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Giustizia, il golpe strisciante




Il Polo delle Impunità al lavoro per stravolgere i codici. Obiettivo: far uscire indenni dai processi Berlusconi e i suoi amici. Risultato finale: i politici otterrano l'immunità, ma l'Italia precipiterà in una cultura giuridica medioevale e diventerà un paradiso per mafiosi e criminali. Ecco tutte le leggi e le proposte di legge che ci porteranno fuori dall'Europa e fuori dalla democrazia



«Riscriverò i Codici. Se ne sono occupati
Napoleone, Giustiniano... Noi siamo piccolissimi, ma ci proveremo». Così dichiarò Silvio Berlusconi il 5 aprile 2001, in un intervento alla Confcooperative. Allora alcuni commentatori si sbizzarrirono in frizzi e lazzi, i vignettisti disegnarono il premier come un Napoleone da barzelletta. Ma oggi si comprende che non c'era niente da ridere: la promessa, almeno questa, è stata mantenuta. Meno tasse e più pensioni? No, non ancora. Ma nuove leggi sì, di corsa verso un abbozzo di nuovo sistema giudiziario e di nuovi rapporti ­ più aperti, più permissivi ­ tra codici e politica, e tra codici e impresa.

L'ultima mossa
­ che sarà rapidamente completata in autunno, giura la maggioranza berlusconiana ­ è stata la reintroduzione nel nostro ordinamento del «legittimo sospetto» come motivo per lo spostamento dei processi, strappati al giudice naturale. Prima di questo, è stato di fatto azzerato il reato di falso in bilancio. È stata approvata (con forzature estive e voto di fiducia) la cosiddetta Legge obiettivo, che indebolisce valutazione ambientale, controlli e trasparenza nella costruzione delle opere pubbliche. È stata abbattuta la tassa di successione per i grandi patrimoni. È stato permesso il rientro dei capitali (anche quelli «opachi») fuggiti all'estero. È stato riformato il Csm, con l'intenzione di renderlo più «vicino» alla politica e più controllabile dai politici. È stata varata una nuova disciplina sulle rogatorie internazionali che avrebbe dovuto rendere inutilizzabili molte prove processuali provenienti dall'estero.

Molto è stato fatto, dunque, ma siamo
solo all'inizio. In Parlamento aspettano di essere esaminate molte proposte che si propongono di completare l'opera di «riforma». Quella che allarga le possibilità di ricusazione dei giudici (legge Anedda). Quella che strappa il controllo della polizia giudiziaria ai magistrati (legge Mormino). Quella che apre la possibilità di revisione dei processi celebrati prima dell'approvazione del cosiddetto «giusto processo» (legge Saponara). Quella che stravolge più in generale i codici (legge Pittelli). Il ministro della Giustizia Roberto Castelli tiene molto poi all'amnistia per i reati d'opinione e al suo progetto di riforma dell'ordinamento giudiziario, che introdurrebbe, soprattutto, la divisione delle funzioni tra giudici e magistrati che sostengono l'accusa (anche se nella maggioranza c'è chi vuole passare direttamente alla divisione delle carriere).

Non tutte le ciambelle
riescono col buco. E infatti alcuni dei provvedimenti varati non hanno avuto gli esiti sperati dal governo e dalla sua maggioranza: l'esistenza di trattati internazionali, per esempio, ha permesso ai tribunali di continuare comunque ad avvalersi delle prove raccolte all'estero; e le ultime elezioni del Consiglio superiore della magistratura hanno prodotto una maggioranza del Csm ben decisa a difendere il principio costituzionale dell'autonomia della magistratura dalla politica. Ma nell'insieme è già perfettamente visibile il disegno complessivo a cui si ispira il «Berlusconi Giustiniano». Effetto immediato: risolvere i pressanti problemi giudiziari del presidente del Consiglio e del suo gruppo. Così la nuova legge sul falso in bilancio ha disinnescato tre processi (per il passaggio del calciatore Lentini dal Torino al Milan; per i bilanci truccati per non far risultare i 21 miliardi pagati a Bettino Craxi attraverso la società All Iberian; per la galassia delle società off-shore della Fininvest-ombra, detta Fininvest Group B-very discreet). E il «legittimo sospetto» bloccherà i due procedimenti di Milano dove Berlusconi è imputato con Cesare Previti (Sme-Lodo Mondadori e Imi-Sir).

