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In nome del padre

Umberto Ambrosoli esce civilmente dall'aula del Consiglio regionale mentre si celebra Giulio Andreotti. Molti lo attaccano. Nessuno lo segue. Pochi ricordano i rapporti con Andreotti di Sindona, che fece uccidere l'eroe borghese

Lara Comi, parlamentare europea e coordinatrice provinciale del Pdl a Milano, non ha letto il libro di Corrado Stajano Un eroe borghese. Non conosce nulla della storia di Giorgio Ambrosoli, avvocato di fede monarchica e schiena dritta che, mandato a fare il liquidatore delle banche di Michele Sindona, rifiuta di salvare il bancarottiere a spese dei contribuenti, non si lascia piegare da suadenti blandizie né da dure minacce e viene ucciso, una notte di luglio del 1979, da un killer arrivato dall'America, mandato da Sindona.

Lara Comi non sa che il grande sponsor politico di Sindona si chiama Giulio Andreotti. È Andreotti che lo definisce “il salvatore della lira” e lo premia. È Andreotti che blocca, nei primi anni Settanta, commissariamento e liquidazione coatta delle due banche di Sindona, dopo un'ispezione di Bankitalia che già aveva scoperto una “irregolare, alterata o omessa registrazione di fatti di gestione; tenuta di una seconda contabilità economica riservata; riserva obbligatoria inferiore al dovuto” e “altre numerose irregolarità nel settore valutario”. È Andreotti che, dopo lo scoppio dello scandalo, l'avvio dell'indagine giudiziaria, la fuga di Sindona negli Stati Uniti e la nomina di Ambrosoli come liquidatore, tenta in ogni modo di proteggere il bancarottiere, sostenendo spericolati piani di salvataggio.

Lara Comi non ricorda neppure la frase che il Divo Giulio aveva pronunciato nel 2010, intervistato da La storia siamo noi sull'omicidio di Giorgio Ambrosoli, l'eroe borghese: “Certo era una persona che, in termini romaneschi, direi se l'andava cercando”. Così Lara Comi, ieri, a L'aria che tira di Myrta Merlino, su La7, ha detto candida: “Il gesto di Ambrosoli non lo condivido per nulla”. Il “gesto” era la silenziosa uscita di Umberto Ambrosoli, il figlio di Giorgio, dall'aula del Consiglio regionale della Lombardia in cui si stava celebrando il ricordo di Giulio Andreotti. “Ma è evidente che Ambrosoli se ne va, ma vogliamo scherzare?”, ha reagito in diretta Massimo Cacciari. “Ma la signora conosce la storia italiana di quegli anni? Anche se è giovane ci sono i libri di storia, si informi, legga qualche libro... Ma sa degli intrighi che c'erano in quegli anni? È evidente che Ambrosoli se ne va... E questi sarebbero i giovani del Parlamento? Ma stiamo freschi!”.

Nell'aula consigliare lombarda, il presidente dell'assemblea Raffaele Cattaneo (Pdl) aveva letto un lungo testo in cui era ricordata l'attività politica di Andreotti. C'erano molti successi, molte conquiste, non c'era la condanna prescritta per i suoi rapporti con i boss di Cosa nostra, non c'era il suo lungo e convinto sostegno al bancarottiere assassino Michele Sindona. “Con la sua scomparsa”, ha letto Cattaneo, “se ne va un pezzo di storia italiana che appartiene a tutti, amici e avversari politici”. Tutti in piedi i consiglieri, che hanno poi osservato un commosso minuto di silenzio.

Umberto Ambrosoli non ha protestato, non ha gridato, non si è opposto. Si è limitato a uscire civilmente dall'aula. Questo non lo ha salvato dalle bacchettate di Lara Comi: “Il gesto di Ambrosoli non lo condivido per nulla”. Fuori dall'aula, Umberto si è limitato a spiegare al Fatto quotidiano: “Io penso che sia sacrosanto che le istituzioni ricordino con un minuto di silenzio chi ha ricoperto ruoli istituzionali importantissimi. Però le istituzioni sono fatte da persone, persone che hanno la loro storia, la loro coscienza. La mia storia, la mia coscienza mi impongono di assumermi la responsabilità di uscire, fuori da ogni polemica. Veramente: fuori da ogni polemica”.

E ancora: “Ci sono dei lati oscuri della sua vita, verso cui ciascuno ha una sensibilità diversa. Questi elementi convivono anche nel momento del ricordo, che deve essere un momento non di polemica, non di contrasto, perché parliamo comunque della morte di una persona che, chiunque sia, è di per sé quanto di più drammatico possa esserci”.

Parole civili. Eppure anche Cattaneo si è detto stupito della reazione di Ambrosoli. Solo Riccardo De Corato, consigliere regionale di Fratelli d'Italia, è uscito dal coro. “Ambrosoli? Lo capisco, è il minimo che potesse fare. È stato un signore. Io al suo posto avrei fatto la stessa cosa”.

(Il Fatto quotidiano, 8 maggio 2013)

 

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