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Liste sporche a Milano,
il partito della 'Ndrangheta

Questi non votateli: li votano già gli uomini delle cosche

di Gianni Barbacetto e Davide Milosa

"Speriamo che muoia come un cane". Così parla (intercettato) il candidato al Comune Marco Clemente, riferendosi al titolare di un locale notturno sotto estorsione da parte della 'Ndragheta. Altro che liste pulite, a Milano. Dietro chi aspira a diventare sindaco, si muove una piccola schiera di candidati impresentabili. Per storie di corruzione, ma soprattutto per relazioni pericolose con boss mafiosi. Ecco le loro storie.

Il capolista del Pdl a Milano è SILVIO BERLUSCONI, che ha deciso di sovrapporre la sua faccia a quella di Letizia Moratti, poco amata in città, per cercare di scongiurare una sconfitta del centrodestra che sarebbe simbolicamente disastrosa nella città dove il berlusconismo è nato. Sono note la sua storia giudiziaria, le prescrizioni, le indagini e i processi in corso. Meno note le storie degli altri candidati.

GIULIO GALLERA è capogruppo del Pdl al Comune di Milano e terzo nella lista del partito, subito dopo Berlusconi e il vicesindaco Riccardo De Corato. Durissimo oppositore in Consiglio della commissione comunale antimafia, fatta naufragare nel 2009 dalla maggioranza di centrodestra, Gallera è citato nell'ordinanza antimafia "Parco sud", firmata dal gip Giuseppe Gennari, che porta in carcere (il 3 novembre 2009 e il 22 febbraio 2010) due personaggi con cui Gallera è in contatto: Michele Iannuzzi, consigliere comunale del Pdl a Trezzano sul Naviglio, e Alfredo Iorio, uomo d'affari e presidente della società Kreiamo, con sede in via Montenapoleone ma cuore a Buccinasco. La Kreiamo è considerata infatti il braccio finanziario del clan Papalia-Barbaro, originario di Platì, in Calabria, ma operativo a Buccinasco.

L'uomo che dice "Speriamo che muoia come un cane" è MARCO CLEMENTE, candidato nella lista Pdl, molto vicino a Ignazio La Russa. È un nuovo acquisto della politica: finora ha fatto l'imprenditore, è socio di maggioranza della discoteca milanese Lime light di via Castelbarco. Ora tenta l'avventura politica, candidandosi a entrare in Consiglio comunale. Malgrado i suoi contatti ravvicinati con gli uomini della 'Ndrangheta. Il 17 febbraio 2008 viene intercettato all'interno della discoteca Babylon, mentre parla con Giuseppe Amato, in seguito arrestato per associazione mafiosa con l'accusa di essere il luogotenente del boss Pepè Flachi per la riscossione del pizzo nei locali di Milano. Amato era il terrore degli "after hour": taglieggava sistematicamente gli organizzatori, minacciando chi si rifiutava di pagare. "Due settimane e non fanno più after, la prossima volta che si permettono, che fanno, gli spacco tutto", dice a Clemente, che poi, riferendosi a Bartolo Quattrocchi della discoteca Pulp, pesantemente minacciato dal clan, sbotta: "Speriamo che muoia come un cane".

Due informative di polizia del 2008 aggiungono che Clemente avrebbe attivato contatti con il giovane boss di Buccinasco Salvatore Barbaro. "Il deputato Ignazio La Russa", si legge nella prima informativa, "attraverso un suo diretto familiare e tale Clemente, socio di una nota discoteca, avrebbe fatto contattare Salvatore Barbaro al quale i due avrebbero chiesto un intervento della sua famiglia su tutta la comunità calabrese presente in provincia di Milano, al fine di far votare alle prossime consultazioni elettorali la lista del Popolo della libertà (...). Salvatore Barbaro si sarebbe impegnato attivamente con il massimo interessamento su tutta la comunità calabrese, garantendo che i voti sarebbero andati sicuramente alla lista del Popolo della libertà".

Dopo le elezioni dell'aprile 2008, vinte dal Pdl, i boss si presentano a riscuotere il compenso per il loro sostegno elettorale. Lo afferma la seconda informativa, che racconta un incontro in un ristorante milanese tra Marco Clemente e Salvatore Barbaro, il quale si presenta in compagnia di Domenico Papalia (figlio del superboss all'ergastolo Antonio Papalia), considerato il nuovo referente della 'Ndrangheta in Lombardia. I due giovani delfini delle cosche chiedono a Marco Clemente "informazioni sugli appalti promessi prima delle elezioni in cambio di un sostegno elettorale".