Leggi su misura:
laddove non è sufficiente l'azione di ostruzionismo condotta dagli avvocati difensori nelle aule dei tribunali al fine di far scattare la prescrizione (che ha già salvato Berlusconi in tre processi), ecco che gli stessi avvocati difensori, che siedono anche in Parlamento, preparano o contribuiscono a preparare le norme di legge che, cambiando le regole in corsa, impediscono che la partita si concluda con una sconfitta. Ma poiché le leggi, una volta varate per Berlusconi e soci, sono valide per tutti, ecco che si produce un effetto generale forse ancor più preoccupante, una sorta di devastazione dei codici e della civiltà giuridica. Il politologo Giovanni Sartori, dopo l'approvazione al Senato del «legittimo sospetto», ha dichiarato: «Berlusconi sta trasformando la democrazia in un regime a fini privati. Cancellando il giudice naturale si va contro un principio che regola il diritto in Occidente dal Medioevo in poi».

Ecco le leggi stravolgi-codici
del Polo delle Impunità


Silvio Berlusconi l¹aveva promesso: «Riscriverò i Codici. Se ne sono occupati Napoleone, Giustiniano... Noi siamo piccolissimi, ma ci proveremo». Era il 5 aprile 2001, venti giorni dopo la sua vittoria elettorale, e il leader del centrodestra parlava davanti all¹assemblea della Confcooperative. Allora qualche commentatore si era lasciato andare a critiche impietose su Berlusconi-Giustiniano e qualche vignettista aveva disegnato il premier come un Napoleone da barzelletta. Del resto, in un¹altra occasione, Berlusconi aveva dichiarato di tenere un ritratto dell¹imperatore Giustiniano nella sua camera, accanto a una fotografia di Margaret Thatcher. Ma oggi, dopo oltre un anno di governo del centrodestra, è ormai chiaro che non c¹era niente da ridere: la promessa, almeno questa, è stata mantenuta. Per le tasse da ridurre e le pensioni da elevare bisognerà avere ancora pazienza, per i codici da riscrivere, invece, già ci siamo. Alcune nuove leggi sono già state approvate, con rapidità mai vista. Altre sono in arrivo. Elencarle ed esaminarle tutte insieme rende possibile capire le linee di tendenza del «Codice Berlusconi», il progetto da cui nasce, gli esiti che produrrà.

Appaiono subito evidenti i motivi personali e contingenti da cui sono ispirate alcune leggi (nuova disciplina sul falso in bilancio, nuove regole sulle rogatorie internazionali, «legittimo sospetto»...), varate in tutta fretta per neutralizzare alcuni processi in corso con imputati Silvio Berlusconi e personaggi del suo stretto entourage. Le richieste d¹impunità, del resto, sono più ampie: basti pensare che sono una novantina i parlamentari con problemi penali e innumerevoli i politici, gli amministratori, i manager. Ma le leggi, una volta fatte, valgono per tutti: così il «Codice Berlusconi» finisce per devastare il modello di processo accusatorio e stravolgere la nostra cultura giuridica. Instaura un nuovo sistema giudiziario che apre vaste aree d¹impunità per la politica e per l¹impresa, che rende più difficile, anzi quasi impossibile, il controllo di legalità nei confronti del potere politico e di quello economico.

