avevano come obbiettivo
quello di favorire la presa di potere da parte delle sinistre"
(9-5-2003). A parte le considerazioni già esposte,
è interessante leggere la risposta data il 23 ottobre
1996 dal ministro dell'Interno britannico Simon Brown al Parlamento
britannico, per spiegare il diniego opposto al ricorso degli
avvocati di Berlusconi, i quali parlavano di inchieste e reati
"politici" per opporsi alla consegna dei documenti
sui conti esteri della galassia All Iberian: "Se ben
capisco l'argomentazione dei richiedenti [la Fininvest], essi
sostengono che l'azione giudiziaria in corso in Italia per
donazioni illecite di 10 miliardi al signor Craxi è
politica, e che le accuse di falso contabile [...] sarebbero
reato connesso. Le donazioni politiche illegali sono un reato
politico? Non sono d'accordo. A me sembra piuttosto un reato
contro la legge ordinaria promulgata per garantire un corretto
ordinamento del processo democratico in Italia - reato in
nulla diverso, diciamo, dal votare due volte alle elezioni
[...]. Il reato in questione è stato commesso per influenzare
la politica del governo: non si pagano clandestinamente grosse
somme di denaro a un partito politico senza uno scopo [...].
Non accetto in nessun modo che il desiderio della magistratura
italiana di smascherare e punire la corruzione nella vita
pubblica e politica, e il conflitto che ciò ha creato
tra i giudici e i politici in quel paese, operi in modo tale
da trasformare i reati in questione in reati politici. È
un uso scorretto del linguaggio definire la campagna dei magistrati
come improntata a "fini politici", o le loro azioni
nei confronti del signor Berlusconi come persecuzione politica.
Al contrario, tutto ciò che ho letto su questo caso
suggerisce che la magistratura stia dimostrando una giusta
indipendenza politica dall'esecutivo ed equanimità
nel trattare in modo eguale i politici di tutti i partiti
[...]. [Il reato] non è intrinsecamente politico, né
lo diviene nel caso che l'autore del reato speri di cambiare
la politica del governo comprando influenza politica, e neanche
se il potere giudiziario, perseguendo lui, spera di ripulire
la politica. Nessuno degli argomenti dei richiedenti riesce
a persuadermi in nulla che i reati in questione siano politici.
Non riesco proprio a vedere i pagatori corrotti della politica
come i "Garibaldi di oggi", o cercatori di libertà,
o "prigionieri politici".
"I magistrati milanesi abusavano della carcerazione preventiva
per estorcere confessioni agli indagati" (30-9-2002).
Anche questo cavallo di battaglia della polemica berlusconiana
anti-giudici è smentita dai fatti e, soprattutto, dalla
relazione consegnata al governo dai quattro ispettori ministeriali
inviati contro il pool di Milano nell'ottobre 1994 dal guardasigilli
Alfredo Biondi (Forza Italia, primo governo Berlusconi). Relazione
resa nota il 15 maggio '95: "Nessun rilievo può
essere mosso ai magistrati milanesi, i quali non paiono aver
esorbitato dai limiti imposti dalla legge nell'esercizio dei
loro poteri [...]. Non si è riscontrata un'apprezzabile
e significativa casistica di annullamenti delle decisioni
che hanno dato luogo a quelle detenzioni [...]. I provvedimenti
custodiali sono stati spesso suffragati [...] dall'ulteriore
e decisiva prova della confessione dell'indagato. Né
è risultato che tali confessioni siano state in seguito
ritrattate perché rese sotto la minaccia dell'ulteriore
protrarsi della detenzione [...]. Non è possibile ascrivere
quelle confessioni alle "condizioni fisiche e psicologiche
disumane" nelle quali si sarebbero venuti a trovare molti
indagati, alcuni dei quali suicidatisi, condizioni cui fa
riferimento l'on. Sgarbi: non è stata mai segnalata
l'applicazione di regimi detentivi differenziati e inaspriti
rispetto alla generalità dei casi".
BERLUSCONI E IL CONFLITTO D'INTERESSI
"Dire che nell'attività di governo e politica
ci sia stato qualche volta un interesse personale, non solo
del signor Berlusconi, ma anche di altri membri di Forza Italia,
è una vergogna" (14-12-95). "La vecchia classe
politica che facendo politica prendeva soldi. Io posso dire
che per fare politica ne ho spesi parecchi" (15-12-95).
Il primo governo Berlusconi passerà alla storia per
due provvedimenti: il decreto Biondi, che vietava le custodia
in carcere per corruzione alla vigilia dell'arresto di Paolo
Berlusconi per corruzione; e la legge Tremonti, che ha fruttato
alla Mediaset dello stesso Berlusconi (Silvio) sgravi fiscali
per 243 miliardi.
"Ho dato incarico ai miei manager di avviare le dismissioni
delle mie proprietà" (23-3-94). "Ho sempre
riconosciuto che c'era un'anomalia da sanare... Sono il primo
a proporre una soluzione di separazione drastica tra l'esercizio
dei doveri di governo e l'esercizio dei diritti proprietari"
(2-8-94). "Le mie aziende o le congelo o le vendo. Voglio
assolutamente dividere i miei interessi privati che ho come
azionista Fininvest dalla mia attività pubblica che
svolgerò nell'interesse di tutti. Credo che quella
del blind trust americano sia la soluzione ideale" (11-4-94).