Il nome di Clemente è presente anche nelle carte dell'inchiesta "Infinito" che nel luglio 2010 ha portato in carcere 169 presunti mafiosi impiantati in Lombardia. I carabinieri di Monza intercettano il padrone del Lime light mentre parla al telefono con Loris Grancini, capo ultrà dei Viking della Juventus e campione di poker, considerato vicino a Cosa nostra. Grancini nel novembre 2008 era all'opera "per tentare di far ottenere dei benefici carcerari a Giovanni Lamarmore", il padre del capo della "locale" di 'Ndrangheta di Limbiate. Nelle telefonate, annotano gli investigatori, i due dicono che "sfruttando conoscenze di personaggi politici che gravitano nell'area di Alleanza nazionale hanno fatto recapitare una lettera al direttore del carcere di San Giminiano... Lamarmore è rimasto contento per questo intervento e vuole sdebitarsi scrivendo una lettera a Marco Clemente".

In coppia con Clemente si muove MARCO OSNATO, candidato Pdl. È il "famigliare di La Russa" citato nell'informativa del 2008: ha infatti sposato la figlia di Romano La Russa, fratello di Ignazio. Osnato avrebbe avuto, insieme a Clemente, contatti con Salvatore Barbaro, a cui avrebbe chiesto i voti della comunità calabrese. "In cambio", si legge nell'informativa, "il familiare di La Russa avrebbe garantito a Barbaro che dal 2009 in poi ci saranno numerosi appalti da assegnare e se le elezioni dovessero essere vinte dal Pdl i lavori più consistenti li commissionerebbero a una società pulita e di copertura che a sua volta li subappalterebbe a lui e ad altri calabresi".

Osnato è ben conosciuto anche da Iannuzzi e Iorio, i due della Kreiamo poi finiti in galera. In un'intercettazione dopo le elezioni del 2008, il primo dice al secondo, riferendosi proprio a Osnato: "Quando lo vado a trovare, prepariamo un elenco di tutti i vari Comuni dove noi abbiamo portato dei voti, così li vanno a verificare. E poi andiamo da lui con la lista della spesa". Osnato è anche consigliere dell'Aler, l'ente che gestisce le case popolari di Milano. In questa veste è indagato per turbativa d'asta e corruzione. In un'intercettazione, Iannuzzi dice a Iorio, sempre riferendosi a Osnato: "Mi ha chiamato ieri Marco e mi ha detto: Michele, guardi che l'hanno chiamata dei miei collaboratori perché ci sono dei lavori all'Aler".

Un vecchio lupo della politica è ARMANDO VAGLIATI, consigliere comunale di Forza Italia fin dal 1997, membro della segreteria cittadina del partito e ora di nuovo in corsa con il Pdl per la rielezione in Consiglio. Vagliati ha un rapporto stretto con i fratelli Lampada, imprenditori calabresi considerati il braccio finanziario a Milano della cosca Condello della 'Ndrangheta. Francesco Lampada finisce in cella il 1 luglio 2010, coinvolto nel blitz che porta in carcere l'intero clan Valle. Giulio Lampada, il fratello delegato a tenere i rapporti con la politica, è un grande amico di Vagliati. I due vanno spesso a cena con le rispettive mogli e più volte Lampada cita "l'Armando" nelle sue telefonate (intercettate). "Eravamo alla festa insieme ad Armando! Tutti i consiglieri comunali, provinciali, regionali. C'era pure il presidente del Parlamento europeo Mario Mauro. Eravamo nel tavolo io, lui. Insomma una bella cosa in una villa d'epoca". E ancora: "Siamo accreditati, c'è la fiducia, capisci cosa voglio dire. Perché lui sa che sputazza non ne ho fatto mai e si butta a capofitto. Dice: vuoi questo, facciamo quello che cazzo ti interessa". "Lui" è Vagliati.

"L'attività investigativa", si legge nei rapporti dei carabinieri, "permetteva di accertare che Armando Vagliati costituiva l'elemento di riferimento dei Lampada con il Comune di Milano, per la risoluzione delle diverse problematiche di ordine amministrativo". Dal canto suo Vagliati, secondo i carabinieri, "era pienamente a conoscenza della loro appartenenza al gruppo criminale".

"L'Armando" nel febbraio 2010 firma un emendamento al nuovo Pgt, il Piano di governo del territorio, che propone di rendere edificabile un'area industriale in zona Ripamonti. Una nota della polizia giudiziaria segnala poi che Giulio Lampada "starebbe acquistando in zona Ripamonti un terreno agricolo che dovrebbe ottenere il cambio di destinazione d'uso grazie all'intervento del consigliere comunale Armando Vagliati".

L'assessore uscente GIOVANNI TERZI, che apre la lista "Milano al centro" (pro-Moratti), partecipa al bar Magenta a un aperitivo con Francesco Piccolo, il luogotenente del boss della 'Ndragheta Pepè Flachi. Spiega Piccolo: "Deve parlare per le votazioni... Sta aiutando a tutti, poi ti spiego... È utile anche per noi!".