Anche al di là dei problemi giudiziari personali di questo o quell¹uomo di partito, una parte consistente (e bipartisan) dell¹élite politica è animata dalla volontà di riaffermare la «supremazia della politica», dopo anni (quelli di Mani pulite) in cui i giudici hanno almeno in alcune zone del paese efficacemente esercitato il controllo di legalità: ma quella riaffermazione si traduce in spirito di rivalsa nei confronti dei magistrati e la supremazia della politica diventa ritorno all¹impunità. In questo quadro, è però evidente che non solo politici, amministratori, imprenditori e manager, ma anche qualunque imputato dotato di buoni avvocati (e gli esponenti della criminalità organizzata, per esempio, sono tra questi) possa trovare nelle nuove norme del «Codice Berlusconi» le vie per sfuggire a una sentenza di condanna.

Va detto che il governo Berlusconi non compie, nel campo della politica giudiziaria, una rottura, una svolta radicale rispetto agli indirizzi dei governi precedenti. Già i governi di centrosinistra avevano infatti avviato ­ smentendo il programma sulla giustizia con cui l¹Ulivo si era presentato alle elezioni del 1996 ­ un¹azione di allentamento del controllo di legalità, rendendo di fatto più difficile l¹esercizio dell¹azione penale. È durante i governi dell¹Ulivo che sono varate le leggi che, tra l¹altro, hanno reso più difficile la custodia cautelare, meno conveniente la scelta di diventare collaboratore di giustizia, non più reato l¹abuso d¹ufficio per finalità non patrimoniali... È durante i governi dell¹Ulivo che è varato il cosiddetto «giusto processo».

Berlusconi, vinte le elezioni, ha proseguito sulla strada di questo sedicente «garantismo» che è in realtà l¹avvio di una giustizia a due velocità: massima severità per i soggetti deboli e tendenziale impunità per i potenti. E lo ha portato alle estreme conseguenze. Sono aumentate le aree franche per i colletti bianchi, mentre sono state inasprite le pene per i furti domiciliari e gli scippi. Fino all¹estremo stravolgimento dei codici e alla mortificazione della nostra civiltà giuridica: con il varo di norme ad personam studiate dagli avvocati che difendono il presidente del Consiglio nei processi che ha in corso a Milano. Ecco dunque ricostruiti, con le leggi già approvate e i più significativi tra gli innumerevoli progetti presentati in Parlamento, i principali contenuti del «Codice Berlusconi».

Falso in bilancio.

Una legge approvata nei primi cento giorni del governo Berlusconi depenalizza di fatto il reato di falso in bilancio, trasformato da «reato di pericolo» (che protegge interessi diffusi) a «reato di danno» (che protegge chi ha ricevuto un danno economico). Proprio mentre l¹economia diventa finanziaria, si globalizza e le informazioni diventano essenziali, questa legge tradisce una concezione vecchissima, privatistica, individuale, patrimoniale, dell¹economia. E presuppone che parti interessate alle comunicazioni societarie siano i soci ed eventualmente i creditori, e non invece il mercato nella sua interezza, la cui correttezza e trasparenza dev¹essere garantita da regole certe. Secondo la nuova legge, nel caso di società non quotate in Borsa il falso in bilancio può essere perseguito soltanto in seguito a querela di parte: querela assolutamente improbabile, poiché di norma i soci, che avrebbero titolo a querelare, sono coloro che traggono benefici dal reato. «Sarebbe come pretendere che il furto divenga perseguibile a querela del ladro», ha commentato il magistrato Piercamillo Davigo. Quasi impossibile indagare e arrivare a una sentenza di condanna anche in caso di società quotate, per effetto delle nuove norme: minori i mezzi di indagine permessi, più rapida la prescrizione, più larghe le maglie della legge. Non è infatti più perseguibile il falso in bilancio sotto determinate soglie (viene introdotta così la «modica quantità») e il «falso qualitativo» (cioè l¹iscrizione a bilancio di partite vere, ma sotto nomi diversi dal vero). Sono dunque legalizzati i fondi neri (e quindi le tangenti, che dai fondi neri sono attinte), che possono essere iscritti a bilancio sotto la voce, per esempio, «pubbliche relazioni». Possono essere legalmente gonfiati i giri d¹affari, con entrate fasulle a cui corrispondano altrettanto fasulle uscite, purché la somma finale non si discosti troppo dal vero: simulare grossi giri d¹affari è utile non solo per ottenere credito bancario ma, più in generale, falsa l¹immagine dell¹azienda nel mercato. La nuova legge sul falso in bilancio ha disinnescato tre processi in corso a Milano nei confronti di uomini Fininvest: per il passaggio del calciatore Gianluigi Lentini dal Torino al Milan; per i bilanci della Fininvest, truccati per non far risultare i 21 miliardi pagati a Bettino Craxi attraverso la società All Iberian; per la galassia delle società off-shore della Fininvest-ombra, detta «Fininvest Group B-very discreet». Legge approvata e vigente, è in plateale contrasto con la tendenza in atto invece negli Stati Uniti, dove dopo i recenti scandali finanziari sono stati resi ancor più rigorosi i controlli e più severe le pene per garantire la trasparenza e la correttezza dei mercati. I manager delle società americane sono stati costretti dalla Sec, l¹agenzia di controllo della Borsa, a firmare una dichiarazione giurata sulla veridicità dei loro bilanci. Chi giura il falso rischia 20 anni di carcere, 5 milioni di dollari di multa e l¹esclusione dalla business community.