"Oggi vi annuncio che ho deciso di vendere le mie aziende,
perché credo che qualcuno, quando si prende un impegno
e dentro questo impegno ci sono certe condizioni che sono
ostative allo svolgimento globale dell'impegno, deve avere
anche il coraggio di sacrificarsi... Non sarà facile
trovare un compratore, ma andremo in Borsa con la televisione
e terrò una quota assolutamente non di maggioranza"
(23-11-94). "Da novembre ho dato mandato irrevocabile
alla Fininvest di vendere le tv" (18-3-95). "Venderò
le tv ad imprenditori internazionali" (Il Giornale, 1-4-95).
"Il conflitto d'interessi sarà risolto nei primi
cento giorni del mio governo" (5-5-2001). Nove anni dopo
il suo primo governo e due anni dopo l'avvio del secondo,
Berlusconi non ha risolto il conflitto d'interessi né
tantomeno ha ceduto alcuna delle sue aziende. Anzi, il 21
dicembre 2001, comunica agli italiani che "il conflitto
d'interessi esiste solo nel senso che le mie aziende ci hanno
rimesso da quando sono entrato in politica al servizio del
Paese". E il 7 maggio 2003, ancora più esplicito:
"Il conflitto d'interessi è una scusa. Tutti vedono
bene che non c'è nessun conflitto d'interessi. Anzi,
io non posso fare che cose sfavorevoli al mio gruppo. Non
c'è stata una sola decisione assunta da questa maggioranza
e da questo governo che abbia portato cose a mio favore. Da
quando sono sceso in politica, il mio gruppo ha subìto
soltanto danni enormi".
Silvio
e Polifemo
La requisitoria di Ilda Boccassini
al processo Sme con imputato Berlusconi. I soldi della corruzione
arrivati al giudice Squillante sono partiti dai conti di Silvio,
passati per All Iberian e poi per il conto Polifemo. Da cui
sono partiti, contemporaneamente, la supertangente per Craxi
(10 miliardi di lire) e il pagamento per i giudici romani
La requisitoria di Ilda Boccassini
allo stralcio per Silvio Berlusconi del processo Sme, il 12
novembre 2004, ha messo in fila la pista del soldi della corruzione
per i giudici romani. Non "persecuzione politica"
ma fatti, ha ricordato Boccassini. I fatti
documentati dai documenti bancari e dalle testimonianze raccolte
in più processi. Ecco la ricostruzione.
All'inizio sono i contanti. «Chissà
quant'era grande la cassaforte di Palazzo Donatelli, a Segrate»,
si chiede Boccassini. Ricostruisce che almeno 38 miliardi
arrivano in contanti sui conti All Iberian e Polifemo. Ricorda
che nel 1991 c'è un passaggio di 90 miliardi tra Italia
e Svizzera, attraverso la Fiduciaria
Orefici (Mandato 500) che compra titoli di Stato, li
monetizza a San Marino, li fa riportare a Segrate attraverso
i furgoni portavalori della Fidelitas. Poi quei soldi sono
esportati in Svizzera dagli spalloni.
Per portare i contanti dall'Italia alla Svizzera, entravano
in azione gli spalloni di Alfred
Bossert. I soldi rimpinguano i conti segreti della Fininvest.
Come quelli della società All
Iberian. Proprio da All Iberian arrivano i miliardi
che alimentano il conto Polifemo, attivo solo per pochi mesi
del 1991 e usato per due sole operazioni.
La prima. Da Polifemo escono
10 miliardi di lire che passano al conto Costellation
Financiere di Bettino Craxi:
la più grande tangente mai scoperta in Italia pagata
a un singolo uomo politico, quella che al processo All Iberian
hanno fruttato a Berlusconi una condanna
in primo grado a 2 anni e 4 mesi per finanziamento illecito
ai partiti, pena poi cancellata in appello dalla prescrizione.
La seconda. Da Polifemo escono
2 miliardi che arrivano a Cesare Previti. Da questi, mezzo
miliardo (434.404 dollari) transita in pochi giorni dal conto
Ferrido (della Fininvest) al
conto Mercier (di Previti) e
poi al conto Rowena, riferimento
Orologio, di Renato Squillante.
Per questo passaggio di denaro sono già stati condannati,
nel processo Sme principale, Cesare Previti (5 anni) e Renato
Squillante (8 anni). Sono soldi, dice ora Boccassini, che
provengono dalla Fininvest, anzi provengono direttamente
dal patrimonio personale di Silvio Berlusconi. Lo disse
la difesa di Berlusconi al processo All Iberian, alcuni anni
fa. Oggi quella dichiarazione diventa un autogol: gli stessi
soldi, attraverso Polifemo, arrivano anche a Squillante.
Un altro mezzo miliardo passa da Previti all'avvocato Pacifico,
che li usa per alimentare un conto svizzero del giudice
Filippo Verde. Verde, estensore della sentenza che
sbarrò la strada a Carlo De Benedetti che stava acquistando
la Sme, è stato assolto nel processo principale Sme.
Ora Boccassini torna alla carica: Verde fu corrotto da 200
milioni di lire non più per uno specifico atto
contrario ai suoi doveri d'ufficio, ma per
essere complessivamente a disposizione (come Squillante)
della cordata Berlusconi-Barilla.
Niente attenuanti generiche per
Silvio Berlusconi, chiede Boccassini (queste basterebbero
a far cadere in prescrizione il reato di corruzione). Niente
attenuanti perché Berlusconi ha mentito ripetutamente,
ha spiato l'inchiesta (sapeva che Stefania Ariosto aveva cominciato
a raccontare le corruzioni romane già nel 1995!), e
ha mentito al popolo italiano.
(gb, 15 novembre 2004)
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