ROBERTO LASSINI è sotto inchiesta per i manifesti "Via le Br dalle Procure". Aveva promesso di farsi da parte, con tante scuse. Invece, dopo la difesa che gli è arrivata da Silvio Berlusconi in persona, ha dichiarato che a dimettersi, nel caso fosse eletto, non ci pensa nemmeno.

Meno noto ROSARIO SCUTERI, detto Saro, candidato in Comune nella lista "Io amo Milano" di Magdi Cristiano Allam. Il nome di Scuteri, imparentato con la famiglia mafiosa dei Mammoliti di Oppido Mamertina, compare più volte nell'inchiesta "Parco sud". Compra un terreno da Iorio (quello della Kreiamo), ma si mette di mezzo la cosca dei Muià di Baggio. A comporre i conflitti interviene allora Andrea Madaffari (vicepresidente della Kreiamo). A questo punto, "il ringraziamento di Scuteri a Madaffari", scrive il gip Gennari, "non è un grazie qualsiasi, ma il riconoscimento di una gratitudine che andrà sdebitata". Da consigliere comunale?

Il Fatto quotidiano, 5 maggio 2011

La campagna elettorale
della Lista Riconoscenza

"Milano al centro". Ovvero, le tentazioni clientelari
della sigla di Giovanni Terzi e Mariolina Moioli


di Gianni Barbacetto


A sostenere Letizia Moratti nella sua faticosa corsa verso la rielezione a sindaco di Milano c'è anche la Lista Riconoscenza. In verità si chiamerebbe "Milano al centro", ma al centro di che? È una lista civetta per raccattare il "voto di ringraziamento". Proviamo a spiegare. È composta da uno stuolo di sconosciuti, a parte Ornella Vanoni, ottima nella musica e pessima in politica. Capilista Giovanni Terzi e Mariolina Moioli. Due assessori uscenti. Il primo alle Attività produttive, politiche del lavoro e dell'occupazione. La seconda alla Famiglia, scuola e politiche sociali. Due assessorati delicati e preziosi. Moioli è la zarina dei servizi sociali e con la sua attività di assessore si è meritata il "ringraziamento" di cooperative, associazioni, fornitori. Terzi è lo zar del commercio e della moda, e il "ringraziamento" lo chiede ai negozianti e agli operatori del settore in cui ha svolto le sue funzioni pubbliche. In più è grande amico di Marcello Dell'Utri e dell'Opus Dei. Insomma: "Milano al centro" è una lista mirata a raccogliere i consensi di quello che nella Prima Repubblica si sarebbe chiamato clientelismo di governo e che invece nella Seconda fanno passare (ahi, la corruzione delle parole!) per coinvolgimento della società civile.

La Lista Riconoscenza dunque è al lavoro. Forse non raccoglierà grandi numeri, ma Letizia Moratti sa che in questa battaglia, per lei così difficile, anche poche centinaia di voti possono fare la differenza. Forse della Lista Riconoscenza non sarà eletto nessuno, nessuno entrerà in Consiglio comunale, ma che importa? I due assessori uscenti hanno già pronte, in caso di vittoria di donna Letizia, due nuove poltrone d'assessore.

La campagna elettorale la fanno, però. Eccome. Con qualche problema per la divisione tra amministrazione (che dovrebbe essere per tutti i cittadini) e politica di parte. La Lista Riconoscenza mischia i due piani. E ha trasformato gli uffici comunali di largo Treves, sede della direzione centrale Famiglia, scuola e politiche sociali, nel quartier generale della campagna elettorale per Letizia sindaco. Strutture e personale, invece di lavorare per tutti i cittadini, nelle ultime settimane sono precettati, ventre a terra, per ottenere il bis della Moratti a palazzo Marino. I dirigenti sono costretti a distogliere l'attenzione dalle loro attività istituzionali per dedicarsi alla propaganda. Tra questi, il dottor Patrizio Mercadante, direttore del Settore servizi per giovani e minori, che invece di lavorare nella sua sede, in via Porpora, dove dovrebbe svolgere i compiti per cui è pagato, passa le sue giornate in largo Treves a fare campagna elettorale per la Lista Riconoscenza. È ricomparsa in quegli uffici anche l'ineffabile Carmela Madaffari. Già potentissimo direttore centrale del settore Famiglia, arrivata a Milano dopo essere stata cacciata da un paio di Asl della natia Calabria, Madaffari dal 1 aprile è ufficialmente in pensione. Ma è tornata a convocare e dare ordini come fosse ancora in servizio. Nell'azione di propaganda pro-Moratti impiega dirigenti e funzionari, utilizza personale della sua ex segreteria, materiale, informazioni riservate, documenti interni dell'amministrazione, auto e autisti. Come fosse ancora il capo. Uso privato di amministrazione pubblica. Anche questo è la campagna elettorale a Milano.    

Il Fatto quotidiano, 5 maggio 2011


 
 
 

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