Rientro dei capitali.

È stato permesso per legge, con una modica tassazione (del 2,5 per cento), il rientro dei capitali (anche quelli opachi) fuggiti all¹estero e per anni invisibili al fisco. Una forma creativa di sanatoria, un modo per il Tesoro di fare cassa. Ma anche una inedita forma di riciclaggio di Stato, di ricettazione istituzionalizzata.

Bancarotta.

Un progetto di legge presentato alla Camera da Niccolò Ghedini, avvocato di Berlusconi, prevede che il reato di bancarotta fraudolenta, ora severamente punito con pene dai 3 ai 10 anni e prescritto in 22 anni, diventi un reato «leggero», con pena massima 3 anni, dunque senza carcere. Secondo la legge Ghedini, il bancarottiere diventa poi del tutto non punibile se risarcisce una parte del danno. Rubare diventerebbe dunque di fatto legale, purché lo si faccia alla grande e con metodi da colletto bianco: non punibile sarebbe, per esempio, chi fa bancarotta per 100 miliardi, poi restituisce 70 e se ne intasca, all¹estero, 30. La legge sarebbe retroattiva, dunque potrebbe beneficiare alcuni pregiudicati come Marcello Dell¹Utri, il faccendiere ed ex compagno di scuola di Berlusconi Romano Comincioli (oggi senatore di Forza Italia) e il suo vecchio maestro di loggia Licio Gelli.

Legge Obiettivo.

È una legge sulle opere pubbliche e l¹ambiente. Approvata rapidamente nei primi mesi del governo Berlusconi, con forzature procedurali simili a quelle poi usate per la legge sul legittimo sospetto, la Legge Obiettivo indebolisce la valutazione ambientale, depotenzia i controlli e rende minore la trasparenza nella costruzione delle opere pubbliche.

Rogatorie.

I documenti e le prove processuali raccolte all¹estero e inviate in Italia attraverso rogatoria internazionale sono inutilizzabili nei processi italiani se non sono in originale, timbrati pagina per pagina e inviati attraverso i canali ufficiali ministeriali. Legge già approvata e vigente. Non utilizzata in genere dai tribunali, che seguono le norme consolidate del diritto internazionale e accettano le prove provenienti dall¹estero, accompagnate da una dichiarazione di autenticità dell¹autorità giudiziaria che le invia. Questa legge, del resto, è in controtendenza in Europa, dopo che anche gli Stati tradizionalmente più restii alla collaborazione giudiziaria internazionale (come il Liechtenstein) sono stati recentemente spinti a cambiare le loro prassi e fornire assistenza nella lotta contro i crimini finanziari transnazionali.

Consiglio superiore della magistratura.

Il Csm è stato riformato diminuendo il numero dei suoi componenti e modificando il sistema per l¹elezione dei membri togati. L¹intenzione della maggioranza di governo era quella di rendere il Csm più controllabile dalla politica. L¹ultima tornata elettorale ha però inviato a Palazzo dei Marescialli una maggioranza di toghe ben determinata a difendere l¹autonomia della magistratura. Il governo e la sua maggioranza, spesso aspramente critici nei confronti del Csm, riservano invece un occhio di riguardo alla Cassazione, a cui concedono privilegi economici e a cui intendono aumentare le competenze giudiziarie, anche a scapito del Csm.

Meno soldi alla giustizia.

Il ministero della Giustizia ha ridotto i fondi a disposizione delle Corti d¹appello per la gestione ordinaria. L¹effetto è stato di rendere più difficile il lavoro nei palazzi di Giustizia italiani. Al Csm che faceva presente la situazione al ministro, Roberto Castelli spiegava che i tagli delle spese per la giustizia sono necessari per mantenere gli impegni elettorali della maggioranza e poter ridurre la pressione fiscale, come promesso da Berlusconi nel suo «patto con gli elettori».

Legittimo sospetto.

La legge Cirami-Carrara reintroduce il «legittimo sospetto» sull¹imparzialità del giudice come motivo per lo spostamento dei processi, strappati così al giudice naturale. Legge già approvata al Senato, ora in discussione alla Camera. Il «legittimo sospetto» potrebbe bloccare i due procedimenti di Milano dove Berlusconi è imputato con Cesare Previti (Sme-Lodo Mondadori e Imi-Sir). Legge su misura: laddove non è sufficiente l¹azione di ostruzionismo condotta dagli avvocati difensori nelle aule dei tribunali al fine di far scattare la prescrizione (che ha già salvato Berlusconi in tre processi), ecco che gli stessi avvocati difensori, che siedono anche in Parlamento, preparano o contribuiscono a preparare le norme di legge che, cambiando le regole del gioco, impediscono che la partita si concluda con una sconfitta.

Legge Pittelli.

Quarantacinque articoli presentati da Giancarlo Pittelli, di Forza Italia, avvocato, unificano e organizzano le proposte di una ventina di parlamentari di diverse forze politiche (tra cui Anedda, Pecorella, Mormino, Cola, Soda, Fragalà), proponendo una nutrita serie di modifiche al codice di procedura penale e al codice penale, «in attuazione dei principi del giusto processo». Ecco le modifiche più rilevanti.

- L¹avviso di garanzia dovrà essere inviato immediatamente all¹apertura delle indagini. Alla persona iscritta sul registro degli indagati dovrà essere subito comunicata non solo l¹iscrizione, ma anche i suoi motivi, con «l¹indicazione delle norme di legge che si assumono violate». Un mafioso o un pedofilo, per esempio, dovrebbero essere subito avvertiti che si sta aprendo un¹inchiesta su di loro, con l¹esito evidente che questi interromperebbero ogni contatto e ogni attività che possano loro nuocere, rendendo vane le indagini.

- Diventano più ampi e numerosi i casi in cui scattano incompatibilità, astensione e ricusazione di un giudice. Questo è obbligato ad astenersi, tra l¹altro, se «ha manifestato il suo parere sull¹oggetto del procedimento». Potrà anche essere ricusato «se ha manifestato il proprio convincimento sui fatti oggetto del procedimento». Così potrebbe essere obbligato a lasciare il processo un magistrato che sia intervenuto in convegni o dibattiti pubblici; e gli imputati potrebbero chiedere la ricusazione di un giudice che, per esempio, si trovi a giudicare un reato finanziario e abbia manifestato le sue opinioni sui reati finanziari in una conferenza al Rotary; oppure faccia parte del collegio di un processo di mafia e sia intervenuto in un convegno antimafia.

- Diminuiscono i casi in cui può essere concessa la custodia cautelare in carcere. Sarà più difficile mandare in cella anche i mafiosi: a differenza di oggi, sarà infatti necessario dimostrare ogni volta, anche per gli appartenenti alla criminalità organizzata, che sussistono il pericolo di fuga, di reiterazione del reato, di inquinamento delle prove.

- Più difficile per l¹accusa anche ottenere le intercettazioni telefoniche e ambientali, che possono essere concesse soltanto in presenza di «gravi indizi di reato» e devono essere «assolutamente indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini». Così sono ribaltate le metodolgie d¹indagine: le intercettazioni, che si sono fin qui dimostrate uno strumento essenziale, tra i più preziosi ed efficaci, per ottenere indizi e prove, d¹ora in avanti dovrebbero essere precedute, per essere concesse, da «gravi indizi», non si sa come formati.

- La difesa avrà la possibilità di impugnare davanti alla Cassazione tutte le ordinanze del tribunale, quelle che decidono sulle questioni preliminari, sull¹utilizzabilità degli atti, sulle nullità concernenti il decreto di rinvio a giudizio, sulle richieste di prova: con il risultato di intasare la Cassazione e di ottenere continue interruzioni (ciascuna di 6 mesi) dei processi, che diventerebbero lunghissimi e incelebrabili. Tra le istanze del «giusto processo» vi sono i tempi ragionevoli per ottenere giustizia. Invece con la proliferazione dei ricorsi, il processo è trasformato in una corsa a ostacoli che ha per traguardo la prescrizione. - Più difficile raccogliere le prove in dibattimento: la testimonianza di un imputato non potrà più confermare quella di uno o più coimputati, ma saranno necessari «ulteriori elementi di prova di diversa natura».

- Le condanne diventano praticamente impossibili: il pubblico ministero avrà «l¹onere di provare la colpevolezza dell¹imputato aldilà di ogni ragionevole dubbio»; il giudice, «nel valutare la prova», dovrà accertare che «la responsabilità dell¹imputato risulti provata aldilà di ogni ragionevole dubbio», e di questo dovrà dare «conto nella motivazione» della sentenza: ma perché quest'insistenza, forse che finora i giudici hanno condannato a cuor leggero, pieni di dubbi? Ma il metodo della sicurezza assoluta dovrà valere fin dalle indagini preliminari e dall¹udienza preliminare, prima del pubblico dibattimento: così sarà impossibile non soltanto condannare, ma anche rinviare a giudizio. Ai processi, insomma, non si potrà neppure arrivare.

- Il giudice non potrà più utilizzare, per le sue decisioni, le sentenze definitive. Così nei processi di criminalità organizzata, per esempio, bisognerà dimostrare ogni volta che Cosa nostra esiste, che è un¹organizzazione mafiosa, che è strutturata e centralizzata, che ha una Commissione che la governa. Sarebbe la fine dei processi di mafia.

- Diventa obbligatorio per il giudice concedere la diminuzione di un terzo della pena agli imputati incensurati. Così anche uno stupratore, purché fin quel momento insospettato, potrà ottenere una pena ridotta. Tutti gli incensurati potranno poi sperare nella prescrizione, i cui termini saranno naturalmente ridotti in proporzione alla diminuzione della pena.

Fine delle intercettazioni.

Il deputato Pierantonio Zanettin, di Forza Italia, propone di rendere inutilizzabili le intercettazioni telefoniche e ambientali che riguardano parlamentari. Così non sarebbero utilizzabili in un processo le intercettazioni riguardanti deputati e senatori, neanche se provassero che hanno commesso reati. Per una sorta di «contagio», l¹inutilizzabilità si estenderebbe poi anche ai non parlamentari. Così a un marito che ordina al killer di uccidere la moglie o al boss mafioso che organizza un traffico di droga basterebbe, per rendere inutilizzabile l¹eventuale intercettazione, infarcire i suoi discorsi con nomi di deputati o senatori.

Immunità parlamentare.

Il deputato Nitto Palma ha già proposto (e molto probabilmente riproporrà nei prossimi mesi) l¹introduzione dell¹immunità parlamentare per gli eletti alla Camera e al Senato. Durante il mandato, i parlamentari non sarebbero processabili. Continuerebbero a essere improcessabili se rieletti in un successivo mandato, e se non rieletti potrebbero comunque sperare nella prescrizione. È una norma criminogena: chi sa di essere non punibile è più facilmente spinto a delinquere; così ripartirebbe alla grande, per esempio, la raccolta di tangenti da parte dei politici. Ed è una norma che inquina la politica: chi è corrotto o compie altri reati, forte anche di maggiori mezzi economici, avrebbe un incentivo in più a cercare di essere eletto in Parlamento.

Revisione delle sentenze definitive.

Una proposta depositata alla Camera permetterebbe, se approvata, di chiedere la revisione del processo anche a chi ha già subito una condanna definitiva, confermata in Cassazione. È una proposta bipartisan: firmata da Michele Saponara, Mario Pepe e altri nove deputati di Forza Italia, da due democristiani dell¹Udc, da un esponente di An, uno della Lega, ma anche da deputati del centrosinistra, Franco Grillini e Franco Angioni dei Ds, Andrea Colasio della Margherita, Giovanni Russo Spena ed Elettra Deiana di Rifondazione comunista (questi ultimi hanno però ritirato le loro firme dal progetto). La possibilità di revisione è chiesta in nome delle nuove regole del cosiddetto «giusto processo» approvate nella scorsa legislatura e introdotte addirittura nella Carta costituzionale: le sentenze emesse prima del «giusto processo» sarebbero azzerate e i dibattimenti dovrebbero essere rifatti da capo. Anche quelli che hanno portato a ergastoli definitivi i boss mafiosi.

La mafia chiede il conto.

Molte delle norme già introdotte o proposte dalla maggioranza hanno come conseguenza oggettiva quella di favorire la criminalità organizzata. Il nuovo falso in bilancio introduce zone d¹impunità che potranno essere sfruttate in pieno dalla zona grigia dell¹economia, quella che «dialoga» con la mafia. Il rientro dei capitali premia e rimette in circolo tutti i capitali, anche quelli mafiosi. Il legittimo sospetto potrà essere usato anche dagli imputati di associazione criminale, per portare i loro processi lontano da Palermo e dalla Sicilia, da sedi per definizione troppo «calde». Potranno sperare di ricusare i loro giudici: sarà sufficiente che abbiano dimostrato di essere poco «sereni», magari parlando di «lotta alla mafia» in qualche scuola o, chissà, addirittura tenendo sulla scrivania la foto di Falcone e Borsellino. Potranno puntare a essere giudicati da giudici più lontani, meno attenti e compententi, sperando nella prescrizione, o almeno nella scadenza dei termini di custodia cautelare, con conseguenti scarcerazioni. I messaggi recentemente inviati dai boss mafiosi ai politici e agli avvocati-parlamentari sono suonati come richieste ultimative: risolvete i problemi dei mafiosi in carcere, altrimenti potrebbe cominciare una nuova stagione di omicidi eccellenti. La presente accelerazione nella riforma dei codici suona oggettivamente come una risposta a quelle richieste, o almeno così può essere intesa dalle organizzazioni criminali. Che possono sperare nella reitroduzione del legittimo sospetto che già salvò Luciano Liggio. E non solo: ora anche chi è già condannato in via definitiva, magari all¹ergastolo, con le regole processuali «vecchie e barbare» precedenti all¹introduzione del «giusto processo», può sperare di trovare una via d¹uscita, con la revisione. Se questa legge passasse, potrebbero andare a revisione anche i processi sulle stragi Falcone e Borsellino e addirittura il maxiprocesso di Palermo.

Direzione della polizia giudiziaria.

Una proposta più volte affiorata nel dibattito politico è quella di affidare le investigazioni alle sole forze di polizia. Ai magistrati sarebbe sottratta la direzione della polizia giudiziaria durante la fase delle indagini, e le procure della Repubblica interverrebbero soltanto a inchieste concluse, ricevendo dalle polizie gli esiti delle investigazioni. Questo è un elemento di vera e propria controriforma: annullerebbe in un sol colpo l¹innovazione del nuovo codice di procedura penale che forse più d¹ogni altra si è dimostrata produttiva, avendo permesso il raggiungimento di ottimi risultati soprattutto nelle indagini sulla corruzione e la criminalità organizzata. Di certo sarebbe il passaggio delle indagini dalla magistratura, indipendente e soggetta soltanto alla legge, alle polizie, strutture sottoposte al diretto controllo del governo. Sarebbe anche un conseguente crollo delle garanzie per i cittadini, che sarebbero inquisiti dalle polizie senza il controllo di legalità della magistratura: una misura che contraddice platealmente lo sbandierato e «liberale» garantismo del governo.

Amnistia per i reati d¹opinione.

È stata più volte evocata nei mesi scorsi l¹amnistia per i reati d¹opinione. Particolarmente sostenuta dalla Lega e dal ministro della Giustizia Castelli, punterebbe a far cadere alcuni processi in cui sono imputati Umberto Bossi ed esponenti leghisti, per reati quali il vilipendio alla bandiera.

Riforma dell¹ordinamento giudiziario.

Il ministro della Giustizia Castelli, di concerto con il ministro dell¹Economia Tremonti, ha presentato una legge delega sulla riforma dell¹ordinamento giudiziario che è in discussione alla commissione Giustizia del Senato. Questa dovrà prendere in considerazione anche i molti emendamenti presentati sia dalla maggioranza, sia dall¹opposizione. Ecco i punti qualificanti della proposta governativa.

- Divisione delle funzioni dei magistrati. Diventerebbe più difficile passare dalla funzione inquirente a quella giudicante e viceversa. Ma l¹esperienza italiana ha dimostrato che l¹esperienza di magistrato inquirente è preziosa per chi deve giudicare e viceversa. E soprattutto che cultura della giurisdizione e piena autonomia anche del magistrato d¹accusa è una garanzia per i cittadini, affinché la legge sia applicata in modo davvero uguale per tutti.

- Alla Corte di cassazione verrebbe concesso un ruolo di vertice dell¹organizzazione giudiziaria, con attribuzioni erose anche al Csm. Una scelta che tradisce lo spirito della nostra Carta costituzionale, la quale alla Cassazione riserva un ruolo di controllo delle sentenze, non anche dei giudici che le hanno emesse.

- Potenziato il ruolo dei Consigli giudiziari, organi decentrati in cui sarebbero rappresentati anche gli avvocati e gli enti locali interessati alla gestione dei servizi dell¹amministrazione giudiziaria. Ma così i membri «laici» (cioè non magistrati) parteciperebbero a delibere relative anche allo status dei magistrati, in contrasto con la Costituzione che garantisce l¹autonomia delle toghe, soggette soltanto alla legge.

Obiettivo finale.

Le «riforme» di Berlusconi e della sua maggioranza in materia di giustizia puntano in definitiva a due obiettivi, sempre sottintesi ma di tanto in tanto evocati più apertamente: la fine dell¹obbligarietà dell¹azione penale e la divisione delle carriere. Con la fine dell¹obbligatorietà dell¹azione penale, peraltro imposta dalla Carta costituzionale, sarebbe il Parlamento, o addirittura il governo (come chiesto da Marcello Dell¹Utri), a scegliere le priorità giudiziarie e a indicare ai magistrati quali sono i reati da perseguire. La divisione delle funzioni tra giudici e magistrati inquirenti, a cui seguirebbe una più netta divisione delle carriere, finirebbe con togliere autonomia al pubblico ministero, ridotto a semplice «avvocato dell¹accusa» e infine sottoposto al controllo politico del governo. Sarebbe, definitivamente, la fine della legge uguale per tutti.

agosto 2002

 

 
 
 

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